L’UFFICIO DIVINO RINNOVATO (4)

I salmi e il loro rapporto con la preghiera cristiana. Le antifone e gli altri elementi che aiutano a pregare con i salmi. Il modo di salmodiare. Criteri di distribuzione dei salmi nell’Ufficio. I cantici dell’Antico e del Nuovo Testamento. La lettura della Sacra Scrittura. La lettura dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici. La lettura agiografica. I responsori. Gli inni e gli altri canti non biblici. Le preci, la preghiera del Signore, l’orazione conclusiva. Il sacro silenzio.

COSTITUZIONE APOSTOLICA


CON LA QUALE SI PROMULGA L’UFFICIO DIVINO RINNOVATO


A NORMA


DEL CONCILIO ECUMENICO VATICANO II


PAOLO VESCOVO


servo dei servi di DIO – a perpetua memoria




Capitolo III


I DIVERSI ELEMENTI DELLA LITURGIA DELLE ORE



I. I salmi e il loro rapporto con la preghiera cristiana



100. Nella Liturgia delle Ore la Chiesa prega in gran parte con quei bellissimi canti, che i sacri autori, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno composto nell’Antico Testamento. Per la loro stessa origine, infatti, essi hanno una capacità tale da elevare la mente degli uomini a Dio, da suscitare in essi pii e santi affetti, da aiutarli mirabilmente a render grazie a Dio nelle circostanze prospere, da recare consolazione e fermezza d’animo nelle avversità.



101. I salmi, tuttavia, non offrono che un’immagine imperfetta di quella pienezza dei tempi che apparve in Cristo Signore e dalla quale trae il suo vigore la preghiera della Chiesa. Pertanto può talvolta accadere che, pur concordando tutti i cristiani nella somma stima dei salmi, trovino tuttavia qualche difficoltà, nello stesso tempo in cui cercano di far propri nella preghiera quei canti venerandi.



102. Ma lo Spirito Santo, sotto la cui ispirazione i salmisti hanno cantato, assiste sempre con la sua grazia coloro che eseguono tali inni con fede e buona volontà. È tuttavia necessario che ciascuno, secondo le sue possibilità, si procuri «una maggiore formazione biblica, specialmente riguardo ai salmi» [ SC 90 ]. Inoltre si deve arrivare ad assimilare bene il modo e il metodo migliore per pregarli come si conviene.


 


103. I salmi non sono letture, né preghiere scritte in prosa, ma poemi di lode. Quindi anche se talvolta fossero stati eseguiti come letture, tuttavia, in ragione del loro genere letterario, giustamente furono detti dagli ebrei «Tehillim», cioè «cantici di lode» e dai greci «psalmoi» cioè «cantici da eseguire al suono del salterio». In verità, infatti, tutti i salmi hanno un certo carattere musicale, che ne determina la forma di esecuzione più consona. Per cui anche se il salmo viene recitato senza canto, anzi da uno solo e in silenzio, deve sempre conservare il suo carattere musicale: esso offre certo un testo di preghiera alla mente dei fedeli, tuttavia tende più a muovere il cuore di quanti lo cantano, lo ascoltano e magari lo eseguono con «il salterio e la cetra».



104. Chi dunque vuole salmeggiare con spirito di intelligenza deve percorrere i salmi versetto per versetto e rimanere sempre pronto nel suo cuore alla risposta. Così vuole lo Spirito, che ha ispirato il salmista e che assisterà ogni uomo di sentimenti religiosi aperto ad accogliere la sua grazia. Per questo la salmodia, anche se eseguita con tutto quel rispetto che si deve alla maestà di Dio, deve prorompere dalla gioia del cuore e ispirarsi all’amore, come si addice a una poesia sacra e a un canto divino, e massimamente alla libertà dei figli di Dio.



105. Spesso le espressioni del salmo ci offriranno il modo di pregare più facilmente e con maggior fervore, sia quando rendiamo grazie a Dio e lo glorifichiamo in esultanza, sia quando lo supplichiamo dal profondo delle nostre sofferenze. Tuttavia – soprattutto se il salmo non si rivolge direttamente a Dio – può sorgere talvolta qualche difficoltà. Il salmista, infatti, nella sua qualità di poeta spesso parla al popolo rievocando la storia d’Israele; talvolta interpella altri, e fra questi magari anche creature prive di ragione. Talora introduce a parlare anche Dio stesso e gli uomini, e anche, come nel salmo 2, i nemici di Dio. È chiaro quindi che il salmo non è preghiera dello stesso tipo di una orazione o colletta composta dalla Chiesa.


Inoltre il carattere poetico e musicale dei salmi comporta che talvolta siano piuttosto cantati davanti a Dio anziché svolgersi in discorso diretto a lui, come avverte san Benedetto: «Consideriamo come ci si deve comportare alla presenza di Dio e dei suoi angeli, e partecipiamo alla salmodia in modo che il nostro spirito preghi all’unisono con la nostra voce» [ RB 19 ].



106. Chi recita i salmi apre il suo cuore a quei sentimenti che i salmi ispirano secondo il loro genere letterario: di lamentazione, di fiducia, di rendimento di grazie. Questi generi letterari giustamente sono tenuti in grande considerazione dagli esegeti.



107. Chi recita i salmi, aderendo al significato delle parole, presta attenzione all’importanza del testo per la vita umana dei credenti.


Si sa, infatti, che ogni salmo fu composto in circostanze particolari, alle quali intendono riferirsi i titoli premessi a ciascuno di essi nel salterio ebraico. Ma in verità qualunque sia la sua origine storica, ogni salmo ha un proprio significato, che anche ai nostri tempi non possiamo trascurare. Sebbene quei carmi siano stati composti molti secoli fa presso popoli orientali, essi esprimono assai bene i dolori e la speranza, la miseria e la fiducia degli uomini di ogni tempo e regione, e cantano specialmente la fede in Dio, la rivelazione e la redenzione.



108. Chi recita i salmi nella Liturgia delle Ore, li recita non tanto a nome proprio quanto a nome di tutto il Corpo di Cristo, anzi nella persona di Cristo stesso. Se ciascuno tiene presente questa dottrina, svaniscono le difficoltà, che chi salmeggia potrebbe avvertire per la differenza del suo stato d’animo da quello espresso nel salmo, come accade quando chi è triste e nell’angoscia incontra un salmo di giubilo, o, al contrario, è felice e si trova di fronte a un canto di lamentazione. Nella preghiera puramente privata si può evitare questa dissonanza, perché vi è modo di scegliere il salmo più adatto al proprio stato d’animo. Nell’Ufficio divino, invece, si ha un determinato ciclo di salmi valevole per tutta la comunità ed eseguito non a titolo personale, ma a nome di tutta la Chiesa, anche quando si tratta di un orante che celebra qualche Ora da solo. Chi salmeggia a nome della Chiesa può sempre trovare un motivo di gioia o tristezza, perché anche in questo fatto conserva il suo significato l’espressione dell’Apostolo: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12, 15) e così la fragilità umana, ferita dall’amor proprio, viene risanata nella misura di quella carità per la quale la mente concorda con la voce che salmeggia [ Cf RB 19 ].



109. Chi recita i salmi a nome della Chiesa, deve badare al senso pieno dei salmi, specialmente al senso messianico, per il quale la Chiesa ha adottato il salterio. Tale senso messianico è diventato pienamente chiaro nel Nuovo Testamento, anzi fu posto in piena luce dallo stesso Cristo Signore, quando disse agli apostoli: «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei profeti e nei salmi» (Lc 24, 44). Di ciò è esempio notissimo quel dialogo, riferito da Matteo, circa il Messia, Figlio di David e suo Signore [ Mt 22, 44 ss. ] in cui il salmo 109 è riferito al Messia.


Seguendo questa via, i santi Padri accolsero e spiegarono tutto il salterio come profezia di Cristo e sulla Chiesa; e con lo stesso criterio i salmi sono stati scelti nella sacra liturgia. Sebbene talvolta si proponessero alcune interpretazioni alquanto complicate, tuttavia generalmente sia i Padri che la liturgia con ragione vedevano nei salmi Cristo che si rivolge al Padre, o il Padre che parla al Figlio; anzi riconoscevano la voce della Chiesa, degli apostoli e dei martiri.


Questo metodo di interpretazione fiorì anche nel Medioevo, quando coloro che salmeggiavano trovavano in molti codici, scritti in quell’epoca, il titolo preposto a ciascun salmo e così si apriva loro il senso cristologico dei salmi.


L’interpretazione cristologica non si limita soltanto a quei salmi che sono considerati messianici, ma si estende a molti altri, nei quali senza dubbio si tratta di semplici adattamenti, convalidati tuttavia dalla tradizione della Chiesa.


Soprattutto nella salmodia dei giorni festivi, i salmi sono stati scelti in base a un certo orientamento cristologico, ad illustrare il quale per lo più vengono proposte delle antifone tratte dagli stessi salmi.




II. Le antifone e gli altri elementi che aiutano a pregare con i salmi



110. Tre elementi nella tradizione latina hanno contribuito molto a far comprendere i salmi e a trasformarli in preghiera cristiana: i titoli, le orazioni dopo i salmi e soprattutto le antifone.



111. Nel salterio della Liturgia delle Ore, ad ogni salmo è premesso un titolo sul suo significato e la sua importanza per la vita umana del credente. Questi titoli, nel libro della Liturgia delle Ore, sono proposti unicamente a utilità di coloro che recitano i salmi. Per alimentare la preghiera alla luce della rivelazione nuova, si aggiunge una sentenza del Nuovo Testamento o dei Padri che invita a pregare in senso cristologico.



112. Le orazioni sui salmi hanno il fine di aiutare coloro che li recitano a interpretarli in senso soprattutto cristiano. Sono proposte per i singoli salmi nel Supplemento al libro della Liturgia delle Ore e si possono liberamente usare, secondo una antica tradizione. Così terminato il salmo e fatta una pausa di silenzio, l’orazione raccoglie e conclude i sentimenti di coloro che hanno recitato il salmo.



113. Anche quando la Liturgia delle Ore è eseguita senza canto, ogni salmo ha la propria antifona, che si dice ugualmente nella recita individuale. Le antifone, infatti, aiutano a illustrare il genere letterario del salmo; trasformano il salmo in preghiera personale: mettono meglio in luce una frase degna di attenzione, che altrimenti potrebbe sfuggire; danno un certo tono particolare a qualche salmo a seconda delle circostanze; anzi, purché si escludano adattamenti stravaganti, giovano molto all’interpretazione tipologica o festiva; possono rendere piacevole e varia la recita dei salmi.



114. Le antifone nel salterio sono composte in modo da poter essere tradotte nelle lingue moderne anzi da poter essere ripetute dopo ciascuna strofa, secondo quanto è detto al n. 125. Nell’Ufficio del Tempo ordinario celebrato senza canto, al posto di queste antifone si possono usare, se si ritiene opportuno, le sentenze preposte ai salmi (cf n. 111).



115. Quando il salmo, per la sua lunghezza, si può dividere in più parti entro una sola e medesima Ora, alle singole parti viene assegnata un’antifona propria, sia per rendere più varia la recita dei salmi, specialmente nella celebrazione con il canto sia per comprendere meglio la ricchezza del salmo; tuttavia è consentito recitare il salmo intero senza interruzione, usando solo la prima antifona.



116. Vi sono antifone proprie per i singoli salmi alle Lodi e ai Vespri nel Triduo pasquale, nei giorni fra le ottave di Pasqua e di Natale, nelle domeniche del Tempo di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua, come pure nelle ferie della Settimana santa, del Tempo pasquale e nei giorni dal 17 al 24 dicembre.



117. Nelle solennità, l’Ufficio delle letture, le Lodi mattutine, Terza, Sesta, Nona e i Vespri hanno antifone proprie; altrimenti si prendono dal Comune. Nelle feste si osserva la stessa norma dell’Ufficio delle letture, alle Lodi mattutine e ai Vespri.



118. Quelle memorie di santi che le avessero, si celebrano con antifone proprie (cf n. 235).



119. Le antifone al Benedictus e al Magnificat nell’Ufficio del Tempo si prendono dal Proprio del Tempo, se vi sono, altrimenti dal salterio corrente; nelle solennità e nelle feste si prendono dal Proprio, se vi sono, altrimenti dal Comune; nelle memorie, che non hanno antifona propria, si può dire o l’antifona del Comune o quella della feria corrente.



120. Nel Tempo pasquale, a tutte le antifone si aggiunge l’«Alleluia», tranne i casi in cui non si accorda con il senso dell’antifona.


 



III. Il modo di salmodiare



121. Sono possibili svariati modi di eseguire i salmi secondo che lo richiedono il genere letterario, la lunghezza, la lingua, l’esecuzione individuale o collettiva, la partecipazione del popolo.


La facoltà di scegliere fra molte soluzioni possibili quella più confacente, giova non poco a far meglio percepire la fragranza spirituale e artistica dei salmi. Questi, infatti, non sono stati ordinati quasi fossero delle semplici quantità di preghiera da far seguire le une alle altre, ma secondo il criterio del contenuto e del carattere specifico di ciascuno di essi.



122. I salmi si cantano o si recitano in modo continuato (cioè in directum), oppure a versetti o strofe in alternanza tra due cori o parti dell’assemblea, o in modo responsoriale. Tutto ciò secondo le diverse usanze confermate dalla tradizione e dall’esperienza.



123. All’inizio di ogni salmo si premetta sempre l’antifona corrispondente, come viene indicato sopra ai nn. 113-120. Si mantenga poi l’uso di concluderlo con il «Gloria al Padre» e il «Come era». Il «Gloria» è infatti una conclusione adatta, convalidata dalla tradizione e tale da conferire alla preghiera dell’Antico Testamento un senso laudativo di carattere cristologico e trinitario. Dopo il salmo, secondo l’opportunità, si ripete l’antifona.



124. Quando si recitano salmi più lunghi, questi nel salterio sono suddivisi in modo da esprimere la struttura ternaria dell’Ora, sempre però nel pieno rispetto della loro reale linea di pensiero.


È bene attenersi a questa divisione, specialmente nella celebrazione corale in lingua latina, aggiungendo il «Gloria al Padre» alla fine di ogni sezione.


Tuttavia è consentito o mantenere questo modo tradizionale, o interporre una pausa fra le diverse parti del medesimo salmo, o recitare il salmo intero tutto di seguito con la propria antifona.



125. Quando, inoltre, il genere letterario del salmo lo consente, vengono indicate delle divisioni in strofe, in modo che, specialmente se i salmi vengono cantati in una lingua moderna, si possano eseguire intercalando l’antifona dopo ogni strofa; in tal caso è sufficiente aggiungere il «Gloria al Padre» alla fine di tutto il salmo.




IV. Criteri di distribuzione dei salmi nell’Ufficio



126. I salmi sono distribuiti in un ciclo di quattro settimane. Pochissimi sono quelli esclusi. Altri, poi, considerati come tradizionalmente più importanti, sono ripetuti con maggiore frequenza. Alle Lodi mattutine, ai Vespri e a Compieta sono assegnati salmi adatti alla rispettiva Ora [ Cf SC 91 ].



127. Per le Lodi mattutine e per i Vespri, Ore particolarmente destinate alla celebrazione con il popolo, sono stati scelti salmi più adatti a questo scopo.



128. Per la Compieta si è tenuto presente la norma data al n.88.



129. Per la domenica, inclusi l’Ufficio delle letture e l’Ora media, sono stati scelti quei salmi che, secondo la tradizione, sono più indicati per esprimere il mistero pasquale. Al venerdì sono stati assegnati alcuni salmi penitenziali o della Passione.



130. Sono riservati ai Tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua tre salmi, cioè il 77, il 104 e il 105, che più chiaramente mettono in luce la storia della salvezza nell’Antico Testamento come preannuncio di quella che è portata a compimento nel Nuovo.



131. I tre salmi 57, 82 e 108, nei quali prevale il carattere imprecatorio, vengono esclusi dal salterio corrente. Così pure alcuni versetti di qualche salmo sono stati omessi come viene indicato all’inizio del salmo. L’omissione di questi testi è dovuta unicamente a una certa qual difficoltà psicologica. Infatti questi stessi salmi imprecatori si trovano nella pietà del Nuovo Testamento, per esempio nell’Apocalisse al cap. 6, 10, e in nessun modo intendono indurre a maledire.



132. I salmi che sono troppo lunghi per essere contenuti in una sola Ora dell’Ufficio, sono distribuiti in diversi giorni, nella stessa Ora, in modo che possano essere recitati integralmente da coloro che non sono soliti dire le altre Ore. Così il salmo 118, secondo una sua propria divisione, è distribuito in ventidue giorni all’Ora media, perché per tradizione era assegnato alle ore diurne.


 


133. Il ciclo di quattro settimane del salterio è connesso con l’anno liturgico in modo tale che dalla prima settimana, tralasciando eventualmente le altre, venga ripreso alla prima domenica di Avvento, alla prima settimana del Tempo ordinario, alla prima domenica di Quaresima e alla prima domenica di Pasqua.


Dopo Pentecoste, poiché nel Tempo ordinario il ciclo del salterio segue la serie delle settimane, si riprende da quella settimana del salterio che nel Proprio del Tempo è indicata all’inizio della rispettiva settimana del Tempo ordinario.



134. Nelle solennità e nelle feste, nel Triduo pasquale, nei giorni tra le ottave di Pasqua e di Natale, all’Ufficio delle letture sono assegnati salmi propri, tra quelli confermati dalla tradizione. La loro idoneità per lo più è illustrata dall’antifona. Lo stesso avviene anche per l’Ora media in alcune solennità del Signore e nell’ottava di Pasqua. Alle Lodi mattutine si prendono i salmi e il cantico della prima domenica del salterio. Ai primi Vespri delle solennità, i salmi sono della serie «Laudate» secondo l’uso antico. Ai secondi Vespri delle solennità e ai Vespri delle feste, i salmi e il cantico sono propri. All’Ora media delle solennità, eccettuate quelle di cui si è detto sopra, purché non ricorrano in giorno di domenica, i salmi si prendono fra quelli detti graduali; all’Ora media delle feste si dicono i salmi del giorno corrente dei salterio.



135. In tutti gli altri casi i salmi si prendono dal salterio corrente, a meno che non vi siano antifone proprie o salmi propri.




V. I cantici dell’Antico e del Nuovo Testamento



136. Alle Lodi tra il primo e il secondo salmo, si inserisce, come consuetudine, un cantico dell’Antico Testamento. Oltre la serie già adottata dall’antica tradizione romana e l’altra introdotta nel Breviario da san Pio X, nel salterio sono stati ammessi parecchi altri cantici tratti dai diversi libri dell’Antico Testamento, in modo che ciascun giorno feriale delle quattro settimane abbia il suo proprio cantico; nelle domeniche si alternano le due parti del cantico dei «Tre fanciulli».



137. Ai Vespri, dopo i due salmi, si inserisce un cantico del Nuovo Testamento, tratto dalle Lettere o dall’Apocalisse. Sono indicati sette cantici, per i singoli giorni di ciascuna settimana. Nelle domeniche di Quaresima, in luogo del cantico alleluiatico dell’Apocalisse, si dice il cantico dalla prima Lettera di Pietro. Inoltre nella solennità dell’Epifania e nella festa della Trasfigurazione del Signore, si dice il cantico indicato a suo luogo, tratto dalla prima lettera a Timoteo.



138. I cantici evangelici Benedictus, Magnifcat, Nunc dimittis abbiano il medesimo onore, la medesima solennità e dignità di cui si è soliti circondare il Vangelo, quando si ascolta.



139. Sia la salmodia che le letture sono disposte secondo la norma costante della tradizione, in modo che prima si legga l’Antico Testamento, poi l’Apostolo e per ultimo il Vangelo.




VI. La lettura della Sacra Scrittura



a) Lettura della Sacra Scrittura in genere



140. La lettura della Sacra Scrittura, che per antica tradizione si fa pubblicamente nella liturgia, non soltanto nella celebrazione eucaristica, ma anche nell’Ufficio divino, dev’essere tenuta nella massima considerazione da tutti i cristiani, perché viene proposta dalla Chiesa stessa, non a scelta dei singoli o secondo la disposizione più favorevole del loro animo, ma in ordine al mistero che la Sposa di Cristo «svolge attraverso il ciclo annuale dall’Incarnazione e dalla Natività fino all’Ascensione, al giorno di Pentecoste e all’attesa della beata speranza e del ritorno del Signore» [ SC 102 ].


Inoltre nella celebrazione liturgica la lettura della Sacra Scrittura è sempre accompagnata dalla preghiera, in modo che la lettura porti maggior frutto e a sua volta la preghiera, specialmente dei salmi, venga compresa più pienamente e fatta con più intensa pietà in forza della lettura.



141. Nella Liturgia delle Ore, viene proposta sia una forma più lunga di lettura della Sacra Scrittura sia una forma più breve.



142. La lettura più lunga, che si può fare facoltativamente alle Lodi mattutine e ai Vespri, è descritta sopra al n. 46.



 


b) Ciclo di letture bibliche nell’Ufficio delle letture



143. Nel ciclo lezionale biblico dell’Ufficio delle letture si tiene conto sia di quei tempi sacri nei quali, per venerabile tradizione, si devono leggere determinati libri, sia del ciclo lezionale della Messa. La Liturgia delle Ore è coordinata con quella della Messa, in modo tale che la lettura della Scrittura nell’Ufficio completi quella della Messa, e si abbia così un compendio di tutta la storia della salvezza.


 


144. Ferma restando l’eccezione di cui al n. 73, il Vangelo nella Liturgia delle Ore non si legge, perché lo si legge integralmente ogni anno nella Messa.



145. Si ha un duplice ciclo di lettura biblica: uno è inserito nel libro della Liturgia delle Ore e comprende un solo anno; l’altro, facoltativo, è contenuto nel Supplemento ed è biennale, come quello delle letture assegnate al Tempo ordinario nella Messa feriale.



146. Il ciclo biennale delle letture è disposto in modo che ogni anno vengano assegnati alla Liturgia delle Ore quasi tutti i libri della Sacra Scrittura, come pure i testi più lunghi e più difficili, meno idonei ad esser letti nella Messa. Mentre però il Nuovo Testamento si legge integralmente ogni anno, parte nella Messa, parte nella Liturgia delle Ore, dai libri dell’Antico Testamento sono state scelte solo quelle parti che hanno maggiore importanza per la comprensione della storia della salvezza e per il nutrimento della pietà.


La complementarità fra le letture assegnate alla Liturgia delle Ore e quelle della Messa esige necessariamente che lo stesso libro ricorra ad anni alterni nella Messa e nella Liturgia delle Ore o almeno, se si legge nello stesso anno, che intercorra un certo spazio di tempo. Ciò perché non vengano assegnati gli stessi testi agli stessi giorni, né vengano distribuiti gli stessi libri qua e là negli stessi tempi, cosa che lascerebbe alla Liturgia delle Ore i brani di minore importanza e turberebbe l’ordine dei testi.


 


147. Nel Tempo di Avvento, secondo un’antica tradizione, si leggono brani tratti dal libro di Isaia, in lettura semicontinua, e ad anni alternati. Vi si aggiungono il libro di Ruth e alcune profezie del libro di Michea.


Poiché dal 17 al 24 dicembre si leggono pagine assegnate in modo speciale a quei giorni, si omettono quelle letture della terza settimana di Avvento eventualmente eccedenti.



148. Dal 29 dicembre al 5 gennaio si legge, nel primo anno, la lettera ai Colossesi, nella quale l’incarnazione del Signore è presentata nell’ambito di tutta la storia della salvezza; nel secondo anno si legge il Cantico dei Cantici, nel quale è simboleggiata l’unione di Dio e dell’uomo in Cristo: «allora, infatti, Dio Padre celebrò le nozze di Dio suo Figlio, quando nel grembo della Vergine lo congiunse alla natura umana, allorché volle che lui che era Dio prima dei secoli, diventasse uomo alla fine dei secoli» [ S. Gregorio M., Homilia 34 in Evangelia: PL 76, 1282 ].



149. Dal 7 gennaio al sabato dopo l’Epifania, si leggono i testi escatologici tratti da Isaia 60-66 e da Baruch; le letture, eventualmente eccedenti, in quell’anno si omettono.



150. In Quaresima, nel primo anno si leggono brani dal libro del Deuteronomio e dalla Lettera agli Ebrei. Nel secondo anno viene offerto un compendio della storia della salvezza dai libri dell’Esodo, del Levitico e dei Numeri. La Lettera agli Ebrei interpreta l’antica alleanza alla luce del mistero pasquale di Cristo.


Dalla medesima Lettera il Venerdì santo «in Passione Domini» si legge il brano sul sacrificio di Cristo (9, 11-28) e il Sabato santo quello sul riposo del Signore (4, 1-16). Negli altri giorni della Settimana santa, nel primo anno si leggono il terzo e il quarto carme del Servo del Signore dal libro di Isaia, e brani tratti dal libro delle Lamentazioni; nel secondo anno si legge il profeta Geremia, come tipo del Cristo sofferente.



151. Nel Tempo pasquale, eccettuate le domeniche prima e seconda di Pasqua e le solennità dell’Ascensione e della Pentecoste, si leggono, secondo la tradizione, nel primo anno la prima Lettera di Pietro, il libro dell’Apocalisse, e le Lettere di Giovanni; nel secondo anno gli Atti degli Apostoli.



152. Dal lunedì dopo la domenica del Battesimo del Signore fino alla Quaresima e dal lunedì dopo Pentecoste fino all’Avvento, decorre la serie continua delle trentaquattro settimane del Tempo ordinario.


Questa serie viene interrotta dal Mercoledì delle Ceneri fino al giorno di Pentecoste. Il lunedì dopo la domenica di Pentecoste si riprende la lettura del Tempo ordinario da quella settimana che segue la settimana interrotta per il sopravvenire della Quaresima, omessa la lettura assegnata alla domenica. Negli anni in cui si hanno solo trentatré settimane del Tempo ordinario, si omette la settimana che cade immediatamente dopo la Pentecoste, in modo da leggere sempre le letture delle ultime settimane, che sono di indole escatologica. I libri dell’Antico Testamento sono distribuiti secondo la storia della salvezza: Dio rivela se stesso lungo il corso della vita di quel popolo, che per successive tappe viene condotto e illuminato. Pertanto i profeti si leggono intercalati ai libri storici, tenuto conto del tempo nel quale vissero e insegnarono. Per questo, nel primo anno la serie delle letture dell’Antico Testamento propone contemporaneamente libri storici e oracoli dei profeti dal libro di Giosuè fino ai testi connessi con il tempo dell’esilio incluso.


Nel secondo anno, dopo la lettura della Genesi, da farsi prima della Quaresima, si riprende la storia della salvezza da dopo l’esilio fino al tempo dei Maccabei. S’inseriscono nello stesso anno i profeti più recenti, i libri sapienziali e le narrazioni dei libri di Ester, Tobia e Giuditta. Le Lettere degli apostoli, che non si leggono nei tempi speciali, vengono distribuite tenendo conto sia delle letture della Messa, sia dell’ordine cronologico in cui sono state scritte.



153. Il ciclo di un solo anno è stato abbreviato in modo che ogni anno si leggano brani scelti della Sacra Scrittura, tenuti presenti ambedue i cicli di letture della Messa, ai quali sono di complemento.



154. Alle solennità e alle feste è assegnata una lettura propria, mancando la quale si ricorre al Comune dei santi.



155. Le singole pericopi, per quanto è possibile, conservano una certa unità; pertanto per non superare una giusta lunghezza, del resto diversa secondo i vari generi letterari dei libri, talvolta sono omessi alcuni versetti: cosa che è sempre indicata a suo luogo. Però si può – ed è cosa lodevole – leggere integralmente il brano su di un testo approvato.




c) Letture brevi



156. Le letture brevi, o «capitoli», di cui l’importanza nella Liturgia delle Ore è stata descritta al n. 45, sono state scelte in modo da esprimere brevemente ma chiaramente una sentenza o una esortazione. Ne è stata curata anche la varietà.



157. Sono state perciò fissate quattro serie settimanali di letture brevi per il Tempo ordinario. Sono inserite nel salterio, in modo che la lettura cambi ogni giorno per quattro settimane. Si hanno inoltre delle serie settimanali per i tempi di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua.


Hanno letture brevi proprie le solennità, le feste e alcune memorie. C’è pure una serie di una settimana per la Compieta.



158. Nella scelta delle letture brevi si sono osservati i seguenti criteri:


a) secondo la tradizione, sono stati esclusi i Vangeli;


b) per quanto possibile, fu tenuto presente il carattere particolare della domenica, del venerdì e anche delle singole Ore;


c) le letture dei Vespri sono state scelte solo dal Nuovo Testamento, perché seguono il cantico, che è della stessa origine.




VII. La lettura dei Padri e degli Scrittori ecclesiastici



159. Secondo la tradizione della Chiesa Romana, nell’Ufficio delle letture, dopo la lettura biblica, si ha quella dei Padri o degli Scrittori ecclesiastici con il suo responsorio, a meno che non si debba leggere quella agiografica (cf nn. 228-239).



160. In questa lettura vengono proposti testi tratti dagli scritti dei santi Padri, dei Dottori e di altri Scrittori ecclesiastici appartenenti sia alla Chiesa Orientale che Occidentale, in modo però da dare la preferenza ai santi Padri che godono di una particolare autorità nella Chiesa.



161. Oltre alle letture assegnate al libro della Liturgia delle Ore per i singoli giorni, si ha pure un Lezionario facoltativo, nel quale è presentata una maggiore abbondanza di letture, in modo da aprire più largamente il tesoro della tradizione della Chiesa a coloro che celebrano l’Ufficio divino. È data facoltà a ognuno di prendere la seconda lettura o dal libro della Liturgia delle Ore, o dal Lezionario facoltativo.



162. Le Conferenze Episcopali possono inoltre preparare anche altri testi rispondenti alle tradizioni e alla mentalità della propria regione [ Cf SC 38 ] da inserire nel Lezionario facoltativo come supplemento.


Questi testi vanno ricavati dalle opere di Scrittori cattolici distinti per dottrina e santità di vita.



163. Lo scopo di tale lettura è principalmente la meditazione della parola di Dio, così come è accolta dalla Chiesa nella sua tradizione. La Chiesa, infatti, ha sempre ritenuto necessario spiegare ai fedeli in maniera autentica la parola di Dio, perché «la linea della interpretazione profetica e apostolica si svolgesse secondo la norma del senso ecclesiastico e cattolico» [ S. Vincenzo lirinense, Commonitorium, 2: PL 50,640 ].



164. Dal contatto assiduo con i documenti presentati dalla tradizione universale della Chiesa, i lettori sono condotti a una più profonda meditazione della Sacra Scrittura e a un soave e vivo amore per essa. Gli scritti dei santi Padri, infatti, sono splendide testimonianze di quella meditazione della parola di Dio, prolungatasi per secoli, con la quale la Sposa del Verbo incarnato, cioè la Chiesa «che ha con sé il consiglio e lo spirito del suo Sposo e Dio» [ S. Bernardo, Sermo 3 in vigilia Nativitatis, 1: PL 183 (ed. 1879), 94 ] si sforza di giungere giorno per giorno a una più profonda intelligenza delle Sacre Scritture.



165. La lettura dei Padri inoltre aiuta i cristiani a comprendere meglio il significato dei tempi e delle celebrazioni liturgiche. Apre loro l’accesso alle inestimabili ricchezze spirituali che formano il prezioso patrimonio della Chiesa, e insieme presentano il fondamento della vita spirituale ed un ricchissimo nutrimento della pietà. I predicatori poi della parola di Dio hanno così tra mano, ogni giorno, eccellenti esempi di sacra predicazione.




VIII. La lettura agiografica



166. Col nome di lettura agiografica si intende sia il testo di qualche Padre o Scrittore ecclesiastico che tratta espressamente del santo celebrato o che a esso si può ragionevolmente applicare, sia un brano degli scritti dello stesso santo, o il racconto della sua vita.



167. Nel comporre i Propri particolari dei santi, ci si deve attenere sempre alla verità storica [ Cf SC 92c ] ed avere di mira il vero profitto spirituale di coloro che leggeranno o ascolteranno la lettura agiografica. Si deve diligentemente evitare ciò che desta soltanto ammirazione; si ponga invece in luce la spiritualità specifica dei santi, in una forma accettabile ai nostri tempi, come pure la loro importanza per la vita e la pietà della Chiesa.



168. Una breve notizia biografica, che presenta dati puramente storici e descrive brevemente la vita, è posta prima della lettura stessa, unicamente per informazione, e quindi non si deve leggere nella celebrazione.




IX. I responsori



169. Nell’Ufficio delle letture, alla lettura biblica segue il suo responsorio proprio, il cui testo è stato scelto dal tesoro della tradizione, o composto ex nova, al fine di portare nuova luce per la comprensione della lettura appena letta, o di inserire la lettura nella storia della salvezza, o di ricondurre dall’Antico al Nuovo Testamento, o di cambiare la lettura in preghiera e contemplazione, o, infine, di conferire con la sua bellezza poetica una piacevole varietà.



170. Così pure alla seconda lettura è aggiunto un responsorio appropriato; questo, però, non è strettamente congiunto con il testo della lettura, e perciò favorisce maggiormente la libertà della meditazione.


 


171. I responsori pertanto con le loro parti, da ripetersi anche nella recita individuale, mantengono il loro valore. La parte però che nel responsorio si suole ripetere, nella recita senza canto si può omettere, a meno che la ripetizione non sia richiesta dal senso stesso.



172. Così pure, ma in modo più semplice, il responsorio breve alle Lodi mattutine, ai Vespri e a Compieta, di cui sopra ai nn. 49 e 89, e il versetto a Terza, Sesta e Nona, sono una risposta alla lettura breve, come una specie di acclamazione, allo scopo di imprimere più profondamente la parola di Dio nell’animo di chi ascolta o di chi legge.




X. Gli inni e gli altri canti non biblici



173. Gli inni, che già per antichissima tradizione facevano parte dell’Ufficio, conservano anche ora la loro funzione [ Cf SC 93 ]. In realtà, per la loro ispirazione lirica, non solo sono destinati specificamente alla lode di Dio, ma costituiscono un elemento popolare: anzi, di solito caratterizzano immediatamente e più che le altre parti dell’Ufficio, l’aspetto particolare delle Ore e delle singole celebrazioni muovendo e stimolando gli animi a una pia celebrazione. Spesso tale efficacia è accresciuta dalla loro bellezza letteraria. Inoltre gli inni nell’Ufficio sono come il principale elemento poetico composto dalla Chiesa.



174. L’inno, secondo la tradizione, si conclude con la dossologia, che di solito viene diretta alla medesima Persona divina, alla quale è rivolto l’inno stesso.



175. Nell’Ufficio del Tempo ordinario, per favorire la varietà, è stato predisposto un duplice ciclo di inni a tutte le Ore, da usarsi a settimane alterne.



176. Inoltre, nell’Ufficio delle letture del Tempo ordinario, è stato introdotto un duplice ciclo di inni, a seconda che si recitano di notte o di giorno.



177. Agli inni di nuova composizione si possono applicare le melodie tradizionali sul medesimo ritmo e sullo stesso metro.



178. Per quanto riguarda la celebrazione in una lingua moderna, si da facoltà alle Conferenze Episcopali di adattare gli inni latini al carattere della propria lingua, e anche di introdurre inni di nuova composizione [ SC 38 ] purché si addicano veramente al carattere dell’Ora, o del Tempo o della celebrazione. Inoltre si deve evitare diligentemente di ammettere delle canzonette popolari, che non hanno nessun valore artistico e che in verità non si addicono alla dignità della liturgia.




XI. Le preci, la preghiera del Signore, l’orazione conclusiva



a) Invocazioni e intercessioni alle Lodi e ai Vespri



179. La Liturgia delle Ore celebra senza dubbio le lodi di Dio. Tuttavia la tradizione sia giudaica che cristiana non separa dalla lode divina la preghiera di domanda; anzi non di rado fa in qualche modo scaturire questa da quella. L’apostolo Paolo raccomanda «che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità. Questa è una cosa bella e gradita al cospetto di Dio, nostro Salvatore, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità» (1Tm 2, 1-4). Questa raccomandazione non di rado è stata interpretata dai Padri nel senso che si dovessero fare mattina e sera delle preghiere di intercessione [ Così, p. es., s. giovanni crisostomo, In Epist. ad Tim. I, Homilia 6: PG 62, 530 ].



180. Le intercessioni che sono state nuovamente introdotte nella Messa di rito romano, si fanno anche ai Vespri, però in un modo diverso, come è descritto appresso.



181. Poiché inoltre è tradizione della preghiera che alla mattina si consacri a Dio tutto il giorno, alle Lodi mattutine si fanno invocazioni per affidare o consacrare a Dio la giornata.



182. Con il nome di «preci» si indicano tanto le intercessioni che si fanno ai Vespri, quanto le invocazioni che si fanno alle Lodi mattutine per dedicare a Dio la giornata.



183. Per motivo di varietà, ma soprattutto per meglio esprimere le molteplici necessità della Chiesa e degli uomini, secondo i diversi stati, categorie, persone, condizioni e tempi, si propongono formule diverse di preci per i singoli giorni del ciclo del salterio del Tempo ordinario, così pure per i tempi speciali dell’anno liturgico, e per alcune celebrazioni festive.



184. Le Conferenze Episcopali hanno il diritto sia di adattare le formule proposte nel libro della Liturgia Horarum, sia di approvarne di nuove [ Cf SC 38 ], attenendosi però alle norme che seguono.



185. Come nella preghiera del Signore, le domande non devono essere disgiunte dalla lode di Dio e cioè dal riconoscimento della sua gloria, o dal ricordo della storia della salvezza.



186. Nelle intercessioni dei Vespri, l’ultima intenzione è sempre per i defunti.



187. Poiché la Liturgia delle Ore è principalmente preghiera di tutta la Chiesa per tutta la Chiesa, anzi per la salvezza di tutto il mondo [ SC 83, 89 ] è necessario che nelle preci le intenzioni universali abbiano senz’altro il primo posto: si preghi cioè per la Chiesa con la sua gerarchia, per le autorità civili, per coloro che sono afflitti da povertà, malattia, dolore, per le necessità del mondo intero, cioè per la pace e per altre circostanze simili.



188. È lecito tuttavia, sia alle Lodi mattutine, che ai Vespri, aggiungere alcune intenzioni particolari.



189. Le preci dell’Ufficio sono strutturate in modo che si possono adattare sia alla celebrazione con il popolo, sia al