I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Pazienza

 1. Necessità della pazienza.
 2. Esempi di pazienza dati da Gesù Cristo e dai Santi.
 3. Motivi che devono indurci alla pazienza.
 4. Eccellenza della pazienza.
 5. vantaggi della pazienza
 6. Qualità della pazienza.
 7. Mezzi per praticare la pazienza.

1. NECESSITÀ DELLA PAZIENZA. – «Siate pazienti con tutti» (1 Thess. V, 14), dice S. Paolo, «perché la pazienza vi è necessaria, affinché facendo la volontà di Dio, otteniate la mercede promessa» (Hebr. X, 36). «Se facendo il bene, dice S. Pietro, voi sopportate pazientemente le prove, questa è grazia presso Dio. Questo è il vostro compito, perché il Cristo ha patito per noi, lasciandoci un esempio, affinché seguiamo le sue orme» (I PETR. II, 20-21).
Tutti abbiamo continuamente bisogno di pazienza, perché quaggiù tutto la mette alla prova. Come il grande Apostolo, noi siamo tentati e nel pericolo nei viaggi, per parte dei ladri, dei falsi fratelli, dei familiari, degli stranieri, nelle città e nella solitudine. Quanti travagli, disgusti, vigilie, privazioni, patimenti, illusioni! A quanti assalti per parte dell\’invidia, della gelosia, della maldicenza, della calunnia, dell\’odio, non andiamo noi esposti? Il demonio, il mondo, la concupiscenza non cessano di farci guerra. Senza la pazienza, che cosa sarà di noi?
Se la nostra pazienza è messa alla prova, se ci è necessaria, non è questa una cosa nuova. In seguito alla caduta di Adamo, tutti gli uomini hanno da soffrire. Luogo di esilio, terra straniera e maledetta, coperta di rovi e di spine, valle di pianto, di miserie, di malattie, di morte, è la terra. Tutti i figli di Adamo sono condannati a sottostare a mille afflizioni, a tutti pertanto, senza distinzione o riserva, è necessaria la pazienza (sup.).

2. ESEMPI DI PAZIENZA DATI DA GESÙ CRISTO E DAI SANTI. – Che cosa vi è di più dolce e di più paziente dell\’agnello? Per quanto male gli facciate, non solo non sa vendicarsi, ma neppure lamentarsi. Or bene, questo è il simbolo sotto cui i Profeti presentano il Salvatore: «Egli è stato immolato perché ha voluto, dice Isaia di Gesù Cristo, e non ha aperto bocca; sarà condotto come pecora alla morte, e starà muto come l\’agnello dinanzi a chi lo tosa» (ISAI. LIII, 7). Gesù Cristo medesimo dice di se stesso: «Io sono come mansueto agnello portato all\’ara» (IEREM. XI, 19). Perciò il mondo antico diceva a Dio: «Mandateci, o Signore, l\’Agnello che regnerà su la terra» (ISAI. XVI, 1), e S. Giovanni Battista nell\’atto di mostrare il Messia venuto, lo chiama «Agnello di Dio» (IOANN. I, 29).
Osservate che ammirabile, costante, longanime pazienza ha spiegato Gesù nei vari incontri della sua vita, principalmente nel tempo della passione. Se questo divin pastore, si è fatto pecora, e si lasciò immolare come tenero agnello senza dare un belato, impari il gregge a camminare su le orme di tanto pastore!… Giobbe sul letamaio, Abramo che va ad immolare il figlio, Giuseppe venduto dai fratelli, Davide perseguitato, Tobia divenuto cieco, Daniele nella fossa dei leoni, Susanna calunniata, Lazzaro coperto di ulceri, ecc., sono modelli sui quali possiamo studiare e imitare l\’originale.
Studiate la vita e la morte degli Apostoli, contemplate i milioni di martiri che sostennero ogni sorta di tormenti con pazienza di agnello… L\’abate Stefano era così paziente, che chi lo insultava non poteva non vedere e non credere che esso lo amava. Questa virtù egli spingeva fino al punto di ricompensare coloro che gli davano occasione di esercitarla (SURIO, In Vita). Bell\’esempio di pazienza diede l\’imperatore Teodosio quando promulgò il seguente editto: «Se alcuno trascorre fino a diffamare il nostro nome, o il governo o la condotta nostra, non vogliamo che incorra nella pena ordinaria stabilita dalle leggi, e proibiamo ai nostri ufficiali di maltrattarlo in qualunque guisa: perché se ha sparlato di noi per leggerezza, bisogna disprezzarlo; se per cieca follia, è degno di compatimento, se per mal animo, bisogna perdonarlo» (Stor. eccles.)… La vita dei Santi abbonda di sublimi esempi di pazienza.

3. MOTIVI CHE DEVONO INDURCI ALLA PAZIENZA. – S. Paolo ci dà dodici motivi che devono impegnarci a praticare la pazienza. Il primo è che noi siamo eredi di Dio e coeredi con Gesù Cristo purché soffriamo pazientemente con lui ed a suo esempio (Rom. VIII, 17). Il secondo è che se noi usiamo pazienza, saremo glorificati (Ib.). Il terzo sta in ciò che le prove di questo tempo non hanno proporzione con la gloria futura che sarà in noi manifestata (Ib. 18). Acquistare la gloria eterna con sofferenze temporanee è molto miglior guadagno che comprare il mondo intero con un obolo. Il quarto è che le tribolazioni momentanee e lievi del presente secolo, tollerate con pazienza, ci apportano un immenso, eterno peso di gloria (II Cor IV, 17). Il quinto è che le creature hanno la certezza di essere liberate dalla corruzione (Rom. VIII, 21). Questa certezza deve incoraggiarci alla pazienza. Il sesto è che dalla schiavitù della corruzione noi passeremo alla libertà della gloria dei figli di Dio (Ib.). Il settimo è perché ogni creatura geme e pena (Ib. 22). Dal principio del mondo, le creature conobbero il patimento; l\’uomo cui poco tempo rimane a soffrire, deve dunque usare pazienza e non cercare un\’esenzione dai mali, la quale sarebbe una particolarità. L\’ottavo è che noi aspettiamo l\’a redenzione del nostro corpo (Rom. VIII, 23). Per la pazienza, questo corpo acciaccoso diverrà impassibile e glorioso. Il nono sta in ciò che la nostra salute viene dalla speranza (Ib. 24). Se dobbiamo avere la ferma speranza di essere ben presto liberi e salvi, non dobbiamo né impazientirci né scoraggiarci. Il decimo deriva da ciò che lo Spirito Santo aiuta la nostra fiacchezza e supplica per noi con gemiti ineffabili (Ib. 26). Come mai, sostenuti da tale aiuto, potremo lagnarci e mormorare? L\’undecimo è che noi sappiamo che per coloro i quali amano Dio, ogni cosa si volge a bene (Ib. 28). Perciò gli obbrobri, l\’indigenza, le malattie, le persecuzioni e ogni genere di mali si volgono a nostro vantaggio, se li accettiamo con rassegnazione per amor di Dio. Il dodicesimo è che coloro i quali sono pazienti per amor di Dio, sono predestinati (Rom. VIII, 29-30). La pazienza assicura dunque la nostra salute e felicità eterna…
«Stancate con la vostra pazienza la malvagità altrui», diceva Tertulliano, il quale, in quanto a sé, proponeva di essere paziente in ogni cosa; poiché altrimenti la sua impazienza sarebbe stata il suo carnefice (De patientia, c. VIII). S. Agostino, parlando dei crudeli tormenti che il tiranno Daciano fece soffrire al diacono Vincenzo, termina col dire: «Tutto è passato, e la collera di Daciano, e i patimenti di Vincenzo. Ma al presente i tormenti sono per Daciano, la corona per Vincenzo (Serm. CCLXXIV, in S. Vincent)». Andava Atanasio in esilio, ed ai cristiani che vedeva piangenti sul passaggio, ripeteva: Coraggio, miei figli, è leggera la nube, che sparirà ben presto.
Bione, benché pagano, diceva che è gran disgrazia non avere pazienza nelle disgrazie; perché senza pazienza non si gode momento di felicità in questa vita (DIOG. LAERT. De Vita Phil. 1. IV, c. VII). «Aspetta pazientemente il Signore, e ti libererà», leggiamo nei Proverbi (Prov. XX, 22).

4. ECCELLENZA DELLA PAZIENZA. – «Noi siamo maledetti, e benediciamo; perseguitati, e sopportiamo; ingiuriati, e preghiamo» (1 Cor IV, 12-13), dice S. Paolo; e in altro luogo soggiunge: «In tutte le cose siamo malmenati, ma non cadiamo d\’animo; battuti, ma non prostrati; perseguitati, ma non abbandonati; abbattuti, ma non iscoraggiti» (II Cor. IV, 8-9). Ecco i servigi che rende e le meraviglie che opera la pratica della pazienza!…
«Ogni ingiuria, provenga essa dalla lingua, o dalla mano, quando s\’incontra nella pazienza, si spunta come dardo che colpisce in duro macigno (De Patient. C. VIII), scrive Tertulliano. «Come l\’arca di Noè, dice Gersone, tanto più s\’innalzava, quanto più crescevano le acque; così l\’anima temprata a pazienza tanto più grandeggia, quanto più abbondano le tribolazioni (Serm. de Omnib. Sanct. Part. 2a)». E sentenza del Cardinale Bellarmino, che vale di più un\’oncia di pazienza che una libbra di vittoria (Comment. in Psalm.); il Venerabile Beda scrive che «dà prova di essere perfetto colui la cui pazienza non può essere stancata» (Comment. in S. Iac.).
Spinta al suo più alto grado, la pazienza desidera gli insulti e i patimenti, da qualunque parte essi vengano e per gravi che siano: «La prova della fede genera la pazienza, dice l\’apostolo S. Giacomo, la pazienza produce opera perfetta, di maniera che voi siate perfetti, compiuti, mancanti in nulla» (IAC. I, 3-4). In molti modi la pazienza rende perfetto l\’uomo.
Primieramente, siccome la pazienza porta l\’uomo a sopportare tutto e a perseverare fino alla fine, lo dota di virtù e gliele conserva. La pazienza può venire paragonata al tetto delle case, che difende dalle intemperie gli abitanti; a coltri di lana, che smorzano le bombe, ecc… Senza la pazienza non regna nessuna virtù nell\’uomo, poiché tutte le virtù sono il risultato di prove sostenute; ora la pazienza è necessaria per sostenere qualsiasi prova.
In secondo luogo, la pazienza aiuta l\’uomo a compiere la sua corsa e toccare la mèta dell\’arringo; essa gli pone sul capo una ricca e divina corona. La pazienza di cui parla l\’apostolo S. Giacomo, è la perseveranza nei patimenti, ed è quella che produce opere perfette.
In terzo luogo la pazienza è scudo ed elmo che ribatte e spezza i dardi dei nemici infernali e delle passioni. Allontana tutti i mali, unisce dei beni opposti, e supera ogni cosa. L\’uomo paziente è padrone di sé e dei suoi affetti; comanda loro da re: e un uomo tale non è forse perfetto? Questo volle dire Gesù con quelle parole: «Nella vostra pazienza possederete le anime vostre» (Luc. XXI, 10). «Beati i pazienti, i miti, perché possederanno la terra» (MATTH. V. 4). Osserva S. Tommaso (2.a 2.ae q. 136, art. 2) che l\’uomo possederà l\’anima sua nella pazienza; perché questa virtù sradica le passioni che rendono infelice, la tristezza, per esempio, la collera, l\’invidia, la vendetta, e simile altre passioni che scompigliano l\’anima.
In quarto luogo, non manca nulla a chi ha la pazienza; essa supplisce a tutto ciò di cui ha bisogno e lo conduce insensibilmente al più alto grado di santità; infatti S. Gregorio chiamò la pazienza «radice e guardiana di tutte le virtù» (Homil XXXV). E la radice e la custode di tutte le virtù, prima perché le avversità che generosamente tollera la pazienza, soffocano l\’amor proprio, causa di ogni peccato e imperfezione; poi, perché produce sei opere perfette: l° raffrena la gelosia, la collera ed altre simili passioni…; 2° prova l\’uomo e le sue virtù…; 3° mette alla prova se stessa…; 4° procura la gioia dello spirito…; 5° governa tutti gli atti dell\’uomo per modo che si diporti in tutto, moderato e circospetto…; 6° assicura la vita eterna…
In quinto luogo, la pazienza rende perfetto e compiuto l\’uomo; perché come il tronco dell\’albero che porta rami, foglie, fiori, frutti, la pazienza porta tutto il peso dell\’uomo e delle sue virtù; tutto ciò che vi è di penoso e grave nella sua vita; le contraddizioni, le pene, i patimenti, le umiliazioni, le angustie, e simili; gli mantiene spirito, parola e volto calmi e lieti. Quindi Clemente Alessandrino lasciò scritto, che la pazienza ci procura ogni bene (Homil. tomo I).
In sesto luogo, la pazienza ha per guida e, secondo la frase di Tertulliano, per depositario Iddio: «Molto sicuro depositario, dice questo grave autore, diventa Iddio per la pazienza: se voi rimetterete nelle sue mani un\’ingiuria fattavi, egli la vendicherà; se un danno recatovi, egli lo riparerà; se un dolore, lo medicherà; se il vostro ultimo sospiro, vi risusciterà. Dio ci si fa debitore, per quanto lo vuole la pazienza (De patient, C. XV)». S. Agostino paragona la pazienza ad un\’arpa le cui corde, formate dalle tribolazioni, modulano un inno gradito a Dio; ma chi nelle avversità si lascia abbattere costui spezza la sua arpa (In psalm. XLII).
In settimo luogo, la pazienza genera opera perfetta, perché la sua opera per eccellenza è l\’accettazione del martirio, vale a dire l\’atto più nobile e più bello che l\’uomo possa compire con l\’aiuto di Dio. La pazienza genera i confessori della fede e li corona. La sua vita stessa è un martirio. La pazienza trionfa di tutto, perfino di Dio…
Ottavo, la pazienza ci rende simili a Gesù Cristo che è la pazienza per eccellenza.
Nono, chi soffre i mali con pazienza li cambia in beni; egli esce dalla prova vittorioso, purificato e ottimo. La pazienza è rimedio contro tutti i mali; poiché per mezzo di essa noi ci uniamo a Dio che è tutto bene.
Mostrare pazienza, specialmente nelle ingiurie, dimenticarle, perdonare, beneficare quelli che mettono la nostra longanimità alla prova col farci del male, è atto veramente regio, o meglio divino: «Segno di animo virile e grande è, dice Seneca, mantenersi tranquillo e calmo, non badando alle ingiurie e disprezzando le offese. Atto da femminuccia, al contrario, è l\’incollerirsi» (In Prov.). Così gli stessi pagani giudicavano la pazienza.
«Il giusto non si contristerà, qualunque cosa gli accada», leggiamo nei Proverbi (XII, 21). Dove si noti, che il Savio non dice già che non avvenga nessun male al giusto che si segnala per la sua pazienza; anzi vediamo spesso succedere il contrario; Giobbe, per esempio, Davide, Tobia, Daniele furono sottoposti a grandi tribolazioni. Ma la Scrittura dice: La pazienza e l\’eguaglianza di animo, che si palesano nel giusto, vincono ogni prova; egli sopporta rassegnato, ilare, coraggioso ogni tribolazione, gli venga essa da Dio, o dagli uomini, o dal demonio, o da altra creatura,o da lui medesimo. Nessuna afflizione lo conturba, nessun dispiacere lo affanna, nessuna tristezza lo accascia, ma in mezzo a tutte le traversie rimane saldo, irremovibile, paziente, dolce; poiché la pazienza è il vero rimedio ai mali della vita. Preparate la vostr\’anima alle prove e sarete felici; nessun carnefice vi può togliere la felicità che procura la pazienza e che Dio le ha promesso. È dottrina di S. Tommaso, che in Gesù Cristo e nei giusti la tristezza consiste nel prevedere e risentire i mali, ma non nel turbarsene (2.a 2.ae q. 136, art. 2).
Le cagioni per le quali il giusto né si affanna, né si affligge di nulla, sono le seguenti: in primo luogo il nessun conto in cui tiene le cose del mondo; non mettendo in esse il suo cuore, ma disprezzandole, non sente dispiacere quando se le vede togliere… «pensa, diceva Socrate, che nessuna cosa di questo mondo è stabile; casi nella prosperità, non ti abbandonerai a gioia smodata; nella contrarietà non ti lascerai sopraffare da eccessiva tristezza (PLUTARC.)». Secondariamente, la cura con cui frena le passioni, sorgente di peccati, e per conseguenza di agitazioni e di affanni, secondo quel detto di Geremia: «Gerusalemme ha peccato, perciò è divenuta instabile» (Lament. I, 8): «Rinunziamo volentieri, scrive Tertulliano, ai beni della terra, ma difendiamo quelli del cielo. Perisca il mondo, purché io acquisti la pazienza (De Patientia)». Terzo, la preferenza ch\’egli dà alla pace sopra ogni altro bene. Qualunque sacrifizio gli costi, egli si abbraccia e si tiene stretto alla pazienza… Quarto, la convinzione di essere e lui e tutte le cose sue nelle mani di Dio e sotto le ali della Provvidenza. Egli riposa su la bontà e su la vigilanza del padre comune degli uomini. I figli di Dio sono invulnerabili, dice Pindaro (Anton. in Meliss.). Quinto, l\’unione dell\’anima sua con Dio, unione così stretta, che quest\’anima fa, per così dire, una medesima cosa con lui. E siccome Dio è immutabile ed impassibile, rende tali gli uomini pazienti ed i giusti uniti con lui…
«Se Dio è con noi, dice il Crisostomo, né disgrazie, né insidie, né alcuna cosa del mondo può nuocerci, ma come un carbone acceso si spegne se è immerso nell\’acqua, così ogni più grande ambascia dell\’anima facilmente si dissipa e svanisce, se cade sopra una coscienza irreprensibile. Nessuno è offeso se non da se stesso (Hom. VI in Act.)». Secondo S. Gregorio, meno splendida è la vittoria che si conseguisce con l\’espugnare una fortezza, di quella che si riporta contro se stesso con la pazienza: perché pel primo caso si soggioga una potenza esteriore; nel secondo, l\’anima doma e vince se medesima (Homil. XXXV, in Evang.). Quindi Claudiano asserisce che merita di signoreggiar su tutto, chi ha imparato a governare se stesso (Anton. in Meliss.).
Ci vuole più forza a sopportare pazientemente le avversità che non a compiere grandi imprese e ciò per le seguenti tre ragioni già rilevate da San Tommaso: 1° perché le avversità che ci piovono addosso, ci si presentano come più forti di noi, mentre colui che fa un\’azione eroica, la imprende perché si stima più forte di lei; ora, non è più difficile lottare contro uno che stimate a voi superiore in forze, che non contro chi giudicate inferiore? 2° perché chi resiste pazientemente alle avversità, sente i pericoli della lotta; mentre chi dà l\’assalto a una fortezza, guarda i pericoli come ancora lontani; ora è molto più difficile e raro non apprendere i mali presenti, che i futuri; 3° perché nelle tribolazioni il combattimento non ha tregua; mentre un assalto a mano armata ha luogo improvvisamente e ordinariamente non dura a lungo (2.a 2.ae q. 136, art. 3).
Nessuna cosa, riguardo a forza, si può paragonare con la pazienza; chi possiede questa virtù, non può mai soffrire gran cosa, perché la sua anima è come impassibile. La pazienza è una vera potenza. Dio è potentissimo, perché pazientissimo. La collera e l\’impazienza sono una nota di debolezza, di pusillanimità, d\’impotenza… Ecco perché S. Giovanni Crisostomo dice che il non vendicarsi, rende uguale a Dio (Homil. VI, in Act.).
La pazienza spiegata in ogni incontro della vita è segno caratteristico di un\’anima grande. La parte superiore, la più bella, la meglio ordinata del mondo è il firmamento. Ora essa non è mai immersa nelle nebbie, né solcata dal fulmine, né soggetta al turbine, né agitata da venti, né lordata da polvere; le tempeste si formano nelle regioni inferiori. Così pure l\’uomo paziente non perde mai la pace; si rende superiore a ciò che potrebbe turbarlo, si guadagna il rispetto e acquista grandi meriti. L\’anima che sa patire con moderazione e dolcezza, senza lamenti e mormorazione, si mostra bella, grande, elevata e perfettamente ordinata; si tiene molto vicina allo splendido sole dell\’eternità.
«Dà prova di grande virtù, dice S. Isidoro, chi non ripaga l\’offesa con l\’offesa; molta fortezza d\’animo dimostra, se offeso perdona; splendida gloria si acquista, se risparmia un nemico, al quale potrebbe nuocere (Lib. Sentent.)». Ora la pazienza fa tutto questo. « È proprio di un\’anima generosa lo sprezzare le ingiurie, dice Seneca; è da vile e debole il vendicarsene» (Epl. LXXVII). «Il cristiano, dice S. Massimo, soffre con rassegnazione per meritare la ricompensa che gli è stata promessa e per dare un esempio ai suoi concittadini; porta con pazienza, per procurare a sé il riposo, al prossimo la salute (In Vita)».

5. VANTAGGI DELLA PAZIENZA. – «Beati i miti, perché essi possederanno la terra» (MATTH. V, 4). Posseder anno la terra, cioè le ricchezze di quaggiù, perché non vi sarà chi cerchi di suscitare contro di loro brighe ed ostacoli. Poi chi ha la dolcezza e la pazienza si contenta del poco che possiede, il che vale una fortuna. Ma la terra che è loro promessa è principalmente la terra dei vivi, il cielo. Nella terra che devono possedere gli uomini pazienti, S. Bernardo vede il corpo e l\’anima ch\’essi governavano con la pazienza, regnando su tutti i movimenti del cuore e dei sensi (In haec verbo Matth.).
Tertulliano fa questo magnifico elogio della pazienza:. «Protegge la fede, governa la pace, aiuta la carità, fa crescere l\’umiltà, attende il pentimento, segna il tempo conveniente per la confessione, domina la carne, guarda lo spirito, frena la lingua, trattiene la mano, conculca le tentazioni, allontana gli scandali, consuma il martirio; consola il povero, modera il ricco, solleva il debole, non stanca il forte, rallegra il fedele, invita il gentile, raccomanda il servo al padrone, e il padrone a Dio; orna la donna, fa rispettabile l\’uomo; è amata nei ragazzi, è lodata nei giovani, è ammirata nei vecchi, è bella in tutte le età e in tutti i sessi. La pazienza mostra viso calmo e tranquillo, fronte serena, non solcata da rughe di tristezza o d\’ira, porta gli occhi dimessi per sentimenti di umiltà, non di abiezione; la sua bocca chiusa rende omaggio all\’abitudine del silenzio» (De Patient. c. CV).
S. Cipriano dice: «La pazienza ci raccomanda e tiene uniti a Dio. Modera la collera, frena la lingua, governa l\’anima, conserva la pace, regola la disciplina, rompe l\’impeto della passione; attutisce l\’orgoglio, estingue l\’odio; restringe il potere dei ricchi, soccorre all\’indigenza dei poveri, protegge la fortunata integrità delle vergini, la laboriosa castità delle vedove, l\’amore e l\’unione dei coniugi, mantiene l\’umiltà nella prosperità e dà forza nelle avversità, dolcezza tra gli insulti e le contumelie; insegna a perdonare prontamente a quelli che mancano, e a pregare molto e lungo tempo quando ci accade di mancare; supera le tentazioni, sopporta le persecuzioni, conduce alla vittoria per mezzo dei patimenti e dei tormenti (De Bono patient.)».
Nessuno può nuocere alla vera pazienza; l\’assalirla è un renderla più forbita e splendente. I beni che le sono rapiti, i mali che le vengono fatti, tutto ella deposita nei tesori di Dio che le renderà il centuplo… L\’abate Giovanni ripeteva ai suoi discepoli: «La pazienza, principalmente in mezzo alle ingiurie, è la porta del cielo» (Vit. Patr.). Niente è tanto dolce, dilettevole e degno dell\’uomo, quanto opporre la pazienza a tutte le offese… «Perché tu hai osservato la mia parola di pazienza, disse il Signore al Vescovo di Filadelfia, anch\’io ti guarderò e custodirò nell\’ora della prova» (Apoc. III, 10). «Grande assennatezza è nella pazienza, dicono i Proverbi, l\’impaziente al contrario manifesta la sua insipienza» (Prov. XIV, 29). L\’uomo in collera proclama ad alta voce la sua follia con le grida, col dimenare le braccia, con l\’agitarsi; non diminuisce il suo male, ma lo accresce e lo raddoppia…
«L\’uomo paziente, dice S. Efrem, ha per sua guida una grave prudenza. Che cosa vi è di più mirabile e di più vantaggioso? Egli è sempre lieto, mette la sua speranza in Dio, non conosce che cosa sia collera, tutto sopporta, non si adira, non insulta persona, non profferisce parola che possa nuocere. Se viene offeso, non si rattrista, non discute con quelli che tengono parere diverso dal suo; si mostra in ogni incontro costante e forte, si rallegra delle prove, non si adombra degli invidiosi. Se gli è dato un ordine, obbedisce; se viene rimproverato, non si lamenta; si esercita del continuo a perseverare nella pazienza (Serm. V).
La prudenza del paziente e l\’imprudenza dell\’impaziente, si manifestano a questi segni: 1° L\’uomo paziente fa vedere che domina l\’ira, l\’impaziente lascia scorgere che ne è schiavo. Quegli signoreggia le sue afflizioni e se stesso, perciò gode pace costante e perfetta; questi, al contrario, è sempre travagliato dalle passioni, quindi sempre conturbato ed inquieto. 2° Tacendo e standosene in calma, l\’uomo paziente riesce vincitore della collera sua e di quella degli altri; mentre l\’impaziente è schiavo dell\’una e dell\’altra. 3° Con la dolcezza e con la moderazione, l\’uomo paziente converte spesse volte il collerico e gli trasfonde in cuore la sua pazienza; l\’uomo furibondo, invece, trascina qualche volta il paziente ad atti di collera furibonda. Quegli rassomiglia ad un febbricitante; questi a un medica che modera gli assalti e i parossismi della febbre e rende il buon senso a colui che sta curando. Questa è la similitudine adoperata da S. Pier Crisologo.. «Non è forse vera, egli dice, che quando un\’ardente febbre assale un infelice, gli toglie il senno, lo porta al delirio ed anche alla frenesia? I sensi del malato sono turbati, il suo spirito più non regge, diventa feroce e batte e morde chi l\’avvicina. Allora a lode della carità, a gloria dell\’arte, a onore del sua sapere e della sua compassione, il medico si arma di pazienza, non bada agli insulti del malato, ne sopporta le noie, le battiture, i morsi, stimandosi felice se riesce a guarirlo, o almeno a diminuirne i patimenti; lo calma con l\’olio della pazienza; lo circonda di cure e gli fa prendere i rimedi convenienti, avendo per sicuro che l\’infermo ritornato in se stesso e guarito, gli sarà riconoscente e lo ripagherà generosamente di tutte le cure» (Serm. III). Ecco nel febbricitante l\’uomo impaziente, e nel medico caritatevole, il paziente; noi siamo medici spirituali, salviamo l\’anima nostra e quella dei nostri fratelli; lavoriamo a guarirli di ogni collera ed ira con la nostra pazienza e carità; e ne avremo, quando saranno guariti, i ringraziamenti e la riconoscenza…
«L\’uomo collerico suscita litigi; l\’uomo. paziente spegne quelli che già divampano», leggiamo nei Proverbi (XV, 18). Perciò è buon consiglia quella di Seneca: «Lasciate che i diverbi incomincino dagli altri; da voi parta la parola della concordia (Epistola LXXXVII)». Tre impareggiabili tesori toglie la collera all\’uomo: la gravità, la saggezza, la pace.
«L\’uomo paziente, troviamo ancora nei Proverbi, vale di più che un ardito guerriero: chi è padrone dell\’animo suo, vale di più che chi espugna fortezze» (Prov. XVI, 32). S. Gregorio Nazianzeno scrive che nessuna arresta e disarma più presto un persecutore, di colui il quale lo affronta armato di pazienza (Orat. XIX); il Crisostomo esprime lo stesso pensiero con questa similitudine: «Non così prontamente perde il calore un ferro arroventato che si tuffi nell\’acqua, come l\’uomo collerico smorza l’ira quando deve trattare con un\’anima piena di
longanime pazienza. Se noi siamo pazienti e dolci, saremo forti e potenti (Hom. VI, in Act.)». Molti trofei, dice anche un poeta, mostra la forza, ma molti più ne conta la pazienza. Volete voi essere impeccabili? Siate pazienti, sappiatevi contenere. Il miglior mezzo di punire quelli che ci oltraggiano sta nello spiegare grande pazienza. Questa virtù vi aiuterà a sopportare quello che non potete correggere. La pazienza è regina del mondo.
Rendersi superiori agli insulti per mezza della pazienza è la più splendida delle vittorie, dice il Crisostomo. Dio ci ha dato delle forze per vincere, non già a mano armata, ma con la pazienza. Dove mai non si celebra il trionfo di Giuseppe il quale con tanto coraggio sostenne l\’avversità? Per la pazienza riuscì vincitore delle insidie tesegli dai fratelli e dalla donna impudica. Giobbe, per la sua pazienza trionfò degli sforzi del demonio, degli insulti della moglie, degli affronti degli amici, della povertà, della malattia e di mille patimenti; per la sua pazienza fu più forte di Sansone che sconfisse tante volte i Filistei. Soffrendo rassegnato e paziente l\’odio dei suoi fratelli, l\’esilio, la calunnia, la prigione, Giuseppe giunse a dominare se stesso, si coltivò il favore del Faraone, divenne il padrone e il salvatore dell\’Egitto. Davide si mostrò più forte trionfando di Saulle con la pazienza, che non atterrando il gigante Golia (Homil. VI, in Act.).
Il savio comprende che in questa vita miserabile, l\’uomo non può a mena d\’incontrare delle tribolazioni: ecco perché si prepara a riceverle e a sopportarle con pazienza; egli d\’altronde non ignora che ricevendole con impazienza, ne accrescerebbe il male e il dolore. Infatti, egli sarebbe allora tormentato dal male che lo travaglia e dal risentimento prodotto dalla sua collera; mentre, in virtù della pazienza, prova soltanto il male inseparabile dalla condizione della natura decaduta; e questo ancora gli è siffattamente alleviato, che non lo sente quasi più. Inoltre, se egli s\’incollerisse, offenderebbe Dio e si attirerebbe, in punizione della sua collera, nuove e più strazianti pene. Egli soffrirebbe per conseguenza assai di più, perderebbe tutto il merito che dai suoi patimenti potrebbe ricavare, si esporrebbe alle pene eterne. Chi pensa a queste verità, si premunisce contro l\’impazienza, e cerca di sopportare tutto con rassegnazione.
D\’altronde, il savio sa che il vero bene della sua anima quaggiù è la pace, ma sa altresì che la pace non deriva che dalla pazienza; perciò in tutte le contrarietà, afflizioni, traversie, pratica questa virtù che sola è atta a procurargli un tanto bene… L\’uomo paziente, rendendosi superiore al mondo, fissa l\’anima sua in Dio e non si occupa che del cielo.. La saviezza e la gloria dell\’uomo paziente consistono nel poter dire senza menzogna: Io vivo dell\’amor di Dio e del desiderio del cielo. Dio, fiume di vita, spegne la mia sete; Dio, pane vivente, è il mio nutrimento; la povertà mi arricchisce; disprezzo la morte; possiedo beni reali, quindi non mi manca nulla…
S. Basilio dava questo consiglio: «Procura, figlio mio, di acquistare la pazienza, perché essa è la più grande virtù dell\’anima; afferrala per arrivare presto al sommo della perfezione. La pazienza è il sommo rimedio dell\’anima; !\’impazienza è il cancro del cuore (Monit.)». Seneca dice: «Sono leggere le tribolazioni, che ci opprimono? sopportiamole e la pazienza le mitigherà; sono pesantissime? sopportiamole e la nostra gloria se ne avvantaggerà in proporzione della gravezza» (Epist.).

6. QUALITÀ DELLA PAZIENZA. – Bisogna essere pazienti con tutti: «Sopportatevi pazientemente gli uni gli altri in carità» (Eph. IV, 2), scriveva S. Paolo agli Efesini; ai Tessalonicesi raccomandava che si mostrassero pazienti con tutti (I Thess. V, 14).
«La pazienza produce opera perfetta», dice S. Giacomo (IAC. I, 4). Ora, perché la pazienza produca quest\’opera perfetta deve primieramente tollerare i mali con coraggio e perseveranza; in secondo luogo deve sopportarli per la fede di Gesù Cristo, per la giustizia, per la virtù; in terzo luogo dev\’essere congiunta con le altre virtù. I doveri poi che deve adempiere per essere perfetta e meritoria, sono: 1° perdonare a chi offende; 2° fargli del bene quando se ne presenta l\’occasione; 3° ricevere la prova come eccellente rimedio; 4° rendersi superiore alle ingiurie…
Per tre gradi la pazienza sale alla perfezione. Il primo consiste nel soffrire con rassegnazione…; il secondo, nel soffrire volentieri…; il terzo, nel soffrire con gioia… E perché bisogna rallegrarsi nelle contrarietà ed afflizioni?… 1° Perché queste ci staccano dal secolo. Dio ce le manda, dice San Gregorio, affinché non amiamo troppo la via e non la preferiamo. alla patria che è il cielo (Moral. c. XXIII).
S. Agostino dice: «Le tribolazioni non lasciano mai di molestare l\’uomo, affinché, viaggiatore verso la patria, non preferisca una stalla alla casa che lo attende (In Sentent. CLXXXVI)». 2° Perché le afflizioni sono il segno dell\’elezione e della predestinazione divina.
Bisogna, scrive S. Tommaso, sostenere con pazienza e allegrezza i colpi del Signore, 1° a cagione dell\’affetto che ci porta quegli che ci percuote, secondo quelle parole dei Proverbi: «Figlio mio, non t\’indispettire delle prove cui ti sottopone il Signore, perché egli corregge colui che ama e se ne compiace come padre nel figlio» (III, 11-12). 2° A cagione della coscienza della nostra colpevolezza per la quale ciascuno può dire: «Porterò l’ira del Signore, perché l\’ho offeso» (MICH. VII, 9). 3° Per riguardo alla speranza della ricompensa: «Beato l\’uomo, esclama S. Giacomo, che patisce tentazione; perché dopo di essere stato provato, riceverà la corona di vita, che Dio ha promesso a quelli che lo amano» (IAC. I, 12). 4° A cagione dell\’inutilità delle mormorazioni, secondo quel detto di Geremia: «Perché dunque mormora l\’uomo vivente, l\’uomo punito per le sue colpe?» (Lament. III, 39).

7. MEZZI PER PRATICARE LA PAZIENZA. – «Non cercate di difendervi, dice S. Paolo, ma lasciate passare la collera» (Rom. XII, 19); cioè: lasciate a Dio la cura dei vostri interessi, e cedete a colui che vi assale in collera, mantenetevi in silenzio… Soffrite con rassegnazione… Quando la vostra pazienza è messa alla prova, dite: Se ho meritato questa croce, la porterò per soddisfare ai miei peccati; se non me la sono meritata, la sopporterò egualmente ad esempio di Gesù Cristo e della santissima sua madre; più fulgida ne diventerà la mia corona… Finalmente, si volga l\’occhio alla passione di Gesù Cristo: «Non vi è croce, per quanto grave appaia, la quale non sopporti con pazienza, colui che ricorda la passione di Gesù Cristo», scrive S. Gregorio (De Conflic. virtut. et vil.).