I Miracoli Eucaristici: VEROLI (FROSINONE) 1570

Di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. Si faceva l’orazione delle 40 ore (…), i presenti cominciavano a gridar misericordia e battersi lo petto piangendo fortemente e domandando io per qual causa facevamo questo, uno chiamato Giovanni da Nardillo della città di Veroli, quale era inginocchiato appresso di me, mi disse: “Non vedi la stella che è apparsa nel calice ove è il S.S.mo Sacramento?”.

Il primo biografo di San Filippo Neri, p. Antonio Callonio, scriveva che il Santo, appena ventenne, amava starsene quanto il più poteva solitario e abitava a Roma in una camera piccola, in soffitta, il suo cibo era pane solo con olive e “alcune altre volte con erbe, beveva solo acqua e tal volta per non dire molte, mentre di maggiore amore si sentiva ardere il cuore, tre dì e tre notti digiunava senza mangiare mai nulla e 40 ore continue stava in orazione, gustando ed assaggiando un poco le dolcezze celestiali: vestiva semplicissimamente, apparendo di fuori quella modestia di cui era dentro adornato: e rendeva soave odore di virtù e di santità” (cfr. A. Gallonio: Vita del beato Filippo Neri, pag.5).
40 ore di orazione: ci pensate? Da questa affermazione, alcuni studiosi fanno risalire proprio a San Filippo l’introduzione a Roma della pratica delle sante 40 ore, divulgata con molto zelo poi dai Cappuccini e dai Gesuiti, mentre Sant’Antonio M. Zaccaria la diffuse a Milano, sostenuto dallo zelo apostolico del grande San Carlo Borromeo.
Certo nel 1500, quando sorse questa pratica solenne delle Sante 40 ore, il Santissimo Sacramento non veniva esposto come ai nostri giorni, in cui l’ostia grande, raggiante di luce, è ben visibile, fissata entro le pareti di cristallo dell’ostensorio.
Allora il S.S.mo Sacramento, fate attenzione perché proprio questo modo di fare adorazione mi permetterà di manifestarvi il grande miracolo eucaristico di Veroli, veniva chiuso in una piccola teca d’argento e deposto dentro un calice o una pisside.
Una patena e un velo di seta bianca coprivano il calice, collocato al centro della mensa dell’altare, nascondendo, alla vista, il Santissimo. Un caldo e luminoso corteo di ceri circondava il divino Pane del cielo. E tutta la gente, con i sacerdoti in bianchi paramenti, stava in adorazione per lungo tempo.
Mi ricordo che quando ero ragazzo vedevo, all’adorazione delle 40 ore all’inizio della settimana santa (si usava così!), delle giovani che con un bianco, grande velo in capo, stavano per lungo tempo inginocchiate ad un banchetto posto davanti a tutti noi, che eravamo invece nei banchi. Dicevo fra me: che fortunate quelle donne!
Inos Biffi ci ricorda in un suo libro intitolato: “Eucaristia, la storia e il rito – catechesi in breve” (Ed. Jaca Book): “II cerimoniale di questa solenne adorazione (le Quarantore) venne poi fissato per tutta la Chiesa dall’Istruzione Clementina, pubblicata da Clemente XII nel 1705. A sostenere e a propagare un tale culto eucaristico sorgeranno delle configurazioni religiose e poi delle associazioni.
Il primo istituto religioso per una adorazione perpetua e riparatrice si ritiene sia stato quello delle Benedettine dell’Adorazione perpetua del S.S. Sacramento, fondato da Caterina (o Matilde come si chiamerà in monastero) De Bar e iniziato a Parigi nel 1653, cioè nel secolo XVII chiamato “secolo eucaristico” (pagg. 86-87).
Ma chi può dire quante siano oggi le confraternite, le congregazioni religiose, le associazioni che si dedicano all’adorazione eucaristica? Non oso nominarne alcuna per non far torto a nessuno, ma Dio ricompensi tutti coloro che hanno dedicato la propria vita a Gesù Eucaristia e ne zelano la devozione e la diffusione.
La pratica delle Quarantore è tuttora viva nella prassi della,Chiesa, ma come vorrei che da queste adorazioni ai tabernacoli modesti e segregati in luoghi deserti succedano i grandi cibori e tabernacoli di un tempo, posti al centro del presbiterio!
Sentite che cosa è avvenuto a Veroli in provincia di Frosinone, proprio il giorno di Pasqua il 26 marzo 1570/ legato alla pia pratica delle Quarantore.
È così bello e affascinante il miracolo eucaristico che vi sto per narrare che davvero mi si commuove il cuore.
Andiamo perciò, con la fantasia via radio, ma anche con tanta fede, dove avvenne. Non conosco la storia di Sant’Erasmo, ma a sua chiesa a Veroli, officiata in origine dai Benedettini e poi lasciata ai Canonici, gode di un grande dono.
La sera della Pasqua – come consuetudine voleva – il sacerdote espose il SS.mo Sacramento dando così inizio alle Sacre Quarantore, ponendo il Santissimo Sacramento, come ho detto, in un calice coperto dalla patena e dal velo bianco.
Ad ogni ora della notte, le diverse confraternite, si davano il cambio per l’adorazione.
Verso le due di notte, quando cominciava il lunedì dell’Angelo, i devoti adoratori, alzando gli occhi verso l’altare e al Santissimo, ebbero improvvisamente una visione: apparvero delle luminose, bimbi in adorazione e una grande ostia splendente che sovrastava il calice.
Non dite, miei cari lettori, che stanotte p. Giorgio ha le traveggole, perché quello che vi descrivo è confermato da molti aumenti firmati da numerosi testimoni. Infatti le varie deposizioni giurate e firmate da testimoni oculari confermano che raramente in quella notte santa si sono avuti intorno a Gesù Eucaristia segni straordinari.
Ma alcuni non credono o perché ritengono che sia una cosa assurda, o perché pensano che siano tutte fantasticherie di qualche bigotta. Allora, chi può, quando vuole, vada alla curia vescovile di Veroli e si faccia mostrare un documento eccezionale: chiamato “il miracolo eucaristico di S. Erasmo” e conservato proprio nell’archivio della chiesa stessa di S. Erasmo.
Giacomo Meloni, primo testimone, premesso il giuramento solenne, così si espresse nel linguaggio del suo tempo: trovandomi nella chiesa collegiata di S. Erasmo della città di Veroli, nella cappella di San Gregorio domenica di Risurrezione di N.S. Gesù Cristo, a dì 26 del mese di marzo passato, di questo anno 1570 nella seconda ora di notte venendo nel lunedì, quale ora era assegnata alla Compagnia della misericordia di questa città, per orar avanti al S.S.mo Sacramento, quale stava sopra l’altare di detta Cappella dentro un calice d’argento indorato, perché si faceva l’orazione delle 40 ore (…), i presenti cominciavano a gridar misericordia e battersi lo petto piangendo fortemente e domandando io per qual causa facevamo questo, uno chiamato Giovanni da Nardillo della città di Veroli, quale era inginocchiato appresso di me, mi disse: “Non vedi la stella che è apparsa nel calice ove è il S.S.mo Sacramento?”.
E così alzando gli occhi verso il calice, vidi da piede alla coppa del calice una stella splendidissima e sopra della stella appariva il S.S.mo Sacramento di grandezza di quello che si suoi usare nella messa del Sacerdote e la stella toccava ed era attaccata con il S.S.mo Sacramento, il che vedendo don Girolamo Thodino, canonico di detta chiesa di S. Erasmo, quale era inginocchiato vicino a me: Don Girolamo non vedi la rotondità del S.S.mo Sacramento? Mi rispose, sì che la vedo”.
E così don Angelo de Angelis, che cominciò a piangere, dicendo “Misericordia Signore io l’ho messo il SS. Sacramento dentro del calice in una scatoletta con le mie mani proprie”.
La meraviglia si compì allorché si videro attorno all’ostia consacrata, dei bimbi adoranti, simili a piccoli angeli…
Oggi, il calice con la patena, ove fu posto ed esposto il Sacramento, è rimasto sempre custodito tra i reliquiari dei santi, così come la teca d’argento.
Le sacre specie dell’ostia miracolosa dì Veroli, alla fine del 17° secolo dopo 112 anni circa, furono consumate.
Nel 1970 in occasione del quarto centenario, si è celebrato il terzo Congresso Eucaristico della diocesi di Veroli – Frosinone.
“Oggi come oggi – afferma padre Nasuti -, il miracolo viene cordato il martedì di Pasqua con la celebrazione di sante messe con una processione, cui partecipa il vescovo e numeroso popolo. Si fa l’adorazione del S.S. Sacramento ogni primo venerdì del mese, tenendo chiuse le altre chiese (…).
Il miracolo eucaristico di S. Erasmo rimane nel ricordo dei fedeli, ponendosi come richiamo costante al mistero centrale della fede cristiana: Gesù unico Signore, Salvatore, Cibo delle anime nostre, sempre presente tutti i giorni della nostra vita, fino alla fine del mondo nei nostri tabernacoli e nella S. Messa.
Che cosa poteva donarci di più Gesù? Con il suo Corpo per noi spezzato, con il suo Sangue per noi versato. Gesù ha deposto nel mondo ammalato, ferito, percosso, sazio eppur disperato, non solo il germe della speranza e della risurrezione, ma anche lo trasforma, lo sviluppa, mentre sospiriamo la venuta gloriosa del nostro Maestro e Signore.
“O buon Pastore pane vero. Gesù, abbi pietà di noi: sii tu a lasciarci e a custodirci; nella terra dei viventi mostraci i veri beni. La vera stella luminosa sei tu!”. Voglio concludere con un ricordo personale: ognuno ne tragga l’insegnamento che vuole, purché sia santo.
L’altra domenica p. Lorenzo, cappuccino, amico e fratello, pur ammalato, ha voluto accompagnarmi nel coro grande della chiesa dedicata ora a S. Giuseppe da Bologna mostrandomi un quadro raffigurante una fanciulla in abito bianco. Mi disse: “Nella vigilia della Ascensione del 1333, il 12 maggio è avvenuto un miracolo straordinario: mentre una giovane novizia, la beata Imelda Lambertini, pregava nel coro della chiesa, vide finalmente esauditi miracolosamente il suo ardente desiderio di ricevere la comunione eucaristica, che purtroppo ancora non le era stato concesso. All’improvviso dall’alto scendeva un’ostia: il cappellano del Monastero, accorso insieme alle monache domenicane, comunicò con quell’ostia la novizia, che per la grandissima gioia morì nello stesso giorno della prima comunione”.
Se imparassimo a desiderare più ardentemente Gesù Eucaristia! Non dico di morire, ma di adorarlo, amarlo con più tenerezza di fede, questo sì lo possiamo, lo dobbiamo fare tutti. Come cambierebbe la nostra vita, la nostra opera, la nostra speranza e la nostra gioia!