I Miracoli Eucaristici: TORINO (I) (1453)

di Padre Giorgio Finotti dell’Oratorio. La chiesa parrocchiale era deserta e semi buia, ma un malaugurato predatore ebbe un lampo di gioia diabolica. Tacitando ogni richiamo della coscienza, ormai ridotta ad uno straccio, si portò, con una corsa, davanti al tabernacolo, poi ne forzò la porticina, ne estrasse l’ostensorio che racchiudeva l’ostia consacrata “l’hostia magna” e infilò il tutto in un sacco, insieme ad altri oggetti sacri, senza alcuno scrupolo

I Miracoli Eucaristici: TORINO I (1453)



L’ iniziatore e primo animatore del Movimento Gioventù Ardente Mariana, Don Carlo De Ambrogio, morto nel 1979 a Torino, diceva di avere Tre amori che definiva bianchi: l’Eucaristia, la Madonna e il Papa.


Leggo dalla sua biografia: “Il Regno di Dio prima di tutto” (a cura del movimento GAM, 1989)/ queste parole: “Viveva per l’Eucaristia e dell’Eucaristia. Non si spiega diversamente la sua capacità di trascinare le anime a un ardente amore eucaristico.  Dove trovava una persona o una comunità aperta allo Spirito, ne faceva con Maria delle anime di adorazione eucaristica/ delle lampade accese davanti al Tabernacolo” (pag. 64).


Dio benedica queste anime sacerdotali, eucaristico – mariane e benedica tutti coloro che con umile ed ardente amore sanno adorare la divina Eucaristia, il Tesoro più ineffabile per la nostra vita di fede.


Eppure, come mai che la Presenza del Santissimo è divenuta per tanti cristiani, un dono senza valore?


Ho sentito in questi giorni una terribile notizia: con la scusa di prendere in mano l’Eucaristia, c’è stato qualche fratello sacrilego che ha portato l’ostia consacrata per far celebrare un rito satanico.  È arrivato perfino al furto e poi ha venduto le ostie consacrate (a 50 mila lire l’una) per quell’oltraggiosissimo servizio di Satana e dei suoi terribili/ insani seguaci!


C’è da inorridire di amarezza di sgomento: ma noi credenti perché lasciamo solo Cristo nel Tabernacolo?  Perché non ne abbiamo più vigoroso amore?


Qualcuno ha detto che sono un retrogrado se bado ancora a fare la genuflessione davanti al Santissimo!  Mi dispiace, ma io faccio così come il mio parroco mi ha insegnato, vedo il Papa che sta ancora così; genuflettendo davanti a Gesù, esprimo la mia fede nella sua divina Presenza.


Alcune chiese abbandonate per ore intere sono facile occasione per rubare le ostie consacrate. E non crediate che do sia solo di oggi!


Il nostro carissimo amico Padre Giovanni di Torino, sacramentino, è stato tanto gentile da fornirmi non una, ma due mirabili storie di miracoli eucaristici straordinari avvenuti nel capoluogo piemontese.


Vi racconto intanto il primo, il più noto e forse il più drammatico.  Successivamente l’altro.


Procedo con ordine.  Un triste evento bellico dilaniava da tempo l’Italia divisa in tanti staterelli, l’uno contro l’altro armato.


Le terre del Piemonte erano sconvolte da scorribande di uomini prezzolati che andavano seminando terrore e perpetrando orrendi saccheggi.


In uno dei numerosi fatti d’arme, una compagnia di ventura, assoldata dal Duca di Savoia, riuscì ad oltrepassare Gravare spingendosi fino ad Exilles sulla via antica del Monginevro, occupandola per alcun tempo e abbandonandosi allo stupro e al saccheggio.


Le donne si nascondevano terrorizzate assieme ai loro bambini, mentre gli uomini richiamati dalle alte grida, venivano trafitti dalle lance, cadendo in un lago di sangue.  Intanto un manipolo di manigoldi riuscì ad entrare nella Pieve per rubare tutto quello che appariva prezioso.  La chiesa parrocchiale era deserta e semi buia, ma un malaugurato predatore ebbe un lampo di gioia diabolica.  Tacitando ogni richiamo della coscienza, ormai ridotta ad uno straccio, si portò, con una corsa, davanti al tabernacolo, poi ne forzò la porticina, ne estrasse l’ostensorio che racchiudeva l’ostia consacrata “l’hostia magna” e infilò il tutto in un sacco, insieme ad altri oggetti sacri/ senza alcuno scrupolo.  Uscito di chiesa/ collocò il sacco sul dorso di un giumento e si avviò per Susa, Avigliana e Ricoli alla volta di Torino.


Giunto a Torino – era il 6 giugno 1453 – in Piazza del Grano, davanti alla Chiesa di San Silvestre oggi denominata dello Spirito Santo, il giumento del sacrilego predone incespicò sull’acciottolato e, forse perché sfinito dalla fame, stramazzò a terra.


Mentre la bestia se ne stava stremata a terra, il sacco, cadendo giù dalla groppa dell’animale, si aprì e lasciò intravedere il sacro ostensorio.  Intanto, mentre si formava un gruppo di persone curiose, si vide con sbalordimento, che l’ostensorio, come animandosi, si districò da tutte le altre cose rubate e cominciò a librarsi verso il cielo, mentre un alone di luce faceva da corona all’ostia santa.


Erano circa le 5 del pomeriggio, del mercoledì fra l’ottava del Corpus Domini.


La folla ormai richiamata dalle terribili bestemmie dell’uomo sacrilego che malmenava selvaggiamente il povero ciuco, era rimasta senza parola nel vedere il prodigio dell’ostensorio salito miracolosamente, da solo, verso l’alto.


Le campane di San Silvestro cominciarono a suonare a martello e sembravano colpi sul cuore degli astanti.  La notizia del fatto prodigioso si divulgò in un baleno e tutti corsero a vedere; giunse anche qualche sacerdote e poi lo stesso vescovo, Messer Ludovico dei Signori di Romagnano.  Mentre egli si prostrava per terra, altre campane suonarono, mentre nell’aria si levava un canto: Mane nobiscum Domine; resta con noi Signore…


Il sacro ostensorio resta immobile in alto, sopra le teste di tutti, mentre una luce splendida circondava sempre più la sacra ostia racchiusa sotto il cristallo dell’ostensorio.


“Signore – pregò il vescovo – non ci abbandonare, perdona le nostre colpe, ridiscendi fra noi: Mane nobiscum Domine.  Presto portatemi un calice…”.  Quando gli fu portato dalla vicina chiesa, il buon Pastore lo innalzò verso il Cielo, in segno di viva implorazione.  La folla immensa pregava e piangeva:


“Signore pietà”.


A quel gesto implorante del Pastore della Chiesa di Torino, il prodigio avvenne: l’ostensorio si aprì e cadde al suolo, mentre l’ostia sacra rimase così librata nell’aria.  E poi mentre il sole cominciava a declinare, anche l’ostia consacrata, Gesù vivo, cominciò a scendere fino a posarsi lentamente nel calice che le mani del vescovo reggevano tremanti e venerabonde.


“Mio Dio/ ti ringrazio – diceva balbettando il vescovo – ti ringrazio”.


Con una solenne processione, tra il tripudio e la commozione di una folla incontenibile, la santa ostia fu portata nella Cattedrale.  Qui, rinnovate e moltiplicate le preghiere e le invocazioni, il Pastore benedì il Popolo di Dio con l’Ostia misericordiosa, che poi fu deposta nel tabernacolo.


Quel miracolo venne senza dubbio a consolidare la fede nella perdurante presenza di Cristo nell’augustissimo Sacramento dell’altare oltre il momento celebrativo.


Esso veniva a confermare che Gesù è presente sì nella messa, mentre si celebra, ma anche dopo la celebrazione, per il culto e la pietà eucaristica…


Ma pensate un attimo: e se Gesù, per la nostra scarsa fede, non fosse più disceso, che cosa avremmo potuto fare noi?  Che cosa sarebbe stato di noi?


Se Gesù, rattristato dai nostri peccati, se amareggiato dalle nostre freddezze, negligenze, indifferenze (e quanti cristiani stanno con tremenda freddezza, negligenza, indifferenza in chiesa dove sta Gesù Sacramento).  Se dunque Gesù un giorno decidesse di lasciare vuoto ogni tabernacolo, e i Sacerdoti non potessero più celebrare l’Eucaristia, ditemi che cosa sarebbe dell’umanità?


Ecco perché anche oggi uomini e donne di fortissima fede dedicano molte ore del giorno e anche della notte per adorare Gesù, affinché rimanga sempre tra noi!


Tu che m’ascolti/ non decidi nulla?  Aspetti che qualche insulso predone ti rubi Cristo per poi correre gridando: Signore pietà?  Sta tranquillo: nonostante la nostra poca fede, Gesù non ci lascerà mai.


Resterà per sempre tra noi.  Egli lo ha promesso: resterà per sempre, sino alla fine dei secoli.


E se a volte si nasconde, è per richiamarci, per dirci che ha sete dell’anima nostra, che vuole restare per noi, con noi, persino in noi.


Gesù non ci abbandonerà mai!


In conclusione riascoltiamo un invito di Don Carlo De Ambrogio: “Guardate Gesù, sorridetegli, fissatelo, amatelo e diventerete luminosi”.


“Ogni volta che si entra in chiesa e si viene a trovare il Signore si è illuminati da Gesù Eucaristico di una luce meravigliosa: la luce dello Spirito Santo”.