B. ANNA MARIA TAIGI (1769-1837)

Anna Maria Riannetti nacque a Siena nel 1769 e visse a Roma dall\’età di sei anni fino alla morte, avvenuta nel 1837. Ancora giovane sposò Domenico Taigi, uomo dal carattere molto difficile. Mandò avanti la casa, dando un\’educazione cristiana civile e religiosa accuratissima e completa ai sette figli, di cui tre morirono, però, in tenera età. E non si dimenticava dei poveri. Il 26 dicembre 1808 abbracciò l\’Ordine secolare trinitario. Tra i doni miracolosi che ebbe in vita c\’era un sole luminoso che per 47 anni le brillò davanti agli occhi. Vi vedeva quanto accadeva nel mondo e la situazione in cui si trovavano le anime di vivi e morti. Anna Maria è stata beatificata nel 1920 e il suo corpo riposa in una cappella della chiesa romana di San Crisogono.

Questa poverissima madre di famiglia, Terziaria dell\’Ordine della SS. Trinità, Patrona delle Donne Cattoliche d\’Italia, Beata eccezionalmente ricca di doni mistici, nacque a Siena il 29-5-1769 da uno scriteriato farmacista, Luigi Giannetti, il quale, dopo pochi anni di matrimonio, ridusse la famiglia in miseria. Trasferitesi a Roma a piedi in cerca di lavoro, costui visse alle spalle della moglie, Maria Masi, donna molto religiosa e pronta a qualsiasi sacrificio. La figlia prima frequentò le scuole delle Maestre Pie Venerini, nel Rione di Monti, finché non fu colpita dal vaiolo, poi fu affidata per 6 anni a due zitelle che avviavano le giovanotte ai lavori femminili. In seguito rimase in casa ad incannare la seta, ma essendo esiguo l\’utile che ne ritraeva, si adattò a fare da cameriera alla signora Maria Marini, madre di un bambino, nel palazzo Maccarani, dove prestava già qualche servizio suo padre.
Fu durante quell\’occupazione che la beata conobbe Domenico Taigi, facchino di credenza del principe Chigi, il quale, tra le altre incombenze, aveva anche quella di potare il pranzo ogni giorno alla bisbetica signora. Anna Maria se ne innamorò e, dopo appena un mese di fidanzamento, contrasse matrimonio con lui nella chiesa di San Marcello al Corso (1789). Non ebbe quindi il tempo di conoscerne il temperamento rozzo, esigente, irruente. Ciononostante l\’amò e gli prestò i più umili servizi. Il marito ne fu tanto soddisfatto che le lasciò fino a che visse la direzione del focolare. Quando a 91 anni fu chiamato a deporre sull\’eroicità delle virtù della sua consorte disse: "Aveva le mani d\’oro… se fossi giovane e girassi tutto il mondo, una donna simile, con tutte le sue qualità, sarebbe impossibile trovarla".
Per compiacere il marito, la Beata per tre anni indulse alle vanità femminili e ai divertimenti mondani. Udendo un giorno sua madre leggere una considerazione sul giudizio universale, ne rimase talmente scossa che decise di spogliarsi degli oggetti preziosi e degli abiti di lusso. Sentendo crescere il disagio interno, andò a confessarsi in San Marcello. La Provvidenza volle che s\’imbattesse in P. Angelo Verardi, servita, il quale le disse: "Ah, siete finalmente venuta! Da molto tempo vi aspettavo". E, pur essendo per lei uno sconosciuto, le narrò come un giorno, passandole accanto nei pressi della basilica di San Pietro, aveva inteso una voce misteriosa che gli diceva inferiormente: "Osserva bene quella donna. Un giorno ti capiterà dinanzi; la devi convertire e si farà santa perché l\’ho destinata a diventarlo".
Quella confessione generale segnò una svolta decisiva nella vita della Taigi. Cominciò difatti a provare così grande orrore di sé, che non avrebbe mai cessato dall\’umiliarsi e dal macerare il proprio corpo. In casa, quand\’era sola, si prostrava davanti al crocifisso, si flagellava e sbatteva il viso per terra con tanta violenza da farne uscire sangue, mentre esclamava: "Rendi soddisfazione, o immondo corpo, al tuo Dio, tu che hai osato ornarti con tanti vanitosi abbigliamenti". P. Angelo le raccomandò la discrezione e le permise soltanto i digiuni, il cilicio, una cintura di ferro a punte e la disciplina di cui poteva fare uso senza dispiacere al marito.
Durante i primi fervori della conversione la beata, una mattina, mentre si trovava a letto inferma, vide il Signore il quale la prese per mano, la dichiarò sua sposa, la liberò dal male e le comunicò il dono delle guarigioni. Fin dai primi giorni della conversione ella aveva sentito in sé vivissimo il desiderio di farsi religiosa per stare al cospetto di Dio "come un vittima reale e permanente per tutti i peccati che si commettono nel mondo". Essendone impedita dallo stato matrimoniale, chiese ed ottenne di essere aggregata al Terz\’Ordine dei Trinitari Scalzi in San Carlino alle Quattro Fontane (1790). Al momento della comunione il Signore le disse: "Oggi ti ho scelta affinchè tu vada nel mondo a convertire anime e a consolare persone di qualsiasi condizione: preti, religiosi, prelati, cardinali e lo stesso mio Vicario. Tu avrai da combattere con una turba di creature deboli e soggette a molte passioni. Tutti quelli che ascolteranno le tue parole con cuore sincero e generoso, e le metteranno in pratica, avranno da me grazie singolarissime e saranno contenti di spirito".
Poco tempo dopo, mentre la Taigi si flagellava prostrata davanti al crocifisso, vide risplendere sul proprio capo un sole misterioso, sormontato da una corona di spine intrecciate a forma di cappello, dalla cui estremità si dipartivano due spine che, come verghe a punta ricurva, andavano a incrociarsi sotto il disco solare. La beata esclamò spaventata: "Mio Dio, è forse questo un inganno del demonio?". Il confessore la esortò a chiederne a Dio la spiegazione, ed Egli le rispose: "Questo è uno specchio che ti faccio vedere perché tu capisca il bene e il male". Per incoraggiarla a portare a termine la sua difficile missione di vittima per i peccatori, il Signore ogni tanto le ripeteva "che Lui aveva fatto per lei ciò che non aveva operato per nessun altro dei suoi servi".
L\’esistenza del misterioso sole, che le brillò dinanzi per quarantasette anni, è attestata da migliaia di fatti miracolosi, comprovati da diversi sacerdoti i quali ricevettero le sue confidenze per ordine del confessore, il P. Filippo di San Nicola, Carmelitano Scalzo, di Santa Maria delle Vittorie. Tra essi figuravano Mons. Carlo Pedicini, segretario della Congregazione di Propaganda Fede, poi cardinale, e Don Raffaele Natali, di Macerata, segretario del Maestro di camera del papa. Quest\’ultimo abitava nello stesso appartamento della Taigi e l\’assisteva anche materialmente. La beata sollevava gli occhi al sole con molta circospezione perché, quando lo rimirava, si sentiva scossa fino alle midolla delle ossa da un sentimento di rispetto e di timore. Perciò non lo guardava mai per curiosità, ma o per il bene spirituale delle anime, o per impulso divino, o per ubbidienza al confessore. Talora il Signore le diceva: "Se coloro che vengono in casa tua vedessero chi sta con tè, verrebbero con il cappello in mano, non per riguardo a tè, che sei una povera creatura e miserabile donnicciuola, ma per rispetto a Colui che sta sempre con te".
D. Natali testimoniò che non si trovò mai la più piccola inesattezza nelle risposte date dalla beata dopo che aveva interpellato la volontà di Dio guardando nel suo sole. In esso, come in una lanterna magica, vedeva in un istante tutto quello che desiderava. Dio stesso l\’aveva assicurata che non sarebbe mai andata soggetta a illusioni. Il disco solare brillava ai suoi occhi di una luce insolita quando aveva occasione di avvicinare persone particolarmente virtuose come S. Vincenzo Strambi (+1824), la ven. Elisabetta Canori Mora (+1825), sua consorella, S. Gaspare del Bufalo (+1837), il ven. Bernardo Clausi, minimo (+1849), e S. Vincenzo Pallotti (+1850).
Tuttavia, il segreto della santità della Taigi va ricercato nell\’eroico esercizio delle virtù. Frutto del suo matrimonio furono sette figli, ai quali insegnò ad accettare con pazienza le privazioni della vita, e ad accostarsi con frequenza ai sacramenti. Diversi morirono ancora in tenera età. Agli altri, appena furono in grado di lavorare, fece apprendere un mestiere conforme alla loro condizione. Non tutti fecero la buona riuscita che desiderava. Benché avessero molti difetti, il Signore le assicurò che li avrebbe salvati. Per non lasciare mancare il necessario ai familiari faceva camicie, vesti, busti da donna e scarpe con cordicelle. In questa maniera riuscì a soccorrere anche i poveri che a lei facevano ricorso. Ai figli, la Taigi diceva sovente: "Le tribolazioni sono un regalo che il Signore ci fa\’, e che dimostrano che ci vuole bene".
Dopo la sua conversione ella si sentì costantemente attratta ad una vita di penitenza. Suo marito attestò che mangiava quanto un grillo e che si asteneva dai cibi soprattutto il venerdì in onore della Passione del Signore, ed il sabato in onore di Maria SS. Per ottenere la conversione di qualche peccatore, il suffragio alle anime del purgatorio, l\’allontanamento dei flagelli di Dio dalla Chiesa e dalla società, digiunava sovente per quaranta giorni consecutivi. Durante il giorno non beveva. Il tormento della sete le riusciva particolarmente penoso quando s\’impegnava a stare settimane intere senza ingerire liquidi. Poteva quindi a ragione dire ai suoi figli: "Chi vuole amare Iddio occorre che sia mortificato in tutto. Più il nostro somarello è avido, e più bisogna tirare le briglie".
Al mattino la beata si alzava alle cinque. Quando le faccende domestiche glielo permettevano andava nella chiesa della Madonna della Pietà, in Piazza Colonna, prendeva parte a due Messe e poi faceva la comunione. Il Card. Pedicini e Natali furono testimoni di innumerevoli estasi e deliqui cui andò soggetta in quei momenti d\’intima unione con il Signore. Talora cadeva tramortita per terra mentre le costole, sotto la spinta del celeste ardore, le rumoreggiavano nel petto quasi volessero spezzarsi. Riprendeva i sensi ad un semplice cenno di coloro che l\’accompagnavano.
Un giorno, mentre attendeva di fare la comunione in San Carlino, l\’ostia sfuggì di mano al celebrante per andarsi a posare sulla sua lingua. Simili fenomeni le procuravano stima da parte dei buoni, e recriminazioni da parte dei cattivi, i quali la ritenevano un\’ipocrita e un\’indemoniata. Dopo pranzo la Taigi ritornava a visitare le chiese in cui si veneravano famosi crocifissi o si celebravano le Quarantore. Quando fu più avanti con gli anni vi andava periodicamente in carrozza, con il confessore, Don Natale ed il cardinale Pedicini. Era pericoloso lasciarla andare da sola per le strade perché al moto benché leggero di uno zeffiro, al canto di un uccello, alla vista di un insetto, di un fiore, era rapita fuori dei sensi. Persino nello sbrigare le faccende di casa la Taigi cadeva più volte al giorno in dolci deliqui d\’amore. Si udiva allora esclamare: "Lasciami in pace, Signore! Vattene, che io ho altro da fare. Sono una madre di famiglia, vattene!". Appena ritornava in sé, sospirava: "Mio Dio". Riprendeva quindi il lavoro interrotto, o si raccoglieva in preghiera, davanti all\’altarino attorno al quale, la sera, radunava la famiglia per la recita del rosario e di altre numerose preghiere, nonché la lettura delle vite dei santi. Anna Maria nutriva una grande devozione alla Passione del Signore.
A coloro che ricorrevano a lei per essere consigliati e consolati diceva: "Sperate in Dio, abbiate fiducia nel sangue preziosissimo di Gesù e non temete nulla". Sovente, durante il giorno, leggeva o si faceva leggere considerazioni sulla morte di Gesù in croce. Ogni venerdì, dopo aver preso parte alla Via Crucis organizzata nel Colosseo dalla Confraternita alla quale si era ascritta, recitava alle ore 21 molti Pater Noster in memoria dell\’agonia di Gesù nell\’Orto degli ulivi. Quando voleva ottenere grazie particolari era capace di recarsi per quaranta giorni di seguito a venerare il crocifisso che si trovava esposto nel carcere Mamertino, oppure di salire in ginocchio i 124 gradini della scalinata di Santa Maria d\’Aracoeli per trentatré sere consecutive. All\’una pomeridiana di frequente si recava con la figlia al cimitero di Santo Spirito in Sassia per recitare, su ognuna delle 103 tombe, tre Requiem aeternam con un\’orazione.
Tutti i giorni, all\’una di notte, che trascorreva quasi sempre in preghiera, in attesa che il marito ritornasse dal lavoro, recitava il De profundis per le anime più abbandonate dei sacerdoti. Coloro che la conoscevano la chiamavano "baluardo della Chiesa" perché trascorreva la vita nell\’espiare i peccati commessi dagli uomini del suo tempo. Furono incalcolabili i peccatori che la B. Taigi sottrasse dalle unghie del demonio con le preghiere e le penitenze. Tutto l\’inferno ne fremeva. Difatti, prima che il marito ritornasse a casa, i diavoli salivano le scale con strepitio, entravano a frotte nella stanza in cui si trovava, e le facevano minacce o l\’afferravano per la gola e la percuotevano selvaggiamente. Orribili erano le tentazioni che gli spiriti infernali suscitavano nella sua fantasia contro le principali verità della fede e la castità coniugale. D. Natali attestò di averla vista più volte piangere nel timore di soccombere alla violenza di quelle tentazioni.
Dopo la nascita dell\’ultima figlia, la beata fu sempre malaticcia tanto che dovette assumere una persona di servizio. Soffriva di asma, di podagra, di dolori alle ginocchia, alla testa e alle orecchie tanto da essere costretta a coprirsi il capo anche d\’estate. Negli ultimi dodici anni di vita, non potendo riposare, le veniva sottoministrata tre volte al giorno un\’amarissima infusione di papavero, per conciliare il sonno e impedire che, per debolezza di stomaco, rigettasse il poco cibo preso. La malata si sottometteva alle prescrizioni del medico benché fosse convinta che le sue sofferenze non fossero di origine naturale. Ella era lieta di soffrire, memore di quanto il Signore le aveva detto: "Ti ho eletta per metterti nel numero dei martiri. La tua vita, per la difesa della fede, sarà un martirio più lungo e più meritatorio dell\’altro, perché esso consisterà in sofferenze corporali e in terribili pene di spirito".
Finché la salute glielo permise, per ordine del confessore la Taigi si recò al capezzale dei malati non soltanto negli ospedali, ma anche nelle famiglie private, specialmente in quelle dei poveri. Afferma il cardinale Pedicini che nel nome della SS. Trinità, di cui era devotissima, guarì migliaia di sofferenti. Bastava che desse un\’occhiata al suo sole per capire la natura e il decorso del male, suggerire i rimedi e conoscere se i suoi assistiti guarivano o no. Diversi ne sanò con il semplice tocco delle mani; altri guarì ungendoli con l\’olio della lampada che ardeva davanti al suo altarino, facendo loro baciare il quadro della SS. Vergine che portava con sé. Il popolo la chiamava per questo la Santa e la ricercava per tutte le necessità.
Nonostante la sua grande povertà, dai beneficati la Taigi non accettava ricompense per non mescolare le opere di Dio con l\’interesse. Un giorno, Maria Luisa di Borbone, sposa di Ludovico I, re di Etruria, le offrì uno scrigno di monete perché ne prendesse a volontà giacché l\’aveva liberata da attacchi epilettici.
La beata le rispose: "Quanto siete scioccherella. Io servo Dio che è un signore più ricco di voi, che mi provvede e mi provvederà con la sua bontà". La sua preghiera abituale era: "Gesù, padre e sostegno dei poveri, abbi pietà di me". In questa fiducia nella divina Provvidenza non andò mai delusa. Quando le giungevano insperati aiuti, di una parte se ne serviva per i bisogni della famiglia, del rimanente per soccorrere i poveri. Ciononostante non le mancavano critiche e persino calunnie da parte di chi non credeva nella sua santità, od era invidioso perché persino cardinali, vescovi e sacerdoti l\’andavano a trovare per riceverne consigli. Anziché mostrarsene impaziente, la beata diceva: "Signore, ho peccato; abbi pietà di me; merito questo e peggio. Dovrei già trovarmi nell\’inferno se la tua misericordia non mi avesse liberata".
Perché pregasse per i bisogni della Chiesa e dell\’umanità intera, Iddio concedeva alla Taigi di vedere, nel misterioso sole, le elezioni dei Sommi Pontefici, le loro gesta, i rivolgimenti politici che avvenivano durante il pontificato, le congiure delle sette segrete, lo stato dei trapassati, le necessità di quanti si trovavano in gravi necessità corporali e spirituali.
Di Napoleone I (+1821) predisse la caduta. Di Letizia Ramolino, madre di lui, fu la consolatrice a Roma dove Pio VII le aveva concesso asilo e protezione. Di Alessandro II, zar della Russia (+1825), seppe che era salvo per le buone opere che aveva compiuto e per il rispetto che aveva dimostrato verso il sommo pontefice.
La beata aveva fatto del suo meglio per corrispondere alla missione che il Signore le aveva affidato, e ne era stata ricompensata con ineffabili dolcezze spirituali. Conscia della propria indegnità, tante volte lo aveva supplicato di renderla più simile a Lui nelle sofferenze. Negli ultimi anni di vita fu esaudita. Difatti, alle interne consolazioni e locuzioni, subentrò una spaventosa aridità, la noia e l\’angustia di spirito, tentazioni orribili e atroci vessazioni diaboliche tanto da sembrare di "trovarsi in un cantone d\’inferno". Un giorno il Signore le disse: "Le tue sofferenze sono inesprimibili… In cielo soltanto si potrà comprendere la grandezza del tuo amore sofferente".
La Taigi conobbe l\’ora precisa della sua morte quattro giorni prima, al momento della comunione. Ai suoi cari, che le si stringevano attorno piangendo, disse: "Abbiate davanti agli occhi Gesù crocifisso, ed il suo sangue preziosissimo sia ogni giorno l\’oggetto delle vostre adorazioni. Oh, senza dubbio, miei cari figli, voi avrete molto da soffrire, ma il Signore sarà sempre pronto a consolarvi se osserverete i suoi comandamenti. Abbiate sempre una tenera e sincera devozione alla Vergine SS., che occuperà il mio posto tra di voi, come madre". Anna Maria Taigi morì, assistita da Don Natali, il 9-6-1837. Benedetto XV la beatificò il 30-5-1920. Le sue reliquie sono venerate a Roma nella basilica di San Crisogono, officiata dai Trinitari italiani.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 6, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 118-125.
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