09) I gradi della vita

I gradi della vita e il Trasformismo. Fino al principio del secolo scorso era incontestato che tutte le specie sistematiche attuali avessero avuto origine per creazione. Ma tale convinzione doveva venire fortemente combattuta da quella evoluzionistica

LEZIONE IX


I gradi della vita e il Trasformismo


Abbiamo visto cos’è la vita. Ma diversi sono i gradi della vita, per cui i viventi si dividono in tre grandi categorie: piante, animali e uomini, suddivise le prime due in classi, famiglie, specie ecc. secondo la divisione sistematica della botanica e della zoologia. Di fronte a questa varietà di specie, la scienza si domanda: come sono sorte?


La risposta è duplice:


1) Bisogna ammettere, come per il principio vitale così per le singole specie, l’intervento immediato del creatore;


2) tutto si spiega per una semplice, lenta, continua evoluzione dei viventi dalle specie più infime fino alle più perfette.


1. – CENNI STORICI.


Fino al principio del secolo scorso era incontestato che tutte le specie sistematiche attuali avessero avuto origine per creazione. “Tot sunt species quod initio mundi creavit infinitum Ens” aveva detto il grande Linneo esponendo la convinzione di tutti i naturalisti contemporanei e precedenti. Ma tale convinzione doveva venire fortemente combattuta una cinquantina d’anni dopo da due scienziati, Lamarck e Darwin, i quali opposero al concetto di creazione immediata quello di evoluzione.


Le specie attuali – essi dissero – non sarebbero il termine di un atto creativo di Dio, ma il laborioso prodotto di una lenta e continua evoluzione che partendo dalla materia inorganica o da organismi rudimentali, e passando attraverso innumerevoli altri organismi, sempre più evoluti e complessi, sarebbe giunta finalmente alla produzione del capolavoro della natura: l’uomo.


La concezione è più antica di Darwin e Lamarck, ma prende generalmente il nome da questi, perchè questi autori furono i primi a portare l’ipotesi dal campo puramente teorico e filosofico a quello scientifico, tentando inoltre mediante osservazioni sperimentali di indagare il meccanismo di questa evoluzione, vale a dire di trovarne la spiegazione.


Le spiegazioni dell’evoluzionismo così come furono esposte da Darwin e da Lamarck furono trovate insufficienti, peggio ancora le falsificazioni dell’Haeckel; nuove teorie furono proposte dai neolamarckisti e neodarwinisti, dal De Vries (sostenitore del mutazionismo) e dal Rosa (che propose la ologenesi).


Nonostante lo scetticismo che circonda queste varie teorie, l’idea evoluzionistica pervade ancora il mondo scientifico sotto varie forme più o meno rigide


Possiamo infatti distinguere tre specie di evoluzionismo:


a) Evoluzionismo ateo: afferma che tutti gli esseri viventi attuali, non escluso l’uomo coll’anima razionale, provengono per discendenza da organismi anteriori e questi da altri fino a germi iniziali, formatisi per generazione spontanea.


b) Evoluzionismo teistico integrale: afferma la creazione di uno o pochi organismi semplicissimi i quali avrebbero avuto la capacità di evolversi fino a produrre il corpo umano (l’anima sarebbe stata infusa da Dio).


c) Evoluzionismo teistico parziale: afferma la creazione di più organismi i quali avrebbero dato origine agli altri appartenenti allo stesso genere o sottordine o ordine ecc. secondo la maggiore o minore estensione concessa all’evoluzione, escluso però sempre l’uomo, non solo quanto all’anima, ma anche quanto al corpo.


2. – CRITICA DEL TRASFORMISMO.


1. ARGOMENTO FILOSOFICO.


L’evoluzionismo ateo filosoficamente ripugna; esso infatti fra l’altro afferma la generazione spontanea e nega la spiritualità dell’anima, contro quanto abbiamo dimostrato nella lez. VIII e dimostreremo nella lez. XII.


Invece non ripugna filosoficamente l’evoluzionismo teistico parziale in quanto si mantiene entro i confini della specie naturale. Bisogna infatti distinguere le specie naturali dalle specie sistematiche; le specie naturali sono costituite da quei gruppi di viventi che differiscono essenzialmente fra loro; le specie invece sistematiche sono quei gruppi di viventi che per un complesso di caratteri diversi vengono dai naturalisti classificati in specie diverse mentre le diversità sono forse solo accidentali; può quindi accadere che le specie sistematiche di viventi appartenenti allo stesso genere, sottordine, ordine, ecc. non siano essenzialmente diverse e quindi appartengono ad una sola specie naturale; la trasformazione di un vivente nell’altro dentro i confini della specie naturale filosoficamente non ripugna, perchè non siamo Fissisti, che negano l’evoluzione anche tra le specie sistematiche.


Si può allora sussumere che le differenze fra tutte le specie di viventi (escluso l’uomo) sono soltanto accidentali; non esistono specie naturali diverse, ma solo specie sistematiche, tra le quali il passaggio naturalmente non ripugna.


Rispondiamo che se è vero – come dicemmo – che non tutte le specie sistematiche della botanica della zoologia sono specie naturali e quindi fra molte di esse, come pure fra generi e famiglie, vi può essere differenza solamente esterna e accidentale, non può affermarsi che tutti i viventi appartengano ad un’unica specie naturale.


Innanzi tutto riteniamo che vi è differenza essenziale tra piante e animali, dotati questi ultimi di una caratteristica propria e irriducibile quale è la conoscenza sensibile; ed anche almeno tra le prime grandi divisioni sia delle piante che degli animali riscontriamo tali note distintive e costanti, che non riguardano solo la figura esterna ma toccano l’intima struttura dell’organismo e perciò denotano essenze diverse. E’ vero che in certi casi si potrà dubitare se un dato vivente appartenga a questa o a quella specie naturale, come di qualche vivente infimo si potrà dubitare se sia pianta o animale, ma il dubbio che, in casi particolari, nasce dall’imperfezione della nostra conoscenza, non può essere esteso là dove i caratteri diversi si manifestano chiaramente.


Nè sembra possa avanzarsi ragionevolmente il dubbio che quelle caratteristiche che ora ci appaiono costantemente in una determinata specie, non siano state tali in tempi remoti, perchè conosciamo millenni della vita delle piante e degli animali, tempo sufficiente per conoscerne la natura, le cui leggi sono costanti.


Posta l’esistenza di specie naturali diverse, naturalmente è impossibile il passaggio da una specie naturale inferiore ad una specie naturale superiore.


Infatti la perfezione dell’effetto non può superare la perfezione della causa, perchè nemo dat quod non habet. Dunque, le specie inferiori meno perfette non possono avere dato naturalmente origine alle specie superiori essenzialmente più perfette. Ne segue perciò che naturalmente ripugna l’evoluzionismo teistico integrale.


Ci si può però ancora domandare se il passaggio da una specie naturale all’altra non sia stato possibile, supponendo che Dio abbia dato ai primi organismi una virtù speciale di evolversi e dare gradatamente origine alle specie superiori già virtualmente contenute in quei primi organismi, con un trasformismo che non contraddice al principio di causalità. E’ una ipotesi non priva di difficoltà, ma che non appare evidentemente ripugnare e lascia quindi sussistere filosoficamente la possibilità di un trasformismo teistico nel senso spiegato.


2. ARGOMENTO SCIENTIFICO.


Se esaminiamo i fatti e il comportamento degli esseri viventi, l’esperienza appare contraria a qualsiasi specie di trasformismo che oltrepassi la stessa specie sistematica ed oggi come ai tempi di Darwin conserva tutto il suo valore l’argomento fisiologico dalla non fecondabilità degli incroci tra animali di specie diversa. Anche i risultati di laboratorio finora ottenuti non oltrepassano i caratteri delle differenze razziali entro la specie.


Gli argomenti poi che gli evoluzionisti portano a favore delle loro teorie, allo stato attuale della scienza non hanno alcun valore decisivo, ma presentano solo indizi a favore di un evoluzionismo ristretto, che non oltrepassa l’ordine sistematico e non tocca quindi la specie naturale. Esaminiamoli brevemente:


a) Argomento della sistematica.

Gli organismi viventi non sono uguali e presentano forme e strutture diverse, ma sempre gradualmente più complesse e perfezionate dagli organismi più semplici ai più complessi, il che fa pensare a un legame genetico che li unisce.


Risposta. Questa somiglianza graduale non prova una discendenza comune. Anche i cristalli per es. si possono classificare secondo una scala di perfezioni graduale dai più semplici e meno simmetrici ai più complessi e simmetrici, ma nessuno ha mai pensato che derivino gli uni dagli altri e che abbiano un’origine comune. Inoltre questa continuità graduale di perfezione negli organismi viventi, è vera se ci si contenta di uno sguardo superficiale alle linee generali, ma allo scienziato che discende ad esaminare i singoli passaggi, la continuità è rotta da salti e differenze incolmabili tra i vari gruppi di viventi (per es. tra vertebrati e invertebrati).


b) Argomento dalla paleontologia.

Gli organismi viventi sono apparsi gradualmente sulla terra, prima i più semplici poi i più complessi. Dunque gli organismi superiori sono sorti per evoluzione dagli inferiori.


Risposta. Veramente il solo fatto che un organismo viene dopo l’altro non basta a provare che uno discende dall’altro. Inoltre se è vero che i viventi non sono apparsi tutti insieme sulla terra (neppure sarebbe stato possibile date le condizioni della terra che solo gradualmente divenne capace di ospitare gli organismi superiori); è anche vero che la loro apparizione graduale vale appena per le grandi linee (invertebrati vertebrati, pesci, mammiferi … e analogamente per le piante), ma non si estende a tutti i tipi e tanto meno a tutti i raggruppamenti minori, come sarebbe necessario se il trasformismo fosse vero. Assistiamo infatti a comparse contemporanee di numerose classi e ordini (per es. tutte le forme degli invertebrati), anzi a innumerevoli casi di inversione per cui organismi più complessi appaiono prima di organismi meno complessi.


c) Argomento dall’embriologia.

Haeckel studiando lo sviluppo di un organismo dall’ovulo fecondato allo sviluppo adulto, credette di osservare evidenti rassomiglianze con gli stadi adulti di organismi appartenenti a specie inferiori, e di potere formulare a sostegno della teoria evoluzionista la così detta legge biogenetica fondamentale “l’ontogenesi (cioè lo sviluppo dell’individuo) è la ricapitolazione della filogenesi (cioè dello sviluppo della specie)”.


Risposta. La legge fu dagli stessi scienziati dimostrata falsa e Von Baer conchiudeva le sue classiche ricerche di embriologia comparata affermando che “l’embrione di una forma superiore non rassomiglia mai ad un altro animale, ma solamente all’embrione del medesimo” il che mentre nulla prova in favore del trasformismo, è in sè troppo evidente: dall’indeterminato non si arriva al più determinato se non passando attraverso il meno determinato.


d) Argomento dagli organi rudimentali.

Molti organismi superiori hanno organi rudimentali che invece si trovano bene sviluppati e funzionanti in organismi inferiori. Questo non si spiega razionalmente se non nella teoria trasformista.


Rispondo che in molti casi è discutibile se si tratti di organi rudimentali, cioè non funzionanti, o di organi di cui ancora ci è ignota la funzione. Nel caso poi di organi veramente rudimentali (quali le ali dello struzzo, gli occhi della talpa, gli stiletti del cavallo, i denti del pappagallo, ecc.) abbiamo un indizio di probabile evoluzione parziale tra viventi che non oltrepassa i limiti dell’ordine sistematico e quindi non tocca la specie naturale; nessuna difficoltà ad ammettere un evoluzionismo così ristretto. Parimenti non abbiamo difficoltà ad ammettere una evoluzione tra la fauna dell’Oceano Pacifico e quella dell’Oceano Atlantico presso l’istmo di Panama, che una volta non esisteva, solo accidentalmente diverse. Lo stesso dicasi delle faune e flore endemiche nelle piccole isole coralline disseminate negli oceani accidentalmente differenti da quelle delle isole vicine e da quelle del continente. Nè finalmente fanno difficoltà i casi più tipici del cosiddetto “atavismo” caratteri cioè anormali e mostruosi che appaiono in certi organismi e ricordano disposizioni normali di animali inferiori. Gli studiosi seri sanno che sono dovuti a disturbi dello sviluppo e non si tratta che di permanenze formative di una disposizione anormale acquistata nella vita intrauterina [cfr. RANKE, L’uomo, U. T. E. T., v. 1, p. 172].


3. – L’EVOLUZIONISMO ANTROPOLOGICO.


L’argomento filosofico contro l’evoluzionismo in genere vale con maggior ragione per l’uomo se consideriamo l’anima sua spirituale e immortale, come proveremo in seguito.


Parimenti non hanno valore probativo gli argomenti scientifici invocati per dimostrare il trasformismo almeno quanto al corpo: “La maggioranza degli antropologi hanno creato romanzi stupefacenti sulle origini umane, abbandonandosi alla deriva della loro fantasia … Da Darwin in poi, cioè da quando si propose l’origine dell’uomo da animali inferiori, non si è potuto dimostrare nulla di accettabile in questo ordine di idee“. Tali sono:


a. L’argomento morfologico invocato dagli avversari in favore della loro tesi. La somiglianza – dicono – di forme che presentano alcuni vertebrati con l’uomo, prova la discendenza dell’uomo dalla scimmia o almeno da un avo comune.


Rispondo: a) la somiglianza da sola non prova l’origine comune o la filiazione dell’uno dall’altro; b) la somiglianza di cui parlano gli avversari si trova solo nell’aspetto morfologico, in nessun modo in quello fisiologico e psicologico più importanti del primo e assolutamente diversi; c) anche sotto l’aspetto morfologico la diversità è molto maggiore della somiglianza. Mentre tutti gli animali hanno la stazione curva, anche le scimmie antropomorfe, benchè in grado minore, l’uomo invece ha la stazione eretta la quale – osserva l’insigne anatomico Vialleton – è resa possibili da un totale rimaneggiamento dello scheletro, dei muscoli e della configurazione esterna. Differenze ancor maggiori si riscontrano nell’encefalo, nella forma del cervello, ecc. per cui nessuno ormai sostiene la discendenza diretta dell’uomo dalle scimmie viventi, ma si va in cerca di un avo comune e si ricorre al


b. L’argomento paleontologico, che cerca nei fossili l’anello di congiunzione fra scimmia e uomo e dice d’averlo trovato in alcuni fossili; come il Pitecantropo di Giava, il Sinantropo di Pechino e l’uomo di Neandertal.


Rispondo: a) l’esistenza della specie intermedia non ancora proverebbe la discendenza; b) i fossili ci danno solo l’aspetto morfologico, non il fisiologico e lo psicologico, necessari per giudicare se si tratta di specie intermedia; c) anche sotto l’aspetto morfologico non provano l’esistenza di una specie intermedia. Infatti quanto al Pitecantropo, l’ipotesi dell’uomo-scimmia (Dubois) è ormai scartata, perchè i fossili trovati (un femore, una parte di calotta e due denti) sono tali che non potevano appartenere al medesimo individuo: il femore era certamente di uomo, sulla calotta discutono se fosse di uomo o di scimmia. Il Sinantropo di Pechino – che tuttavia non è mai stato visto da nessuno eccetto il suo scopritore ! – dalla morfologia delle ossa, capacità cranica, ecc. sembra fosse uomo. Certamente i resti di Neandertal mostrano trattarsi di veri uomini, di forme inferiori agli attuali europei, ma uguali agli attuali australiani. La scienza paleontologica dunque non fa altro che constatare l’improvvisa apparizione dell’uomo sulla terra, nulla sa direi della sua origine. 1


Non ci tratteniamo ad esaminare l’argomento tratto dagli organi rudimentali, ben 125 secondo il Wiederscheim, (per es. la tiroide e tutte le ghiandole a secrezione interna oggetto oggi di una speciale scienza, l’endocrinologia) ridotti ormai ai minimi termini e che forse scompariranno col progresso della scienza che ne scoprirà, come già fece per molti, la vera


natura


4. – UNITA’ DELLA SPECIE UMANA


Non v’è da temere che gli argomenti addotti a provare la diversità dell’uomo dagli animali, abbiano a compromettere l’unità della specie umana. No; tra le varie razze degli uomini non v’è diversità specifica: sia che consideriamo l’aspetto morfologico sia che consideriamo quello fisiologico e psicologico, troviamo differenze accidentali, essenziali nessuna; tutti per es. dotati di ragione, benchè vari gradi nello sviluppo dell’ingegno; comune a tutti la stazione eretta, la correlativa struttura anatomica e la conformazione del cervello.


Anche il criterio genetico lo conferma: i matrimoni tra individui di qualunque razza umana sono indefinitamente fecondi.


Obiezione. Eppure c’è più differenza tra un uomo civile e un uomo selvaggio che tra un uomo selvaggio e un animale.


Risposta. non è vero; le differenze tra l’uomo civile e il selvaggio sono puramente accidentali, mentre tra il selvaggio e l’animale sono essenziali. Infatti l’uomo selvaggio è capace di progredire e di divenire civile, il bruto invece, no; il selvaggio ha idee morali (del bene e del male) e religiose (di Dio e della vita futura); il bruto invece, no, ecc.


CONCLUSIONE.


Da quanto abbiamo detto ci pare di poter concludere che:


1) l’evoluzionismo ateo ripugna filosoficamente ed è privo di ogni valore scientifico;


2) l’evoluzionismo teistico parziale, entro i confini della specie naturale, non ripugna filosoficamente e trova conferma in alcuni dati della scienza;


3) l’evoluzionismo teistico integrale non sembra ripugnare filosoficamente nel senso spiegato, ma allo stato attuale delle scienze è una pura ipotesi che trova nei risultati scientifici indizi favorevoli ma insieme difficoltà gravi; ulteriori progressi delle scienze potranno dare nuova luce su questa questione ancora discussa.


Abbiamo considerato l’evoluzionismo sotto l’aspetto filosofico e scientifico, prescindendo dall’aspetto teologico; giova però osservare che la fede ci attesta che tutto è stato creato da Dio, ma nulla ci dice circa l’origine delle specie inferiori all’uomo, se sia avvenuta per creazione immediata o per evoluzione; per guanto poi riguarda l’uomo, essa ci insegna la creazione immediata dell’anima, uno speciale intervento di Dio anche quanto alla formazione dei corpo (senza escludere, secondo l’opinione di alcuni cattolici, che esso sia avvenuto attraverso una materia già organizzata e a noi morfologicamente più vicina come sarebbe un Antropoide), la formazione della donna dall’uomo e l’unità della specie umana.


(Continua)


Bibliografia. 


FARGES, La vita e l’evoluzione, Siena, Tip. S. Bernardino – GUTBERLET, L’uomo, le sue origini e il suo sviluppo (morfologia generale), Torino, S.E.I. – COTRONEI, Principi di morfologia. Nuovi orientamenti della morfologia moderna, in “Medicina e Biologia” 1942; V. MARCOZZI, Le origini dell’uomo, Roma, AVE; VIALLETON, L’origine degli esseri viventi, Milano, Soc. Ed. Libraria; ZACCHI, L’uomo, Vol. II, Roma, Ferrari; SCHULIEN, L’unità del genere umano alla luce delle ultime risultanze antropologiche, Milano, Vita e Pensiero; SERRA, L’unità della specie umana, Astesano, Chieri.