Libro III – Cap. 18 Il nazionalismo (II)

Prof. A. Torresani. 18. 3  La crisi dello zarismo in Russia – 18. 4  La crisi dell’impero turco – 18. 5  Cronologia essenziale – 18. 6  Il documento storico – 18. 7  In biblioteca.
 

18. 3  La crisi dello zarismo in Russia
     Per tutta la durata del regno di Nicola I (1825-1855) la Russia mantenne un atteggiamento politico reazionario così come aveva fatto il Metternich nell’impero absburgico. Le crisi più gravi furono la rivolta polacca del 1830-1831, repressa dai russi con feroce determinazione, e la decisione di intervento militare in Ungheria, nel 1849, in aiuto all’Austria per timore che la  rivoluzione raggiungesse la Russia.
La guerra di Crimea La successiva crisi dello Stato russo, che lo immobilizzò per circa un ventennio, fu la guerra di Crimea, un capitolo della complessa questione d’Oriente. È opportuno ri­cordare che dall’inizio del Settecento almeno ogni vent’anni Rus­sia e impero turco erano stati in guerra.  Fino alla crisi del 1840, la Russia aveva potuto contare sul benevolo disinteresse delle potenze occidentali per le sorti dell’impero turco e sempre era stato accolto il principio che la Russia avesse nei Balcani interessi economici e culturali da difendere. Il fatto nuovo, verso il 1852, era un accresciuto interesse della Francia a dife­sa delle posizioni tenute da secoli a Gerusalemme e  Betlemme da alcuni Ordini religiosi. La guerra di Crimea ebbe come motivo occasionale la rivalità sorta tra cattolici e ortodossi in Pale­stina, dove il governo turco sembrò per un certo tempo favorire i cattolici (dietro pressioni francesi) rispetto agli ortodossi protetti dai russi. Il governo inglese si schierò a difesa del governo turco contro la Russia.  Nell’ottobre 1853 i russi entrarono in Moldavia e Valacchia, e la loro flotta attaccò una squadra turca nel porto di Sinope sul Mar Nero.
L’intervento franco-britannico I governi francese e inglese or­dinarono alle loro flotte, giunte ormai a Costantinopoli, di en­trare nel Mar Nero. Poi richiesero l’immediato sgombero delle truppe russe dalla Moldavia e dalla Valacchia, bloccando la for­tezza di Sebastopoli. Il primo obiettivo della guerra fu raggiun­to nell’agosto 1854, quando le truppe russe dovettero abbandonare i principati danubiani a causa della forte pressione esercitata dalla Prussia e dall’Austria: quest’ultima, col consenso dei tur­chi, occupò le due regioni fino al termine del conflitto.  Ma non sembrando ai governi di Francia e di Gran Bretagna di aver rica­vato grande prestigio dalla vicenda, fu decisa un’impresa capace di ac­cendere la fantasia dei lettori di giornali. Il nuovo obiettivo fu la distruzione della fortezza di Sebastopoli, un’impresa inutile. Nel settembre 1854 sbarcarono in Cri­mea le truppe franco-inglesi.
Errori tattici La guerra di Crimea rimane un esempio di ineffi­cienza militare e un assurdo politico: iniziata senza necessità, condotta senza fondarsi sul senso comune, comportò perdite di vi­te umane in misura spropositata (circa mezzo milione di uomini). Dopo lo sbarco in Crimea, gli alleati vinsero la battaglia del fiume Alma, ma in luogo di attaccare la fortezza di Sebastopoli dalla parte di terra dove non era fortificata, si volle assediar­la dal mare con le artiglierie delle navi, permettendo così ai russi di completare le fortificazioni e di far affluire nu­merosi soldati. Dimostratosi inefficace il bombarda­mento navale, fu costruita una ferrovia di circa otto chilometri per trasferire a terra le artiglierie, mentre i russi completava­no i loro apprestamenti difensivi: per ironia della sorte, dopo il primo bombardamento, le difese russe erano più forti di prima: circa 140.000 soldati contro i 60.000 impiegati dagli alleati.
Problemi sanitari A novembre ci fu la battaglia di Inkerman, vinta dagli alleati, mentre pochi giorni prima era avvenuta la battaglia di Balaclava, dove una brigata di ca­valleria leggera inglese era stata mandata a sacrificarsi fin quasi all’ultimo uomo contro posizioni ben difese dai russi. Fu un caso di follia, favorito dalla competizione tra  francesi e inglesi per dimostrare il proprio co­raggio.  Ma ormai era sopraggiunto il terribile inverno russo e gli uomini non avevano equipaggiamento e ripari adeguati. La ne­ve bloccò le linee di comunicazione: i soldati si ammalarono in gran numero. I malati, data la completa assenza di strutture sanitarie in Crimea, furono trasportati a Scutari, presso Costantinopoli. Ma anche a Scutari le condizioni igieniche dell’ospedale si rivelarono paurose. I morti per mancanza di igiene furono più numerosi dei morti per eventi bellici. Ben presto giunsero in Gran Bretagna corrispondenze di guerra, che fecero inorridire l’opinione pubblica. Il governo di Lord Aberdeen si dimise, e il nuovo fu formato da Lord Palmer­ston che, nell’aprile 1855, riorganizzò la spedizione. L’unica nota positiva della vicenda fu l’arrivo di un corpo di infermiere volontarie, guidate da Florence Nightingale che trasformò le con­dizioni dell’ospedale di Scutari, suscitando commozioni che più tardi condussero alla fondazione della Croce Rossa. Dopo sei mesi di sforzi per vincere le resistenze, nell’ospe­dale di Scutari la percentuale dei morti passò dal 25 al 2%.
La ricerca di nuovi alleati Nella primavera del 1855 i governi alleati cercarono nuovi soldati per colmare i vuoti delle loro file. Il Cavour inviò due divisioni di ber­saglieri al comando del generale La Marmora. L’esercito piemon­tese fu impiegato nel corso di un’azione secondaria lungo il fiume Cernaia. Le perdite in guerra furono minime, mentre numero­si furono i morti per malattia (colera, malaria). Nel giugno cad­de la parte meridionale della fortezza, ma occorsero ancora quat­tro mesi per piegare la tenace resistenza russa.  A settembre, Napoleone III decise di porre termine alla guerra. Lo zar Nicola I morì: il successore Alessandro II ammise la sconfitta. Dopo aver stipulato un armistizio, fu convocata a Parigi una conferenza di pace per il febbraio succes­sivo.
Il trattato di Parigi Le clausole principali del trattato di Pa­rigi prevedevano la neutralizzazione del Mar Nero, ossia né russi né turchi dovevano tenere navi da guerra in quel mare; i russi rinunciavano a ogni protettorato sui Balcani; l’impero turco si impegnava a riservare lo stesso trattamento a cristiani e musulmani; la Moldavia, la Valacchia con la parte meridio­nale della Bessarabia, ceduta dalla Russia, dovevano formare  il nuovo Stato indipendente di Romania; analogo trattamento fu riservato alla Serbia. Queste clausole potevano apparire un suc­cesso per le potenze occidentali, ma in realtà non furono  osser­vate. Infatti, nel 1870 nel corso del conflitto franco-prussiano, la Russia denunciò il trattato di Parigi e pochi anni dopo, a se­guito di massacri di cristiani operati dai turchi, riprese la guerra tra Russia e impero turco.
Rafforzamento della Francia Le principali conseguenze politiche della pace di Parigi furono il rafforzamento della Francia di Na­poleone III come massima potenza militare europea; l’indebolimen­to dell’impero absburgico isolato per aver mantenuto nel corso del conflitto una troppo prudente neutralità; l’accrescimento di prestigio della Prussia, apparsa in grado di unificare i popoli di lingua tedesca; infine, un accresciuto prestigio del Piemonte che, sia pure in forma simbolica, aveva partecipato alla guerra sollevando a Parigi la questione dell’unificazione italiana.
Inizio delle riforme in Russia La sconfitta militare in Crimea favorì l’intellighenzia russa che trovò la forza di costringere il nuovo zar Alessandro II (1855-1881) a fare concessioni in sen­so liberale. Nel 1861 egli fece proclamare la liberazione dei servi della gleba. Ci furono altre riforme, per esempio un timido tentativo di democrazia, con la creazione dei Zemstvo, ossia assemblee pro­vinciali con rappresentanti dei contadini e della nobiltà; e la creazione di consigli comunali nelle maggiori città come Pietro­burgo e Mosca che ricevettero una sorta di autogoverno.
Riforma dell’esercito In Russia fu istituito anche il servi­zio militare obbligatorio. In precedenza, un certo numero di con­tadini dovevano effettuare un servizio militare della durata di 25 anni, sottoposti a una disciplina disumana.  Con la riforma di Alessandro II il servizio militare fu ridotto a 15 anni, di cui 6 in servizio effettivo e gli altri nella riserva, os­sia i soldati tornavano a casa, richiamati solo in caso di guer­ra. Anche la disciplina militare fu attenuata, escludendo le pe­ne più gravi come la bastonatura.
Brusco termine delle riforme La stagione delle riforme si con­cluse presto: la liberazione dei contadini non incise a fondo sul costume russo, perché non avvenne la distribuzione della terra, rimasta quasi tutta nelle mani dei nobili. Tra il 1860 e il 1870 in Russia si diffuse il movimento del populismo: molti intellettuali trascorrevano  i mesi estivi nelle campagne nel tentativo di scuotere i contadini dalla loro apatia, ma i risul­tati apparvero deludenti. 
Dal populismo all’anarchismo Il vago populismo degli anni prece­denti, venuto a contatto con le dottrine marxiste – Marx cominciò in quegli anni a studiare la lingua e gli ordinamenti sociali russi per esaminare se c’era la possibilità di una rivoluzione -, si volse in anarchismo, l’ideologia elaborata  dal principe Kro­potkin e da Mikhail Bakunin, con un programma semplificato nella triplice negazione “né Dio, né patria, né famiglia”. Gli anarchi­ci si proponevano di suscitare il terrore mediante attentati con­tro personaggi giudicati sostegno del regime.  La vittima più il­lustre degli anarchici fu Alessandro II.
Alessandro III Il nuovo zar Alessandro III (1881-1894), tornò ai sistemi di Nicola I: rafforzò la polizia tentando un più deciso sforzo di industrializzazione della Russia nella speranza che il benessere attenuasse i conflitti sociali. Fin dal 1872 alcuni industriali inglesi avevano aperto una fabbrica tessile a Mosca, e un complesso siderurgico che costruiva rotaie e materiali ferroviari nel bacino del Donetz. Tecnici tedeschi fondarono l’industria elettrica a Mosca e Pietroburgo. La Fran­cia intervenne con massicci prestiti ad alto tasso d’interesse. Gli svedesi impiantarono l’industria petrolifera a Baku sul Mar Caspio. Per far fronte alle enormi spese richieste dallo sforzo di industrializzazione, la Russia dovette accrescere l’esporta­zione di materie prime e grano, anche negli anni in cui la care­stia rendeva insufficiente il grano per il fabbisogno interno. Negli stessi anni fu proget­tata e costruita la linea ferroviaria transiberiana che da Pietroburgo e Mosca giungeva fino all’Estremo Oriente (1891-1902).  Anche Alessandro III subì numerosi attentati, ma riuscì a morire nel suo letto.
Nicola II Il nuovo zar Nicola II (1894-1918) era un debole. In altre situazioni, forse sarebbe stato un buon sovrano. Il giorno della sua incoronazione avvenne un incidente che costò la vita a un migliaio di persone accalcate su una tribuna per ar­raffare qualcosa dei doni gettati alla folla, ma con tutto ciò, la sera stessa accettò un invito dell’ambasciata francese.  Neppure in fami­glia fu fortunato: dopo aver avuto quattro figlie, finalmente nacque l’erede, Alessio, al quale tuttavia fu diagnosticata l’emofilia, una malattia per cui il sangue, in caso di ferita, non coagula. Come è noto, lo zar e la fami­glia furono massacrati dai bolscevichi qualche mese dopo il suc­cesso della rivoluzione d’ottobre del 1917.

18. 4  La crisi dell’impero turco
     L’antico regime, messo in crisi dal nazionali­smo, aveva un terzo centro nell’Europa orientale, l’impero turco.
Funzione politica dell’impero turco A partire dall’inizio del XVIII secolo, l’impero turco cominciò a declinare. La svolta fu determinata dalla Russia di Pietro il Grande (1689-1725) e di Caterina II (1762-1796) che estesero la potenza russa sul Mar Ne­ro. In realtà, quel mare è un lago con due porte, gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli.  Le potenze occidentali compresero che, per quanto odioso, l’impero turco impediva  alla Russia l’ingresso nel Mediterraneo e nell’Oceano Indiano. Dopo la con­quista britannica dell’India, gli inglesi compresero che era più vantaggioso per loro tenere fermi i russi sul Danu­bio, piuttosto che averli come confinanti sull’Indo. Per tutto il XIX secolo, la preoccupazione maggiore della Gran Bretagna fu di mantenere in vita l’impero turco, definito il grande malato della politica europea, minato da nazionalismi, caratterizzato da inef­ficienza e corruzione, ma ritenuto insosti­tuibile.
Gli slavi dei Balcani I turchi, tuttavia, dominavano su un’im­portante minoranza slava (bulgari, macedoni, rumeni, ecc.) atti­rati e blanditi dai russi anche per motivi religiosi, che si av­valevano di questa parentela etnica e culturale per operare ripe­tuti interventi.
La battaglia di Navarino Il romanticismo produsse un pessimo servizio ai turchi quando i letterati e i filologi filelleni in­ventarono la Grecia moderna. Quella crisi culmi­nò nel confuso episodio della battaglia di Navarino nel 1827, dove fu affondata la flotta egiziana di Muhammed Alì, pascià d’Egitto. I governi occidentali non avevano di mira l’indebolimento dell’impero turco per i motivi accennati.
La crisi del 1839 Qualche anno dopo, nel 1839, Muhammed Alì, di­venuto militarmente più forte del sultano turco, dal quale in li­nea di principio dipendeva, cominciò una decisa azione contro di lui, invadendo la Siria con l’appoggio francese. Ancora una vol­ta il governo britannico intervenne, bloccando l’invasione.
La guerra di Crimea L’episodio successivo della questione d’O­riente fu la guerra di Crimea, già esaminata, conclusa nella ca­pitale della potenza militarmente più forte, Parigi (1856).
La guerra bulgara Circa vent’anni dopo i russi ritennero giunto il momento della riscossa. Nel 1876 i bulgari si ribellarono al sultano turco, ma furono sconfitti.  In ritorsione, i turchi armarono una banda di delinquenti che si dettero a tor­turare, a saccheggiare, a massacrare in grande scala, tanto che in una sola provincia ci furono più di 12.000 morti. I mezzi di comunicazione sociale realizzarono una grande sollevazione dell’opinione pubblica internazionale, offrendo un pretesto più che nobile per l’intervento militare russo. La campagna militare fu rapida ed efficace: fu conquistata la fortezza di Plevna e i soldati russi giunsero fino ai sobborghi di Costantinopoli. Il governo del sultano dovette firmare il trattato di Santo Stefano (marzo 1878) che prevedeva la cessione alla Russia della Dobrugia (la zona del delta del Danubio), e la formazione di una grande Bulgaria, a sud della Romania, compren­dente la Macedonia fino alle coste dell’Egeo. Tutti sapevano, tuttavia, che il nuovo Stato di Bulgaria sarebbe stato indipen­dente solo di nome. 
Il congresso di Berlino Il concerto delle grandi potenze si mos­se, e il Bismarck convocò a Berlino una conferenza delle potenze europee, la più importante dopo il congresso di Vienna del 1815. Fu un capolavoro di accordi segreti montato da Benjamin Disraeli, il premier britannico conservatore.  Egli strinse un’alleanza se­greta con lo zar Alessandro II a patto che egli accettasse la riduzione del territorio attribuito alla Bulgaria dal trattato di Santo Stefano (senza la Macedonia e quindi senza sbocco sul Mar Egeo). Con un altro accordo segreto, Disraeli convinse i turchi a cedere ai russi alcuni territori, ma esigendo Cipro per la Gran Bretagna onde farne una base navale in funzione antirussa (è op­portuno ricordare che il canale di Suez era entrato in funzione nel 1869, e Cipro assumeva enorme importanza per il controllo del Mediterraneo orientale).  Con un terzo accordo segreto Disraeli indusse la Turchia a cedere la Bosnia-Erzegovina all’impero austro-ungarico per impedire alla Serbia di ingran­dirsi. Quando il congresso si aprì, i giochi erano fatti: Francia e Italia non ebbero alcun compenso o solo briciole.  Il Bismarck affermò di voler essere solo un “onesto sensale”. In realtà, l’impero turco, sempre più incalzato dal nazionalismo slavo, strinse con la Germania ampi rapporti commerciali e di cooperazione tecnica: ferrovie, armi e istruttori militari, investimento di capi­tali, materiali di precisione presero la via del Bosforo. Tutti questi giochi furono nodi che preparavano la Pri­ma guerra mondiale.
La questione della Bosnia-Erzegovina Il controllo amministrati­vo, più tardi (1908) trasformato in annessione, della Bosnia-Erzegovina, fu fatale all’impero austro-ungarico. La regione era piena di irredentisti serbi che aspiravano all’unificazione degli slavi del sud con la cooperazione russa. Il tentativo austriaco di piegare la Serbia con le armi della pressione economica, rese la vicinanza esplosiva. Le premesse dell’episodio di Sarajevo vanno cercate negli ac­cordi del 1878.
Il petrolio iracheno Per complicare la situazione, a Bassora in Mesopota­mia, si scoprì il petrolio. In Palestina, l’Agenzia ebraica dei Rothschild di Parigi, fondata nel 1896, cominciò l’acquisto di terre da assegnare a fattorie collettive di ebrei che volessero trasferirsi nella terra dei loro padri: come si vede la questione d’Oriente dura ancora.
La Francia occupa la Tunisia Il grande malato della politica eu­ropea era curato con amputazioni del suo territorio. La Fran­cia aveva occupato l’Algeria fin dal 1830. Nel 1881, sempre la Francia, a seguito di accordi segreti del con­gresso di Berlino, occupò la Tunisia e cominciò a prendere in considerazione il Marocco. Più tardi ancora, nel 1911 l’I­talia, dopo ampi acquisti di terre, sbarcò in Tripolitania e in Cirenaica, riunendole col nome di Libia. La guerriglia delle tribù interne dei Senussi fu terribile: per stroncare la possibi­lità di invii di armi da parte dei turchi, furono occupate  Rodi e le isole del Dodecaneso da tenere in pegno. Infine, anche il primato religioso sull’Islam fu perduto dai turchi dopo la prima guerra mondiale combattuta insieme con gli imperi centrali, risultati sconfitti. Nel 1907 c’era stata la rivoluzione dei Giovani Turchi, un gruppo di ufficiali insoddisfatti per la poli­tica di continue concessioni del loro governo.  Essendo naziona­listi ad oltranza, essi iniziarono violente persecuzioni contro le minoranze etniche presenti in Asia Minore, per esempio gli Ar­meni contro i quali fu perpetrato un vero e proprio genocidio. La prima guerra mondiale segnò la fine della Russia zarista, dell’impero austro-ungarico e dell’impero turco. Mentre nel primo caso avvenne solo un cambio di regime, negli altri due ci fu la creazione di numerosi Stati nazionali dalla vita stentata che li pose in balia di altri impe­rialismi.

18. 5  Cronologia essenziale
1849 La Russia interviene in Ungheria per schiacciare il movimen­to indipendentista.
1853 Inizia la guerra di Crimea che coinvolge Francia, Gran Bre­tagna, Russia, impero turco e regno di Sardegna.
1854 La Russia, costretta a lasciare i principati danubiani di Moldavia e Valacchia, subisce l’assedio di Sebastopoli.
1855 Francesco Giuseppe firma con la Santa Sede un nuovo concor­dato.
1861 In Russia, lo zar Alessandro II abolisce la servitù della gleba.
1866 Guerra austro-prussiana.
1870 A luglio scoppia la guerra franco-prussiana: cade il regime di Napoleone III.
1878 A Berlino si celebra il congresso che pone termine al con­flitto tra Russia e impero turco.

18. 6  Il documento storico
     Come documento storico per illustrare il clima di nazionali­smo acceso presente in Europa dopo il 1848 è stato scelto il pas­so di un vivace storico, Franco Valsecchi, che riferisce l’episo­dio di maltrattamento subito dal generale Haynau mentre si trova­va in visita privata a Londra. In modo molto disinvolto lord Pal­merston giustifica l’aggressione. I fatti avvennero nel 1850 e sono la premessa sia della politica del Cavour volta alla riuni­ficazione italiana, sia della guerra di Crimea intrapresa da Francia e Gran Bretagna qualche anno dopo.

     “Come sempre, la politica del Palmerston è assai più ponde­rata ed acuta di quel che la superficie colorita non faccia sup­porre. Ma Palmerston ama le tinte colorite, anche perché sono le più suggestive: mira all’effetto. La sua politica procede a colpi di scena. Haynau, il generale austriaco che si era distinto per la sua ferocia in Italia e in Ungheria, “la jena di Brescia e di Budapest”, riconosciuto in una birreria di Londra, viene malmena­to dal personale e dalla folla. E Palmerston: “Biasimo i garzoni della birreria per il modo come han fatto le cose. Non dovevano percuoterlo: dovevano fargli fare un po’ di salti in aria sul lenzuolo, poi rotolarlo ben bene nei rifiuti della strada, e in­fine mandarlo a casa in carrozza, non senza prima avergli pagato la corsa fino all’albergo”. Così scrive al suo collega degli in­terni. Nel riferire alla regina, lascia da parte il lenzuolo e i rifiuti, aggiunge una squalifica…sportiva agli aggressori, perché erano in troppi contro uno: e chiude notando che Haynau doveva avere il buon gusto di non farsi vedere in Inghilterra. In fondo – dice –  si tratta di un criminale, differente dai delin­quenti comuni solo perché “ha commesso le sue cattive azioni su più larga scala, con un numero di vittime assai maggiore”. Fre­mente di indignazione, la timorata sovrana risponde non trattarsi d’altro che di una “brutale aggressione”, di un “vile attentato”, perpetrato da una “plebaglia inferocita su di uno straniero di distinzione, un uomo di più di settant’anni”, che stava sotto l’usbergo dell’ospitalità britannica. “La Regina” la lettera è scritta in terza persona “non può approvare l’introduzione in In­ghilterra della legge di Lynch, come non approva la violenza con cui Lord Palmerston accusa e condanna, senza curarsi di approfon­dire le informazioni e le testimonianze, gli uomini pubblici di altri Stati, che hanno agito nelle circostanze più difficili, sotto il peso delle più gravi responsabilità”.


Fonte: F. VALSECCHI, Il Risorgimento e l’Europa: l’Alleanza di Crimea, Vallecchi, Firenze 1968, pp. 55-56.

18. 7 In biblioteca
     Per la storia del secolo XIX ottimo il libro di A.J.P. TAYLOR, L’Europa delle grandi potenze. Da Metternich a Lenin, Laterza, Bari 1961. 
Per l’Austria-Ungheria si consulti di A.J. MAY, La monarchia absburgica, il Mulino, Bologna 1973. 
Per la Russia zarista si consulti di H. SETON-WATSON, Storia dell’impero russo (1801-1917), Einaudi, Torino 1971.