Sacerdozio e pedofilia

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…«In questo momento [.], in quanto sacerdoti, noi siamo personalmente scossi nel profondo dai peccati di alcuni nostri fratelli che hanno tradito la grazia ricevuta con l’Ordinazione, cedendo anche alle peggiori manifestazioni del mysterium iniquitatis che opera nel mondo. Sorgono così scandali gravi, con la conseguenza di gettare una pesante ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti sacerdoti, che svolgono il loro ministero con onestà e coerenza, e talora con eroica carità»

LA CHIESA CATTOLICA NEGLI STATI UNITI SCOSSA DALLO SCANDALO DELLA PEDOFILIA


«Affrontare il problema degli abusi con chiarezza e determinazione»


 


«In questo momento […], in quanto sacerdoti, noi siamo personalmente scossi nel profondo dai peccati di alcuni nostri fratelli che hanno tradito la grazia ricevuta con l’Ordinazione, cedendo anche alle peggiori manifestazioni del mysterium iniquitatis che opera nel mondo. Sorgono così scandali gravi, con la conseguenza di gettare una pesante ombra di sospetto su tutti gli altri benemeriti sacerdoti, che svolgono il loro ministero con onestà e coerenza, e talora con eroica carità. Mentre la Chiesa esprime la propria sollecitudine per le vittime e si sforza di rispondere secondo verità e giustizia ad ogni penosa situazione, noi tutti — coscienti dell’umana debolezza, ma fidando nella potenza sanatrice della grazia divina — siamo chiamati ad abbracciare il “mysterium Crucis” e ad impegnarci ulteriormente nella ricerca della santità».


Con queste severe parole di inequivocabile condanna del fenomeno della pedofilia soprattutto se praticata da ministri consacrati, Giovanni Paolo II si rivolgeva ai sacerdoti cattolici di tutto il mondo nella breve Lettera che egli è solito indirizzare loro per il Giovedì Santo, celebrato, quest’anno, nello scorso 28 marzo. La Lettera, che reca la data del 17 marzo (cfr Oss. Rom., 22 marzo 2002, 1 e 5), era redatta mentre in tutto il mondo si diffondeva l’eco di uno scandalo scoppiato, in modo clamoroso, nella Chiesa cattolica negli Stati Uniti, a seguito del coinvolgimento di sacerdoti in casi di pedofilia. Per affrontare con sollecitudine il problema che ha creato grave turbamento sia nella Gerarchia cattolica degli USA sia tra i fedeli americani, Giovanni Paolo II ha deciso di convocare a Roma una riunione dei cardinali statunitensi e della presidenza della loro Conferenza episcopale. Il 16 aprile, la Sala Stampa della Santa Sede emetteva il seguente comunicato: «Si svolgerà in Vaticano nei giorni 23 e 24 aprile un incontro di lavoro cui parteciperanno i cardinali degli Stati Uniti d’America e i prefetti delle Congregazioni: per il Clero, card. Darío Castrillón Hoyos; per la Dottrina della Fede, card. Joseph Ratzinger e per i Vescovi, card. Giovanni Battista Re. Oggetto dell’incontro: l’esame dei problemi venutisi a creare nella Chiesa degli Stati Uniti in seguito agli scandali connessi con la pedofilia e l’indicazione di linee-guida al fine di ridare sicurezza e serenità alle famiglie e fiducia al clero e ai fedeli».


La riunione, presieduta dal Segretario di Stato, si è svolta nella Sala Bologna del Palazzo Apostolico1. Nella mattina di martedì 23 aprile, il card. Sodano ha rivolto il saluto iniziale; prendendo atto che quello era «un momento doloroso per la Chiesa e per tutti noi» e manifestando l’importanza che il Santo Padre attribuiva all’incontro, il Segretario di Stato specificava i due obiettivi della riunione: «Da un lato, alcuni vescovi americani hanno espresso il desiderio di informare la Santa Sede circa le difficoltà in cui si sono venuti a trovare negli ultimi mesi. Dall’altro, anche i diversi Dicasteri romani desiderano sentire direttamente dai cardinali americani e dai principali responsabili della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti una valutazione generale della situazione». «Il nostro compito — ha concluso il card. Sodano — è quello di riflettere sui problemi attuali con grande apertura di spirito, sapendo che la Chiesa deve essere trasparente. La Chiesa ama la verità e deve sempre metterla in pratica nella carità, seguendo ciò che san Paolo ha insegnato quasi duemila anni fa: veritatem facientes in caritate [vivendo secondo la verità nella carità] (Ef 4,15)» (Oss. Rom., 24 aprile 2002, 5).


Subito dopo il Segretario di Stato, ha preso la parola il presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli USA, mons. Daniel Gregory Wilton; sono quindi seguiti gli interventi dei cardinali statunitensi. Al termine dei lavori nella mattinata del 23 aprile il Santo Padre ha ricevuto tutti i partecipanti all’incontro nella sua Biblioteca privata. I lavori sono ripresi nel pomeriggio con gli interventi, in successione, del card. Castrillón Hoyos, dei Capi Dicastero e dei cardinali statunitensi. La giornata del 24 aprile è stata dedicata soprattutto alla presentazione e all’approfondimento delle proposte emerse nel giorno precedente; gli interventi liberi dei presuli americani sono serviti a mettere a fuoco il comunicato finale ultimato nei lavori del pomeriggio.


Già nel suo discorso del 23 aprile Giovanni Paolo II aveva in un certo senso fissato la metodologia dell’incontro e la sua finalità: «Affrontando il problema degli abusi con chiarezza e determinazione, la Chiesa aiuterà la società a comprendere e a far fronte alla crisi esistente al suo interno». Durante il pranzo con i cardinali statunitensi, propensi, anzi decisi a imporre la «tolleranza zero», il Papa avrebbe detto loro: «Dovremo essere severi, ma non potremo mai accettare i processi sommari, che si facevano nei Paesi comunisti». Osservatori attenti al «caso americano», scoppiato soprattutto nei primi tre mesi dell’anno in corso, hanno sottolineato il coraggio del Papa che «ha anteposto la coerenza al Vangelo alla difesa dell’immagine stessa della Chiesa; così facendo, ha rifiutato ogni forma di ipocrisia; ha accettato il rischio della pubblicità fatalmente connessa a una clamorosa iniziativa come quella della convocazione a Roma dei cardinali americani» (P. Scoppola, in la Repubblica, 24 aprile 2002).


 


Il «caso americano» sulla pedofilia


 


«Panni sporchi lavati in piazza» è il titolo di un commento de La Stampa apparso il giorno dopo la conclusione dei lavori dell’incontro. «Si può guarire la Chiesa?», è la domanda che si è posto l’arcivescovo di St. Paul e Minneapolis, mons. Harry J. Flynn2, già vescovo di Lafayette negli anni 1989-94, quando egli si era dovuto interessare e prodigare per aiutare spiritualmente e pastoralmente bambini e famiglie vittime di violenza sessuale da parte di sacerdoti. Ampia è stata infatti nel mondo la risonanza dello scandalo scoppiato in America circa i casi di pedofilia perpetrati da sacerdoti cattolici. Per l’incontro in Vaticano, voluto dal Papa con i cardinali statunitensi, sono arrivati in forze a Roma decine di inviati speciali dei network delle principali reti televisive americane e della carta stampata. Per giorni essi hanno stazionato con tutte le loro apparecchiature di avanguardia in piazza Pio XII, nello spazio antistante piazza San Pietro. Tanto dispiegamento di mezzi ha dato l’impressione che, al di là dei fatti oggettivi, gravi e drammatici, e della legittima e doverosa reazione a tale fenomeno, tutta la vicenda fosse accompagnata anche da molta curiosità morbosa e scandalistica.


Facendo questo rilievo non intendiamo minimizzare la gravità di un fenomeno, definito dallo stesso Giovanni Paolo II «un crimine», «un peccato orrendo agli occhi di Dio». La condanna più severa di tale «crimine» trova nelle parole di Gesù la fonte di riprovazione netta e inequivocabile, quando il Signore, identificandosi con i piccoli, afferma: «Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizzerà (skandalisê: sarà occasione di peccato, sedurrà) anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da un asino, e fosse gettato negli abissi del mare» (Mt 18,5-6; Mc 9,42; Lc 17,1-2). Anche se nella storia dell’umanità «è inevitabile che avvengano scandali», avverte Gesù, «guai a colui per cui avvengono» (Lc 17,1). Quello della pedofilia è un male devastante anzitutto per il bambino, che ne resta quasi sempre traumatizzato con conseguenze psicologiche, affettive e anche sessuali. Ma se a compiere un tale atto è un sacerdote, consacrato ad agire in persona Christi, quel comportamento diventa un «maleficio» nel senso letterale del termine (maleficium da male facere), in opposizione e aperta contraddizione alla sua missione che è invece quella di «benedire» (bene dicere) e di «fare il bene» (bene facere) come ha fatto lo stesso Gesù verso i piccoli e i più indifesi.


Trattando del «caso americano» sulla pedofilia si pongono invece diversi interrogativi sul come e sul perché dai mass media statunitensi sia stato dato ad esso un risalto così ampio da mettere in secondo piano persino gli eventi drammatici che accadevano in Terra Santa. Per la Chiesa negli Stati Uniti si è trattato certamente di una tragedia che richiederà tempo per essere interpretata nella sua portata reale e per essere sanata in radice: la sua immagine pubblica è stata fortemente danneggiata; singoli vescovi e anche qualche cardinale, accusati dai fedeli di non essere stati abbastanza tempestivi nel punire i sacerdoti colpevoli o di aver cercato di risolvere «in privato» le vertenze, ne sono usciti provati. Anche se casi di pedofilia tra preti americani non sono nuovi — già nel 1985, con un’inchiesta a uso interno, i vescovi americani avevano affrontato il problema, tornandovi successivamente nel 1992, 1993 e poi nel 1995 col documento «Camminare nella luce» — c’è da chiedersi perché ora è scoppiato un terremoto di così vaste proporzioni?


Perché la Chiesa cattolica americana, nel suo insieme e quasi essa soltanto, è stata sottoposta a un fuoco incrociato di sospetti, di accuse violente, di recriminazioni, di richieste di risarcimenti miliardari, come se il fenomeno della pedofilia fosse ristretto al clero cattolico? Sono interrogativi che anche osservatori laici si sono posti a motivo del putiferio apparso sui mezzi di comunicazione americani. La Chiesa cattolica negli Stati Uniti costituisce una istituzione di notevole importanza nella vita pubblica americana, tanto più se si considera che da appena una generazione essa è emersa dal suo stato di Chiesa di immigranti. Oggi i cattolici statunitensi sono 76.815.000, con una crescita di circa 15 milioni nei soli ultimi 40 anni. Anche se i protestanti, divisi in innumerevoli denominazioni, nel loro insieme costituiscono il 58% della popolazione, i cattolici sono il gruppo più consistente (quasi 25%). Attualmente, molti di essi fanno parte della classe politica americana e svolgono incarichi di rilievo. Uno spirito «anticattolico», e quindi «antiromano» e «antipapista», pur con apparente fairplay, è serpeggiato di recente in America in occasione dei ripetuti interventi del Papa e dei vescovi americani in relazione agli eventi della Guerra del Golfo, della tragedia dell’11 settembre 2001 e degli ultimi fatti nel Vicino Oriente, interventi ispirati alla giustizia e non alla vendetta, alla pace nella giustizia. A molti organi di stampa e televisivi statunitensi forse non è parso vero poter sbattere in prima pagina il «mostro» di turno, questa volta identificato nel clero cattolico.


Altri commentatori, statunitensi ed europei, a seguito dello scandalo della pedofilia, hanno colto l’occasione per tirare in ballo il celibato del sacerdozio cattolico, attribuendo ad esso gli episodi di pedofilia o di omosessualità, dimenticando che casi analoghi — come diremo dopo — si verificano tra «ministri» di culto di tutte le altre religioni presenti negli Stati Uniti, cristiani e non cristiani, i quali sono coniugati. Ora, come risulta dall’ultima edizione dell’Annuario Statistico della Chiesa negli Stati Uniti d’America il clero diocesano è composto da 32.201 sacerdoti e quello religioso da 17.087 preti, per un totale di 49.288; i religiosi non sacerdoti sono 5.6093. Anche se qualcuno parla di circa 3.000 sacerdoti implicati in casi di pedofilia, di cui però solo poco più di un centinaio accertati, è giusto e lecito accusare l’intero corpo sacerdotale e religioso composto di oltre 50.000 soggetti? Per dare ancora qualche dato più preciso, ricordiamo, per esempio, che nell’arcidiocesi di Boston, trovatasi come al centro dell’uragano, negli ultimi 50 anni hanno operato circa 3.000 sacerdoti e negli stessi anni circa 60 preti sono stati accusati di abusi sessuali, ossia circa il 2%. Così pure nell’arcidiocesi di Filadelfia, a partire dal 1950 hanno prestato servizio 2.154 preti e nello stesso periodo sono state avanzate «prove credibili» (credible allegations) contro 35 di essi, ossia l’1,4%. Una percentuale leggermente superiore a quest’ultima si riscontra nell’arcidiocesi di Chicago: negli ultimi 40 anni, su 2.200 sacerdoti in servizio pastorale sono state inoltrate rimostranze contro circa 40 preti, ossia l’1,8% dei sacerdoti4.


Che il fenomeno drammatico della pedofilia da parte degli adulti non sia legato né al sacerdozio né al celibato si riscontra facilmente da molti indicatori sociali che fanno cadere «miti» facili o superficiali. Dobbiamo ricordare che coloro che abusano sessualmente degli altri si trovano purtroppo in tutti i ceti sociali5. Magistrati, medici, psicologi e confessori sanno bene, non solo da ora, che la pedofilia annovera una frequenza non indifferente nell’ambito stesso della famiglia.


Per quanto riguarda la situazione specifica degli Stati Uniti, pur mancando statistiche attendibili, è rilevante il dato che diversi sacerdoti cattolici siano implicati in molestie sessuali contro bambini e contro adolescenti. Ma se si guarda con verità al fenomeno della pedofilia si riscontra che essa, in proporzione non minore, è purtroppo presente anche nelle comunità protestanti (mormoni, battisti, metodisti ed episcopaliani), come anche tra ortodossi, ebrei e musulmani. La ricorrenza del fenomeno della pedofilia tra i «ministri» di culto di tali comunità sarebbe tra il 2 e il 5%, un dato allarmante, ma ancora inferiore alla percentuale della popolazione adulta nel suo complesso, dove il ricorso alla pedofilia si aggirerebbe sull’8%.


Uno dei «miti» ricorrenti è che «la maggior parte delle aggressioni sessuali sarebbero compiute da estranei». Contro tale luogo comune, come riferisce Pegi Taylor in un suo recente articolo6, il Center for Sex Offender Management (CSOM) afferma invece che «nella grande maggioranza dei casi la vittima conosce il pervertitore. Di solito chi abusa sono membri familiari, babysitters [chi custodisce i bambini durante l’assenza dei genitori], compagni preferiti (boyfriends), insegnanti o compagni di lavoro. La maggior parte dei seduttori pianifica accuratamente il suo comportamento. Per un lungo periodo di tempo, il seduttore “cura” (grooms) la vittima».Tale «adescamento» (grooming) viene definito dal CSOM come «il processo di manipolazione volto a ridurre la resistenza della vittima alla violenza sessuale (sexual abuse), iniziando, per esempio con l’invitare il bambino al ristorante o facendogli dei doni», per fargli passare del tempo insieme con una persona con cui si senta sicuro. Poi segue magari la visione insieme di un film pornografico che offre il destro per i primi toccamenti sessuali veri e propri. Chi legge queste forme di approccio, scrive P. Taylor, penserà naturalmente a un uomo. Le cose invece sono diverse anche in America: secondo David Thornon, un esperto internazionale in materia, «anche le donne commettono crimini sessuali primariamente contro i bambini. Uno studio del 1996 ha rilevato che le donne erano responsabili del 29% dei casi di violenza sessuale (sexual abuse) contro i bambini». «I trasgressori sessuali spesso non hanno precedenti specifici e provengono da tutti i gruppi socioeconomici ed etnici. Statistiche nazionali [degli USA] a partire dal 1995 mostrano che il 56% degli arrestati per aver violentato delle donne (rape) erano bianchi, come anche lo erano il 75% di coloro che sono stati arrestati per altri delitti sessuali. Le violenze sessuali possono iniziare già in giovane età. Gli adolescenti commettono circa il 20% dei crimini sessuali. Circa il 30% dei molestatori (offenders) sessuali hanno subìto a loro volta violenza sessuale quando erano bambini»7.


Per quanto riguarda specificamente i sacerdoti statunitensi colpevoli di abusi sessuali, secondo uno studio del gesuita Curtis Bryant, «il maggior numero di essi è efebofilo, ossia è attratto da ragazzi nella fase post-puberale in età tra 15 e 17 anni». Nell’approccio al ragazzo di solito essi non ricorrono alla forza fisica, ma sono groomers, ricorrono cioè all’adescamento, alla persuasione e all’intrappolamento. Egli poi rileva che il 50% dei preti curati presso il St. Luke Institute — un ospedale psichiatrico appena fuori Washington (D.C.) di cui era stato direttore — a loro volta avevano subìto violenza sessuale quando erano bambini. In questi casi la percentuale è molto più alta di quella stimata per i maschi molestatori, la quale, secondo questo studio, si aggira sul 30%8. Solitamente si crede che la maggior parte di coloro che hanno usato violenza sessuale siano recidivi. Fino al 1984, quando fu fondata la Association for the Treatment of Sexual Abusers, negli Stati Uniti d’America non c’era alcuna organizzazione atta a stabilire linee-guida circa il monitoraggio e la terapia dei molestatori sessuali. Se circa il 35% dei molestatori sessuali che non si sottopone a trattamento terapeutico è recidivo, «quel numero può essere ridotto almeno alla metà se un molestatore si impegna in un trattamento regolare, di lungo termine». Nel 1989 l’arcivescovo di Boston, card. Bernard F. Law — che è stato particolarmente preso di mira perché non avrebbe punito il sacerdote John Geoghan (ora ridotto allo stato laicale e condannato a 10 anni di carcere), poiché gli era stato assicurato che questi si era pentito ed era guarito dalla tendenza a molestare i bambini in quanto negli anni Ottanta egli si era sottoposto a un trattamento psicologico e non gli era stata comminata nessuna condanna per i suoi reati — decise che il prete dell’arcidiocesi di Boston potesse tornare nella parrocchia di St. Julia. Le ulteriori ricadute del sacerdote nello stesso disordine morale hanno provocato l’articolo di prima pagina del Boston Globe (6 gennaio 2002), seguito poi dai principali organi di stampa e d’informazione degli Stati Uniti.


 


Discorso del Papa e impegno dei vescovi contro gli abusi sessuali


 


I due giorni, sofferti e intensi, che hanno caratterizzato l’incontro romano dei cardinali statunitensi e dei vertici della loro Conferenza episcopale sulla penosa questione degli abusi sessuali commessi ai danni di bambini e di giovani da alcuni sacerdoti del clero americano, hanno avuto i momenti più significativi nel discorso di Giovanni Paolo II, nell’articolato comunicato finale dei cardinali e nella lettera che essi hanno indirizzato, da Roma, a tutti i sacerdoti cattolici degli Stati Uniti. In questa lettera si annuncia che la prossima Assemblea dei vescovi statunitensi, che si tiene a Dallas dal 13 al 15 giugno, sarà incentrata prevalentemente sulla modalità con cui «proteggere i bambini e i ragazzi nella massima misura umanamente possibile» e in quella sede saranno date al clero indicazioni precise per la loro protezione.


«Permettetemi di assicurarvi innanzitutto — ha esordito il Santo Padre — che apprezzo molto gli sforzi che state compiendo per tenere la Santa Sede, e me personalmente, al corrente della complessa e difficile situazione creatasi nel vostro Paese negli ultimi mesi. […] La porta di questa casa è sempre aperta per voi. E lo è ancora di più quando le vostre comunità sono afflitte. Come voi, anch’io sono stato profondamente addolorato per il fatto che sacerdoti e religiosi, la cui vocazione è di aiutare le persone a vivere una vita santa agli occhi di Dio, hanno causato ai giovani tanta sofferenza e scandalo. A causa del grande male fatto da alcuni sacerdoti e religiosi, la Chiesa stessa viene guardata con diffidenza e molti si sentono offesi per come loro appare che abbiano agito i responsabili ecclesiastici in tale questione. L’abuso che ha causato questa crisi è sbagliato secondo ogni criterio ed è giustamente considerato un crimine dalla società; è anche un peccato orrendo agli occhi di Dio. Alle vittime e alle loro famiglie, ovunque si trovino, esprimo il mio profondo senso di solidarietà e sollecitudine.


«È vero — ha proseguito il Papa non mancando di criticare la non tempestività degli interventi pastorali per sradicare il fenomeno e per prevenire gli scandali — che una mancanza di conoscenza generalizzata della natura del problema, e talvolta anche le consulenze di esperti medici, hanno portato i vescovi a prendere decisioni che gli eventi successivi hanno mostrato essere sbagliate. Ora state lavorando per stabilire criteri più affidabili, al fine di assicurare che simili errori non vengano ripetuti. Al contempo, pur riconoscendo quanto questi criteri siano indispensabili, non possiamo dimenticare la forza della conversione cristiana, quella decisione radicale di allontanarsi dal peccato e ritornare a Dio, che raggiunge i recessi dell’animo umano e può operare un cambiamento straordinario. Non dobbiamo nemmeno dimenticare l’immenso bene spirituale, umano e sociale, che la maggioranza dei sacerdoti e religiosi negli Stati Uniti hanno compiuto e stanno tuttora compiendo. La Chiesa cattolica nel vostro Paese ha sempre promosso i valori umani e cristiani con grande vigore e generosità, in un modo che ha aiutato a consolidare tutto ciò che è nobile nel popolo americano. Una grande opera d’arte può essere intaccata, ma la sua bellezza rimane; questa è una verità che ogni critico intellettualmente onesto deve riconoscere. Alle comunità cattoliche negli Stati Uniti, ai loro Pastori e membri, ai religiosi e alle religiose, ai docenti delle università e delle scuole cattoliche, ai missionari americani in tutto il mondo, vanno il ringraziamento, di tutto cuore, dell’intera Chiesa cattolica e quello personale del Vescovo di Roma».


Il Pontefice ha quindi allargato la sua riflessione sul fenomeno degli abusi sessuali, che sono «un grave sintomo di una crisi che colpisce non solo la Chiesa, ma anche la società nel suo insieme. È una crisi della moralità sessuale dalle radici profonde, crisi persino dei rapporti umani, e le sue vittime principali sono la famiglia e i giovani. Affrontando il problema degli abusi con chiarezza e determinazione, la Chiesa aiuterà la società a comprendere e a far fronte alla crisi esistente al suo interno». Quindi ha affermato con forza: «Deve essere assolutamente chiaro ai fedeli cattolici e più in generale alla società, che i vescovi e i superiori si preoccupano soprattutto del bene spirituale delle anime. La gente deve sapere che nel sacerdozio e nella vita religiosa non c’è posto per chi potrebbe far del male ai giovani. Deve sapere che i vescovi e i sacerdoti sono totalmente impegnati a favore della pienezza della verità cattolica nelle questioni riguardanti la moralità sessuale, verità fondamentale sia per il rinnovamento del sacerdozio e dell’episcopato sia per il rinnovamento del matrimonio e della vita familiare. Dobbiamo avere fiducia nel fatto che questo momento di prova porterà una purificazione dell’intera comunità cattolica, purificazione urgentemente necessaria se la Chiesa deve predicare con maggiore efficacia il Vangelo di Gesù Cristo in tutta la sua forza liberatrice. Ora dovete far sì che, laddove ha abbondato il peccato, sovrabbondi la grazia (cfr Rm 5,20)» (Oss. Rom., 24 aprile 202, 5).


Il Comunicato finale dell’incontro del 22-23 aprile, facendo propria l’espressione di Giovanni Paolo II — «L’abuso sessuale di minori è giustamente considerato un crimine dalla società ed è un terribile peccato agli occhi di Dio, specialmente quando è perpetrato da sacerdoti e da religiosi» — , anzitutto prende atto, pur con dolore, della «gravità del problema». Questo più che a casi («pochi») di pedofilia in senso stretto è dovuto ad atti libidinosi su adolescenti. Rilevando poi che «non può essere scientificamente affermato un legame tra celibato e pedofilia, la riunione ha ribadito la validità del celibato sacerdotale come un dono di Dio alla Chiesa». Tra le indicazioni operative emerse dall’incontro e sottolineate dal Comunicato se ne possono ricordare due particolarmente significative: la prima concerne una nuova e seria Visita Apostolica di seminari e di altri istituti di formazione, soprattutto in relazione alla fedeltà all’insegnamento della Chiesa in campo morale e a un più profondo studio dei criteri di idoneità dei candidati al sacerdozio. La seconda riguarda il «procedimento speciale per la dimissione dallo stato clericale di un sacerdote che è diventato notorio ed è colpevole dell’abuso sessuale ripetuto e aggressivo di minori». Oltre ciò che è già previsto in materia dal Codice di diritto canonico9, i vescovi americani intendono proporre «in più un procedimento speciale per i casi che non sono noti ma nei quali il vescovo diocesano considera il sacerdote un pericolo per la protezione di bambini e giovani, al fine di evitare grave scandalo in futuro e di salvaguardare il bene comune della Chiesa».


La Chiesa cattolica in America si trova ad affrontare una grande sfida, connessa con una crisi d’identità e di credibilità che forse mai aveva conosciuto. Si può solo sperare, pregare e operare affinché essa sfoci in un’esperienza di conversione profonda, in modo che i fedeli ritrovino in essa tutta l’incondizionata fiducia del passato, confortati e accompagnati dalla testimonianza esemplare di un sacerdozio santo.


 


Giovanni Marchesi S.I.


© Civiltà Cattolica, giugno 2002



Note:


1   I partecipanti all’incontro erano 24: oltre al card. Sodano, erano presenti 11 cardinali statunitensi, tre vescovi della Conferenza episcopale statunitense, tre cardinali statunitensi di Curia, 7 capi dicastero della Curia Romana.



2   Cfr H. J. FLYNN, «Can the Church Be Healed? With God all things are possible», in America, April 22, 2002, 16 s.



3  Cfr SECRETARIA STATUS. RATIONARIUM GENERALE ECCLESIAE, Annuarium Statisticum Ecclesiae 2000, Città del Vaticano, Libr. Ed. Vaticana, 2002, 92.



4   Cfr ST. J. ROSSETTI, «The Catholic Church and Child Sexual Abuse. Distortions, Complexities and Resolutions», in America, April 22, 2002, 10.



5   Cfr H. J. FLYNN, «Can the Church Be Healed?», cit., 17.



6   Cfr P. TAYLOR, «Beyond Myths and Denial. What Church Communities Need to Know About Sexual Abusers», in America, April 1, 2002, 7-10.



7   Ivi, 8 s.



8   Cfr C. BRYANT, «Psycological Treatment of Priest Sex Offenders», in America, April 1, 2002, 14-17.



9   Per l’aspetto canonico della questione, cfr G. GHIRLANDA, «Doveri e diritti implicati nei casi di abusi perpetrati da chierici», in Civ. Catt. 2002 II 341-353.