IL CELIBATO SACERDOTALE ALLA LUCE DELLA MEDICINA E DELLA PSICOLOGIA.

Di Wanda Poltawska


A differenza del celibato dei laici, quello dei sacerdoti è determinato da una scelta libera e consapevole dell’uomo psichicamente maturo (è una delle principali condizioni poste a chi desidera accedere agli Ordini sacri) e come tale non provoca frustrazioni, che sono invece una reazione psicologica molto frequente tra quei laici che, desiderando un altro stato di vita, si sentono “condannati” a una vita di solitudine. Tale tipo di reazione si manifesta più spesso nelle donne che negli uomini e in molti casi il desiderio non appagato della vita coniugale e della maternità diviene causa di depressioni psichiche.


Fare una scelta significa sempre rinunciare ad altre possibilità, ad altri valori, ma una scelta libera, fatta di propria volontà è anche testimonianza della convinzione che il valore scelto è superiore a tutti gli altri.

Il sacerdozio è talmente carico di possibilità di autorealizzazione da dare alla vita dell’uomo che l’ha scelto quel senso di pienezza che tanto spesso manca nella vita della gente comune. Paternità spirituale, potestà” di sciogliere e di legare, gioia di portare agli altri, con le proprie mani, quel dono supremo che è Dio stesso, pongono la dignità sacerdotale su un piano cosi alto nella gerarchia delle possibilità umane che non è’ possibile paragonarla a qualsiasi altro valore, e non lascia spazio alle frustrazioni.


Nella mentalità comune, il sacerdozio è stato sempre legato all’obbligo del celibato e tale disposizione della Chiesa non ha in genere trovato, nei secoli passati, una vera contestazione. Sia la vocazione al sacerdozio sia quella al matrimonio richiedono la stessa totale dedizione e quindi si escludo no a vicenda, anche se il tipo di personalità richiesto in entrambi i casi è in fondo identico. Nel Novecento, invece, si ha non tanto la negazione dell’idea stessa di celibato, quanto piuttosto il dubbio sulla reale possibilità di mantenere decisioni a esso legate.


Giovanni Paolo II, parlando del celibato sacerdotale, lo definisce spesso “sacro” – “il sacro celibato sacerdotale” – sottolineando che non si tratta di una semplice rinuncia alla vita coniugale, poiché il suo senso profondo consiste nella castità e nella verginità, nell’unione suprema con Dio.


 


Il celibato rispetto al sesto comandamento

Il mondo moderno, a causa della crescente tendenza al permissivismo e all’esaltazione della dimensione biologica dell’uomo, tende a negare la sua capacità di vivere la castità per, tutta la vita. La rinuncia all’attività sessuale viene percepita da alcuni come castigo, da altri come ideale irraggiungibile, da altri ancora come un modo di vivere “contrario alla natura umana “.


Dimenticando la particolare grazia del sacramento, che dà” il sostegno e la forza necessaria per realizzare tale vocazione, si confonde spesso il celibato sacerdotale con quello dei laici i quali, non avendo una motivazione profonda, non osservano il sesto comandamento, anche se si ritengono cattolici credenti. La legge costituita da Dio e destinata a tutti ” non fornicare ” viene contestata anche basandosi su quanto quotidianamente si osserva: tante sono nei nostri tempi le persone che trasgrediscono questo comandamento che esso può addirittura sembrare “inadeguato” alle capacità umane, quasi fosse impossibile rispettarlo.


Questa etica permissiva, sempre più diffusa, ha determinato un atteggiamento di attesa di una svolta definitiva nella dottrina della Chiesa, non solo per quanto concerne il celibato sacerdotale, ma piuttosto per tutte le norme etiche e, tra l’altro, anche per gli obblighi del sesto comandamento. La Chiesa, cercando con intenti esclusivamente pastorali di aiutare gli uomini di questo tempo il cui specifico modello di vita è peraltro incline alla comodità, ha già reso meno rigorose diverse regole di comportamento, e questo ha provocato l’aspettativa di ulteriori cambiamenti, soprattutto nelle questioni la cui definizione appartiene alle autorità ecclesiastiche e non deriva direttamente dalla Rivelazione divina.


Poiché il celibato sacerdotale, introdotto in base all’esperienza, ha in sé il carattere di decisione umana e non divina, l’uomo del ventesimo secolo sembra essere in attesa che “qualcosa cambi”. Tale atteggiamento di dubbio, della “porta, aperta”, rende ancora più difficile il rispetto della castità, anche da parte dei sacerdoti. Ora, la decisione definitiva e univoca – “scelgo il celibato una volta per sempre, senza possibilità di revoca” – come tutte le decisioni univoche e definitive, è più facile da realizzare di una decisione incerta – “forse si, ma vedremo dopo” – che favorisce il peccato di fornicazione, indebolendo il meccanismo di autocontrollo necessario per osservare il sesto comandamento. E’ assai frequente la convinzione che l’unico rimedio ai problemi legati al celibato stia nel concedere al clero la facoltà di contrarre matrimonio. Infatti, la frequenza con cui viene commessa la fornicazione mette in crisi la convinzione sulla reale possibilità di vivere secondo altri modelli. L’uomo moderno dimentica spesso che il sesto comandamento riguarda tutti, senza eccezioni, e che non esistono circostanze in grado di sospendere la validità di questa legge divina.


Sorge allora l’interrogativo se l’abolizione del celibato costituirebbe solo un consenso al matrimonio indissolubile o piuttosto la richiesta di introdurre il diritto a una vita sessuale indipendente dal matrimonio, cioè, in fondo, il tentativo di sanzionare la fornicazione in generale, anche quella dei sacerdoti. La crescente tendenza a riconoscere “i diritti” dei giovani all’attività sessuale spesso fa si che la preparazione al sacramento del matrimonio, come pure al sacerdozio, venga preceduta da una fornicazione “presacramentale”, sia di carattere etero che omosessuale. Esperienze di questo genere condizionano in qualche modo il comportamento della persona, lasciano un’impronta, un ricordo che renderà poi ancora più difficile il controllo delle proprie reazioni.



Il concetto errato di sessualità

Le tendenze permissive dell’etica moderna traggono origine da un errato concetto della sessualità umana in generale. Il fatto stesso di essere dotato di sesso, dal quale deriva la possibilità di generare, non impone l’atto sessuale come necessario. L’uomo non è determinato nella sua attività sessuale, non esistono nell’organismo umano meccanismi che lo costringono a tale attività. Determinato è solo il sesso, quel dono del Creatore trasmesso dai genitori nel primo istante di vita. L’intera struttura somatica e la formazione psichica dell’essere umano sono nel loro sviluppo strettamente connesse con il sesso; l’esistenza umana, in ogni suo aspetto, porta i tratti della sessualità, tutto quello che l’uomo compie nella sua vita è da essa segnato. La sessualità è quindi un modo di esistere nel mondo ed è perciò assolutamente sbagliato parlarne separandola dall’uomo stesso: il sesso in quanto tale, come concetto astratto separato dall’uomo, non esiste. Esiste solo l’essere umano, dotato di sessualità; l’essere umano, che dalla propria sessualità non si può mai liberare, è maschio o femmina in ogni fase della sua vita. L’intero corpo umano porta i tratti di questa sessualità innata ed è sottoposto a un complicato sistema nervoso e di funzioni biologiche indipendenti dalla sua volontà. L’organismo umano, opera suprema del Creatore, è nella sua complessità un insieme molto armonioso, ordinato con una precisione affascinante e indipendente dal soggetto stesso. Il corpo segue da solo, senza essere comandato dalla volontà umana, le leggi della propria natura: tutte le reazioni che avvengono nell’organismo durante l’intero ciclo della vita derivano da Dio e sono suo dono.


Il corpo umano, dotato di tutti gli organi necessari per vivere, possiede anche quelli che, chiamati impropriamente “sessuali”, sono invece organi essenzialmente procreativi, la cui funzione consiste nel trasmettere il dono della vita. Il Creatore, dotando l’uomo di questi organi, gli ha concesso la possibilità di essere suo collaboratore nella grande opera della creazione.


A tale collaborazione la persona umana viene chiamata da Dio nel sacramento del matrimonio, il quale unisce i coniugi secondo il progetto divino – “saranno due in un unico corpo” – cui e subordinata la struttura fisiologica dell’organismo umano.


Non tutti sono però chiamati a essere genitori: alcuni hanno altri compiti da realizzare. Il richiamo alla procreazione, anche se frequente, non è comune a tutti. La sessualità, in quanto modo di essere dell’individuo, è data a ognuno; la procreazione, invece, è compito solo di coloro che a essa sono stati chiamati dal Creatore.


 


Il mito dell’orgasmo

L’atto sessuale che unisce i coniugi richiede una sollecitazione degli organi genitali che normalmente rimangono inattivi. Una persona con reazioni normali non sente una particolare eccitazione di carattere sessuale senza esservi indotta. il concetto di istinto sessuale riferito all’uomo è quindi poco preciso: simile istinto, nel senso letterale del termine, non esiste, esistono solo certe reazioni sessuali che l’uomo può seguire, ma può anche controllare e dominare. Per essere compiuto, l’atto sessuale necessita di uno stato di eccitazione iniziale, come è facile osservare soprattutto nell’organismo maschile. Questa eccitazione, che può essere causata da un impulso di carattere fisiologico, emotivo o volitivo, non solo è facile da raggiungere, ma viene anche avvertita come una sensazione piacevole. Il punto culminante, chiamato orgasmo, non è altro che il meccanismo finalizzato a realizzare la procreazione. Esso facilita la fecondazione anche se, ovviamente, non la determina. Ma l’orgasmo, essendo una sensazione particolarmente intensa e profonda, diventa spesso l’unico obiettivo, viene cioè separato dalla sua funzione procreativa tanto più che è considerato “segno” dell’amore con il quale lo stesso atto sessuale è spesso erroneamente identificato.


L’uomo moderno desidera il piacere e lo cerca in ogni modo. La sessuologia moderna descrive con precisione diversi metodi per raggiungere l’orgasmo e le tecniche per provocarlo, dimenticando spesso che questo stato di massima eccitazione è solo mezzo e non scopo, e che può dar luogo al concepimento e a tutti i problemi connessi con il ruolo di genitori. L’atteggiamento edonistico pone l’orgasmo tra gli obiettivi più desiderati cui l’uomo mira. Per il solo fatto di essere dotato di un sesso, l’uomo si sente in qualche modo autorizzato all’attività sessuale, talvolta dichiara addirittura di esservi costretto dalle proprie reazioni somatiche. Si crea in questo modo una precisa forma di dominio sull’uomo da parte dei suoi meccanismi fisiologici.


 


Errato concetto di virilità

La facilità con cui è possibile stimolare l’eccitazione sessuale determina in molti uomini una particolare tendenza alla ricerca del piacere e della successiva distensione. Ma tale eccitazione, soprattutto quella non volontariamente determinata, è abbastanza facile da dominare con la volontà. Infatti, ciò che differenzia l’essere umano dagli animali è la capacità di controllare le proprie reazioni. La secrezione dei gameti è indipendente dalla volontà umana; al contrario l’attività sessuale è sempre il risultato della libera decisione dell’uomo. Spesso l’uomo non dice solo “voglio”, ma anche “devo farlo”, e questo “devo” non è una reale necessità fisiologica, ma solo un rafforzamento del “voglio”. Ma se il solo atteggiamento permissivo, il “voglio”, è già sufficiente per provocare l’eccitazione, il divieto, il “non posso”, non basta per dominare la reazione. Ed è proprio questo il problema più difficile: il divieto non solo è poco efficace, ma in molti casi provoca l’effetto contrario; facendo scattare i meccanismi trasgressivi, aumenta l’eccitazione. I ragazzi che tentano di rinunciare alla masturbazione, per esempio, commettono spesso l’errore di ripetere più volte a se stessi il divieto “non posso farlo perché è peccato”. Il semplice divieto non è quindi l’atteggiamento giusto, perché provoca tensione ed è difficile da attuare; importante invece è la consapevole libera scelta: non commetto il peccato, non perché è vietato farlo, ma perché sono consapevole del fatto che è male e vi rinuncio di mia spontanea volontà.


Identiche considerazioni possono essere fatte per il celibato sacerdotale: se il candidato al sacerdozio non possiede una profonda motivazione nel fare la sua scelta e nel rinunciare al matrimonio, non apprezzerà mai il valore della castità e l’immergersi con totalità nell’amore divino.


 


Il celibato come stile di vita

L’uomo psichicamente maturo, nello scegliere il proprio modo di vivere, dovrebbe aver ben chiaro anche il modo in cui realizzare la sua decisione, ed essere consapevole delle conseguenze e delle responsabilità assunte. Alla maturità psichica ed emozionale contribuiscono, in misura diversa, molti fattori, ma anzitutto il ripetuto e costante lavoro su se stesso. L’uomo, essendo un’entità complessa, ha come compito la propria realizzazione, ma solo attraverso uno sforzo ininterrotto potrà raggiungere quella maturità che Karol Wojtyla chiama “autopossesso” e che è indispensabile alla realizzazione di ogni vocazione.


Il sacerdozio esclude il matrimonio non tanto perché la Chiesa l’ha deciso, ma piuttosto perché, richiedendo una dedizione assoluta, non lascia spazio all’impegno, altrettanto totale, esigito dal matrimonio e dalla paternità. Purtroppo spesso il futuro sacerdote vive in un ambiente che non accetta l’idea della dedizione totale perché vi domina l’atteggiamento edonistico.


 


L’ascetismo nella vita del cristiano

Nel mondo attuale anche le persone credenti spesso riescono a comprendere razionalmente il senso più profondo del cristianesimo. L’amore del prossimo comporta la necessità della rinuncia, l’aiuto alla persona amata richiede talvolta un vero sacrificio. La vita in Cristo esige una continua disponibilità al sacrificio, tanto più la vita di chi intende accedere agli Ordini sacri.


Tra i vari valori cui si deve rinunciare per realizzare il sacerdozio c’è anche la possibilità di esercitare la propria attività sessuale. Ma poiché nella mentalità comune l’attività sessuale viene identificata solo con il piacere, l’esigenza del celibato appare come la privazione di quel piacere. Dal punto di vista della fisiologia del corpo umano, la rinuncia all’attività sessuale non costituisce la mortificazione di una particolare esigenza, poiché il corpo non possiede meccanismi che lo costringano a tale attività. Gli organi genitali maschili, nonostante la continua attività delle gonadi in quanto ghiandole endocrine, non reagiscono senza essere stimolati. La castità non apporta quindi all’organismo alcun effetto negativo, anzi si può persino dire che “risparmia l’energia” dell’uomo, permettendogli di concentrarsi su altre attività. Ora, per raggiungere tale stato di armonioso equilibrio, oltre un atteggiamento deciso della volontà, è necessario vivere in modo ordinato, mantenendo una certa “igiene” fisica e psichica e una disciplina interiore. E’ inoltre necessario capire il proprio corpo, conoscere le sue reazioni e i meccanismi che le provocano. Conoscendo il modo di reagire del proprio corpo, si potranno evitare gli stimoli che provocano reazioni indesiderate, perché il corpo umano è obbediente alla volontà dell’uomo se questo impara a dominarlo. Le reazioni somatiche sono sempre condizionate da un impulso esterno e quindi, come è possibile renderlo più sensibile agli stimoli esterni, cosi è anche possibile dominarlo in modo che non risponda a tali stimoli. Il ragazzo, maturando, impara a capire il meccanismo delle proprie reazioni e a controllarle.


In pratica ogni uomo è costretto ad acquisire tale capacità di dominare le proprie reazioni, perché obbligato dalle stesse esigenze della vita sociale. L’atto sessuale, infatti, appartenendo alla sfera più intima dell’uomo, non è mai compiuto in modo spontaneo, sotto l’impulso del momento, ma richiede sempre un contesto e un tempo adatti, il che comporta la necessità di controllare le reazioni somatiche. La spontaneità, nel senso letterale del termine, non esiste nell’attività sessuale .


Ora, il sacerdote, per la vocazione dell’uomo che ha scelto, deve rendersi conto che non esiste per lui la possibilità di attivare i meccanismi e a reazione sessuale e che, facendolo, entra in collisione con se stesso e il voto pronunciato. E’ da tale situazione che può nascere la nevrosi: non il celibato crea lo stress, ma la mancata fermezza nella sua realizzazione a causa di immaturità psichica, di semplice debolezza umana o di insufficiente accettazione della stessa idea del celibato.


Al contrario, se il candidato al sacerdozio impara a evitare gli stimoli e se considera gli altri una grande famiglia, come Gesù insegna, non risentirà dell’astinenza in modo particolare, e non avrà nostalgia di un altro modo di vivere, poiché la propria scelta gli dà gioia e pienezza.


 


Maturità e realismo della fede

Ogni uomo acquista, nel processo di maturazione psicofisica, la coscienza dello scopo della propria esistenza e il senso della vita come tale. Per il credente maturità significa rendersi conto del limite della vita terrena e della eternità della vita in Dio. La prospettiva dell’eternità aiuta a sopportare con pazienza le eventuali difficoltà della vita, grazie alla consapevolezza del loro carattere passeggero. Compito del sacerdote è non solo indicare ai credenti la vera dimensione dell’esistenza umana, ma anche testimoniarla nella propria vita. Le parole di Gesù sul giudizio finale fanno riferimento in modo particolare alle persone cui “è stato dato di più”. Il sacerdozio costituisce, per sua natura, l’apogeo delle possibilità umane: non esiste dignità più grande, ma anche responsabilità più grande.


Ora, la consapevolezza della responsabilità, che il dono di Dio comporta, costringe a una profonda riflessione. Il dono della sessualità non è semplicemente dono, ma, come tutta la vita, è anche compito posto dinanzi all’uomo. La castità non costituisce in realtà un vuoto di esperienze positive, ma al contrario,, attraverso lo sforzo della volontà, è anch’essa mezzo per giungere a uno stato di equilibrio, fonte inesauribile di soddisfazione e di gioia. L’atto sessuale offre solo un attimo di piacere e lascia spesso un senso di vergogna e di imbarazzo di fronte alle reazioni del proprio corpo. La coscienza di avere pieno potere sulle proprie reazioni istintive, invece, dà all’uomo non solo una vera gioia, ma soprattutto un senso di libertà, poiché solo nel momento in cui diviene capace di vivere in conformità con il sistema di valori scelto, l’uomo può dirsi veramente libero. La gioia che ne deriva è pura e durevole e aiuta a raggiungere uno stato di equilibrio psichico.


La persona che riesce a realizzare questi principi nella quotidianità della vita comunica la propria pace e armonia interiore anche agli altri. L’influenza che i sacerdoti dotati di questa particolare capacità hanno sulla gente è enorme, perché il bisogno di pace è comune a tutti. Il peccato dà sempre inquietudine, la virtù, anche se pagata a caro prezzo, dà gioia. Inoltre la coscienza della grazia di cui è depositario, il privilegio di offrire Dio alla gente nei sacramenti, deve riempire il sacerdote di gioia ancora più grande e di riconoscenza per il dono della vocazione. In tale situazione il celibato non può. costituire una vera difficoltà, perché l’uomo è talmente piena nella grazia e dell’amore divino da dimenticare in qualche modo la propria persona. Le vite di molti santi sacerdoti ne sono testimonianza.


 


Difficoltà nella realizzazione del celibato

La mentalità attuale costituisce un ostacolo per l’idea del sacerdozio come ricerca di santità personale e di santificazione del mondo. Le difficoltà che il sacerdote incontra se seguendo la sua vocazione sono di vario genere, ma quelle legate all’osservanza del celibato sono particolarmente gravi dal momento che trasgredire questo obbligo significa di solito peccare contro il sesto comandamento. Infatti un religioso non chiede mai la dispensa e il permesso di contrarre matrimonio prima di aver commesso il peccato. Ma non si può dimenticare che nella vita del sacerdote non esiste più la facoltà di scegliere tra sacerdozio e matrimonio: la scelta è già stata fatta ed è praticamente irrevocabile, perché venir meno al proprio impegno significa degradarsi moralmente.


a) Errato concetto di sessualità. Le difficoltà possono sorgere nel momento in cui il sacerdote cede alla convinzione ampiamente diffusa che l’uomo è sottoposto al determinismo biologico. t infatti sempre più forte l’errata convinzione che il maschio è, in certo senso, costretto all’attività sessuale per il fatto stesso di essere maschio. Esiste persino l’opinione che l’atto sessuale “verifica” la virilità, che senza di esso l’uomo è, in qualche modo, invalido, non realizzato. Concetti di questo genere, soprattutto se ripetuti, come spesso accade, dalle autorità mediche nel campo della sessuologia, possono facilmente servire per giustificare il proprio comportamento. La persona, dominata ormai dal proprio corpo, si giustifica dicendo che “non è possibile” fare altrimenti.


b) L’altro fattore che rende più difficile il dominio della propria sessualità è costituito dalla stanchezza fisica e psichica, accompagnata da un eccesso di stimoli, soprattutto di carattere visivo (gli uomini reagiscono con particolare intensità alle impressioni visive e Gesù stesso ammonisce contro le tentazioni della vista). Se allo stress, accresciuto dall’abuso di nicotina, caffeina e simili, si sovrappongono immagini di carattere erotico, il meccanismo di autocontrollo, soprattutto nei giovani, può essere indebolito. La castità richiede una disciplina e un’igiene continua nel modo di vivere. Cedendo allo stimolo, non ci si può aspettare che il corpo resista con facilità alle reazioni somatiche; il corpo’, di per sé, non ha la facoltà di controllare le proprie reazioni. Gli stimoli che possono provocare reazioni sessuali sono di diversi tipi. Quelli più semplici, di tipo meccanico, per esempio, sono generalmente facili da evitare e anche i ragazzi molto giovani sono di solito in grado di dominarli. Più pericolosi, invece, sono quelli che derivano dall’uomo stesso, dalla sua immaginazione.
E’ quindi estremamente importante per ogni sacerdote saper mantenere la disciplina dei pensieri e della fantasia. Si può peccare anche solo con il pensiero: guardando un’altra persona con desiderio, trattandola come un oggetto, si commette nel profondo del cuore il peccato di fornicazione. Se tale atteggiamento domina il cuore, si manifesterà anche esternamente; al contrario, se la persona interiormente pulita, nessuna situazione esterna potrà provocare reazioni somatiche contrarie alla sua volontà. L’eccitazione sessuale dipende in primo luogo dalle intenzioni con cui si va incontro all’altra persona, come la si guarda e cosa in essa si vede. Il sacerdote è obbligato a scorgere nell’altro lo stesso Cristo, la finalità dell’incontro può essere soltanto di avvicinare quella persona a Dio.
Tutto il corpo umano partecipa alla vocazione specifica di ogni uomo, poiché non è possibile esistere al di fuori della propria corporeità. Anche il corpo deve quindi coadiuvare il sacerdote nel suo compito di pastore delle anime. La maturità porta a vivere il ruolo di padre, specialmente nel sacerdote, cui compito è generare le anime (cfr. san Paolo).
L’atteggiamento concupiscente si impadronisce dell’altra persona, tende a sottometterla e a umiliarla, trattandola come un oggetto. L’amore paterno invece si offre senza nulla chiedere. Ma per giungere a questo è necessario insegnare al corpo l’autocontrollo. La castità è quindi un continuo sforzo per sottomettere pienamente il corpo alle aspirazioni dell’anima. Il corpo di ogni essere umano è sempre soggetto allo spirito: allo Spirito Santo oppure allo spirito ” di questo mondo “.


c) Il peso del passato. Non senza motivo, nei tempi passati, la Chiesa esigeva dai candidati al sacerdozio la verginità, poiché una delle condizioni che rendono particolarmente difficile la realizzazione del celibato è la memoria che il corpo conserva delle proprie esperienze passate. E sempre possibile un ritorno a Dio e un rinnovamento dell’anima, poiché il corpo conserva il ricordo del passato e, anche se il peccato e stato assolto, i suoi effetti perdurano. Il corpo abituato ad arrendersi a un dato tipo di reazioni difficilmente si sottometterà alla nuova disciplina, e di conseguenza più difficilmente potranno osservare l’obbligo del celibato coloro che commettevano peccato di fornicazione o masturbazione. Identico discorso deve essere fatto per le immagini pornografiche: il ricordo che rimane negli occhi, se da una parte rende odiosa tutta la sfera della sessualità, dall’altra provoca eccitazione e situazioni conflittuali. ovviamente non si tratta di isolare il sacerdote dal mondo che lo circonda, ma di proteggere quel grande dono che è la castità. Importante, a tal fine, sarà la disciplina interiore, ma più importante ancora sarà la capacità di ammirare la bellezza che l’innocenza e la castità irradiano.


d) La mancanza di fede. Analizzando la vita di quei sacerdoti che non hanno saputo osservare l’obbligo del celibato, si individua una causa quasi sempre comune a tutti: la degradazione morale. Di solito inizia da una crisi di fede e dal rifiuto delle regole imposte dalla Chiesa, cioè in ultima analisi da una mancanza di umiltà: la maggior parte delle volte la legge del celibato viene trasgredita dalle persone troppo sicure di sé, che non cercano l’appoggio dell’amore divino. La santità, nonostante richieda la collaborazione dell’uomo, è prima di tutto dono della grazia divina, dono che bisogna umilmente chiedere nella preghiera. Quando la passione per la preghiera si spegne, il sacerdote diviene più soggetto alle pressioni dell’ambiente.


Il celibato, in quanto tentativo di superare se stesso e la propria debolezza, è un andare “contro corrente”, è una sfida lanciata al mondo, ma non è mai un andare contro la natura umana. L’uomo, per il fatto stesso di essere uomo, è in grado di controllare le proprie reazioni, perché l’uomo non si identifica mai soltanto con il corpo: è anima incorporata, creata da Dio e a Lui simile. L’esigenza del celibato non sovrasta le capacità umane: Cristo stesso ne indica la strada quando invita a cercare la perfezione.


La ricerca consapevole della santità non è contro l’individuo, ma contro la sua meschinità e lo porta a innalzarsi al di sopra di se stesso. Una piena realizzazione del sacerdozio e del celibato porta la personalità dell’uomo al suo autentico sviluppo e quindi rende più facile il raggiungimento di quell’obiettivo, cui tutti siamo chiamati, che è la santità.