I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Virtù (I)

 1. In che cosa consiste la virtù.
 2. Necessità della virtù.
 3. Facilità della virtù
 4. La virtù non può stare col vizio.
 5. Eccellenza della virtù

1. IN CHE COSA CONSISTE LA VIRTÙ. – La parola virtù, virtus, deriva dal vocabolo vis, che vuol dire forza, vigore. Non dissimile dalla sostanza è l\’etimologia che ne dà Cicerone, il quale fa derivare dalla voce latina vir, cioè uomo: – Appellata est ex viro virtus (De Offic.). Può anche dirsi un vocabolo composto dalle due voci latine viri opus, opera virile. Tale è la virtù nel senso etimologico; a guardarla poi in se stessa, può chiamarsi con S. Bernardo: «Il vigore dello spi­rito, strettamente abbracciato alla retta ragione (Serm. LXXXV, In Cant.)». In altro luogo il medesimo Santo riconferma e spiega questa sua definizione, dicendo che la virtù è figlia della ragione, ma soprattutto della grazia. La virtù è un consenso volontario al bene. È il libero uso della vo­lontà, che segue il giudizio della ragione (De vita solitar. )… La virtù in se stessa è l\’amore di ciò che è onesto, di ciò che è bene… La virtù, dicono i filosofi, è uno stato dello spirito conforme alla natura dell\’uomo, alla sua ragione, alla legge che lo governa.
Secondo i cristiani, secondo i teologi, la virtù è il massimo dei beni… S. Agostino la chiama «l\’affezione regolatissima dell\’anima» (De Morib. Eccles. c. XI); in un altro luogo la definisce: «L\’arte di vivere bene e rettamente» (De Civit. Dei, lib. IV, c. XXI). S. Ambrogio la fa consistere nella volontà di non voler peccare e nella perseveranza di tale volontà (In Luc. lib. VIII, c. XVIII). Ogni virtù è amore e carità, cioè si produce in atti comandati dalla carità, la quale è essa che comanda, che dirige, che forma e perfeziona la virtù. La virtù è un bene che si compie facendosi violenza… La virtù sta nel vivere secondo Iddio, secondo la sua legge, la sua grazia e l\’insegnamento della Chiesa… La virtù consiste nel fare ciò che Dio e la coscienza impongono; nello schivare quello che Dio e la coscienza proibiscono.
Perciò la virtù consiste nelle opere, non nelle parole, secondo quelle due sentenze perentorie di Gesù Cristo: «Non chi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma solamente colui che fa la volontà del Padre mio che sta nei cieli» (MATTH. VII, 21); e quest\’altra: «Ogni albero che non porta buon frutto, sarà tagliato e gettato al fuoco» (MATTH. III, 10). Quanti sono virtuosi in parole, e viziosi in opere! Se il grano confidato alla terra non germinasse e fruttificasse, a che cosa servirebbe?

2. NECESSITÀ DELLA VIRTÙ, – Dal sopradetto già risulta quanto sia stringente la necessità di praticare la virtù; ma questa necessità è ribadita da Gesù Cristo in quel comando: «Cercate prima di ogni cosa il regno di Dio e la sua giustizia» (MATTH. VI, 33); poiché il regno di Dio non si può cercare né ottenere se non con la virtù; avvertendo ancora che «chi poco semina, poco miete, e chi semina a larga mano, mieterà ancora in abbondanza» (I Cor IX, 6). Perciò l\’Apostolo animava Timoteo ad esercitarsi nella pietà (I Tim. IV, 7), cioè esercitati in ogni genere di virtù; ed il Savio diceva: «Io ho amato la virtù, ne sono andato in traccia fin dalla mia giovinezza, e l\’ho domandata in isposa, allettato dalla sua bellezza» (Sap. VIII, 2).., L\’uomo che vive senza virtù non è un uomo, ma ne ha la sola apparenza, come conobbe e asserì il pagano Epitteto del quale si riferisce questo detto: «È indegno di portare il nome di uomo, chi non si studia di essere virtuoso (Anton. In Meliss.)». Non bisogna poi arrestarsi mai, finché non si sia raggiunta la pie­nezza della virtù; non si deve mai cessare dal fuggire il peccato, suo mortale nemico… Senza virtù non si dà salvezza; senza salvezza non si ha il cielo, non si ha Dio nell\’eternità; quindi dove non vi è virtù, vi è l\’eterna riprovazione.

3. FACILITÀ DELLA VIRTÙ. – A prima vista sembra stretta e spinosa la via della virtù, ma ben presto essa si allarga e si addolcisce, e tanto più si appiana e diviene deliziosa quanto più l\’uomo vi si inoltra… Tutto il rovescio della strada del vizio… «Ogni virtù, dice S. Paolo, sembra che apporti nel presente non gioia, ma tristezza; ma in seguito dà a coloro che vi si addestrarono frutto dolcissimo di pace e di giustizia» (Hebr. XII, 11); e poi ancora: «Turbamento e affanno all\’anima del malvivente; gloria, onore e pace a chi fa il bene» (Rom. II, 9-10). E prima di lui già il Savio aveva notato che splendida è la virtù e non si oscura mai, di modo che facilmente è veduta da quelli che l\’amano, e trovata da quelli che la cercano. Essa precede quelli che la desiderano, per mostrarsi loro la prima (Sap. VI, 13-14).
Non vi è virtù senza lavoro e fatica, perché la virtù non avanza se non a forza di fatica; ma la dolcezza della virtù lenisce l\’asprezza della fatica; quello che in questa vi è di triste e penoso presto se ne va e scompare; quello che vi è di confortante e dolce, viene e resta. È certo che si gusta molto più soave felicità nel piangere i peccati, che nel commetterli… Ci vuole più fatica ad essere vizioso, che ad essere virtuoso; infatti S. Agostino, che aveva bevuto alla coppa delle voluttà mondane, non appena ebbe conosciuto la felicità, la bellezza della virtù, esclamava inebriato: Beltà sempre antica e sempre nuova, oh! come tardi ti ho amato! (Confess.).
Praticando la virtù, noi ci accostumiamo a camminare per le sue strade con balda sicurezza, perché sodo e fermo è il suo cammino, e chi lo segue può dire col Salmista: «I miei piedi camminarono per la via diritta» (Psalm. XXV, 12). La virtù è il giogo, è il peso di Gesù Cristo; ora Gesù ci dice: «Prendete su di voi il mio giogo, perché esso è dolce, ed il mio peso è leggero» (MATTH. XI, 29-30). Quello che rende facile la virtù, è la grazia, sono i sacramenti, gli esempi di Gesù Cristo e dei Santi, la ricompensa promessa ed aspettata… Grande prova che la virtù è facile e dolce l\’abbiamo in ciò, che tutti quelli che l\’amano e la praticano sono felici; tutti quelli che ritornano a lei dopo di averla abbandonata, sono dolenti di non averla praticata per tutta la loro vita; e quelli che la trascurano e disprezzano sono i più infelici degli uomini…

4. LA VIRTÙ NON PUÒ STARE COL VIZIO. – Si legge nel I libro dei Re, che i Filistei avendo preso l\’arca dell\’Alleanza al popolo d\’Israele, la collocarono nel tempio del loro idolo Dagon: ma alla pre­senza dell\’arca, il preteso dio cadde a terra, la sua testa si spiccò dal busto e le sue mani si videro recise. L\’arca è la virtù; Dagon è il vizio e il peccato… È impresa assurda accoppiarli insieme… «Che intesa vi può essere, dice S. Paolo, tra Cristo e Belial?» ­(II Cor VI. 15). Si videro mai le tenebre conciliarsi con la luce, la vita con la morte, il cielo con l\’in­ferno? «Le persone insensate, dice il Savio, non comprendono la virtù, non la vedono nemmeno, perché sta essa lontana dal loro orgoglio e dalla loro malizia; i saggi le vanno incontro. I mentitori non se ne ricordano; gli uomini sinceri non se ne discostano mai di un punto e camminano felicemente accanto a lei fino alla vista di Dio» (Eccli. XV, 7-8).
La virtù è la nemica del vizio, lo perseguita, lo assale, lo scaccia; il vizio è il nemico sfidato della virtù, la insidia e la combatte all\’esterno, la soffoca e l\’annienta nel cuore. Le virtù, dice S. Giovanni Crisostomo, non possono abitare coi vizi. Quando i vizi sono sbaragliati dalle virtù, la carità s\’impadronisce del luogo che prima teneva lo spirito di concupiscenza; la pazienza riprende quello che il furore si era preso; una gioia salutare ritempra e invigorisce quel cuore che la tristezza, compagna della morte, teneva calpestato ed abbattuto; il lavoro ripara i danni della pigrizia, l\’umiltà rialza quello che l\’orgoglio aveva calpestato. Trionfando nell\’uomo le virtù opposte ai vizi che prima lo signoreggiavano, lo chiamano a nuova vita (In Exod.).

5. ECCELLENZA DELLA VIRTÙ. – «La virtù è cosa tanto eccellente, dice S. Giovanni Crisostomo, che nessun\’altra le può stare a con­fronto; basti il dire che perfino quelli che la combattono, non si possono esimere dall\’ammirarla» (Homil. ad pop.), e S. Ambrogio dice che perfetta è quell\’età, ancorché tenerissima di anni, in cui si trova una virtù perfetta (De Iacob.). S. Bernardo la chiama un astro, e chiama cielo l\’uomo che ne è fornito (Serm. XXVII, in Cantic.). E infatti la virtù contiene in sé tutti i beni; ella basta a se stessa, e quando regna in un cuore, questo non sente più alcuna privazione, non teme confusione, né afflizione di sorta. Giobbe spogliato di ogni cosa, sul suo letamaio, era l\’uomo più ricco e più tranquillo del mondo, perché aveva la virtù… E la virtù, dice lo Spirito Santo, dispone tutte le cose soavemente (Sap. VIII, 1); è più preziosa di ogni diamante; tutte le gemme della terra non ne pareg­giano il valore. I suoi sentieri sono sentieri di dolcezza, e le sue vie mettono tutte alla pace. Con una mano ella presenta lunghezza di vita, con l\’altra offre onori e ricchezze. E l\’aurora della vita per quelli che l\’abbracciano; felici coloro che se la stringono al seno! Il suo possesso vale più di tutti i tesori e i frutti di lei sono più preziosi dell\’oro finissimo (Prov. III, 14-18).
Dopo una testimonianza così autorevole, non c\’è da stupire se tutti i santi Padri giudicano povertà e miseria ogni ricchezza del mondo, posta a confronto della virtù. Clemente Alessandrino insegna che vero tesoro è il cumulo di azioni virtuose (Paedag. l. III). «Non l\’oro e l\’argento, dice S. Bernardo, ma le virtù costituiscono le vere ricchezze» (Serm. IV, de Advent.). S. Ambrogio ci avverte che Dio non tiene per ricco se non chi è ricco per il cielo, colui che raccoglie non i frutti delle ricchezze periture, ma i frutti delle virtù. Non vi pare sommamente ricco chi ha la pace dell\’anima, la tranquillità, il riposo; che non desi­dera nulla, che non è agitato da nessuna tempesta?… Dunque se volete trovare tesori, prendete quelli che troverete nella virtù, non quelli che stanno sepolti nelle viscere della terra. La vita e la ricchezza dell\’uomo consistono nella virtù. Con la virtù, ancorché man­casse ogni altra cosa, si ha tutto; senza la virtù, benché abbondasse tutto il resto, non si ha niente (De Abel et Cain, l. XI, c. V – l. I, c. V).
S. Prospero parlando della virtù dice egregiamente: Noi dob­biamo desiderare ricchezze che ci adornino e ci proteggano; che non acquistiamo a nostra insaputa, che non perdiamo nostro malgrado, che ci armino contro i nostri nemici, che ci rendano vittoriosi del mondo e cari a Dio; che arricchiscano e nobilitino le anime nostre, che siano con noi e in noi. E queste ricchezze sono la purità, la giustizia, la pietà, l\’umiltà, la mansuetudine, la misericordia, la fede, la speranza, l\’amore (De vita contemp.). «Le ricchezze che non pos­sono restare con noi lungo tempo, sono false, scrive San Gregorio (Homil. XV, in Evang.); fallaci sono quei tesori che non portano sollievo alla povertà dell\’a­nima nostra. Sole vere ricchezze sono quelle che ci fanno ricchi in virtù. Se volete dunque essere veramente ricchi, amate le virtù, sole vere e sode ricchezze». Sono piene di sapienza le parole di Tobia a suo figlio: «Non temere; è vero che facciamo una vita povera, ma grandi ricchezze abbiamo, se temiamo Dio, se ci asteniamo dal peccato e facciamo bene» (TOB. IV, 23).
Il Savio, nei Proverbi, chiama la virtù albero della vita (III, 18); e infatti, 1° essa procura e mantiene sia la vita naturale dell\’anima, sia la soprannaturale della grazia… – Come l\’albero della vita comunicava il vigore della vita, cosi la virtù allontana dalla nostra vita quello che la snerva e la fa languire. «Il giusto fiorirà come palma» – dice il Salmista (XCI, 13)… 3° Saporitissimo era il frutto dell\’albero della vita; tale è il frutto della virtù… 4° L\’albero della vita preservava l\’uomo dalla morte; questo prodigio opera pur essa la virtù… 5° L\’albero della vita nel paradiso raffigurava la visione di Dio; la virtù rappresenta. Dio in colui che la pratica. Quelli che trovano la virtù, leggiamo nei Proverbi, trovano la vita; la loro salute verrà dal Signore. Ma quelli che peccano contro la virtù, sono carnefici dell\’anima propria; tutti quelli che la odiano, amano la morte (Prov. VIII, 35-36). «La giustizia nel suo più ampio significato, ossia la virtù, innalza le nazioni; il vizio rende i popoli infelici» (Prov. XIV, 34). S. Agostino insegna che la virtù è il solo e sommo bene (De lib. Arbitr. lib. II, c. XVIII): e infatti, essa ci governa…; ci fa cibo e vestite…; c\’istruisce…; ci protegge…; ci procura buon nome…; ci rinforza e innalza…; ci apporta la gloria… La virtù regola l\’appetito dei sensi e i movimenti delle diverse concupiscenze… E la sanità dell\’anima e del corpo… Pro­cura una santa vita, una buona morte, un giudizio favorevole; chiude l\’inferno ed apre il cielo… ­
Il vizio getta il turbamento e l\’angoscia nell\’anima, dice Lattanzio; la virtù invece vi apporta la dolcezza e la tranquillità (Lib. VII, c. X). Nell\’uomo virtuoso, secondo la bella osservazione di S. Ambrogio, la giustizia cerca, la prudenza trova, la forza prende, la temperanza possiede: la giustizia è nel cuore; la prudenza nello spirito; l\’energia, nell\’opera; la temperanza nell\’uso (Offic.). Non ci sfuggano mai dalla memoria queste sensatissime parole di S. Giovanni Crisostomo (Hom. XL, in Ioann.): «Nessuna cosa istupidisce tanto gli uomini quanto il peccato; nulla li rende tanto saggi, quanto la virtù, perché li tempera a misericordia, a riconoscenza, a bontà, a umanità, a dolcezza. La virtù è madre, radice, sorgente della saviezza; ogni peccato ha le sue radici nella stoltezza; sapientissimo è chi coltiva la virtù». Chi è privo di virtù diventa ben presto, come Caino, fuggiasco, vagabondo; segnato col marchio della riprovazione, non sa più dove va, donde viene, quel che si fa; ben presto si vede tuffarsi e scomparire nei baratro del vizio…
Anche i pagani si accorsero dell\’eccellenza della virtù. Isocrate, per esempio, diceva che non vi è nulla di più bello, né di più perfetto (Ad Daemonicum). Aristotele la chiama la misura di tutte le cose, l\’epurazione, la perfezione dell\’anima (Ethic. lib. I, c. IV). Epitteto rassomiglia l\’anima virtuosa ad un fonte inesauribile, dalle acque dolci, pure, limpide, fresche, benefiche, abbondanti, incapaci di nuocere (Apud Stobaeum, serm. I). Cicerone dice che fuori della virtù tutto è falso, incerto, caduco, mobile; la virtù sola ha tali profondissime e saldissime radici, che nessuna forza basta a scuoterla (Philipp. IV). E altrove dice: Chi dubita che le vere ricchezze non consistano nella virtù? Infatti nessuna quantità d\’oro o d\’argento regge al confronto delle virtù. Se gli stimatori dei beni terreni portano a così alto prezzo le cose periture, quanto non deve valere la virtù, che non può perire né essere involata? essa che non teme rovina né per nau­fragio, né per incendio? essa che non va soggetta a mutazione né per vicende di tempo, né per impeto di tempeste? Quelli che la posseg­gono sono i soli ricchi, perché essi soli possiedono quello che pro­duce ricchi e abbondanti frutti che durano eterni (Tuscul. II).