I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Preghiera (III)

 10. Come si può pregare sempre?
 11. Ma quando bisogna particolarmente pregare?
 12. Preghiera pubblica.
 13. La. preghiera fatta in chiesa ha più efficacia.
 14. Bisogna pregare gli uni per gli altri.
 15. Delle varie preghiere in uso presso i cristiani.
 16. L\’elevazione delle mani, nella preghiera, ci propizia Iddio ed è essa stessa una preghiera.
 17. Vi sono di quelli che pregano male.
 18. Errori che si commettono nella preghiera.
 19. Ostacoli alla buona riuscita della preghiera.
 20. Vi sono preghiere che invece di essere esaudite, meritano di essere punite.
 21. Disgrazia di quelli che non pregano.
 22. Mezzi per pregare bene. 

10. COME SI PUÒ PREGARE SEMPRE? – Ma com\’è mai possibile, dicono i partigiani del mondo, gli avari, i dissipati, come è possibile attendere di frequente alla preghiera, pregare, pregare sempre, in mezzo alle cure della famiglia, ai rumori e ai disturbi dei negozi? Senza contare che il tempo manca, come può reggere la mente ad una preghiera continua? Questa cosa è impossibile. Inganno ed errore: la cosa è non solamente possibile ma facilissima. Ascoltate come si può pregare sempre.
Il Venerabile Beda ci dà egli solo in due parole la soluzione di ogni difficoltà: «Sempre prega colui che fa tutte le sue azioni secondo Dio» – dice il citato scrittore (In Sentent.). La stessa massima aveva già espresso S. Basilio con quelle altre consimili parole: «Chi si regola sempre bene prega sempre; la sua vita è una preghiera continua» (Hom. in Iudittham mart.).
Anche secondo S. Ambrogio, il giusto prega sempre, perché anche quando l\’anima sua non prega, le opere ch\’egli fa, intercedono per lui e tengono per lui il luogo di preghiera; anzi, perfino quando dorme, i fatti suoi risplendono innanzi al Signore e gli servono da patrocinatori presso Dio (Serm. LXXXVI). Il peccatore medesimo che si trova in peccato mortale, prega sempre dal punto in cui desidera ardentemente di spezzare le sue catene e uscire dal peccato, pregando e offrendo a Dio i suoi sforzi, le sue azioni attuali per ottenere la grazia di convertirsi.
Quindi se appena svegliati e levati, offrite a Dio il primo vostro pensiero, e le occupazioni giornaliere, il giorno intero sarà per voi una continua preghiera. Andate al lavoro? Fatene offerta a Dio, ed il vostro lavoro sarà una non interrotta preghiera. Vi sedete a mensa, o uscite a ricreazione? Offrite a Dio il vostro cibo, ricreatevi avendo lui in mente, e il cibo e il divertimento vi servirà di preghiera. Raccomandate a Dio il sonno prima di chiudere le palpebre, e il vostro sonno è una preghiera… Oh quanto ci arricchiremmo facilmente e senza disagio, se facessimo in questo modo! O come guadagneremmo il cielo quasi senza fatica, se veramente lo volessimo! Noi potremmo dire col Salmista: sebbene in altro senso: «Ebbero a bassissimo prezzo la terra desiderata» (Psalm. CV, 24).

11. MA QUANDO BISOGNA PARTICOLARMENTE PREGARE? – In 1° luogo bisogna pregare principalmente al mattino dopo che ci siamo levati: «Signore, dice il re profeta, voi ascoltate sul mattino la mia voce; in sui primi albori del giorno io mi presenterò a voi e contemplerò le opere vostre meravigliose» (Psalm. V, 4-5). «O Dio, Dio mio, io dono a voi i miei pensieri fin dall\’aurora» (Psalm. LXII, 1). «Signore, io ho gridato a voi, e la mia preghiera salirà a voi di buon mattino» (Psalm. LXXXVII, 14).
Di buon mattino dobbiamo riempire il nostro cuore dei tesori della preghiera… L\’Ecclesiastico ci dice che il vero savio «applicherà, in sul primo albeggiare dell\’aurora, il suo cuore a pensare al Signore che lo ha fatto ed a pregare in presenza dell\’Altissimo» (Eccli. XXXIX, 6); e l\’autore della Sapienza ci fa notare che la manna la quale non poteva essere consumata dal fuoco, si squagliava al primo raggio di sole che l\’avesse toccata, affinché si rendesse a tutti manifesto che bisogna prevenire il sole per lodare Iddio, e conviene adorarlo sui primi albori del giorno (Sap. XVI, 27-28).
«Fin dal mattino, diceva S. Giovanni Climaco, io conosco la mia corsa di tutto il giorno» (Grad. VII); e voleva dire che la sua preghiera del mattino lo rischiarava e lo dirigeva per tutto il giorno, santificava la intera sua giornata. Questo eccellente vantaggio godrebbero tutti i cristiani, se tutti imitassero questo gran Santo… Con la preghiera del mattino, tutto il giorno è bene impiegato e santificato. Si può quasi asserire che è intieramente profanato, triste e perduto quel giorno in cui si è trascurata la preghiera del mattino.
2° Bisogna pregare al principio ed alla fine di ogni azione… Con questo mezzo tutte le opere restano santificate; si schivano le azioni malvagie, perché non si può offrire a Dio quello che è cattivo.
3° Bisogna imitare il Salmista che diceva: «La sera, la mattina e al mezzodì invocherò il Signore, ed egli ascolterà la mia voce» (Psalm. LIV, 18). La Chiesa per ricordarci questa pia ed utile pratica e per incoraggiarci e aiutarci a seguirla, ha stabilito l\’Angelus
4° Bisogna pregare la sera, prima del riposo. Ascoltate il Salmista: «S\’innalzi la mia preghiera come incenso al tuo cospetto; l\’elevazione delle mie mani sia il mio sacrificio vespertino» (Psalm. CXL, 2).
5° Bisogna pregare nelle tentazioni, fra i pericoli, nelle infermità, quando si tratta della scelta dello stato, e generalmente in ogni affare di rilievo.
6° Bisogna particolarmente pregare nelle domeniche e nelle feste…
7° Bisogna pregare giunti all\’età della ragione, in tutte le età della vita, e in tutti i luoghi, ma specialmente nell\’ora suprema della morte.

12. PREGHIERA PUBBLICA. – E cosa ottima la preghiera particolare, ma più potente ancora è presso Dio la preghiera pubblica. Dice Gesù Cristo: «Vi dico, in fede mia, che se due tra di voi si accordano su la terra per dimandare qualche cosa, l\’otterranno dal Padre mio che è nei cieli, perché dove si trovano due o tre congregati nel mio nome, io mi trovo in mezzo a loro» (MATTH. XVIII, 19-20).
Il popolo tutto quanto pregò con Giuditta; quella preghiera operò prodigi… I Niniviti pregano tutti insieme, ottengono grazia… Gli Apostoli pregano insieme nel cenacolo, lo Spirito Santo discende sopra di loro, li colma dei suoi doni:.. I primi cristiani, unendosi agli Apostoli, fanno preghiere pubbliche, e ottengono la conversione dell\’universo pagano. Ester suggerisce a Mardocheo che raduni tutto il popolo, e preghino tutti per lei mentre entrerà nelle stanze del re. Così fu fatto, ed in virtù di quella preghiera pubblica, Ester si rese celebre e gloriosa, cambiò Assuero, fece castigare Amano, liberò il suo popolo dalla strage, procurò grandissima gloria a Dio. Perciò in occasione di pubbliche calamità, di pesti, di carestie, di guerre e simili flagelli, la Chiesa ebbe sempre in uso di ricorrere alla preghiera pubblica.
Le preghiere pubbliche sono più efficaci presso Dio, che le altre, perché nel numero vi sono sempre dei giusti mescolati coi peccatori, e Dio ascolta anche la preghiera dei peccatori, perché unita a quella dei giusti… Principalmente nelle preghiere pubbliche lo Spirito Santo dimanda egli medesimo per noi e supplica con gemiti ineffabili, come dice S. Paolo ai Romani (Rom. VIII, 26). I santi Padri dicono che lo Spirito Santo dimanda per noi, ossia si muove a domandare e gemere. Domanda poi con gemiti ineffabili, cioè celesti e divini, e per mezzo delle misteriose ispirazioni della grazia… Impariamo da questo, che la vera prèghiera consiste nei gemiti, negli affetti, nei desideri, nelle orazioni giaculatorie, nei sospiri infocati.
Ma quantunque soli, noi possiamo in certo modo fare pubbliche preghiere, unendo la nostra intenzione a quella della Chiesa e domandando con essa, con tutti i suoi giusti ed i suoi santi, tutto quello che essa chiede a Dio. Vi è poi anche una preghiera comune che tutti possiamo fare. È perfetta e comune la preghiera di coloro che pregano col cuore, con l\’anima, con lo spirito; che pregano con le parole, con la compostezza, col raccoglimento di tutti i sensi. Preghiera comune a tutto ciò che in noi può invocare il nome del Signore, è accoppiare insieme, quando preghiamo, la parola, l\’attenzione, le buone opere, una vita santa, il corpo, l\’anima, la volontà, lo spirito, il cuore. Questi sono come altrettanti esseri riuniti che pregano insieme; ed una preghiera cosiffatta è sempre la ben venuta, l\’ascoltata, l\’esaudita da Dio…
Così pregava l\’Apostolo il quale dice: «Che cosa farò io? Pregherò con lo spirito, con l\’anima, col cuore» (I Cor. XIV, 15)… La più perfetta di tutte le preghiere pubbliche è la Messa, ossia il Sacrifizio dell\’altare…

13. LA PREGHIERA FATTA IN CHIESA HA PIÙ EFFICACIA. – La preghiera che si fa in chiesa ha maggior pregio ed onora più Iddio, che fatta altrove, perché, 1° essendo la chiesa la casa propria di Dio in questo mando, la preghiera che vi si fa veste il carattere di pubblica invocazione, di lode, di adorazione a Dio in faccia a tutta la Chiesa. 2° Nella Chiesa, tutte le preghiere sono unite, quelle di Gesù Cristo, del sacerdote, dei fedeli. 3° Nel tempio, il giusto unito al peccatore viene in aiuto di questo. 4° Vi trova l\’esempio degli altri, e questo esempio è di grande spinta e conforto. «Il Signore ha esaudito la mia preghiera nel suo santo tempio», diceva il re profeta (Psalm. XVII, 8).
Il profeta Gioele dice che i sacerdoti, i ministri di Dio, piangeranno tra il vestibolo e l\’altare, e grideranno: Perdonate, o Signore, perdonate al vostro popolo, e non abbandonate al vitupero la vostra eredità. E allora il Signore avrà pietà degli uomini, li risparmierà, le loro perdonerà; li colmerà dei suoi favori e darà loro l\’abbondanza dei frutti della terra (IOEL. II, 17-19). Salomone costruisce il tempio di Gerusalemme; e Dio gli annunzia e gli promette: «Io ho santificato questa casa da te fabbricata, per porre in essa il mio nome in eterno, e qui si volgeranno i miei sguardi, e quivi poserà il mio cuore per tutti i tempi» (Il Reg. IX, 3).

14. BISOGNA PREGARE GLI UNI PER GLI ALTRI. – «Pregate gli uni per gli altri, dice S. Giacomo, affinché andiate salvi» (IAC. V, 16). La carità ci invita e c\’impone il debito di pregare gli uni per gli altri; a questo ci spinge l\’esempio del Redentore, degli Apostoli e di tutti i Santi. «Padre santo, diceva Gesù a Dio Padre, io vi prego di conservare nel vostro nome quelli che a me avete dato, affinché siano tutti una sola cosa, come noi» (IOANN. XVII, 11). E tanto gli sta a cuore che preghiamo gli uni per gli altri, che non vuole esclusi da questo atto di carità i nemici medesimi; anzi ce ne ha fatto obbligo preciso, con quelle parole: «Pregate per quelli che vi perseguitano e calunniano» (MATTH. V, 44), e suggellò il precetto con l\’esempio, pubblicamente, in croce, allorché disse: «Padre, perdona loro (ai carnefici), perché non sanno quel che si fanno» (Luc. XXIII, 34).
«Noi pregheremo continuamente per tutti», dicevano gli Apostoli (Act. VI, 4). «Non cessiamo mai dal pregare per voi», scriveva San Paolo ai Colossesi (I, 3), e anche voi pregate per noi (IV, 3). Egli assicurava ai Romani, che faceva sempre ricordo di loro nelle sue orazioni (Rom. I, 9-10). A Timoteo poi raccomandava che si facessero nella sua chiesa preghiere, suppliche, domande, ringraziamenti per tutti gli uomini, per i re e per quelli che sono in alto grado (I Tim. II, 1-2). La Chiesa prega ogni giorno per tutti: non solamente prega per i suoi membri, ma per tutti gli uomini; per i pagani, per gli eretici, per gli scismatici; prega per i suoi nemici, per i persecutori, per i suoi carnefici.
«Per me, esclamava Samuele, Dio mi guardi da questo peccato, che cessi mai dal pregare per voi!» (I Reg. XII, 23). «Se Stefano non avesse pregato per Saulo, forse la Chiesa non avrebbe un San Paolo», scriveva S. Agostino (Epl. XCVII)… Pregare per gli altri è carità, e la carità è la prima condizione della preghiera. Ciascuno dunque, conchiudo con S. Agostino, preghi per tutti, e tutti preghino per ciascuno (Epl. XCVII).

15. DELLE VARIE PREGHIERE IN USO PRESSO I CRISTIANI. – La preghiera del mattino giova a passare santamente la giornata…; quella della sera si fa perché Dio ci benedica e conservi lungo la notte.
Con l\’invocazione che premettiamo al pranzo ed alla cena, noi dimostriamo e confessiamo: 1° che riconosciamo di avere da Dio le vivande ed ogni altra cosa; 2° che vogliamo prendere il cibo per amor di Dio; 3° che non mangiamo come le bestie; 4° domandiamo che quell\’alimento giovi all\’anima ed al corpo; 5° preghiamo per ricordarci di Dio, o aver altro buon pensiero durante il pasto; 6° affinché il cibo non sia per Satana un mezzo con cui tentarci; 7° per non mangiare troppo o per golosità, ma sola secondo il bisogno; 8° per scacciare il demonio dagli alimenti, non meno che da noi. Il ringraziamento dopo la mensa si fa: 1° per ringraziare Iddio degli alimenti somministratici nella sua bontà; 2° per ottenere la grazia di fame buon uso; 3° perché non abusiamo del vigore e delle forze che quel cibo ci ha dato; 4° affinché Dio continui a somministrarci il pane di ogni giorno…
La preghiera prima del lavoro ha per fine di attirare sopra di noi e su le opere nostre la benedizione di Dio nell\’ordine temporale e nello spirituale. La preghiera dopo il lavoro ha lo scopo di ringraziare Dio di averci insinuato l\’amore al lavoro, che è una virtù, di averci dato il coraggio per lavorare, e di chiedergli perdono delle colpe o mancanze commesse nel lavorare.
L\’Angelus è per onorare la Madre di Dio, la Santissima Trinità, e per ricordarci l\’insigne benefizio dell\’Incarnazione del Verbo e la grandezza nostra per la Redenzione.
La preghiera della domenica vale a santificare il giorno del Signore e ad ottenere grazie per la settimana, ecc., ecc…

16. L\’ELEVAZIONE DELLE MANI, NELLA PREGHIERA, CI PROPIZIA IDDIO ED È ESSA STESSA UNA PREGHIERA. – «Io offro il mio sacrifizio della sera, innalzando le mani», diceva il Salmista (Psalm. CXL, 2). «Signore, esclama egli a1tre volte, io ho innalzato le mie mani verso di te; l\’anima mia è come terra arsa da siccità; deh! esaudiscimi presto!» (Psalm. CXLII, 6-7). Leggiamo nell\’Esodo, che quando Mosè innalzava le mani, Israele era vittorioso dei nemici; ma quando le abbassava Amalec trionfava (XVII, 11). Del resto, noi troviamo che fin dai primi tempi del cristianesimo gli Apostoli avevano stabilito questa pratica nelle preghiere pubbliche e private: «Voglio, scriveva S. Paolo a Timoteo che gli uomini preghino in ogni luogo, alzando le mani pure» (I, II, 8).
Ma con le mani dobbiamo innalzare anche i cuori nostri a Dio che è nei cieli, secondo l\’avviso di Geremia (Lament. III, 41). A commento di queste parole, serve quel tratto di S. Gregorio: «Colui che convalida le sue preghiere con opere buone, alza le sue mani col cuore; come colui il quale prega senza aggiungervi le opere, alza il cuore ma non le mani; chi al contrario fa delle opere buone, ma non prega, costui alza le mani, non il cuore (Moral. lib. XVIII, c. III)».
A quelle parole del Prefazio della Messa – Sursum corda – il sacerdote alza le mani, e le tiene quindi in alto fino alla comunione… 1° Alzare le mani è atto da supplicante… 2° Noi tendiamo le mani come infelici che sul punto di naufragare, chiedono aiuto… 3° L\’elevazione delle mani indica l\’elevazione dell\’anima a Dio… 4° Per l\’estensione delle mani, noi ci offriamo a Dio e ci mettiamo nelle sue braccia divine… 5° Imitiamo la posizione di Gesù Cristo su la croce… 6° E il segnale della carità che abbraccia tutto il mondo… 7° Professiamo il nostro distacco dalla terra… 8° Accenniamo di tendere ed aspirare al cielo..: 9°, Facciamo violenza a Dio e, animati da confidenza, mostriamo di volere quasi afferrare con le mani quello che gli domandiamo… 10° Stendiamo le braccia come per avvinghiarci a colui che supplichiamo, per vincerlo e sforzarlo a farci misericordia, a patteggiare con noi, e a concederei l\’oggetto dei nostri desideri… 11° Proclamiamo i meriti di Gesù crocifisso e li offriamo al Padre come mezzo efficacissimo di ottenere tutto ciò che domandiamo. Perciò il prete all\’altare prega molte volte con le braccia stese in forma di croce. 12° Finalmente con questo atteggiamento mostriamo di voler respingere i nemici della nostra salute.

17. VI SONO DI QUELLI CHE PREGANO MALE. – «Voi non sapete quello che dimandate», disse Gesù Cristo agli Apostoli, a proposito della domanda da loro fatta di cosa non conveniente (MATTH. XX, 22); a quanti si potrebbe dare questa risposta! «Voi domandate e non ricevete, perché chiedete male», a molti altri può ripetersi con S. Giacomo (IAC. IV, 3).
In tre modi può succedere che una persona parlando ad alcuno, non possa farsi intendere e capire: 1° o perché colui al quale si parla, non ode il suono delle parole; 2° o perché non ne afferra il significato; 3° o perché sta distratto in altri pensieri e non bada a quello che gli si dice… Dio ode tutto, intende tutto, comprende tutto, sta attento a tutto. Ma si vuol dire che talora non intende, o non sente, o non sta attento, perché non cura, anzi disprezza, la preghiera mal fatta, come se non badasse, o non udisse, o non intendesse. Perciò il Profeta, prima di mettersi in orazione, diceva al Signore: Porgete orecchio alle mie parole, ascoltate i gemiti miei, udite il grido del mio dolore, o mio re, o mio Dio; state attento alla mia preghiera (Psalm. V, 1-2). Egli chiede pertanto in sul principio che Dio l\’intenda, presti l\’orecchio, lo comprenda. Ora Dio disprezza, come se non intendesse il suono delle parole di colui che lo prega, quando costui è talmente distratto, che non capisce nemmeno egli medesimo quello che dice, ovvero prega con tanto torpore e tanta divagazione, che la sua preghiera non può levarsi in alto. Dio si regola come se non comprendesse quello che gli si domanda, quando chi prega non sa quello che dice, domandando quella che gli è inutile, ovvero anche nocevole, ancorché lo domandi con attenzione e desiderio. Finalmente Dio fa come chi è distratto, quando chi prega non è degno di essere ascoltato, o prega senza l\’umiltà voluta, senza la confidenza necessaria e senza le altre disposizioni che devono accompagnare la preghiera, o quando, essendo peccatore, non ha nemmeno cominciato a pentirsi, a correggersi, a fare penitenza.
Il Salmista, inspirato dallo Spirito Santo, chiede dunque a Dio il dono di pregare bene, affinché gli sia dato di pregare come bisogna, acciocché Dio non rigetti la sua orazione, ma ne oda il suono, ne intenda il significato e l\’ascolti. Il Salmista aggiunge, mio re, per ottenere più facilmente; perché un buon re suole esaudire il suo popolo. Soggiunge: mio Dio, per mostrare che in questo re egli vede il suo Dio di cui egli è creatura dipendente in tutto da lui, e che nulla può senza di lui… Dio né ascolta, né comprende, né guarda quelli che pregano male; e quindi non li esaudisce, non essendone meritevoli.
Oh come è grande il numero di quelli che pregano male! Se quelli che pregano male non raggiungono quello che domandano, non è da incolparne né Dio né la preghiera in se stessa, ma solamente chi prega male, perché egli prega con cattive disposizioni, o dimanda male, o chiede quello che non deve chiedere… «Parecchi, dice S. Agostino, nel pregare languiscono e stanno dormigliosi. Come! il nemico veglia e tu dormi? (In Psalm. LXV).
Dunque pregano male e non meritano di essere né ascoltati né esauditi coloro che pregano senza preparazione, senz\’attenzione, o non pregano nel nome di Gesù Cristo; quelli che pregano senza zelo, senza diligenza, senza fede, senza fiducia, senza fervore, senza umiltà, senza compunzione, senza carità, senza perseveranza. Mancando anche una sola di queste disposizioni, si prega male… Voi domandate e non ricevete; non lagnatevi né brontolate contro Dio o contro la preghiera: chiamate voi medesimi in colpa; voi non ricevete nulla, nemmeno allora che domandate, perché dimandate male (IAC. IV, 3).

18. ERRORI CHE SI COMMEITONO NELLA PREGHIERA. – «Quello che dobbiamo dimandare pregando, non fa sappiamo», dice il grande Apostolo (Rom. VIII, 26). Questo ci può accadere in sei modi: 1° Se domandiamo un bene temporale che sia per nuocere all\’anima; 2° se preghiamo con intenzione di essere assolutamente liberati dalla tentazione a da una qualche infermità o croce la quale giova a tenerci bassi e a farei praticare qualche virtù speciale; 3° se chiediamo qualche favore, anche spirituale; ma per ambizione, come i figli di Zebedeo; 4° se domandiamo per impeto di zelo indiscreto, come gli Apostoli che domandavano a Gesù Cristo che facesse piovere fuoco dal cielo su gli abitanti di Samaria, perché non lo avevano voluto ospitare tra le loro mura; 5° se preghiamo Dio che ci dia subito qualche grazia, la quale meglio ci conviene che ci sia differita, affinché per quest\’indugio cresca in noi l\’applicazione alla preghiera e il merito della pazienza e della perseveranza; 6° se chiediamo una condizione nel mondo, a uno stato di vita, al quale Dio non ci chiama… Ora lo Spirito Santo invocato, ricevuto, regnante in noi, governa e dirige tutte queste cose nella preghiera, e dissipa tutti i nostri errori ed inganni. Questo è ciò che intende dire S. Paolo, con quelle parole: «Lo Spirito aiuta la nostra debolezza; poiché quello che ci convenga domandare pregando, noi non lo sappiamo, ma lo Spirito domanda egli medesimo per noi, con gemiti ineffabili» (ut sup.).
«Vi sono molti, scrive S. Isidoro, i quali Dio non esaudisce secondo il loro volere, ma secondo che conviene alla loro salute (De Serm. Bono 1. III, c. VII)». Dio ci esaudisce talvolta togliendoci quella tribolazione da cui pregavamo di essere liberati, tal altra dandoci la virtù della pazienza, ed in quest\’ultimo caso il dono è ancor più grande; qualche volta ci comunica non solo la pazienza, ma anche la gioia nelle prove, e questo è eccellentissimo benefizio… In quanto alle cose temporali, bisogna sempre domandarle can la condizione che possano tornare alla gloria di Dia, a nostra salute, ad edificazione del prossima… Quelle spirituali possiamo chiederle senza riserva.

19. OSTACOLI ALLA BUONA RIUSCITA DELLA PREGHIERA. – 1° S. Isidoro nota come due ostacoli insuperabili al buon esito della preghiera, l\’ostinarsi nel peccato e il negare il perdono di una ingiuria ricevuta (Id. cap. VIII).
2° Impedimenti alla preghiera sono l\’agitazione, l\’affanno, gli scrupoli. Come nell\’acqua torbida non si vede nulla, così l\’anima agitata, commossa, troppo scrupolosa, non può vedere Iddio nella preghiera, né sapere quello che le manca, né domandare come bisogna…
3° «La preghiera è zoppa, dice il Crisostomo, quando l\’azione non cammina di pari passo con l\’orazione; perché la preghiera e le opere sano i due piedi che reggono l\’anima (De Orand. Dom. lib. II)».
4° Il peccato, e principalmente l\’abito del peccato, sono un ostacolo immenso all\’efficacia della preghiera. «I vostri delitti alzarono un muro di divisione tra voi e il vostro Dio, leggiamo in Isaia; e i vostri peccati vi nascosero la sua faccia, sicché egli più non vi ode» (ISAI. LIX, 2).
5° Pregare senza preparazione, forma un altro ostacolo al buon esito della preghiera. Di questo ci avverte lo Spirito Santo con quella sentenza: «Prima di pregare, prepara l\’anima tua; e non essere come uomo che tenta Dio» (Eccli. XVIII, 23).
6° Altro ostacolo al felice esito della preghiera, è domandare cose ingiuste, inutili, vane, nocevoli. Dio, dice S. Cipriano, promette di essere presente e di esaudire le orazioni di coloro i quali rompono i legami dell\’ingiustizia e fanno quello che egli comanda: questi meritano di essere esauditi dal Signore. Non bisogna pretendere di accostarci a Dio con preghiere disadorne, infruttuose, sterili; una preghiera nuda non ha efficacia presso Dio perché come ogni albero che non produce frutti è reciso e gettato al fuoco, così un\’orazione senza buone opere, senza fecondità di virtù, non è capace di placare Dio e non merita di essere esaudita (Serm.).
7° «Cambiamo i nostri cuori, secondo l\’avviso di S. Agostino: perché il giudice supremo si fa subita propizio per mezzo della preghiera, se chi prega si corregge delle sue cattive inclinazioni (Serm. XV, de Verb. Domini)».

20. VI SONO PREGHIERE CHE INVECE DI ESSERE ESAUDITE, MERITANO DI ESSERE PUNITE. – «Vi è una preghiera esecrabile, dice lo Spirito Santo, ed è quella di colui che si tura le orecchie per non udire la legge» (Prov. XXVIII, 9); e di questa preghiera imprecava il Salmista: «L\’orazione sua gli si ascriva a peccato» (Psalm. CVIII, 7). 1° È questa la legge del taglione, perché Dio restituisce ciò che gli si presta; come l\’empio non vuole ascoltare Iddio che parla per mezzo della sua legge, così a sua volta Iddio ricusa d\’ascoltare l\’empio, quando questi gli parla con la preghiera… 2° La preghiera di colui che si ostina nel peccato, andando congiunta all\’affetto per il peccato e portando perciò con se stessa un disprezzo di Dio, è un peccato, riesce quindi abominevole ed esecrabile a Dio: ora come volete che Dio l\’ascolti senza punirla, piuttosto che rimunerarla? Chi prega con questa disposizione d\’animo, dice infatti: lo voglio invocare Dio e servirlo, ma nel medesimo tempo, offenderlo e irritarlo. Egli somiglia veramente a quei Giudei che, piegando, il ginocchio innanzi a Gesù Cristo e adorandolo, gridavano: Ave, re dei Giudei; e nello stesso mentre gli sputavano addosso (MATTH. XXVII, 29). Di più, quegli che prega così, sembra fare complice Iddio del suo delitto, perché preghiere di tal sorta dimandano che favorisca il peccato e allora esse sono bestemmie e infinitamente oltraggiose a Dio. Prega davvero solamente colui che non vuole più peccare; ma chi prega e intanto continua nel peccato, si burla di Dio, anzi che pregarlo. 3° Il più delizioso profumo puzza se si mescola col lezzo di una cloaca; così è della preghiera: per quanto odorosa e cara sia a Dio in se stessa, se esce da un cuore infetto e incorreggibile, rimane corrotta dalle pestifere esalazioni del peccato: è un profumo corrotto che Dio non può più soffrire. 4° La preghiera di chi rimane nel peccato è esecrabile, perché chi si ostina nel male vive in istato di inimicizia con Dio: ora Dio odia necessariamente il suo nemico e non ne accoglie la preghiera. Perciò chi prega Dio mentre vuole rimanersene nel peccato, imita Giuda che tradisce il suo maestro mentre lo bacia.
S. Ambrogio, per farci comprendere l\’accecamento e la disgrazia di coloro che continuano nel male, e intanto osano pregare senza volontà di correggersi e convertirsi, si serve del seguente paragone: Un tale stava affogato nella melma fino al collo; vedendo passare un vi andante, stese le mani e gridò: Deh! abbi pietà di me e cavami di questa pozza. Il viandante gli porse la mano, ma quegli invece di aiutarsene a uscire, cacciò nel fango il braccio che gli veniva in aiuto, e cercò tuffare con sé nella pozzanghera il suo benefattore. Questi allora cambiata la carità in furore, gli disse: Triste ipocrita, perché domandarmi soccorso, mentre tu vuoi rimanerti nel lezzo, e cerchi affondarvi me stesso? Giacché tu ami la corruzione e la morte, restaci; tieni quello che hai scelto. Così fanno coloro i quali pregano Dio che li cavi dalla cloaca impura dei vizi, e frattanto si tengono strettamente abbracciati al vizio; non vogliono uscirne, e si ostinano a rimanervici (In c. IV Apoc.).
Oh! come è grande in questo mondo perverso il numero di coloro che imitano questo infelice! Tutti quelli che non vogliono osservare le leggi di Dio e della Chiesa, uscire dal peccato, allontanarsi dalle occasioni prossime del peccato, si burlano di Dio pregandolo; la loro preghiera è un peccato, è esecrabile. – O ciechi disgraziati e colpevoli, che non paghi di servirsi di ciò che è male in se stesso, cambiano anche il bene in male; che non contenti di bere acque avvelenate, cambiano in veleno le acque limpide e salutari in se stesse!… Come appunto significò Iddio dicendo: «Quando voi stenderete le mani verso di me, io volgerò altrove i miei occhi; voi raddoppierete, le preghiere ed io sarò sordo, perché le vostre mani stillano sangue» (ISAI. I, 15).
La ragione ne è evidente, dice Alvarez: Io non vi esaudirò perché siete coperti di peccati volontari: perché per quanto sta da voi, spargete il sangue di Gesù Cristo, e ve ne bagnate le mani (In cap. I Isai.). Non meno fortemente parla S. Basilio: La causa, egli dice, per cui Dio non ci esaudisce, è che noi lo irritiamo coi nostri peccati. È come se un assassino con le mani tuttora grondanti del sangue di un figlio diletto, da lui svenato sotto gli occhi del padre, andasse a stenderle verso il padre desolato per abbracciarlo e chiedergli grazia. Il sangue del caro figlio, di cui rosseggiano le mani dell\’uccisore, non muoverebbe piuttosto a collera che a pietà il padre? E una tal preghiera non è esecrabile? Se questa padre volgerebbe altrove gli occhi e non darebbe retta ad una simile preghiera, come guarderà Iddio, o carne potrà esaudire le orazioni di quelli che calpestano le sue leggi, che lo vilipendono senza pentirsene, che vogliono continuare a oltraggiare e crocifiggere il suo divin Figlio? Chi prega Dio senza volontà di uscire dal peccato, tenta Dio, lo provoca, lo irrita con la sua temerità e irriverenza.

21. DISGRAZIA DI QUELLI CHE NON PREGANO. – Se è disgrazia, anzi peccato il pregare male, e specialmente con volontà di non lasciare la colpa, disgrazia più grave e peccato più enorme è abbandonare la preghiera; poiché sarebbe questo un rinunziare interamente alla propria salvezza e un voler vivere e morire dannato, eternamente reprobo e maledetto… Un orbo che più non vede il sole, è degno di tutta la nostra compassione; ma infinitamente più da compiangere è il cieco spirituale che più non vede la luce della preghiera. S. Bonaventura insegna che colui il quale abbandona la preghiera, porta un\’anima morta in un corpo vivo, o è un corpo senz\’anima (In Speculo). Abbandonare la preghiera equivale ad essere segnato col suggello della maledizione di Dio e dell\’eterna riprovazione che è l\’estrema di tutte le sciagure…
Oloferne, visitando i dintorni di Betulia, trovò che l\’acqua la quale serviva ad abbeverare la città, veniva dal di fuori; ed ordinò che si rompessero gli acquedotti per vincere con la sete la città assediata (IUDITH. VII, 6). Il demonio toglie il canale della grazia, quando allontana dalla preghiera; ci priva di forze, ci soggioga e trionfa di noi a suo talento se riesce a farcela abbandonare… «Come città non munita di torri né di mura, facilmente cade in potere del nemico, così il demonio con poco sforzo espugna e si sottomette un\’anima non difesa dalla preghiera, e la spinge a poco a poco ad ogni sorta di scelleratezze (De Orando Domin., lib. II)».

22. MEZZI PER PREGARE BENE. – 1° Come si può ottenere di. non essere distratti, nel tempo della preghiera? domanda S. Basilio, e risponde: Col pensare che si è sotto gli occhi di Dio (Examer. L I).
2° «Se procurassimo, dice S. Bernardo, di cercare, di domandare; di battere alla porta con sincera divozione, con grande affetto, con ardente desiderio, state certi che chi domanda riceverebbe, chi cerca troverebbe, a chi picchia sarebbe aperto (Serm. III, in Circumcis.)».
3° Bisogna accompagnare la preghiera col digiuno e con la elemosina… La preghiera da sola è debole, ma diventa vigorosa e robusta quando sia aiutata dalle due ali del digiuno e della elemosina; con queste ella vola rapida fino al cielo. Perciò il Signore dice: Spezza il tuo pane con l\’affamato, da\’ ricetta in tua casa al pellegrino, vesti il povero… Poi vieni ad invocarmi ed io ti esaudirò; grida a me ed io ti risponderò: eccomi presente (ISAI. LVIII, 7-9). Appoggiato su queste parole, S. Cipriano insegna che Dio non esaudisce la preghiera, se non è congiunta ad opere pie (Serm.). Perciò Daniele diceva di essersi volto a pregare e supplicare Iddio nei digiuni, nella cenere e nel cilizio (DAN. IX, 3).
4° Finalmente chi intende di pregare bene e di ricavare frutto dalla preghiera, deve amare il ritiro: «Io allatterò quest\’anima, dice Iddio, la condurrò nella solitudine e parlerò al suo cuore» (OSE. II, 14).