I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: Il Prete (III)

 11. Prudenza e saggezza che deve avere un prete.
 12. Scienza che deve avere il prete.
 13. Il prete deve essere uomo di preghiera.
 14. Spirito di obbedienza necessario al prete.
 15. Disinteresse del prete.

11. PRUDENZA E SAGGEZZA CHE DEVE AVERE UN PRETE. – «Voi siete il sale della terra, disse Gesù Cristo agli Apostoli; ora se il sale diventa insipido, con che cosa condiremo noi le vivande? Esso non vale più nulla e si getta nelle spazzature» (MATTH. V, 13). Perché mai Gesù Cristo dà agli Apostoli suoi, cioè ai sacerdoti della nuova legge, il nome di sale, piuttosto che di oro, di argento, di diamanti? Queste ne sono, a mio avviso, le ragioni: 1° il sale è cosa necessaria, utilissima, e di uso universale e quotidiana. 2° il sale indica l\’uffizio, la forza, la dignità degli Apostoli. 3° il sale e il simbolo della sapienza. Gli Apostoli sono il sale della terra, perché correggono con la loro sapienza i costumi molli e corrotti del mondo e li temprano a saviezza e vigoria. 4° Il sale ha in sé le qualità del fuoco e dell\’acqua; gli Apostoli sono ripieni del fuoco dell’amor di Dio, e dell\’acqua della grazia. 5° Il sale rende gustose le vivande scipite e le preserva dalla corruzione, così gli Apostoli. 6° Il sale eccita la sete, così gli Apostoli svegliano nelle anime e nei cuori il desiderio delle cose celesti. 7° Il sale per la sua acredine, è stimolante, pizzica dissecca, brucia; non altrimenti gli Apostoli con le loro predicazioni e con l\’austerità della loro vita, attaccano i vizi degli uomini, li investono, li bruciano e li fanno scomparire. Tutte le qualità del sale spiccano negli Apostoli, e si devono trovare in tutti i preti; essi devono essere tutti quanti il sale della terra.
«Ora se noi siamo sale, nota qui S. Gregorio, dobbiamo condire le anime dei fedeli; il sacerdote dev\’essere tra i popoli, quello che il grano di sale ai bruti; affinché chiunque va dietro al prete, resti come condito da quel sale che ha sapore di vita eterna (Homil. in Evang. XVII) ». Ma badate che gli Apostoli fecero ben più che il sale, perché il sale preserva solamente dalla corruzione, ma non guarisce le cose già infette, mentre gli Apostoli rialzarono i popoli dalla corruzione, e poi li preservarono. Ecco il compito del buon sacerdote… Egli è inviato, come già gli Apostoli, come agnello tra i lupi; gli è dunque necessaria la semplicità della colomba, unita all\’avvedutezza del serpente (MATTH. X, 16). E il sacerdote mostra di avere queste doti, quando, a somiglianza di una buona madre, rimprovera con mitezza, dice S. Bernardo, accarezza con semplicità; suole castigare con bontà, sdegnarsi con umiltà, corrucciarsi con pazienza, blandire senza adulazione (Serm. in Cant.). Egli adempie l\’uffizio di saggio direttore, dice il medesimo Santo, «se vede tutte le cose, ne dissimula molte, ne castiga poche (De Considerat.)». Infatti, come disse bene un poeta, spesso avviene che il mal animo veste l\’apparenza di zelo, ma colui che attinge dal cielo il suo zelo, non pecca per indiscreto zelo (De Considerat.).
Certamente, più, che per altri, sono dettate per il sacerdote quelle parole di S. Pietro: «Se parla, parli come bocca di Dio; se esercita un ministero, l\’eserciti come diretto dalla virtù di Dio, affinché in ogni cosa Dio sia glorificato» (I PETR. IV, 11), e quelle altre della Sapienza: «Amate la giustizia, voi che giudicate la terra» (Sap. I, l). Se Giuseppe suggeriva a Faraone che per il bene degli Egiziani scegliesse un uomo savio, intelligente e industrioso, cui affidare la somma delle cose del regno (Gen. XLI, 33); non dovrà essere tale colui al quale è confidata la cura del popolo cristiano? Di lui si dovrebbe dire, come di Giuseppe, che il Signore è con esso, e che ogni impresa gli riesce bene; benedicendo Iddio al popolo cristiano, in grazia del sacerdote che gli sta a capo (Gen. XXXIX, 2-5).
S. Basilio domanda quali devono essere i predicatori del Vangelo, e risponde che devono essere: l° come gli Apostoli; 2° come i panegiristi del cielo; 3° come la regola della pietà; 4° come l\’occhio nel corpo (In Psalm.). «Sappia il sacerdote, dice Papa S. Gregorio, e pienamente usare il ferro e discretamente adoperare l\’olio nella cura. dei colpevoli. Sovente la frattura diviene e più dolorosa e di più difficile guarigione, se si fascia male. Chi vuole curare una piaga, operi con tutta cautela, prudenza e moderazione: il prete deve esercitare i diritti della disciplina, senza spogliarsi delle viscere della carità e di misericordia. Bisogna riprendere, correggere, punire con la bontà di una madre, con la severità di un padre e con l\’esperienza di un abile chirurgo, in modo che la severità non sia mai scampagnata dalla dolcezza» (Pastor.).
Si rammenti il pastore, che bisogna guidare ciascuno secondo il suo stato, il suo uffizio, la condizione, l\’età, le forze, i lumi suoi. In un modo si devono ammonire gli uomini, in un altro le donne; i giovani diversamente dai vecchi, ed i ricchi differentemente dai poveri; altrimenti dai cuori melanconici, gli umori gioviali; una lezione è adatta ai superiori, tal altra agli inferiori; tale consiglio fa per i servi, tal altro per i padroni. Bisogna distinguere ciò che si deve suggerire ai celibi, e quello che si può permettere agli ammogliati… Il pastore che è senza saviezza e prudenza, è sole oscurato, uccello spennacchiato, pilota senza timone, soldato senz\’arme, ecc…
«L\’uomo prudente siederà al timone», leggiamo nei Proverbi (Prov. I, 5). 1° Il pilota sta al timone, cosi deve fare il prete… 2° Il pilota esamina e governa tutta la nave… 3° Bada alle vele, ai venti, alle tempeste, agli scogli, al cammino… 4° Non cerca i suoi agi, ma procura di adempiere la parte sua… Chi non sa obbedire, non sa comandare… chi conduce bene se stesso, sa condurre bene gli altri… Nessuno può dirigere gli altri, se non può essere governato egli medesimo… Solo chi si lascia dirigere, è capace di guidare gli altri; ma chi non può dominare se stesso, non si lascia dominare dagli altri. «Là dove manca un governatore, il popolo si sbanda, dice il Savio; ma la salute si trova dove abbonda saviezza di consiglio» (PROV. XI, 14). «La grazia fiorisce su le labbra del savio, leggiamo in altro luogo; la sua parola è ascoltata nelle assemblee, e gli uomini la mediteranno in cuor loro» (Eccli. XXI). Ora siccome tale dev\’essere in mezzo ai fedeli il sacerdote, a ragione S. Gregorio Papa e S. Gregorio Nazianzeno convengono nel chiamare arte delle arti, l\’arte di governare l\’uomo, di moderare le coscienze, di dirigere le anime (Pastor.).
«Io ho preso due bacchette, dice il profeta Zaccaria, l\’una ho chiamato Dolcezza, l\’altra ho chiamato Staffile, e con esse ho guidato il gregge» (ZACH. XI, 7). Bella lezione ai sacerdoti, per imparare il modo di condurre e pascere i loro greggi! Bell\’esempio che loro si dà di essere, per quanto sta in loro, dolci, umani, caritatevoli, clementi, misericordiosi, benefici in parole ed in fatti. Cosi Iddio governa il mondo; la sua sapienza tocca da un confine all\’altro con forza, ed ogni cosa dispone con dolcezza (Sap. VIII, 1). Per quelli che sono duri di cuore, incalliti nel male, incorreggibili, è necessaria la verga; ci vuole una mallo ferma e vigorosa, ma sempre guidata dall\’amore, sempre temperata dalla dolcezza e dalla prudenza…
Eccovi, o sacerdote, alcune verghe preziosissime e indispensabili ai pastori.. l\’umiltà; l\’affabilità; la benevolenza; l\’uguaglianza d\’animo; la pazienza; la magnanimità; la bontà; il candore e la dolcezza d\’animo; l\’onestà; l\’urbanità; la grazia nel dire.

12. SCIENZA CHE DEVE AVERE IL PRETE. – «Voi siete la luce del mondo, disse Gesù Cristo agli Apostoli. Una città posta su la vetta di un monte, non può stare nascosta; né si accende il lume per tenerlo sotto il moggio, ma per metterlo sopra un candeliere, affinché rischiari tutti quelli che sono in casa. Così la vostra luce risplenda dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere, e diano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (MATTH. V, 14-16). I sacerdoti sono la bocca di Gesù Cristo e ne rappresentano la persona. Ora che cosa dice il Vangelo, di Gesù Cristo? Ci dice che, prendendolo tenero bambinello tra le sue mani, il vecchio Simeone annunziò che sarebbe stato la luce che avrebbe illuminato le nazioni (Luc. II, 32). Ci dice che in Gesù era la vita, e la vita era la luce del mondo; che Gesù era la vera luce, la quale rischiara ogni uomo che viene su la terra (IOANN. I, 4-5, 9). Bisogna che il prete possa dire come il divin Maestro: «Io sono la luce del mondo; chi viene dietro di me, non cammina al buio, ma ha luce di vita… (IOANN. VIII, 12)… Io son venuto luce al mondo» (Id. XII, 46). A ciascun sacerdote convengono quelle parole dette già da Dio a Paolo e Barnaba: «Io ti ho stabilito perché sii la luce delle genti, e strumento di salute fino alle estremità della terra» (Act. XIII, 47). Ma perché uno sia luce si richiede che sia istruito… poiché «uffizio e povere del sacerdote è interpretare la legge» (Comment.), scrive S. Gerolamo.
Udite i severi ammonimenti che dava a questo riguardo l\’Apostolo delle genti. Scrivendo a Timoteo, gli raccomanda di attendere allo studio, all\’esortazione, all\’insegnamento; di meditare queste cose e di mettervisi con tutto l\’animo; di vegliare sopra se stesso e su l\’insegnamento; perché così facendo salverebbe se stesso e quelli che lo avrebbero ascoltato; di conservare il deposito della dottrina, schivando le profane novità di vocaboli, e il vago bagliore di una vana scienza; di annunziare la parola e riprendere con tutta sapienza (I. Tim. IV, 13-16), (Id. VI, 20), (Id. IV, 2). E a chi, se non principalmente ai sacerdoti che Paolo aveva costituito a dirigere la cristianità di Oriente da lui fondata, crediamo che fossero dirette quelle esortazioni che troviamo nelle sue lettere ai Filippesi, agli Efesini, ed ai Tessalonicesi? «Siate irreprensibili e puri figli di Dio, senza macchia in mezzo a un mondo depravato e maligno; tra il quale voi risplendete come astri su la terra» (Philipp. II, 15). « Voi siete luce nel Signore, camminate dunque come figli della luce» (Eph. V, 8). «Tutti voi siete figli della luce e figli di Dio; non della notte e delle tenebre: non dormiamo dunque come gli altri, ma vegliamo e siamo sobri» (I Thess. V, 5-6).
Il sacerdote deve splendere per la scienza sacra, come il sole fra le stelle… Egli dev\’essere faro di luce ai naviganti, che li salvi dal naufragare in mezzo alla notte ed alla caligine del secolo e loro indichi la via al porto di salvezza. La vita del giusto è paragonata dal Savio al sole che nasce e cresce finché tocca il meriggio (Prov. IV, 18). Ora se non è giusto il sacerdote, chi dovrà esserlo? ma se è giusto, spanda torrenti di luce, cioè di sapienza. A bella posta per il sacerdote è anche dettata quella sentenza dei Proverbi: «Considera attento il volto del gregge e conosci le tue pecore» (Prov. XXVII, 23). La pratica di questo dovere è in quelle parole del Salvatore: «Io conosco le mie pecore, ed esse conoscono me» (IOANN. X, 14); ma per esaminare, considerare, conoscere, ci vuole scienza e dottrina. Perciò S. Gregorio scrive: «Che cosa è il cuore di un prete, se non l\’arca del testamento, nella quale si conservano le tavole della legge, perché vi è in vigore la spirituale dottrina?» (Pastor.). E S. Gerolamo esorta il prete ad amare la scienza delle Scritture, come antidoto contro l\’amore carnale (Epist. XLIII).
Il Signore dice ad ogni sacerdote, come già a Mosè: «Quanto a te, fermati con me ed io t\’insegnerò i miei comandamenti, le mie cerimonie, i miei giudizi, i quali poi tu insegnerai al popolo, affinché li adempia» (Deuter. V, 31). Gedeone armò i suoi soldati di trombe e di vasi di terra vuoti con entro delle lampade accese (Iudic. VII, 16). Udite il commento che ne fa Origene: «Notate che i soldati scelti da Dio combattono con lampade; e così armò anche Gesù Cristo i suoi Apostoli allorché disse loro: Cingetevi le reni e abbiate in mano lampade ardenti (Luc. XII, 35). Il soldato di Gesù Cristo deve combattere con queste lampade ardenti, splendendo con la luce della scienza e delle opere. Armati di queste lampade, noi sbaragliamo e vinciamo i nostri nemici, per numerosi che siano. Facciamo in modo che in questa guerra ci preceda la luce delle nostre opere, la virtù della nostra scienza, la predicazione della divina parola (Homil. V )». Quei cherubini di cui parla Ezechiele (I, 10), e che sono il tipo degli Apostoli e dei sacerdoti, mostravano quattro facce; una di uomo, una di leone, una di bue, e una di aquila. In queste quattro facce l\’Alvarez riconosce quattro qualità che devono, fregiare un ministro del Vangelo: deve essere leone, per ruggire contro i misfatti e far udire il tuono delle divine vendette; uomo, per saper compatire alle debolezze e alle miserie del peccatore; bue, per sostenere il peso del ministero; aquila, per contemplare le cose celesti e disdegnare le terrene (In Ezech.).
Oh! volesse il cielo, che riguardo ai sacerdoti non si dovessero mai udire quei lamenti d\’Isaia: «Dove sono i dotti? dove quelli che ponderano le parole della legge? dove i maestri dei pargoli?.. I guardiani dell\’ovile sono tutti ciechi e senza intelligenza; sono cani muti che non sanno latrare, non vedono che fantasmi, dormono e si dilettano di sogni» (ISAI. XXXIII, 18; LVI, 10). Ah! fossero tutti del drappello di coloro dei quali dice Iddio: «Io vi darò dei pastori secondo il mio cuore, e vi nutriranno di scienza e di sapienza» (IEREM. III 15). Che fortuna per i popoli! che trionfo per la religione! se tutti i preti potessero dire: In me riposa lo spirito del Signore; il quale mi ha unto dell\’unzione divina, mi ha mandato ad annunziare il suo Vangelo ai poveri, a rinfrancare l\’animo degli abbattuti, a portare la luce ai ciechi, la libertà ai prigionieri; a consolare gli afflitti, ad asciugare le lagrime agli afflitti e a cambiare il loro pianto in gioia, la cenere del loro capo in corona, la veste di lutto negli abbigliamenti da festa (ISAI. LXI, 1-3). Che onore per i sacerdoti se a loro elogio si potesse dire: Saranno chiamati alberi della giustizia e germogli della gloria del Signore. Essi semineranno di edifizi i luoghi deserti, rialzeranno le antiche rovine, riempiranno le città abbandonate (ISAI. LXI, 3-4). Ma che sventura per il popolo e che terribile giudizio per il prete, se si dovesse dire invece: «Perché i pastori furono insensati e non cercarono il Signore, perciò rimasero senza intelligenza, ed il loro gregge fu disperso» (IEREM. X, 21).
Il prete deve essere tutto occhio e tutto intelligenza; tanto che S. Ambrogio chiama i sacerdoti le pupille della Chiesa, per mezzo delle quali tutto il corpo riceve la luce (De Dignit. Sacerd. c. VI); ma se gli occhi dormono, tutto il corpo dorme; ora che cosa avviene, domanda Gesù, se un cieco guida un altro cieco? rotolano ambedue nel fosso (MATTH. XV, 14). «Le labbra del sacerdote, intima Dio, conservino la scienza, e dalla sua bocca. apprenda il popolo la legge; perché egli è l\’inviato del Signore degli eserciti» (MALACH. II, 67).
«Perciò tu presiedi, o sacerdote, dice S. Bernardo, perché sii utile. Tre principali doveri appartengono al pastore: la bontà, l\’insegnamento, la, scienza; la bontà attrae, l\’insegnamento corregge, la scienza nutre; la bontà rende amabile, l\’insegnamento imitabile, la scienza docibile (Sentent .)». Interrogato un dì S. Domenico quali fossero le occupazioni del suo Ordine, rispose: Ve ne sono tre, comprese dal Salmista in questo verso: «Fatemi, o Signore, conoscere il bene; insegnatemi la saggezza e la scienza» (In Vita).

13. IL PRETE DEVE ESSERE UOMO DI PREGHIERA. – «Ogni giorno il sacerdote, lasciando in disparte ogni altro affare, deve attendere a Dio solo per mezzo della preghiera e della meditazione (In Lat. Breviarii, die XXXI Dec.)», così ingiungeva S. Silvestro Papa; e questo suo precetto si fonda sul comando e su la pratica degli Apostoli medesimi. E infatti, tra le ragioni per le quali s\’indussero a costituire i diaconi, la principale fu questa, che per tal modo, sbarazzati dalle cure temporali, avrebbero avuto miglior agio ad attendere del continuo alla preghiera ed alla predicazione (Act. VI, 4); S. Gregorio commenta: «per succhiare nella quiete della contemplazione quello che poi potessero rifondere sui popoli (Pastor.)».
S. Paolo, accomiatandosi dai sacerdoti di Efeso, dice loro che li raccomanda a Dio ed alla parola della grazia di colui il quale ha facoltà di edificare e di dare l\’eredità a tutti quelli che sono santificati (Act. XX, 32). Ai Colossesi assicura che egli e i suoi compagni Apostoli, sempre pregano per loro; che non cessano mai dal supplicare Iddio per essi e dal chiedere che siano riempiti della conoscenza della volontà di Dio, in ogni sapienza e intelligenza spirituale; affinché vivano in modo degno di Dio, studiandosi di piacere a lui in tutto, fruttificando in ogni buona opera, e crescendo nella scienza di Dio (Coloss. I, 3, 9-10). Qui è indicato il dovere, e tracciato l\’oggetto delle preghiere che devono fare i sacerdoti del popolo fedele.
E come non sarà l\’orazione obbligo principale dei sacerdoti della nuova legge, mentre era dovere strettissimo per i sacerdoti dell\’antico Patto! «Accostati all\’altare, disse Mosè al gran sacerdote Aronne, e prega per te e per il popolo» (Lev. IX, 7). «Piangano, dice Gioele, prostrati tra il vestibolo e l\’altare, i sacerdoti, ministri di Dio, e dicano: Perdonate, Signore, perdonate al popolo vostro» (IOEL. II, 17). Onìa disse in visione a Giuda Maccabeo, parlando di Geremia a lui apparso: «Questo è l\’amico dei nostri fratelli e del popolo d\’Israele; è lui che prega per il popolo e per tutta la santa città» (II Mach. XV, 14). Perciò, secondo S. Bernardo, quei sacerdoti sono potenti in parole ed in opere, che sono ferventi e assidui alla preghiera (Serm. de Trib. Ordin.).

Vedi MEDITAZIONE, PREGHIERA.

14. SPIRITO DI OBBEDIENZA NECESSARIO AL PRETE. – «Io sono disceso dal cielo, disse Gesù Cristo, non per fare a mio talento, ma secondo la volontà di Colui che mi ha mandato. Ora questo è il volere del Padre che niente si perda di tutto quello che mi ha dato» (IOANN. VI, 38-39). Non deve mai il prete scordarsi di queste parole, né cessare mai un istante dal praticarle, seguendo le orme di Cristo… E dove i superiori suoi gli ordinino qualche grave sacrifizio, si rammenti il calice di amarezza bevuto dal Salvatore nel giardino degli ulivi e le parole che allora egli rivolse a Dio Padre: «Padre mio, se è possibile che questo calice si allontani da me, sia allontanato. Del resto, non si faccia come voglio io, ma come vuoi tu» (MATTH. XXVI, 39).
«Obbedite ai vostri superiori, inculca S. Paolo, e state loro soggetti; affinché vegliando essi, per dovere che ne hanno, sopra di voi delle cui anime hanno da rendere conto, lo facciano con gioia, non a malincuore; la qual cosa non vi torna utile» (Hebr. XIII, 17). Se queste intimazioni riguardano i fedeli verso i loro sacerdoti, riguardano ugualmente i sacerdoti verso i loro superiori. Vera obbedienza mostrava l\’Apostolo quando diceva: «Io so che tribolazioni e catene mi aspettano a Gerusalemme; ma non mi ritraggo dall\’andarvi e non temo nulla di ciò che mi possa avvenire, purché adempia l\’incarico che mi fu imposto, il ministero che Cristo Gesù mi ha affidato» (Act. XX, 23-24).
«Sta soggetto al tuo vescovo, scriveva San Gerolamo a Nepoziano, e amalo come il padre dell\’anima tua. I vescovi poi sappiano che sono sacerdoti, non signori; onorino i chierici affinché anch\’essi i chierici diano ai vescovi quell\’onore che ai vescovi è dovuto (Epist. ad Nepotian.)». «Tu hai promesso obbedienza al tuo Prelato per cagione di Dio e del regno dei cieli, soggiunge San Bonaventura; quindi non appartieni più a te stesso, ma a colui al quale ti sei venduto; perciò non puoi più fare a modo tuo, ma devi regolarti secondo il suo volere. Infatti egli è padrone della volontà tua, e n prendere un oggetto altrui, contro il volere del padrone, è furto; ora il ladro non entra in cielo (Epist.)».

Vedi OBBEDIENZA.

15. DISINTERESSE DEL PRETE. – «Innalzato che sarò da terra, disse Gesù Cristo, io attirerò ogni cosa a me» (IOANN. XII, 32). Il sacerdote distaccato dalle cose terrene, disinteressato, benefico, si cattiva i cuori, incatena le anime e le conduce al cielo. A questo effetto di staccare gli Apostoli dai beni mondani, il Redentore ordinava loro che non portassero con sé né sacco, né borsa, né calzatura (LUC. X, 4); e l\’Apostolo scriveva a Timoteo: «Nessuno di coloro che combattono per Iddio s\’immischi in affari e negozi del secolo, se vuole piacere a colui al quale si è consecrato» (II Tim. II, 4).
S. Bernardo fa rilevare che Gesù disse: Pasci le mie pecore, e non tosale (Declam. c. II, n. 12). Il, sacerdozio è il traffico delle anime per il cielo, dice S. Ambrogio, non un affare d\’orgoglio (In cap. I Isai). «Ricevano i pastori dal popolo il necessario al loro sostentamento, scrive S. Agostino, ma aspettino dal Signore la mercede dei loro lavori; perché il popolo non è in grado di ricompensare i servigi di coloro che lo servono nella carità del Vangelo (Serm. de Pastor, c. II)».
«Se i miei non riusciranno a dominarmi, canta il Salmista, io sarò senza macchia e mi purgherò di un gran delitto» (Psalm. XVIII, 14). 1° Il prete taccagno pecca, ed il suo peccato è più grave che quello dei laici; perché egli per speciale professione, deve occuparsi di Dio, delle cose celesti, e vilipendere le terrene. Egli ha detto: Il Signore è la porzione della mia eredità; ora se Dio è la sua porzione, perché desiderare altre parti su la terra? 2° L\’esperienza dimostra che i beni dei sacerdoti, che passano nelle mani dei laici, vanno ben presto in fumo; gli eredi li sciupano e divorano; Dio così permette per castigo del prete avaro e degli eredi ingordi… 3° Il prete avaro dà. enorme scandalo nella Chiesa di Dio; egli mostra di ridersi del Vangelo, perché nessuna cosa tanto caldamente inculcò Gesù Cristo, e severamente praticò, quanto il distacco dai beni del secolo… 4° Il ministero del prete avaro è sterile e nullo; mentre benefico e fecondissimo è quello del sacerdote disinteressato e liberale…
Leggiamo nella Sacra Scrittura, che Dio disse ad Aronne, capo dei Sacerdoti: Voi non possederete nulla nella terra dei figli d\’Israele e
non avrete nessuna parte con loro; io sono vostra parte e vostra eredità in mezzo ai figli d\’Israele (Num. XVIII, 20). La stessa cosa dice l\’Ecclesiastico: «Il sacerdote non deve ereditare nulla dalla terra delle nazioni, egli non ha parte in mezzo al suo popolo, perché il Signore è sua porzione ed eredità» (Eccli. XLV, 27). Ascoltino e meditino queste parole i sacerdoti della nuova legge, perché sono scritte più per loro che non per i figli di Aronne… Per voi, o preti, la vostra eredità, il patrimonio vostro è Dio, eredità magnifica, patrimonio celeste e divino; ora perché desiderarne un altro terrestre, vile, caduco? perché anteponete la terra al cielo, l\’oro a Dio? Voi vi mostrate giudei e non cristiani, peggiori anzi e più degradati dei giudei medesimi, anime curvate al suolo e nulle per il cielo! Udite quello che dice Isaia: «I principi (i sacerdoti) tuoi divenuti infedeli, avari, complici dei ladri, amano i doni» (ISAI. I, 23). «Guai ai pastori d\’Israele che pascono se stessi, grida Ezechiele. Non devono forse i pastori pascere i loro greggi? Voi mangiavate il latte e vi coprivate delle lane» (EZECH. XXXIV, 2-3).

Vedi ELEMOSINA, AVARIZIA, DISINTERESSE.