ERESIA

"Cardinale Pietro Parente; Mons. Antonio Piolanti; Mons. Salvatore Garofalo: Voci selezionate dal Dizionario di Teologia Dogmatica". ERESIA (gr. = scelta): originariamente significava una dottrina o un atteggiamento dottrinale contrario alla dottrina di fede comune.

Dava dunque l\’idea di una élite che si accomodava la dottrina a suo arbitrio. Nel N. T. la parola è adoperata più volte: S. Pietro (2a Lett. 2, 1) determina bene il senso di eresia, per la quale la via della verità è oltraggiata, gli uomini pervertiti e il Signore rinnegato. Tertulliano (De praescript. c. 6) spiega l\’eresia come arbitraria selezione di dottrine, senza tener conto della comune regula fidei, che vige nella Chiesa. S. Tommaso riduce l\’eresia a una specie d\’infedeltà positiva, per cui alcuni hanno una certa fede in Cristo, ma non accettano integralmente tutti i dommi (Summa Theol., II-II. q. 11, a. 1).
Limitando la considerazione soltanto all\’aspetto oggettivo (l\’aspetto soggettivo appartiene alla morale) l\’eresia si definisce: «Una dottrina che contraddice direttamente a una verità rivelata da Dio e come tale proposta dalla Chiesa ai fedeli». In questa definizione si rilevano due note essenziali dell\’eresia: a) l\’opposizione a una verità rivelata; b) l\’opposizione alla definizione del Magistero ecclesiastico. Se una verità è contenuta nel deposito della Rivelazione, ma non è proposta dalla Chiesa ai fedeli. si chiama verità di fede divina; se la verità rivelata è anche definita e proposta a credere dal Magistero ord1nario o straordinario della Chiesa, si chiama verità di fede divino-cattolica. L\’eresia perfetta si oppone propriamente alla verità di fede divino-cattolica. Se manca la definizione della Chiesa. ma la rivelazione della verità negata è chiara e comunemente ammessa, chi la nega è almeno prossimo all\’eresia.
Per i rapporti dell\’eretico con la Chiesa, v. Membri (della Chiesa).