Contro Theilard (16 di 16)

R. Th. Calmel o. p., Realismo ed Evoluzionismo da "Nouvelles de Chrétienté". CONCLUSIONE. il ruolo della Chiesa non è di pensare all\’opera di un autore e alle sue buone intenzioni, ma di evitare che alcune anime siano traviate da tale dottrina e cadano in un confuso sincretismo mistico, sentimentalmente cristiano, che mescola un mucchio di opinioni eteroclite e difficilmente conciliabili con la fede. Il diavolo non desidera di meglio. L\’ignoranza di una fede precisa e l\’orgoglio dello spirito favoriscono grandemente la sua opera.

R. Th. Calmel o. p.
Realismo ed Evoluzionismo

da "Nouvelles de Chrétienté"

CONCLUSIONE
Jean Farran su Match (II, VIII, 62) cita un mucchio di avvocati del Padre Teilhard: «sacerdoti, prelati, scienziati, Malraux, Senghor e anche la regina Maria-José». Non tutti hanno la stessa rilevanza. Alcuni addirittura non hanno una competenza specifica in campo teologico e filosofico.
La testimonianza del progressista J. Huxley, chiamato in causa da Jean Farsan, ci pare molto curiosa. Egli ha dichiarato al Congresso darwiniano del 1959: «La verità evoluzionista ci libera dalla paura servile dell\’Ignoto e del Soprannaturale… Il solo modo per colmare l\’attuale frattura fra Scienza e Religione è di fare accettare alla Scienza il principio che la Religione è un organo dell\’uomo in evoluzione, organo suscettibile di numerose modificazioni; e di far accettare alla Religione il fatto che le religioni evolvono e devono evolversi». Per il pensiero di Huxley su Teilhard, cfr. Planète, n. 1, ottobre-novembre 1961, rivista diretta da Louis Pauwels, che si dice «nata dal socialismo romantico e teilhardiano senza saperlo». Egli è con Bergier l\’autore del Mattino dei maghi. Pensa che «fino nella cittadella della teologia cristiana sono introdotti con Teilhard de Chardin e C. S. Lewis dei concetti nuovi e sconvolgenti». Per Pauwels l\’«umanesimo tradizionale» è rimesso in discussione. Noi stiamo avviandoci, come dice il teilhardiano Robert Jung nella stessa rivista, «verso un altro livello di coscienza». «Ci evolviamo infatti nelle alte sfere dell\’intelligenza, all\’ovest come all\’est… Noi confidiamo le nostre maggiori speranze alla penetrazione delle profonde correnti culturali nuove».
Teilhard ha degli strani ammiratori ed amici.

Di fronte, l\’opposizione sembra ridotta ad alcuni Gesuiti eminenti ed al Sant\’Uffizio! Benché il numero non conti molto per la scoperta della verità (il teilhardismo può disporre e dispone concretamente di quel che Pio XII chiamava un apparato pubblicitario eccellente), non sarebbe però cosa saggia lasciar credere ad una opposizione scheletrica, tanto più che è di valore. Quando uno scienziato come il Prof. Baule, la maggiore autorità in paleontologia afferma (L\’Anthropologie, 1937) l\’esistenza di uomini prima del famoso sinantropo, che ha reso famoso P. Teilhard, questa dichiarazione è una prova ulteriore contro il padre gesuita. Quando egli scrive, come Piveteau: «La paleontologia non ci offre nessuna prova, nessuna soluzione al problema maggiore, l\’origine della vita» siamo invitati alla discrezione da un autentico scienziato, così come Papa Pio XII, nell\’enciclica Humani Generis invitava gli evoluzionisti, in nome della Sacra Scrittura, ad una maggiore prudenza. Pio XII (P. Teilhard lo sapeva bene perché un giorno disse che, finché fosse vissuto quel Pontefice, egli non avrebbe potuto pubblicare le sue opere), ha un\’autorità maggiore di tutti i prelati messi insieme; d\’altra parte persino un rettore di una Facoltà cattolica è stato richiamato all\’ordine proprio a proposito della distinzione fra spirito e materia.
Quando un biologo come Jean Rostand dichiara: «Il fatto più significativo è che non abbiamo mai assistito ad un fenomeno di autentica evoluzione», significa che in questo campo non c\’è nulla di sicuro, di dimostrato in maniera indiscutibile; e bisogna tener presente che Jean Rostand non è certo un avversario dell\’evoluzionismo, ma ha l\’onestà di dire che esso è un\’ipotesi, una teoria che si è costruita in mancanza d\’altre.
Da parte sua il dottore Rémy Collin non accetta sul piano scientifico l\’uomo-scimmia di Piltdown che fu per Teilhard de Chardin un dogma. Potremmo e dovremmo citare altri scienziati. Alcuni giungono persino a dire che la teoria dell\’evoluzione di Padre Teilhard è ormai sorpassata. Li fa sorridere, come la mistica teilhardiana costruita sull\’evoluzionismo fa sorridere Jean Rostand. Jean Rostand è agnostico, è vero, ma proprio per questo motivo noi abbiamo la prova evidente che l\’apologetica teilhardiana non convince gli scienziati che non hanno fede; essi vi colgono, come lo scienziato accademico, una «logica più irrazionale che razionale». «Lamarkismo, darwinismo: il mondo postulato dall\’evoluzionismo è un mondo fiabesco, fantasmagorico, surrealista… Sarebbe ora di fare tabula. rasa di queste fiabe per adulti», scriveva Jean Rostand nel Figaro Littéraire del 20 aprile 1957, commentando il libro severamente anti-evoluzionista di Louis Bounoure, biologo di «alta levatura». Consigliamo, prima di trattare questi argomenti, di leggere «la vigorosa e brillante critica» dell\’evoluzionismo fatta da Bounoure in Déterminisme et finalité (Flammarion, 1957).
Da un punto di vista filosofico l\’opinione di un Gabriel Marcel, di un Marcel de Corte, di un Massis, di un Salleron, del professore Jugnet, di André Frossard, di Berdiaeff ecc… hanno una maggior rilevanza rispetto a quella della regina Maria-José o di Léopold Senghor, o di un Étienne Borne che considera Milieu divin come una nuova Imitazione di Gesù Cristo per l\’uomo moderno, o di un Claude Tresmontant che il suo teilhardismo delirante ha condotto persino a falsare San Paolo.
Da un punto di vista teologico, i Monsignori Beaussart, Journet, Lusseau, Pirot, Parente, i padri Cordovani, Garrigou-Lagrange, Missineo, Boyer, Bosia, Galot, Bouyer, Guerard des Lauriers, Philippe de la Trinité, l\’abate Cognet e molti altri sono di avviso contrario a quello di Teilhard; inoltre quasi tutti i teologi manifestano dei gravi dubbi e riserve su un punto o un altro delle tesi teilhardiane, come ad esempio l\’abate Paul Grenet, il R. P. Villain ecc.; anche P. Daniélou, che è entrato a far parte della numerosa schiera favorevole a Teilhard (Études, febbraio 1962), dichiara a un certo punto: «La lettura dell\’opera di Teilhard può anche essere pericolosa. Può turbare i cristiani nella loro fede e attirare i non-cristiani in un vago cristianesimo».
«Tutto esaminate, ritenete il bene» (I, Tess., V, 21). Il consiglio di San Paolo è sempre valido. E anche la regola del discernimento: «Come dunque avete accolto Gesù Cristo il Signore, in lui vivete, radicati ed edificati in lui e rinforzati nella fede come vi era stato insegnato, progredendo in azioni di grazie. Badate che alcuno non abbia a essere il predatore vostro, per mezzo della filosofia e di un vuoto inganno, secondo la tradizione degli uomini, secondo gli elementi del mondo, non secondo Cristo» (Col., II, 6-8).
«Questo dico, affinché nessuno vi tragga in inganno con un parlar seducente» (ibid. 4).
«Non ditevi bugie a vicenda, spogliandovi dell\’uomo antico coll\’opere sue» (ibid. III, 9) e che non muta ed è «infallibile» (Ti t., I, 2). Solo così potrete «andare di progresso in progresso» (l, Tess., IV, l).
Impegnatevi a offrire un insegnamento «attaccato alla parola di fede, conforme all\’insegnamento avuto; per essere in grado anche di esortare nella sana dottrina e di confutare quelli che la contraddicono. Giacché molti vi sono insubordinati, chiacchieroni e ingannatori» (Tito, I, 9-10).
«Queste cose proponendo ai fratelli sarai un buon diacono di Cristo Gesù, nutrito con le parole delle fede e della sana dottrina, che tu hai esattamente seguito. E le favole profane da vecchierelle, rigettale: esercitati invece nella pietà» (I, Tim., IV, 6-7).
Quelle favole «danno luogo a dispute, anziché promuovere l\’opera di Dio che sta nella fede» (Tim., VI, 12); «custodisci il deposito, evitando le profane novità d\’espressioni e le contraddizioni di quella che falsamente si chiama scienza annunziando la quale taluni presero la mira della fede» (ibid. 20). «Tu attieniti a quello che hai imparato e di cui ti sei fatto persuaso, sapendo che hai imparato, e che fin da fanciullo conoscevi le Sacre Scritture, le quali hanno la virtù di darti la saggezza che ti porterà alla salvezza mediante la fede in Cristo Gesù» (II, Tim., IIl, 14-15). «Fatti araldo della parola divina, insisti a tempo opportuno e anche non opportuno, confuta, sgrida, esorta con grande pazienza e voglia d\’insegnare. Poiché vi sarà un tempo che non sopporteranno la sana dottrina, ma secondo le proprie passioni, per prurito di orecchio, faranno sì che si affollino i maestri; ma dalla verità ritrarranno l\’orecchio per voltarsi alle favole» (Il, Tim., IV, 2-4).
I discepoli domandarono a Gesù: «Spiegaci … Quale sarà il segno della tua venuta e della fine del mondo». Gesù rispose loro: «Badate che nessuno vi seduca. Perché molti verranno nel mio nome e diranno: – Io sono il Cristo – e sedurranno molti… E molti falsi profeti si leveranno e sedurranno molti… E se quei giorni non fossero abbreviati, nessuno si salverebbe; ma quei giorni saranno abbreviati, per amor degli eletti». Allora se alcuno vi dirà: – Eccolo qui, il Cristo -; oppure: – Eccolo là -, non lo credete; perché sorgeranno dei falsi Cristi e falsi profeti e faran di gran segni e prodigi da sedurre, se fosse possibile, anche gli eletti. Ecco ve l\’ho predetto (Mat., cap. XXIV).

Noi non vogliamo sostenere che il Padre Teilhard sia uno di quei maestri d\’errore. Ma l\’atteggiamento del vero cristiano è di essere cauto, di provare tutto e di conservare solo il buono. È anche fatto di fedeltà all\’insegnamento ricevuto; di prudenza nei confronti delle novità, quando esse si presentano con discorsi speciosi o ambigui tali da attrarre molta gente e gli stessi cristiani verso una pseudoscienza.
Profeta dei tempi nuovi? Il fatto che esalti tanta gente dovrebbe farci riflettere ed esaminare criticamente le sue tesi. Messia? Non abbiamo forse visto alcuni discepoli entusiasti di Padre Teilhard parlare in nome di Dio? Allora ci pare molto strano che negli ambienti marxisti, scientisti, deisti la nuova visione del mondo abbia riscosso tali consensi. Ed è anche molto strano che ci si interessi di più a questo pensiero che agli avvertimenti ripetuti della Chiesa.
È possibile che tutto questo bell\’ambiente danneggi il Padre Teilhard, lo deformi e lo sfrutti in tutti i sensi. A questo proposito è fuor di dubbio che un libro come quello del P. de Lubac possa essere molto utile perché contrappone a quelle infatuazioni il freno delle citazioni contraddittorie. Ma è riuscito ad esorcizzare le formule ambigue e gli errori del suo confratello? È il suo il solo modo possibile e buono per troncare le gravi deviazioni che, in vari ambienti, stanno moltiplicandosi come funghi dopo la pioggia?
Supponiamo per un istante che il senso e la dinamica teilhardiana siano veramente quelli indicati dai teologi molto seri, preparati e insospettabili; allora necessariamente dovrà risultare molto presto che questo senso e questa dinamica non possono essere concepiti se non come insegna la Tradizione dal tempo di San Tommaso o, meglio, dai tempi ancor più antichi. Questo è l\’insegnamento dello stesso Pio XII. Papa Pacelli ha voluto giustamente, in molti discorsi tenuti alla presenza degli scienziati, lodare la scienza, indicandone nello stesso tempo i limiti.
È necessaria oggi un\’apologetica aperta, intelligente, basata su tutte le certezze e in primo luogo su quelle della fede tradizionale. Se l\’opera di Teilhard avesse come effetto di ringiovanire una presentazione sorpassata e non più conforme al significato generale e al profondo rigoglio della filosofia di San Tommaso, non potremmo che rallegrarcene.
Ma di fronte alle molteplicità, alla confusione e spesso agli errori dei sistemi che adoperano l\’etichetta teilhardiana, è necessaria una critica severa. Non basta dimostrare che si allontanano da quel che P. Teilhard pensava, ma bisogna fare in modo che la parte ambigua ed erronea del pensiero teilhardiano sia rimessa al giusto posto o sia eliminata. È necessario che dalla visione tradizionale del mondo si ricavi tutta l\’apertura, tutta la forza, tutti i particolari logici e psicologici. Bisogna sottoporre le affermazioni teilhardiane alla prova che la filosofia tomista ha accettato lealmente; infatti nessuna verità si afferma senza avere affrontato e risolto le obiezioni in tutta la loro forza. Le affermazioni del padre Gesuita devono essere confrontate non con i passaggi rari e più o meno chiari della Sacra Scrittura, che esse citano quasi sempre, ma con i brani che possono essere opponibili e, spesso, opposti ad esse.
Ma tutto ciò non è possibile nel clima attuale di profetismo, di infatuazioni, di snobismo o di confusione generale, se gli intellettuali, che stimano l\’opera di Teilhard de Chardin valida e utile, non rinunciano a dargli prematuramente il nome di maestro spirituale e di apologista dei tempi nuovi, e persino di profeta geniale.
La regola della saggezza non è semplicemente la magis amica veritas, ma quella che ha formulato Auriel: un errore è tanto più pericoloso quanto più contiene frammenti di verità; noi potremmo dire in questo caso, più attrazione e forza di seduzione per la sensibilità… e anche per la pietà. Ed è pericoloso proprio perché corrisponde a questioni più profonde, più attuali e perché molte persone, con le migliori disposizioni possibili, sono propense ad adottarlo e a diffonderlo, senza rendersi conto che la necessità più urgente oggi è l\’esattezza e il rigore: è in gioco la fede e anche l\’equilibrio e la salvezza delle nostre anime.
Ci pare che questo sia il significato del Monito.
Evitiamo il passaggio indebito dal piano materiale o anche dal piano spirituale a quello soprannaturale, la confusione fra scienza e teologia, l\’esaltazione della natura con la mistica. Questo è il primo punto, che è approvato anche da molti non credenti. Essi d\’altronde rimarrebbero stupiti constatando che la teologia classica è dotata di una tale elasticità da contraddirsi su delle questioni fondamentali; e troverebbero dei validi motivi per persistere nella loro incredulità. Ciò non farebbe che il gioco dei marxisti teilhardiani.
Evitiamo le formule e le presentazioni ambigue che si prestano alla confusione. Rinunciamo volontariamente agli errori che si trovano qua e là nell\’opera di P. Teilhard; rifiutiamoli senza timore e sotterfugi.
Infine evitiamo di distinguere fra il senso e la dinamica e le intenzioni perché è evidente che il Monito romano non approva assolutamente questa distinzione più capziosa che saggia. Sì, la dinamica e il senso sono religiosi in quanto lo sono le intenzioni; l\’autore d\’altronde era un\’anima sinceramente pia. Ma a guardare l\’opera così come si presenta, constatiamo che l\’insieme esprime la confusione denunciata dal Monito e mostra il suo aspetto più rilevante proprio nelle «formule aberranti»; autorizza e giustifica le presentazioni erronee o incomplete di verità di fede chiaramente definite, le quali fanno parte integrante del deposito che la Chiesa deve serbare intatto. Ecco ciò che teme il Monito e il suo commentatore ufficiale dopo un esame accurata delle opere pubblicate a favore di Teilhard de Chardin, fra le quali spicca il saggio scritto da un teologo di valore, Padre de Lubac.
È possibile che, alla luce della fede e di una saggia ragione, e con il trascorrere degli anni, necessari per una maggiore obiettività, siano proposti alla nostra attenzione altri scritti e siano accettati; il giudizio allora non sarebbe più così severo. Ma è inutile farvi affidamento se tanta gente continua a lasciarsi spingere in nome di questa nuova visione del mondo verso la critica o il disprezzo o la revisione delle verità fondamentali, verso una disobbedienza più o meno larvata nei confronti del Magistero romano.
D\’altronde il ruolo della Chiesa non è di pensare all\’opera di un autore e alle sue buone intenzioni, ma di evitare che alcune anime siano traviate da tale dottrina e cadano in un confuso sincretismo mistico, sentimentalmente cristiano, che mescola un mucchio di opinioni eteroclite e difficilmente conciliabili con la fede. Il diavolo non desidera di meglio. L\’ignoranza di una fede precisa e l\’orgoglio dello spirito favoriscono grandemente la sua opera.
Nostro dovere quindi è di consigliare la prudenza e di spiegare i motivi di un tale consiglio.
Ma dobbiamo nello stesso tempo evitare di parlare o di far credere che parliamo in nome della Chiesa. Il Sant\’Uffizio non ha chiesto a nessuno un tale compito. Tutto ciò che viene scritto contro Teilhard o i suoi discepoli non è di per se stesso canonizzato o sanzionato dal Monito.
Si potranno fare in futuro delle presentazioni più valide o più pertinenti della nostra. Ma, in ogni caso, tutti sono tenuti a far conoscere questi consigli, secondo le loro capacità e competenze, perché sono indispensabili per tutti i cristiani.