B. IUNIPERO SERRA (1713-1784)

Il diciottenne Miguel-José Ferrer assume questo nome facendosi francescano per ricordare uno dei primi compagni di Francesco d’Assisi. Sacerdote, a 36 anni va missionario in Messico, che all’epoca è soggetto alla Spagna. Padre Serra percorse moltissimi chilometri tra terra e navigazione per portare agli uomini di quel continente, insieme alla fede, la spinta a costruirsi una vita degna della persona e della famiglia. Nessuno prima di lui ha fatto tanto per le popolazioni della California.

A giusto titolo questo francescano è considerato l'evangelizzatore del Messico e della California. l'apostolo e il padre degli indios. Per questo viene considerato come un eroe nazionale. Dal 1-3-1931 la sua statua figura nella sala del Congresso di Washington quale rappresentante dello stato di California. Non nacque, però, negli Stati Uniti di America, ma a Petra di Maiorca (Baleari) il 24-11-1713, terzo dei cinque figli che Antonio, modesto e analfabeta contadino, ebbe da Margherita Rosa Ferrer. Lo stesso giorno al fonte battesimale gli furono imposti i nomi di Michele e Giuseppe. Due anni dopo fu pure cresimato.
Fin da piccino il beato frequentò la scuola annessa al convento francescano di San Bernardino. A contatto dei religiosi gli venne il desiderio di consacrare la sua vita a Dio. Nel settembre del 1729, accompagnato dai genitori, si recò a Palma, la capitale dell'isola, dove si pose sotto la guida di un canonico della cattedrale, amico di famiglia. Studiò per un anno filosofia come alunno esterno nel convento dei Frati Minori di Santa Maria degli Angeli di Gesù, poi il 14-9-1730 chiese e ottenne di vestire il saio francescano benché fosse basso di statura e cagionevole di salute. Durante il noviziato si entusiasmò alla lettura delle imprese dei missionari francescani, e arse dal desiderio di imitarne le imprese anche a costo di dare la vita per la fede. Studiò e praticò l'ascetica propria dell'Ordine, lesse i Fioretti di S. Francesco d'Assisi, e rimase talmente colpito della innocenza e semplicità di Fra Ginepro che, quando emise la prima professione (15-9-1731), ne volle assumere il nome.
Fra Iunipero si preparò al sacerdozio nel grandioso convento di Palma, in cui, per diciotto anni. fu a tutti i confratelli modello di regolare osservanza e di fervente preghiera. Dopo aver studiato filosofia e teologia secondo gli orientamenti della scuola scotista, fu ordinato sacerdote verso la fine del 1737. Dal 1740 al 1743 i superiori lo incaricarono di insegnare filosofia in qualità di Lettore provinciale. Tra i suoi discepoli figurarono pure Francesco Palóu, in seguito suo confessore e biografo, e Giovanni Crespi, più tardi fondatore delle missioni in California. Dopo che ebbe conseguito il dottorato in teologia (1742), per volere dei superiori la insegnò nell'università di Palma con grande soddisfazione dei suoi discepoli per la conoscenza che dimostrava di avere della S. Scrittura, e la chiarezza e profondità con cui spiegava i divini misteri. Tuttavia l'insegnamento non assorbì completamente l'attività del beato. Sentendosi soprattutto e sempre sacerdote, durante la quaresima specialmente andava a predicare nelle città e nei conventi dell'isola e a riconciliare i peccatori con Dio. Tanto sulla cattedra quanto sul pulpito sembrava che fosse dotato in modo eminente dei doni dell'intelletto e della scienza, tanto sapeva far comprendere i divini misteri anche agli analfabeti in quel tempo molto numerosi.
All'inizio del secolo XVIII i francescani avevano deciso di incrementare il loro apostolato missionario nella Nuova Spagna (Messico) con l'erezione di collegi apostolici sotto la protezione e il controllo del Patronato Reale concesso nel 1508 da Giulio II ai re spagnuoli. In essi si dovevano preparare nel migliore dei modi gli evangelizzatori degli indios. A Città del Messico perciò il 19-4-1755 fondarono il Collegio Apostolico di San Fernando. Il P. Serra vi fu destinato mentre stava predicando la quaresima nella sua città natale. Egli accolse la proposta con molto entusiasmo. Prima di partire per Cadice, principale porto di comunicazione tra la Spagna e l'America Latina, in compagnia di P. Francesco Palóu, volle baciare i piedi a tutti i suoi confratelli, compresi i novizi. Ai vecchi genitori non disse nulla pur sapendo che non li avrebbe più riveduti.
Il P. Serra giunse aVeracruz il 7-12-1749, dopo 99 giorni di navigazione. La nave aveva fatto sosta a San Giovanni di Portorico per i necessari rifornimenti ed egli, con i suoi compagni, ne aveva approfittato per predicare le missioni al popolo. Da Veracruz, seguendo la Via Reale tracciata dagli spagnuoli fin dall'inizio della conquista, volle raggiungere la capitale a piedi per spirito di penitenza. Fu allora che contrasse al piede e alla gamba sinistra una piaga da cui più non guarì.
Nel convento di San Fernando, dove giunse nel gennaio 1750, Fra Iunipero per cinque mesi edificò i confratelli con l'esercizio di tutte le virtù, poi fu destinato con il P. Francesco Palóu alle cinque missioni che il collegio aveva stabilito tra gli indios Pame, residenti nel massiccio centrale di Serra Gorda, a nord-est dello stato di Querétaro, e viventi immersi nella più ripugnante sporcizia e nei vizi più degradanti. P. Iunipero a piedi si recò a prendere possesso della missione di Jalpàn il 16-6-1750. Consisteva soltanto in una chiesa e in una residenza costruite con mattoni crudi, con canne e paglia. In quel tempo nessuno dei semiselvaggi indios faceva la comunione neppure a pasqua. Il degno figlio di S. Francesco, ardente di temperamento, si rimboccò subito le maniche e, con l'aiuto del governatore indigeno, tradusse in lingua Fame il catechismo e lo insegnò a tutti. Non passò molto tempo che un centinaio di indios cominciò a frequentare i sacramenti anche fuori del tempo pasquale.
Per i buoni risultati conseguiti, dopo un anno il beato fu nominato Presidente delle cinque missioni di Serra Gorda e, poco dopo, anche commissario dell'Inquisizione per il Messico. Egli ne approfittò per fare costruire in tutte le residenze una chiesa in cui, per otto anni, con prediche e catechismi evangelizzò gli Indios. Ai 2466 battezzati non si limitò a insegnare quello che dovevano credere e quello che dovevano fare per essere veri cristiani, ma a poco a poco li abituò a coltivare la terra invece di vivere solo di caccia e di pesca, ad allevare il bestiame, a fabbricare mattoni, candele, sapone e tutti gli attrezzi di cui avevano bisogno. Siccome l'indio facilmente rubava, si ubriacava, si abbandonava a disordini sessuali, ritenne utile sottoporre i colpevoli a un certo numero di frustate o a farli mettere in ceppi. Era questo l'unico mezzo efficace per far comprendere ad e-si la gravita delle loro colpe.
Nel settembre del 1758 P. Iunipero fu richiamato al Collegio di San Fernando perché si ritemprasse nelle forze. Allora gli fu affidato l'incarico di predicare nelle varie diocesi della Nuova Spagna alla quale egli per 8 anni si dedicò con uno zelo straordinario. Si calcola che per compiere il suo ministero abbia percorso circa 4.400 Km tra pericoli di ogni genere.
Dal 1761 al 1764 fu pure eletto maestro dei novizi ai quali, data la sua esperienza, insegnò l'arte della perfezione e la maniera di diventare degli esperti missionari tra gli indios.
Quando Carlo III, re di Spagna, ordinò l'espulsione dei gesuiti da tutti i suoi domini (1767 i. e quindi anche dalla California, il beato, benché sofferente alla gamba sinistra, il 16-7-1767 accettò di recarsi con quindici confratelli, tra cui il p. Palóu e il P. Crespi, a prenderne il posto tra mille disagi. L'idea di impiantare la civiltà cristiana nelle terre sconosciute della California lo entusiasmava. A spese del governo, dopo trentanove giorni di viaggio, il drappello degli intrepidi francescani raggiunse la cittadina di Tepic insieme all'Ispettore Generale Don José de Gàlvez.
Dalla vicina baia di San Biagio, sul Pacifico, cominciava la Via Reale, vero cordone ombelicale che attraversava tutta la California, che in quel tempo era governata da Don Gaspare de Portolà. Il 1-4-1768, dopo venti giorni di navigazione, la spedizione composta da soldati, da missionari e impiegati raggiunse Loreto, nella bassa California, centro delle missioni dei Padri Gesuiti allora popolate da circa 40.000 indios dediti soltanto alla pesca e alla caccia, e civilizzati parzialmente dal grande esploratore e missionario P. Eusebio Francesco Chino SJ. (+1711). Il P. Serra stabilì il suo quartier generale a Loreto, e distribuì i confratelli per le diverse missioni abbandonate dai Gesuiti affinchè imparassero i dialetti locali degli indios e li preparassero alla pasqua.
Circa un anno dopo il vicereame della Nuova Spagna si vide minacciato dai coloni francesi della Luisiana, dalle navi inglesi che percorrevano le coste americane settentrionali del Pacifico e soprattutto dai coloni russi che scendevano dall'Alaska. L'Ispettore Generale ricevette l'ordine di procedere alla previa occupazione dell'alta California fino a Monterrey con le truppe e i missionari che le accompagnavano. Il P. Serra, che era dotato di grande forza di volontà e di molto senso pratico, ne condivise il disegno e lo condusse avanti con una perseveranza e un ardore tali che, talora, si attirò riprensioni da parte dei superiori e, altre volte, causò l'abbandono di parecchi suoi iniziali collaboratori. Sotto il patrocinio di S. Giuseppe, il Gàlvez e il P. Serra organizzarono quattro spedizioni, due per via mare e due per via terra, allo scopo di occupare San Diego de Alcalà e Monterrey, e stabilire delle missioni tra gli indios viventi ancora allo stato brado. Il 9-1-1769 da La Paz partì la nave "San Carlo" dopo che il beato ebbe celebrato la Messa e distribuito la comunione ai naviganti.
Il 15-2-1769 dal capo San Luca partì la nave "Sant'Antonio". Esse giunsero a San Diego rispettivamente l'11 e il 29 aprile dello stesso anno. La quarta e ultima spedizione partì da Loreto il 9-3-1769 sotto la guida di Gaspare de Portolà. Il P. Serra, pieno di fiducia in Dio, lo avrebbe raggiunto a dorso di una vecchia mula dopo Pasqua, a Santa Maria, la missione di frontiera, in qualità di cappellano e di diarista, benché la sua salute, a causa della piaga alla gamba e di una incipiente asma, fosse molto precaria. Gli subentrò ufficialmente nelle funzioni di Presidente delle Missioni della bassa California il P. Palóu.
La carovana della quarta spedizione il 1 luglio avvistò l'agognata baia di San Diego con alla fonda le navi "San Carlo" e "Sant'Antonio". Benché lo scorbuto avesse decimato la ciurma e fatto strage dei soldati, il beato fondò quasi subito la prima missione con l'erezione di una croce e la costruzione della cappella e delle residenze per i missionari. Fu costretto, quindi, a trasformarsi in architetto, in muratore, in bracciante e lavorare sodo con l'aiuto dei soldati del presidio e degli indios di maggior buona volontà. Dopo un mese, però, gli indios, stanchi degli strani ospiti, li assalirono all'improvviso in un momento in cui la missione si trovava protetta soltanto da quattro soldati. Durante il piccolo scontro il P. Serra se ne stette nella sua capanna a pregare in ginocchio brandendo con una mano il crocifisso e con l'altra la statua della Madonna.
Appena ritornò la pace nella missione P. Serra moltiplicò le sue energie per catechizzare gli indios, insegnare loro a coltivare la terra, a stabilire la loro residenza attorno alla chiesa invece di andare errabondi in cerca di cibo. Quando ne incontrava qualcuno esclamava: "Che Dio lo faccia santo". Per i poveri selvaggi avrebbe dato volentieri la vita. Difatti, quando per mancanza di viveri la spedizione fu in procinto di ritirarsi, egli scongiurò il comandante di attendere ancora fino alla festa di S. Giuseppe. All'amico P. Palóu scrisse: "Io resterò soltanto con il P. Giovanni per resistere fino all'ultimo sforzo. Dio ci conceda la sua santa grazia. Raccomandaci a lui affinchè così avvenga". La nave "Sant'Antonio" era scesa fino a San Biagio per reclutare gente e caricare viveri, ma tardava ad arrivare. Come era solito fare, il 19 marzo 1770 il beato cantò la Messa in onore di S. Giuseppe e fece il sermone. Dio ricompensò la sua fede. Difatti, la sera stessa, con somma gioia gli fu dato di avvistare all'orizzonte la sospirata nave con le provviste necessario per sopravvivere.
Con gli aiuti ricevuti i comandanti delle due spedizioni, quella marittima e quella terrestre, poterono continuare la loro marcia verso il nord alla scoperta di Monterrey. Il P. Serra vi arrivò a bordo della "Sant'Antonio" in qualità di cappellano, e il Portolà vi giunse per via terra in compagnia di P. Giovanni Crespi, in qualità di cappellano e diarista. Il 3-6-1770, domenica di Pentecoste, ci fu la fondazione della missione di San Carlo che divenne la residenza abituale del Presidente dei francescani. Gli indios che popolavano la regione erano analfabeti e idolatri, bisognosi di tutto, specialmente di vestiti perché gli uomini andavano completamente nudi.
Per volontà del viceré a metà agosto 1770, il Portolà fu sostituito nel comando militare da Pietro Fages, giovane tenente, severo all'eccesso con i dipendenti e persino con i missionari, ai quali rifiutò gli aiuti necessari per la costruzione delle loro residenze e della chiesetta. Il beato, benché di temperamento focoso, sopportò in silenzio l'oppressione, e continuò a dedicarsi corpo e anima all'evangelizzazione degli indios, e a disseminare la Via Regia di piccole residenze missionarie. Difatti, con l'aiuto del P. Giovanni Crespi, nel luglio del 1771 fondò la missione di Sant'Antonio di Padova, nell'agosto dello stesso anno quella di San Gabriele, il 1-9-1772 quella di San Luigi Vescovo, la quinta dell'alta California.
Mentre P. Serra non risparmiava sacrifici per il bene materiale e spirituale dei suoi indios, Pietro Fages gli creava ostacoli di ogni genere e lo accusava di insubordinazione presso il viceré Don Antonio Maria de Bucareli. Che fare? Non essendo possibile scrivergli perché il comandante controllava la posta, decise di andargli a parlare direttamente benché dal porto di San Diego dovesse percorrere per via terra ben 2000 chilometri prima di giungere alla capitale del Messico in cui risiedeva. A Guadalajara e a Querelare l'intrepido P. Serra fu colto dalle febbri malariche. Quando il 6-2-1773 giunse al Collegio di San Fernando non aveva ancora ricuperato del tutto le forze. Per ordine del P. Guardiano redasse una informazione sulla situazione civile e religiosa che si era venuta formando nella California, e la consegnò al viceré. Quando P. Serra, spossato e invecchiato, decise di fare ritorno alla sua residenza di San Carlo, prima di lasciare i confratelli che non avrebbe più rivisto, volle baciare i piedi a tutti, non esclusi i novizi.
Il beato rientrò nella sua sede ai primi di maggio del 1774 dopo aver visitato tre delle missioni che aveva fondato. In essa ebbe la gioia di incontrare il P. Palóu, che non vedeva da 5 anni, e il P. Crespi, i quali lo aiutarono generosamente nell'evangelizzazione degli indios. Il viceré sostituì il prepotente Fages con Fernando de Rivera y Moncada, e ordinò che il governo, il controllo e l'educazione degli indios battezzati fossero esclusivamente di competenza dei missionari.
Dopo un anno di relativa tranquillità e di progressiva civilizzazione degli indios, il P. Serra desiderava fondare sulla Via Reale, da Sin Diego alla Baia di Monterrey, almeno una decina di missioni, ma il Rivera, uomo senza iniziativa e sempre a corto di soccorsi, cercava soltanto di frenarne lo zelo. Con il suo aiuto il beato riuscì a ricostruire soltanto la missione di San Diego che gli indios avevano incendiato (1775) e a fondare nel 1776 la missione di San Francesco di Assisi e di San Giovanni da Capestrano. Eppure la conversione degli indios costituiva la sua passione, anche se, ad alcuni, sembrava indiscreta e inopportuna la sua insistenza nel fondare missioni e nel reclamare operai, anche se ai superiori dispiaceva la maniera un po' sbrigativa con cui, in caso di necessità, spostava i confratelli da una missione all'altra o faceva mettere in ceppi gli indios più pericolosi. Finché rimase in carica il Rivera fu in continuo disaccordo con il P. Serra riguardo al modo di trattare gli indios, alle esigue razioni da dividere, ai salari da pagare agli operai delle missioni, i quali troppo sovente venivano ingannati e defraudati.
Nel 1777 la città di Monterrey fu elevata a capitale di tutta la California. A governarla fu destinato Filippo de Neve, il quale, nei 6 anni che rimase in carica, a causa del suo esagerato regalismo, cagionò al P. Serra amarezze senza fine. Cercò difatti in tutti i modi di secolarizzare le missioni, senza per altro riuscirvi. Il beato pregava perché ciò non si verificasse, non mangiava carne e faceva uso della disciplina. Tra tante contrarietà ebbe una grande consolazione: quella di potere amministrare la cresima agli indios. Clemente XIV, con breve del 16-7-1774, aveva concesso al Collegio di San Fernando per 10 anni la facoltà di fare amministrare la cresima da un suo religioso. Quando il P. Serra ne ricevette l'autorizzazione erano già trascorsi 4 anni. Per guadagnare il tempo perduto moltiplicò le visite alle missioni, le catechesi e le predicazioni in modo che, in 4 mesi, riuscì a cresimare 1897 bambini e adulti.
Don Filippo de Neve un giorno concepì la malvagia idea, quale rappresentante del Patronato Reale, di inquisire se la patente del P. Serra portava L' exequatur del Consiglio delle Indie e del viceré, obbligatori perché avesse valore nei domini della corona spagnuola. Poiché il beato era in possesso soltanto di una copia del privilegio, gli impose di sospendere l'amministrazione del sacramento. Con la morte nell'anima il focoso missionario fu costretto ad ubbidire, a mandare a Città del Messico il documento in suo possesso e attendere la soluzione del problema fino al 16-8-1781. Benché le forze gli scemassero sempre di più, l'asma lo tormentasse e la piaga alla gamba lo costringesse a camminare zoppicando, cercò ancora una volta di riguadagnare il tempo perduto. Alla fine dell'anno difatti era riuscito a cresimare altri 2869 indios. L'anno successivo, nell'area molto popolata del canale di Santa Barbara, il P. Serra stabilì la nona e ultima delle sue missioni, quella di San Bonaventura, le quali furono all'origine delle più prospere città della California.
Mentre Filippo de Neve veniva nominato Ispettore Generale del nuovo organismo detto delle Province Interne, non più alle dipendenze del viceré, e Pietro Fages veniva eletto governatore delle Californie, il P. Serra, desideroso di lasciare dietro di sé degli indios fortemente attaccati alla fede cattolica, continuava a trasferirsi a piedi, a cavallo, in battello da una missione all'altra per predicare, per assistere i morenti, per amministrare la cresima ai battezzati. Nell'alta California egli riuscirà a cresimare complessivamente 5309 persone prima di morire e a percorrere, tra il 1769 e il 1784, tra pericoli di ogni genere, 5400 miglia per mare, e 8890 chilometri per terra.
Quando si accorse che le forze stavano per abbandonarlo, P. Serra si raccolse a San Carlo per prepararsi alla morte. Gli fu di grande consolazione la presenza di Francesco Palóu che gli amministrò gli ultimi sacramenti, e lo aiutò a ben morire il 28-8-1784, mentre se ne stava disteso sul suo povero lettuccio fatto di assi, con sul petto il crocifisso di missionario e di esploratore. Il "vecchio padre" fu pianto dai 1014 indios di Monterrey da lui convertiti alla fede, dai miserabili che aveva sfamato e vestito, dai malati che aveva assistito. È tradizione ancora persistente in California che il beato abbia guarito degli infermi con il segno della croce, e abbia viaggiato con una velocità straordinaria per non lasciare i moribondi privi degli ultimi sacramenti.
Le reliquie del P. Serra sono venerate nella chiesa di San Carlo di Monterrey accanto a quelle del suo amato alunno e collaboratore, il P. Giovanni Crespi (+1782). Giovanni Paolo II ne riconobbe l'eroicità delle virtù il 9-5-1985 e lo beatificò il 25-9-1988.
Nel 1913 Petra eresse un monumento in onore del suo illustre e santo concittadino.
___________________
Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 8, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 335-342.
http://www.edizionisegno.it/