B. GIUSEPPE DE ANCHIETA (1534-1597)

Il gesuita José de Anchieta, missionario, apostolo del Brasile, nacque a S. Cristobal de la Laguna nell’isola di Tenerife (Canarie) il 19 marzo 1534.
Il 1° maggio 1551 a 17 anni entrò fra i gesuiti di Coimbra in Portogallo. A seguito della salute cagionevole, nel 1553 fu inviato in Brasile per ristabilirsi e qui divenne un infaticabile missionario. E ad Anchieta, padre José, morì il 9 giugno 1597 a 46 anni in concetto di santità. Il Brasile deve molto a questo gesuita missionario. Infatti lo considera un santo nazionale per le sue virtù, la dedizione, le doti di taumaturgo e il dominio prodigioso sulle forze della natura, sulle belve della foresta e sulle malattie.
Molto vasto è l’elenco dei suoi scritti sui più svariati argomenti religiosi, canti, poesie, grammatica, poemi, lettere e comunicazioni, nelle lingue latino, portoghese, tupi e guaranti. Il 22 giugno 1980 papa Giovanni Paolo II lo ha beatificato.

Questo grande missionario gesuita, giustamente soprannominato L\’\’apostolo del Brasile", nacque il 19-3-1534 a S. Cristobal de la Laguna, nell\’isola Tenerne, facente parte dell\’arcipelago spagnolo delle Canarie, da Giovanni e da Mencia Diaz de Clavijo y Llarena. Al fonte battesimale fu chiamato Giuseppe. In famiglia e in patria ricevette la prima istruzione civile insieme a una profonda educazione cristiana.
All\’età di 15 anni il Beato fu mandato a continuare gli studi presso l\’università di Coimbra, celebre specialmente per lo studio della filosofia.
Dopo il corso di logica, egli si sentì chiamato a condividere la vita apostolica dei Gesuiti. Nel 1551 fece voto di castità davanti all\’immagine di Maria SS. venerata nella cattedrale, e alla lettura degli scritti inviati da S. Francesco Saveri (+1552) agli studenti d\’Europa per invogliarli a lavorare nelle missioni, se ne entusiasmò talmente che chiese al P. Simón Rodriguez, uno dei primi compagni di Sant\’Ignazio di Loyola (+1556), di essere immesso nella provincia portoghese della Compagnia di Gesù. La sua richiesta fu esaudita il 1-5-1551 perché godeva fama di giovane pio e studioso, dotato di una straordinaria memoria. Grandi furono le prove di umiltà e di devozione che diede dall\’inizio della vita religiosa. Tutti i giorni prendeva parte alla celebrazione di numerose Messe benché fosse tormentato da un dolore ai fianchi, e andasse soggetto a una distorsione della spina dorsale. Poiché i medici non trovavano rimedio ai suoi mali, nel 1553 fu mandato dai superiori in Brasile perché vi ricuperasse la salute gravemente compromessa. L\’Anchieta giunse a Sào Salvador da Bahia F8-7-1553, dove i gesuiti nel 1549 avevano fondato un collegio, in compagnia del governatore generale, Don Duarte Da Costa, e di sei confratelli, tra cui il P. Luigi Gràa. Mentre si preparava al sacerdozio studiando da solo come poteva, con l\’insegnamento del catechismo, del latino, del portoghese e dello spagnolo egli divenne il primo apostolo degli indigeni del Brasile, che il navigatore Pedro Alvares Cabrai nel 1500 aveva scoperto a conto del Portogallo. Dopo un breve periodo di acclimatazione fu mandato nella capitaneria di S. Vicente (Spirito Santo), che prosperava sotto la guida del Padre Manuel da Nóbrega (+1570), fondatore delle missioni brasiliane, di cui fu provinciale per volere di Sant\’Ignazio di Loyola dal 1553 al 1559. Nel 1554, con altri confratelli, il B. Anchieta fu destinato alla fondazione di una missione e di un piccolo collegio nei pressi di Piratininga. La località fu soprannominata Sào Paulo perché i componenti la spedizione vi giunsero la vigilia della conversione del grande apostolo. L\’attuale metropoli del Brasile annovera quindi, a giusto titolo, l\’Anchieta tra i suoi fondatori. A Piratininga il Beato rimase 10 anni, durante i quali fece scuola tanto ai figli dei coloni portoghesi quanto ai figli degli indigeni. Non disponendo di libri a sufficienza, egli s\’impegnò a trascrivere a mano, per gli alunni, il sunto delle lezioni anche a costo di passare in bianco buona parte della notte. La vita era resa dura ai missionari anche dai sistemi di vita ai quali non erano abituati. Di notte non dormivano nei letti, ma nelle amache. Per proteggersi dal freddo e cucinare, al termine delle lezioni serali, talvolta erano costretti a inoltrarsi nelle foreste con gli alunni per fare provvista di legna da ardere.
Il tempo di cui l\’Anchieta poteva disporre lo dedicava alla preghiera e allo studio della teologia, sunteggiando le opere del P. Domenico Soto OP. (+1560), e colloquiando con il Padre Luigi da Gràa e soprattutto con il Padre Manuel da Nóbrega. Si diede con tanto impegno anche allo studio della lingua degli Indios, il tupy-guarani, che riuscì ad apprenderla alla perfezione. Difatti, in soli sei mesi, ne scrisse una grammatica che rimase celebre e fondamentale per tutti i missionari incaricati della evangelizzazione di quelle popolazioni.
Conoscendo quanto gli indigeni fossero generosi, ospitali, amanti della musica e desiderosi di sapere, l\’Anchieta tradusse per loro il Catechismo in lingua tupy, compose dei Dialoghi sui misteri della fede, scrisse Istruzioni Pratiche sul modo di ricevere il battesimo, di confessarsi, di preparare i malati alla morte, che furono di grande aiuto ai confratelli ancora ignari della lingua, oppure che in seguito andarono ad evangelizzare i guarani del Paraguay. Nel suo zelo approfittò pure dello squisito gusto degli indigeni per il canto e la danza per comporre poesie e inni da cantare in chiesa, in casa, durante le fatiche quotidiane, modellati sulle loro melodie o su quelle dei portoghesi e degli spagnoli. In seguito al suggerimento del P. Nóbrega, egli introdusse pure il teatro in Brasile con i famosi "Autos Sacramentales" o "Drammi del Sacramento", che scriveva talvolta in tupy, in portoghese e spagnolo perché fossero compresi da tutti. I frutti che ne colse furono sorprendenti. Nella relazione che nel 1584 manderà a Roma ai suoi superiori, in qualità di Provinciale del Brasile affermerà di avere battezzato fino a quella data 100.000 indigeni.
Al beato viene attribuito il merito di avere approfittato di ogni occasione per penetrare con altri confratelli, di cui era interprete, nelle foreste circostanti Piratininga in cerca dei nomadi indigeni da civilizzare. Il 1-6-1560 informò il P. Giacomo Laynez (+1565), secondo proposito generale della Compagnia di Gesù, del lavoro svolto da lui e dagli altri missionari in questi termini: "Potrei continuare a narrare di molti altri, specialmente degli schiavi, alcuni dei quali muoiono poco dopo aver ricevuto il battesimo, altri, battezzati un po\’ di tempo prima, dopo aver fatto la confessione se ne ritornano al Signore.
"Per questo motivo, senza per nulla lasciarci intimorire dalle bonacce, dalle tempeste, dalle piogge, dalle spumeggianti e impetuose correnti dei fiumi, cerchiamo senza posa di visitare tutti i villaggi e i borghi, sia di indiani che di portoghesi; anche di notte accorriamo presso i malati attraversando foreste tenebrose, a costo di grandi fatiche, sia per l\’arduità del cammino sia per il maltempo. Essendo poi tali agglomerati di persone tanto numerosi e tanto distanti l\’uno dall\’altro, non siamo in numero sufficiente per attendere a così svariate necessità quali quelle che si presentano; e anche se fossimo molti di più neppure allora basteremmo. "Aggiungasi a questo fatto che noi stessi, che cerchiamo di soccorrere alle necessità degli altri, siamo spesso in cattive condizioni di salute, sfiniti dalle sofferenze, disfatti dallo sforzo di camminare, sì che appena riusciamo a portarlo a termine; per questo si può dire che non hanno minor necessità di aiuto i medici che gli infermi. "Ma nulla è arduo per coloro che hanno in cuore e come proprio scopo soltanto la gloria di Dio e la salvezza delle anime, per le quali non dubiteranno di dare la vita. Molte volte ci alziamo di notte per soccorrere gli infermi o per assistere coloro che stanno per morire…". Nei dieci anni che il B. Anchieta rimase a Piratininga fu il suddito obbediente, il segretario docile e il collaboratore generoso del P. Nóbrega.
Nel 1563 a Tamoyos si ribellarono ai portoghesi residenti a Rio de Janeiro a causa delle vessazioni alle quali erano da loro continuamente sottoposti. Armati e istigati dai calvinisti francesi, ogni tanto assalivano la colonia di S. Vicente e facevano razzie di schiavi e di donne. Per ammansirli, il P. Nóbrega e l\’Anchieta decisero di recarsi nelle loro terre, distanti 26 leghe marine al nord di S. Vicente, per intavolare con loro trattative di pace. Il capo dei selvaggi, Caoquira, li alloggiò nella sua tenda e permise loro di costruire una elegante cappella in cui, tra la meraviglia di tutti, poterono fare il catechismo, battezzare e celebrare la Messa.
Il 4-5-1563 i due missionari, nel loro rischioso viaggio, si imbatterono negli Iperoig, la più diffusa popolazione dei Tamoyos, ancora antropofaga. Avrebbero voluto stabilire la residenza in mezzo a loro, invece l\’Anchieta dovette rimanervi per forza, come ostaggio, mentre il P. Nóbrega nel mese di giugno fu costretto a recarsi a S. Vicente con l\’incarico di negoziare la pace con i portoghesi. Le trattative durarono parecchi mesi. Il beato, nonostante il continuo pericolo di morte che lo sovrastava, ne approfittò per comporre un poema in 4172 esametri e pentametri latini, intitolato De B. Virgine Dei Matre Maria, pubblicato a Lisbona nel 1663.
Dopo tre mesi di prigionia un indio, suo amico, lo riportò segretamente, in canoa, a S. Vicente, per ordine del P. Nóbrega, perché la pace non era ancora stabile come si sperava. I calvinisti francesi continuarono a molestare i brasiliani invadendo Rio de Janeiro nel 1565, ma ne furono allontanati due anni dopo dai governatori Estacio de Sa e Mem de Sa con l\’aiuto del P. Nóbrega.
Dopo tante fatiche, l\’Anchieta nel 1566 fu ordinato sacerdote. L\’anno successivo fu nominato prima direttore del collegio di Rio de Janeiro, eretto da poco, e poi di quello di S. Vicente. Lo diresse per dieci anni occupandosi contemporaneamente della evangelizzazione dei Tapuyas o Miramoviz. Le sue doti di maestro e di pastore furono apprezzate da tutti, tanto che il P. Everardo Mercuriano (+1580), succeduto nel 1573 a S. Francesco Borgia nel governo della Compagnia di Gesù, nel 1578 lo nominò quinto Provinciale del Brasile con residenza a Bahia, al posto del P. Ignazio Tolosa. Nelle mani di costui il P. Anchieta l\’8-4-1577 aveva emesso la solenne professioni dei voti.
Nella sua attività missionaria, il Beato non si limitò a promuovere la giustizia tra portoghesi e indigeni, a portare la pace nelle famiglie, a correggere gli errori e a combattere i vizi, a essere insomma tra loro luce, sale e lievito, ma si adoperò perché fossero moltiplicate le "aldeias", cioè i piccoli centri, costruiti intorno a una cappella, dove i selvaggi e i loro figli potevano gradatamente venire istruiti nei doveri del loro stato, avviati al lavoro, abituati al risparmio ed educati alla convivenza con i dominatori. Tale iniziativa sarà più tardi perfezionata dai Padri Gesuiti nelle famose "Riduzioni" del Paraguay.
Nel suo immenso amore per gli Indios, il B. Anchieta non trascurò gli schiavi africani che venivano importati per i lavori nei campi e nell\’industria della canna da zucchero. Da tutti era quindi molto amato per la solerzia con cui li visitava, per la pazienza e la bontà con cui li ammaestrava, e per la cura che aveva giorno e notte dei loro malati. La sua carità eroica rifulse specialmente negli anni 1563-64 quando, nei dintorni di Piratininga, scoppiò una epidemia di vaiolo che decimò portoghesi e indigeni. Il P. Anchieta non mutò nulla nel suo modo di fare per tutti gli otto anni in cui rivestì la carica di Provinciale del Brasile. I vestiti più poveri e i cibi meno succulenti erano i suoi. Nonostante la poca salute di cui godeva camminava a piedi scalzi, faceva uso di flagelli e trascorreva buona parte della notte in preghiera. Tutti i giorni celebrava la Messa. A Porto Seguro, nella chiesa di Nostra Signora dell\’Aiuto, da un decina di uomini fu visto un giorno sollevato alquanto da terra mentre celebrava il divino sacrificio. Quando ne era impedito dalle infermità, faceva la comunione.
Nutriva una particolare devozione per la Purissima Concezione della Madonna. Si può dire che non ci fosse una chiesa a lei dedicata che non costituisse meta dei suoi pellegrinaggi, e in cui non pregasse per la prosperità del Brasile. Ebbe anche delle intuizioni soprannaturali, come quella di fare costruire una chiesa in onore del S. Cuore di Gesù a Guarapary, nel 1585, vale a dire un secolo prima che, a Paray-le-Monial, S. Margherita Maria Alacoque (+1690) fosse favorita dal Signore con le celebri apparizioni. Il popolo lo teneva in grande considerazione perché gli attribuiva il dono della profezia e dei miracoli.
Nel 1587, quando il P Anchieta fu ritenuto al termine della sua vita e dovette essere sostituito nella carica, scrisse al P. Ignazio Tolosa: "Il P. Provinciale mi ha dato la licenza di dimorare in qualsiasi luogo della provincia che io desiderassi. Non ho voluto far uso di una tale libertà perché temo sempre di sbagliare la via, giacché è difficile per l\’uomo discernere ciò che gli convenga. Avendo per 42 anni lasciato tutta la mia vita alla libera disposizione dei miei superiori, sarebbe ora, nella vecchiaia, una cosa poco conveniente volere disporre della mia destinazione. Mi sono dunque posto nelle mani di P. Fernando Cardim, rettore del collegio di Rio De Janeiro, e Nostro Signore ha disposto che accompagnassi il P. Diego Fernandes in questa "aldeia" di Reritiba affinchè lo aiutassi nell\’insegnare il catechismo agli indiani con i quali mi sono sempre inteso nel migliore dei modi. Fui infatti inviato nel Brasile per essere a loro servizio. "E\’ possibile che la divina Provvidenza disponga in modo tale che accompagni detto Padre in qualche parte delle foreste per condurre alcuni di essi in seno alla Chiesa. E poiché non merito il martirio per altra via, che per lo meno trovi la morte su una di queste montagne dove volentieri darei la mia vita per i miei fratelli. Le mie condizioni fisiche sono deboli, ma con la grazia di Dio che mai non manca, sono sufficienti. E perché da parte mia non venga meno alla chiamata del Signore, stendi la tua mano e benedici il tuo figliuolo in Cristo Gesù Nostro Signore".
Nonostante la sua malferma salute, nella nuova residenza di Reritiba (oggi Anchieta) il beato continuò a lavorare ancora per una decina d\’anni all\’elevazione morale e religiosa degli indigeni, come un buon pastore che dà la vita per il gregge. Fu colpito dalla morte il 9-6-1597. Gli indigeni, che lo amavano come un padre, lo trasportarono a spalle fino a Vittoria (Spirito Santo), distante 14 leghe da Reritiba. Le esequie furono celebrate dall\’Amministratore Apostolico della Prelazia di Rio de Janeiro, Mons. Bartolomeo Simòes Pereira, il quale, per primo, non esitò di attribuire al defunto il titolo di "apostolo del Brasile".
Dopo la morte il P. Anchieta fu invocato dai credenti soprattutto contro i morsi dei serpenti. Gli studiosi lo consideravano un precursore, un capostipite della letteratura brasiliana, specialmente per il poema già ricordato sulla Madonna, e per quello intitolato De gestis Mendi Saa, praesidis Brasiliae, in 2947 esametri, ritrovato nel 1958 a Rio de Janeiro. Gli storici gli sono riconoscenti per le molte lettere, le informazioni e i sermoni che lasciò scritti, per mezzo dei quali è possibile seguire il travagliato andamento sia del Brasile che della missione dei Gesuiti, e conoscere la geografia, la flora e la fauna della capitaneria di S. Vicente, nonché gli usi e costumi dei suo abitati. I suddetti scritti occupano circa 12 volumi nell\’edizione critica della sua Opera Omnia.
I brasiliani considerano P. Giuseppe de Anchieta come un loro eroe nazionale. Le sue reliquie sono venerate ad Anchieta. Clemente XII ne riconobbe l\’eroicità delle virtù il 10-8-1736 e Giovanni Paolo II lo beatificò il 22-6-1980.
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Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 6, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 112-118
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