Compendio di Teologia Ascetica e Mistica (270-276)

Di Adolfo Tanquerey. CAPITOLO II. Natura della vita cristiana. Disposizioni per trar profitto dall’Eucaristia. Del Sacrificio della Messa come mezzo di santificazione.

IV. Disposizioni per trar profitto dall’Eucaristia 270-1.
270.   — L’Eucaristia è insieme sacramento e sacrifizio; i quali due elementi sono intimamente collegati, perchè è proprio durante il sacrifizio che si consacra la vittima con cui ci comunichiamo. la comunione non è, secondo la dottrina comune, parte essenziale del sacrifizio ma ne è parte integrante, perchè per lei veniamo a partecipare ai sentimenti della vittima e ai frutti del sacrificio.
La differenza essenziali tra l’uno e l’altro è che il sacrifizio si riferisce direttamente alla gloria di Dio, e il sacramento ha per scopo diretto la santificazione dell’anima nostra. Ma questi due fini non ne costituiscono veramente che un solo perchè conoscere e amare Dio è glorificarlo, onde l’uno e l’altro contribuiscono al nostro progresso spirituale.
1° DEL SACRIFICIO DELLA MESSA COME MEZZO DI SANTIFICAZIONE 271-1.
271.   A) I suoi effetti. a) Questo sacrifizio anzitutto glorifica Dio e lo glorifica in modo perfetto, perchè Gesù vi offre di nuovo al Padre, per mezzo del sacerdote, tutti gli atti di adorazione, di riconoscenza e d’amore che già offrì sul Calvario, atti di valore morale infinito. Offrendosi come vittima, afferma nel modo più espressivo il sovrano dominio di Dio in riconoscenza dei suoi benefici, gli rende una lode pari ai benefici: è il ringraziamento o culto eucaristico. Nulla quindi può impedire il conseguimento di quest’effetto, neppure l’indegnità del ministro; 271-2 perchè il valore del sacrifizio non dipende essenzialmente da colui che l’offre come ministro secondario, ma dal pregio della vittima che viene offerta e dalla dignità del sacerdote principale che non è altri che Gesù Cristo stesso. Tal è l’insegnamento del Concilio di Trento quando dichiara che questa offerta purissima non può essere macchiata dall’indegnità o dalla malizia di coloro che l’offrono; che in questo divin sacrifizio è contenuto ed immolato, in modo incruento, quello stesso Cristo che sull’altare della Croce si è offerto in modo cruento. È quindi la stessa ostia e lo stesso sacrificatore quello che si offre ora pel ministero dei sacerdoti e quello che s’è offerto una volta sulla Croce: non c’è differenza che nel modo d’offrire la vittima 271-3. Perciò, quando assistiamo alla S. Messa e più ancora quando la celebriamo, rendiamo a Dio tutti gli omaggi che gli sono dovuti, nel modo più perfetto possibile, perchè facciamo nostri gli omaggi di Gesù vittima. Nè si dica che tutto questo non ha che far nulla con la nostra santificazione; quando noi glorifichiamo Dio, egli amorosamente si china verso di noi, e quanto più noi ci occupiamo della sua gloria, tanto più egli si occupa dei nostri spirituali interessi; molto dunque si fa per la nostra santificazione rendendogli i nostri ossequi in unione con la vittima divina che rinnova sull’altare la sua immolazione.
272.   b) Il divin sacrifizio ha inoltre un effetto propiziatorio per la virtù stessa della sua celebrazione (ex opere operato, come dicono i teologi). Ed ecco in che senso: il sacrifizio, offrendo a Dio l’ossequio che gli è dovuto e un giusto compenso per il peccato, lo inclina a concederci, non direttamente la grazia santificante (il che è effetto proprio del sacramento), ma la grazia attuale e il dono della penitenza, e a rimetterci, quando siamo contriti e pentiti, i peccati anche più gravi 272-1. — È nello stesso tempo sodisfattorio, nel senso che rimette infallibilmente ai peccatori pentiti una parte almeno della pena temporale dovuta al peccato, in proporzione delle disposizioni più o meno perfette con cui vi assistono. Ecco perchè, aggiunge il Concilio di Trento, può essere offerto non solo per i peccati, le soddisfazioni e i bisogni spirituali dei vivi, ma anche per quelli che son morti in Cristo senza avere sufficientemente espiato le loro colpe 272-2. È facile vedere quanto questo doppio effetto, propiziatorio e sodisfattorio, contribuisca al nostro progresso nella vita cristiana. Il grande ostacolo all’unione con Dio è il peccato; ottenere il perdono e farne sparire anche gli ultimi vestigi è quindi preparare un’unione sempre più intima con Dio: “Beati mundo corde quoniam ipsi Deum videbunt” 272-3. Quale consolazione per i poveri peccatori di veder così cader il muro di separazione che li impediva di godere della vita divina!
273.   c) La Messa è impetratoria nello stesso modo che è propiziatoria: ottiene quindi da Dio, per la virtù stessa del sacrifizio (ex opere operato), tutte le grazie di cui abbiamo bisogno per santificarci. Il sacrifizio è una preghiera in azione, e Colui che al santo altare prega per noi con gemiti inenarrabili è Quegli stesso le cui preghiere sono sempre esaudite “exauditus est pro sua reverentia” 273-1. Quindi la Chiesa, interprete autentica del pensiero divino, vi prega costantemente, in unione con Gesù sacrificatore e vittima (per Dominum nostrum Jesum Christum), per chiedere tutte le grazie di cui hanno bisogno i suoi membri alla salute dell’anima e alla salute del corpo, “pro spe salutis et incolumitatissuæ“, per la salvezza e il progresso spirituale, sollecitando per i suoi fedeli, principalmente nella Colletta, la grazia speciale che corrisponde a ciascuna festa. E chiunque entra in questa corrente di preghiera liturgica, con le disposizioni volute, è sicuro d’ottenere per sè e per tutti quelli che gli premono le più copiose grazie.
È dunque chiaro che il santo sacrifizio della Messa contribuisce, con tutti i suoi effetti, alla nostra santificazione; e ciò tanto più efficacemente in quanto che noi non vi preghiamo da soli ma uniti a tutta la Chiesa e principalmente al Capo invisibile della Chiesa, a Gesù sacrificatore e vittima, che, rinnovando l’offerta del Calvario, chiede, per la virtù del suo sangue e per le sue suppliche, che le sue soddisfazioni e i suoi meriti ci vengano applicati.
274.   B) Disposizioni per trar profitto dalla S. Messa. Quali sono dunque le disposizioni che dobbiamo avere per trar profitto da questo potente mezzo di santificazione? La disposizione fondamentale, che comprende tutte le altre, è di aderire con umiltà e confidenza ai sentimenti espressi dalla vittima divina, di comunicarvi, di farli nostri, adempiendo così ciò che il Pontificale vuole dai sacerdoti “Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis“. Al che del resto c’invita la Chiesa nella santa sua liturgia 274-1.
275.   a) Nella messa dei catecumeni, che va fino all’Offertorio esclusivamente, ci fa entrare in sentimenti di penitenza e di contrizione (Confiteor, Aufer a nobis, Oramus te, Kyrie eleison), di adorazione e di riconoscenza (Gloria in excelsis), di ferventi petizioni (Collette) e di fede sincera (Epistola, Vangelo e Credo).
b) Viene appresso il gran dramma: 1) l’offerta della vittima all’Offertorio per la salute di tutto il genere umano, “pro nostrâ et totius mundi salute; l’offerta del popolo cristiano in unione alla vittima principale, “in spiritu humilitatis et in animo contrito suscipiamur a te, Domine,” — seguita da una preghiera alla SS. Trinità perchè benedica ed accetti quest’offerta dell’intiero Cristo mistico. 2) Il prefazio annunzia l’azione propriamente detta, il Canone in cui si rinnova la mistica immolazione della vittima, e la Chiesa c’invita a unirci agli Angeli e ai Santi, ma principalmente al Verbo Incarnato, per ringraziare Dio, proclamarne la santità, implorarne gli aiutiper la Chiesa, pel suo capo visibile, per i suoi vescovi, per i fedeli, in particolare per quelli che vi assistono e per tutti quelli che ci sono più cari. Allora il sacerdote, entrando in comunione con la SS. Vergine, coi SS. Apostoli, coi Martiri e con tutti i Santi, si trasporta in spirito all’ultima Cena, s’identifica col Sommo Sacerdote e ripete con Lui le parole che Gesù pronunziò nel Cenacolo. Obbedendo alla sua voce, il Verbo Incarnato discende sull’altare, col suo corpo e col suo sangue, e silenziosamente adora e prega in nome suo e nostro. Il popolo cristiano si curva, adora la vittima divina, s’unisce ai suoi sentimenti, alle sue adorazioni, alle sue domande, e si studia d’immolarsi con lei, offrendo alcuni suoi piccoli sacrifici “per ipsum, et cum ipso, et in ipso“.
3) Col Pater incomincia la preparazione alla Comunione. Membri del corpo mistico di Gesù, ripetiamo la preghiera ch’Egli stesso ci insegnò il Pater, offrendo con lui i nostri doveri religiosi e le nostre mali e ci darà, col perdono dei peccati, la pace dell’anima e l’unione permanente con Gesù, “et a te nunquam separari permittas“. Allora, protestando, come il centurione, la propria indegnità e chiedendo umilmente perdono, il sacerdote, dopo di lui, il popolo fedele mangia e beve il corpo e il sangue del Salvatore, s’unisce dal profondo dell’anima all’intiero Gesù, ai più intimi suoi sentimenti; e per mezzo suo a Dio stesso e alla SS. Trinità. Il mistero dell’unione è compito: noi non facciamo più che una cosa sola con Gesù, e non facendo egli che una cosa sola col Padre e col Figlio, la preghiera sacerdotale del Salvatore dell’ultima Cena è avverata: “Io in loro e tu in me, affinchè siano perfetti nell’unità: Ego in eis et tu in me, ut sint consummati in unum” 275-1.
276.   Non resta più che ringrazia Dio di quest’immenso beneficio; il che facciamo nel Postcommunio e nelle preghiere che seguono. La benedizione del sacerdote ci comunica i tesori della SS. Trinità; l’ultimo Vangelo ci ricorda le glorie del Verbo Incarnato, che è nuovamente venuto ad abitare in mezzo a noi e che noi portiamo via pieno di grazia e di verità, per attingere nel corso della giornata a questa fonte di vita e vivere d’una vita simile a quella dello stesso Gesù.
È chiaro che l’assistere alla santa messa o celebrarla con queste disposizioni è un santificarsi e coltivare nel modo più perfetto possibile la vita soprannaturale che è in noi. Quel che diremo sulla santa comunione ce lo mostrerà anche meglio.
NOTE
270-1 S. Thom., III, q. LXXIX; Suarez, disp. LXIII; Dalgairns, La Santa Comunione; Hugon, O. P., La Sainte Eucharistie; Hedley, The Holy Eucharist, tradotto da A. Roudière, col titolo La Sainte Eucharistie.
271-1 Oltre le opere generali citate, cf. Benedetto XIV, De ss. Missa sacrificio; Bona, De sacrificio Missæ; Le Gaudier, op. cit., P. I. 10ª Sez; Ghir, Das heilige Messoffer, trad. in francese da Moccand; J. J. Olier, La Journée chrétienne, Occupazioni interiori durante il s. sacrifizio, p. 49-65; Chaignon, S. J., Il Sacerdote all’altare; Bacuez, S. S. Du divin sacrifice; E. Vandeur, O. S. B., La santa Messa, note sulla sua liturgia.
271-2 In altre parole quest’effetto è prodotto ex opere operato, per la virtù stessa del sacrifizio.
271-3 Sess. XXII, c.I-II.
272-1 È l’insegnamento del Concilio di Trento, sess. XXII, c. II.
272-2 Loc. cit.
272-3 Matth., V, 8.
273-1 Hebr., V, 7.
274-1 Cf. E. Vandeur, O. S. B., La Santa Messa.
275-1 Joan., XVII, 23.
277-1 S. Thomas, q. 76; Tanquerey, Syn. theol. dogm., t. III, n. 619-628; Dalgairns, Holy Communion, p. 154 sq., trad. in ital. sotto il titolo: La Santa Comunione; Moureau, Dic. de Théol. (Mangenot) alla parola Communione; P. Hugon, La Sainte Eucharistie, p. 240 ss.

Quest’edizione digitale preparata da Martin Guy .
Ultima revisione del testo: 30 dicembre 2005.
Ultima revisione dell’HTML: 28 dicembre 2005.