Compendio di Teologia Ascetica e Mistica (249-269)

Di Adolfo Tanquerey CAPITOLO II. Natura della vita cristiana. Dell’aumento della vita cristiana per mezzo dei Sacramenti. Della grazia sacramentale. Disposizioni necessarie per ben ricevere i Sacramenti. Disposizioni per trar profitto dal sacramento della Penitenza. Della confessione. Della contrizione.

§ III. Dell’aumento della vita cristiana per mezzo dei Sacramenti 249-1.
249.   Non solo con atti meritori fatti ad ogni istante possiamo crescere in grazia e in perfezione, ma anche col frequente uso dei Sacramenti. Segni sensibili istituiti da Nostro Signore Gesù Cristo, i Sacramenti significano e producono nell’anima la grazia. Sapendo come l’uomo si lasci prendere dalle cose esteriori, Dio volle, nell’infinita sua bontà, annettere la grazia ad oggetti e ad azioni visibili. È di fede che i nostri Saramenti contengono la grazia che significano e che la conferiscono a tutti coloro che non vi pongono ostacolo 249-2; e ciò non unicamente in virtù delle disposizioni del soggetto, ma ex opere operato, come cause strumentali della grazia, restandone Dio evidentemente la causa principale e Gesù Cristo la causa meritoria.
250.   Ogni Sacramento produce, oltre alla grazia abituale ordinaria, una grazia che si chiama sacramentale o propria di quel dato Sacramento. La quale non è specificamente distinta dalla prima ma vi aggoinge, secondo S. Tommaso e la sua scuola, un vigore speciale, destinato a produrre effetti correlativi a ciuascun Sacramento; o in ogni caso, a parere di tutti, un diritto a grazie attuali speciali che saranno concesse a tempo opportuno per adempiere più facilmente i doveri imposti dal Sacramento ricevuto. Così, per esempio, il Sacramento della Confermazione ci dà il diritto di ricevere grazie attuali speciali di soprannaturale fortezza per lottare contro il rispetto umano e confessare la fede innanzi e contro a tutti.
Quattro cose meritano la nostra attenzione: 1° la grazia sacramentale propria di ciascun sacramento; 2° le disposizioni necessarie per trarne maggior profito; 3° le disposizioni speciali per il Sacramento della Penitenza; 4° le disposizioni richieste per l’Eucaristia.
I. Della grazia sacramentale.
I Sacramenti conferiscono brazie speciali in relazione alle varie tappe che dobbiamo percorrere nella vita.
251.   a) Nel Battesimo, è grazia di rigenerazione spirituale, che ci purifica dal peccato originale, ci fa nascere alla vita della grazia, e crea in noi l’uomo nuovo, l’uomo rigenerato che vive della vita di Cristo. Secondo la bella dottrina di S. Paolo 251-1 nel battesimo noi siamo sepolti con Gesù Cristo (il che era figurato per l’addietro dal battesimo d’immersione) e risuscitiamo con Lui, per vivere d’una vita nuova: “Consepulti enim sumus cum illo per baptismum in mortem, ut quomodo Christus surrexit a mortuis, ita et nos in novitate vitæ ambulemus“. La grazia speciale o sacramentale che ci vien data è dunque: 1) una grazia di morte al peccato, di crocifissione spirituale che ci aiuta a combattere e domare le cattive tendenze dell’uomo vecchio; 2) una grazia di rigenerazione che c’incorpora a Gesù Cristo, ce ne fa partecipare la vita, ci aiuta a vivere secondo i sentimenti e gli esempi di Gesù Cristo, ed essere quindi perfetti cristiani. Onde il dovere per noi di combattere il peccato e le sue cause, di aderire a Gesù e imitarne le virtù.
252.   b) La Confermazione fa di noi i soldati di Cristo; aggiunge alla grazia del Battesimo una grazia speciale di fortezza per professar generosamente la fede contro tutti i nemici e principalmente contro il rispetto umano, che impedisce a un sì gran numero di uomini di praticare i doveri religiosi. È questa la ragione per cui i doni dello Spirito Santo, che ci erano già stati comunicati nel Battesimo, nel giorno della cresima ci vengono conferiti in modo più speciale per illuminare la nostra fede, renderla più viva e più penetrante e fortificarci nello stesso tempo la volontà contro tutte le debolezze. Onde la necessità di coltivare i doni dello Spirito Santo e soprattutto quello della cristiana virilità.
253.   c) L’Eucaristia nutrisce l’anima nostra che, come il corpo, ha bisogno d’alimentarsi per vivere e fortificarsi. Ora, per alimentare una vita divina è necessario un alimento divino: e sarà il corpo e il sangue di Gesù Cristo, la sua anima e la sua divinità, che ci trasformeranno in altrettanti Cristi, facendo passare in noi il sio spiritom i suoi sentimenti e le sue virtù, e soprattutto il suo amore per Dio r per gli uomini.
254.   d) Se abbiamo la sventura di perdere col peccato mortale la vita della grazia, il Sacramento della Penitenza lava le nostre colpe nel sangue di Gesù Cristo, la cui virtù ci viene applicata col l’assoluzione, purchè siamo sinceramente contriti e risoluti a romperla col peccato, come presto spiegheremo (n. 262).
255.   e) Quando la morte viene a battere la nostra porta, abbiamo bisogno d’essere confortati in mezzo alle angoscie e ai timori che le nostre colpe passate, le nostre infermità presenti e i giudizi di Dio ci ispirano. L’Estrema Unzione, versando l’olio santo sui principali nostri sensi, versa nello stesso tempo nell’anima una grazia di alleviamento e di spirituale conforto che ci libera dai resti del peccato, ci ravviva la confidenza e ci arma contro i supremi assalti del nemico, facendoci partecipare ai sentimenti di S. Paolo che, dopo aver combattuto il buon combattimento, si rallegrava al pensiero della corona che l’attendeva. È necessario quindi chiedere per tempo questo sacramento, appena si è gravemente infermi, affinchè possa produrre tutti i suoi effetti, e, occorrendo, se Dio lo giudica utile, renderci anche la salute; è una crudeltà per quelli che assistono l’ammalato dissimulargli la gravità del suo stato e rimandare all’ultimo momento il ricevimento d’un sacramento così consolante.
Questi sacramenti bastano a santificare l’individuo nella vita privata; due altri lo santificano nelle relazioni con la società: l’Ordine che dà alla Chiesa degni ministri, e il Matrimonio che santifica la famiglia.
256.   f) L’Ordine dà ai ministri della Chiesa non solo mirabili poteri per consacrare l’Eucarestia, amministrare i sacramenti e predicare la dottrina evangelica, ma anche la grazia d’esercitali santamente; in particolare un amore ardente per il Dio dell’Eucaristia e per le anime, con la ferma volontà di immolarsi e di spendersi intieramente per queste due nobili cause. A qual grado di santità dbbano tendere, lo diremo più innanzi.
257.   g) Per santificare la famiglia, cellula primordiale dela società, il sacramento del matrimonio dà agli sposi le grazie di cui hanno urgentemente bisogno, la grazia di un’assoluta e costante fedeltà, così difficile al volubile cuore umano; la grazia di rispettare la santità del letto coniugale non ostante le contrarie sollecitazioni della concupiscenza; la grazia di consacrarsi con inalterabile abnegazione alla cristiana educazione dei figli.
258.   Vi è dunque per ogni circostanza importante della vita, per ogni dovere individuale o sociale, un mirabile aumento di grazia santificante che ci vien dato; e affinchè questa grazia sia posta in opera, ogni sacramento ci dà diritto a certe grazie attuali, che verranno a sollecitarci all’esercizio delle virtù che dobbiamo praticare, e a somministrarci soprannaturali energie per riuscirvi. Sta a noi il corrispondervi con disposizioni le più perfette possibili.
II. Disposizioni necessarie per ben ricevere i Sacramenti.
Dipendendo la quantità di grazia prodotta dai sacramenti e da Dio e da noi 259-1, vediamo come possiamo aumentarla così da una parte come dall’altra.
259.   A) Dio è certamente libero nella distribuzione dei suoi favori; e può quindi, nei Sacramenti, concedere magiore o minore grazia secondo i disegni della sua sapienza e della sua bontà. Ma vi sono leggi ch’egli stesso stabilì, alle quali vuole sottomettersi. Così ripetutamente ci dichiara che nulla sa rifiutare alla preghiera ben fatta: “Domandate e riceverete, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto: petite et accipietis, quærite et invenietis, pulsate et aperietur vobis” 259-2. Se quindi preghiamo con umiltà e fervore, in unione con Gesù, per avere, mentre riceviamo un Sacramento, maggior copia di grazia, l’otterremo.
260.   B) Da parte nostra, due disposizioni contribuiscono a farci ricevere più copiosa grazia sacramentale: i santi desideri prima di ricevere i sacramenti, e il fervore nel riveverli.
a) L’ardente desiderio di ricevere un sacramento con tutti i suoi frutti, ci apre e ci dilata l’anima. È un’applicazione del principio generale posto da Nostro Signore: “Beati coloro che hanno fame e sete di santità perchè saranno saziati: Beati qui esuriunt et sitiunt justitiam, quoniam ipsi saturabuntur” 260-1. Aver fame e sete della comunione, della confessione e dell’assoluzione, è un aprire più ampiamente l’anima alle comunicazioni divine; e allora Dio ci sazierà le anime alle comunicazioni divine; e allora Dio ci sazierà le anima affamate: “esurientes implebit bonis” 260-2. Siamo dunque, come Daniele, uomini di desiderio e sospiriamo le fonti d’acqua viva che sono i sacramenti.
b) Il fervore aumenterà anche di più quest’apertura dell’anima, consistendo nella disposizione generosa di non rifiutar nulla a Dio, di lasiarlo agire nella pienezza della sua virtù e di collaborare con lui con tutta la nostra nergia. Una tal disposizione approfondisce e dilata l’anima, la rende più atta alle efusioni della grazia, più docile all’azione dello Spirito Santo, più attiva nel corrispondervi. Da questa mutua collaborazione scaturiscono copiosi frutti di santificazione.
261.   Potremo qui aggiungere che tutte la condizioni che rendono le nostre opere più meritorie (si veda sopra al n. 237), perfezionano in pari modo le disposizioni che dobiamo avere nel ricevere i sacramenti e aumentano quindi la misura di grazia che ci è conferita. Ma ciò si capirà anche meglio quando avremo fatto l’applicazione di questo principio alla confessione e alla comunione.
III. Disposizioni per trar profitto dal sacramento della Penitenza 262-1.
Il sacramento della Penitenza, come abbiamo detto, ci purifica l’anima nel sangue di Gesù Cristo, purchè siamo ben disposti, la nostra confessione sia leale e la nostra contrizione vera e sincera.
1° DELLA CONFESSIONE.
262.   A) Una parola sui peccati gravi. Solo di passaggio parliamo dell’accusa delle colpi gravi, di cui abbiamo trattato a lungo nella nostra Teologia morale 262-2. Se un’anima che tende alla perfezione ha la disgrazia di commettere, in un momento di debolezza, qualche peccato mortale, bisogna accusarlo con tutta sincerità e in modo chiaro fin dal principio della confessione senza nasconderlo fra la moltitudine dei peccati veniali, farne conoscere bene il numero e la specie con sincerità e umiltà, indicare le cause che ci condussero all’abisso. Perdonato che sia il peccato, si deve alimentare nell’anima un vivo e abituale sentimento di penitenza, un cuore contrito ed umiliato, col sincero desiderio di riparare il male commesso con una vita austera e mortificata, con un amore ardente e generoso. A questo modo una colpa grave isolata, e immediatamente riparata, non è durevole ostacolo al progresso spirituale, perchè non lascia quasi traccia nel’anima.
263.   B) Delle cople veniali deliberate. Di colpe veniali vi sono due specie: quelle che si commettono di proposito deliberato, ben sapendo di dispiacere a Dio ma preferendo nel moomento il proprio piacere egoista alla volontà divina; e quelle che si commettono di sorpresa, per leggerezza, per fragilità, per mancanza di vigilanza o di coraggio, di cui uno subito si pente con la ferma volontà di non più commetterle. Le prime sono molto serio ostacolo alla perfezione, principalmente quando sono frequenti e vi si è attaccati, per esempio se si nutrono volontariamente piccoli rancori o l’abitudine del giudizio temerario e della maldicenza, se si fomentano affezioni naturali, sensibili, oppure l’attacco al proprio giudizio e alla propria volontà. Sono vincoli che ci attaccano alla terra e c’impediscono di prendere lo slancio verso l’amor divino. Quando, di proposito deliberato, si rifiuta a Dio il sacrifizio dei propri gusti e delle proprie volontà, è chiaro che non si possono aspettare da Lui quelle grazie speciali che sole ci possono condurre alla perfezione.
È quindi necessario correggersi ad ogni costo di questo genere di colpe. A meglio riuscirvi, bisogna prenderne una dopo l’altra le varie specie o categorie; per esempio, prima le colpe contro la carità, poi quelle contro l’umiltà, contro la virtù della religione, ecc.; accusarci a fondo di ciò che si è notato, massima di quelle che maggiormente ci umiliano, delle cause che ci fanno cadere in questi peccati, upntando le nostre risoluzioni su queste cause e proponendoci di volerle assolutamente evitare. Allora ogni confessione sarà un passo avanti verso la perfezione, principalmente se uno si studia di ben esercitarsi nella contrizione, come rpesto diremo.
264.   C) Delle colpe di fragilità. Vinti i peccati veniali deliberati, si prendono di mira quelli di fragilità, non già per schivarli intieramente (il che è impossibile), ma per diminuirne il numero. E qui pure bisogna ricorrere alla divisione del lavoro. Si può certo accusare il grosso delle colpe di cui uno si ricorda, ma si fa rapidamente per potere insistere su un genere di colpe in particolare. Si procederà gradatamente, per esempio, prima si batterà sulle distrazioni nelle preghiere, poi sulle colpe contrarie alla purità d’intenzione, poi sulle mancanze di carità.
Nell’esame di coscienza, e nella confessione nno ci contentiamo di dire: ho avuto delle distrazioni nelle preghiere (il che non apre nulla al confessore), ma diremo: sono stato specialemente distratto o negligente in tale esercizio di pietà e ciò perchè non mi ero ben raccolto prima di cominciarlo, — o perchè non ebbi il coraggio di respingere prontamente ed energicamente le prime divagazioni, — o perchè avendolo fatto, mancai poi di costanza e di continuità nello sforzo. Un’altra volta uno si accuserà d’essere stato distratto a lungo a causa di piccoli attacchi allo studio o a un confratello, o per ragione di un piccolo rancore nno combattuto, ecc. L’indicazione del motivo spiega la causa del male e suggerisce il rimedio e la risoluzione da prendere.
265.   A meglio assicurare il buon esito della confessione, si tratti di colpe deliberate o no, si terminerà l’accusa dicendo: la mia risoluzione, per questa settimana o quindicina, è di energeticamente combattere questa fonte di distrazioni, questo attacco, questo genere di pensieri. E alla prossima confessione non si mancherà di dar conto degli sforzi fatti: avevo preso la tal risoluzione, l’ho mantenuta per tanti giorni o fino a tal segno; non l’ho mantenuta invece su questo o quell’altro punto. È evidente che una tal confessione non sarà fatta per abitudine ma segnerà invece un passo avanti; la grazia dell’assoluzione, venendo a confermare la presa risoluzione, non solo aumenterà la grazia abituale che è in noi, ma ci decuplicherà le energie per farci evitare nell’avvenire un certo numero di colpe veniali, e farci più efficacemente acquistare le virtù.
2° DELLA CONTRIZIONE.
266.   Nelle confessioni frequenti bisogna insistere sulla contrizione e sul proponimento che ne è la conseguenza necessaria. Bisogna istantemente chiederla ed esercitarvisi con la considerazione dei motivi soprannaturali, che, pur essendo sostanzialmente gli stessi, varieranno secondo le anime e le colpe accusate.
I motivi generali si desumono da parte di Dio e da parte dell’anima. Non facciamo altro che indicarli.
267.   A) Da parte di Dio, il peccato, per quanto sia leggiero, è sempre un’offesa a Dio, una resistenza alla sua volontà, un’ingratitudine verso il più amante e il più amabile dei padri e dei benefattori, ingratitudine che tanto più lo ferisce in quanto che noi ne siamo gli amici privilegiati. Volgendosi quindi a noi, ci dice: “Non è un nemico che m’oltraggia, chè allora lo sopporterèi…. ma tu, tu che eri come un altro me stesso, il mio confidente e il mio amico; vivevamo insieme in una dolce intimità!” 267-1… Ascoltiamo con frutto questi rimproveri così ben meritati e sprofondiamoci nell’umiliazione e nella confusione. — Ascoltiamo pure la voce di Gesù e pensiamo che le nostre colpe resero più amaro il calice che gli fu presentato nel giardino degli Ulivi, e ne intensificarono l’agonia. E allora, dal fondo della nostra miseria, domandiamo umilmente perdono: Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam… Amplius lava me ab iniquitate mea 267-2…
268.   B) Da parte dell’anima, il peccato veniale, senza diminuire in sè la divina amicizia, la rende meno intima e meno attiva; oh! quale perdita l’intimità con Dio! Arresta o per lo meno impaccia considerevolmente la nostra attività spirituale, gettando polvere entro il meccanismo così delicato della vita soprannaturale; ne diminuisce le energie per il bene, aumentando l’amor del piacere; e sopra tutto predispone, se si tratta di colpe deliberate, al peccato mortale; perchè in molte materie, specialmente in ciò che riguarda la purità, la linea di confine tra il mortale e il veniale è così tenue e l’attrattiva al piacere cattivo è così seducente, che il confine è presto passato. Quando si pensa a questi effetti, non è difficile pentirsi sinceramente delle proprie negligenze e concepire il desiderio di schivarle per l’avvenire  268-1. Per meglio determinare questo buon proponimento è opportuno volgerlo sui mezzi da usare per diminuire le ricadute, come già abbiamo indicato al n. 265.
269.   Intanto per essere più sicuri che non manchi la contrizione, è bene accusare un peccato più grave della vita passata, di cui si è sicuri d’avere la contrizione, specialmente se è della stessa specia dei peccati veniali che furono accusati. Qui però bisogna schivare due difetti: l’abitudine, che trasformerebbe quest’accusa in una vana formola senza un vero sentimento di contrizione; e la negligenza, che indurrebbe a non darsi pensiero del dolore dei peccati veniali accusati nella presente confessione.
Praticata con questo spirito, la confessione, a cui vengono ad aggiungersi i consigli d’un savio direttore e principalmente la virtù purificatrice dell’assoluzione, sarà un potente mezzo per liberarci dal peccato e progredire nella virtù. 
NOTE
249-1 S. Tommaso, III, q. 60-52; Suarez, disp. VII, sq.; Abbe de Broglie, Conf. sur la vie surnat., t. III; Bellevue, De la grâce sacramentelle; Tanquerey, Synopsis theol. dogm., t. III, n. 298-323.
249-2 Con. di Trento, sess. VII, can. 5.
251-1 Rom., VI, 3-6.
259-1 È questo l’insegnamento del Concilio di Trento, sess. VI, c. 7: “Spiritus Sanctus partitur singulis prout vult, et secundum propriam cujusque dispositionem et cooperationem”.
259-2 Matth., VII, 7.
260-1 Matth., V, 6.
260-2 Luc., I, 53.
262-1 Oltre ai trattati di Teologia, si veda in particolare Beaudenom, Pratique progressive de la confession (Pratica progressiva della Confessione, Berruti, Torino).
262-2 Syn. theol. moralis, De Pœnitentiâ, n. 242 ss.
267-1 Ps., LIV, 13-15.
267-2 Ps., L: meditarlo qualche volta.
268-1 Beaudenom, op. cit., t. II, c. II. 

Quest’edizione digitale preparata da Martin Guy <martinwguy@yahoo.it>.
Ultima revisione del testo: 30 dicembre 2005.
Ultima revisione dell’HTML: 28 dicembre 2005.