Ven. Prof. Giuseppe Toniolo, L’Eucaristia ed il risorgimento civile

"l\’età moderna, la quale spezzando colla propria mano, demolendo ad uno ad uno e disperdendo tutti i prodotti di quella civiltà, che dai tempi apostolici al culmine del medioevo, era stata un\’ammiranda costruzione ex novo del sovrannaturale cristiano, l\’età moderna, ripeto, che si affrettò a proclamare in nome della natura e della ragione umana emancipata il progresso sociale indefinito … oggi per terribile e giusto giudizio di Dio respinge con isdegno quell\’ottimismo superbo che non ponea limiti alla elevazione della civiltà, in nome di un pessimismo che informa lettere, arti, scienze, governi, politica e costumanze, e con rabbia distruggitrice inneggia satanicamente al nichilismo ed alla pandistruzione!"

L’Eucaristia ed il risorgimento civile
Atti del congresso eucaristico ed esposizione di arte sacra di Orvieto (5-8 settembre 1896), Orvieto 1897, s.e.

I. Testè nel congresso cattolico generale italiano, le cui vibrazioni ancor scuotono le fibre dei nostri cuori, un illustre svizzero, professore dell\’università di Friburgo, riferì una di quelle frasi solenni, che spesso con intuito fati dico congiunto ad ineffabile semplicità, usciva dal labbro del suo compatriota e compianto vescovo di Ginevra cardo Mermillod il quale, accennando al mirabile e progrediente movimento cattolico di questo scorcio di secolo, diceva: «questo non è crepuscolo di incerto domani, è aurora certa di resurrezione cristiana».

2. Le sapienti parole ripeteva fra me, viaggiando l\’altro ieri a questa città eletta, ove mi disponeva ad assistere umile ammiratore, a questo congresso eucaristico, o piuttosto a questa festa trionfale di Gesù in sacramento. E il mio pensiero correva a noverare gli indizi non fallaci di sano rinnovamento che accompagna il moto dei popoli verso il cat­tolicesimo ai nostri di. Ed esso in sé raccolto compiacevasi a contemplare la rinata scolastica che di novello succo ritempra tutti i rami dello scibile e le università cattoliche che tutte le contraddizioni dell\’umana ragione armonizzano nella fede; e il laicato dopo secoli di divorzio stringersi intorno ai parroci ed ai vescovi, e questi elevarsi nella comune reverenza; e sotto a duplice fascia di forza e di autorità purificarsi colle scuole, coi libri, coi giornali la vita intellettuale, ricomporsi colle società operaie, colle leggi tutrici, colle banche oneste la vita economica, e coll\’ingresso dei cattolici militanti nei consigli amministrativi e nelle aule parlamentari rigenerarsi la vita civile, e tutti, laicato ed ecclesiastica gerarchia, appuntarsi a difesa, ad illustrazione, a glorificazione del papato, e questo adergersi e giganteggiare nella universale venerazione e nelle comuni speranze.
Tutti questi indubbiamente sono argomenti giustificativi a confortare l\’ardita profezia del vescovo di Ginevra.

3. Ma quando io entro nei benedetti recinti di questo tempio e ammiro ecclesiastici e laici, l\’umile sacerdote e i vescovi venerandi, il sesso devoto e quello virile, operoso, l\’operaio della mano e della mente, la borghesia e la nobiltà, reduci tutti dalle quotidiane battaglie, prostrarsi e inneggiare a Gesù in sacramento, da lui solo e per lui solo impetrando lumi negli esercizi del pensiero, vigoria nelle imprese dell\’azione, per ricostruire il formoso edifizio dell\’ordine sociale cristiano, e sopra il suo fastigio ricollocare sublime il re invisibile dei nostri altari; oh allora la serena e remota previsione si converte d\’un tratto in una immanente e inestimabile certezza! E qui dove tutto si ammuta nell\’unico atto dell\’adorazione, qui dove l\’uomo, colle insidiose compiacenze o colle temerarie sorprese dell\’amor proprio scomparisce per non sentire che Dio, qui dove l\’ordine naturale si trova sopraffatto, trasmutato, assorbito nel trionfo del sovrannaturale, qui mi prorompe dall\’anima, vinto dal fulgore dell\’evidenza, il grido «questa è veramente aurora di resurrezione!».
Perocchè, o signori, non conviene dimenticare un vero fondamentale nella filosofia della storia, che di fronte a questi nuovi ed insoliti esperimenti si ridesta nel suo solenne ammaestramento; ed è che la coscienza nei popoli della perennità dei propri destini, e quindi la fede in una recondita e incessante virtù di successivo risorgimento in cui consiste il progresso della civiltà, non è prodotto esclusivo della ragione e di umane virtù, ma ben meglio è un frutto del sovrannaturale, che da Cristo promana e in Cristo si consuma. Ben credettero i dotti della rivoluzione francese di erigere a teoria fondamentale il progresso indefinito, come riflesso dello. sviluppo naturale dello spirito umano; e il positivismo dell\’età nostra di raffermarlo come una legge di evoluzione di cui la società racchiude nel proprio organismo l\’impulso e la legge fatale.
Ma ciò è storicamente vero. All\’infuori dell\’azione sovrannaturale del cristianesimo noi sappiamo che i popoli, fra ricorrenti istanti di splendore, tocco finalmente un fugace apogeo, ebbero bensì il sentimento della propria decadenza e ruina, ma del proprio risorgimento giammai! Anzi la civiltà orientale si contrassegna oggi stesso da quella d\’occidente dove si diffuse la mite luce di Cristo, in ciò appunto che in essa è completa l\’assenza di ogni senso di civile rinnovazione e di progresso! I cinesi s\’adagiano superbamente contenti nella loro millenaria mediocrità.
L\’India ancor più erige a dogma filosofico-religioso, quella stessa avvilente deiezione in cui essa precipitò remotamente da una sapientissima civiltà primitiva; e duecento milioni di indiani, in nome di un panteismo trascendente, odiando la vita di quaggiù e ogni sua nobile aspirazione, a null\’altro agognano che a spegnersi e confondersi nel gran mare dell\’essere. Il genio ellenico, colla mobilità degli ingegni, colla emancipazione della individualità, colla armonia della penetrazione filosofica e della fecondità estetica, parea destinato a non smarrire giammai la vivace e altera coscienza della propria superiorità che lo conduceva a chiamar barbara ogni altra nazione fuor dei suoi confini, o non partecipi alla sua privilegiata cultura. Ma tocco l\’acme eccelso di sua fortuna, un senso di profondo decadimento pervade quelle popolazioni civilizzatrici per eccellenza. Esse aggirandosi infruttuosamente in se stesse maturano i germi di un completo disfacimento, del cui termine finale si fa testimonio Sallustio quando scriveva: apud graecos, fides, labor, virtus nulla sunt.
Nessun popolo in tutta l\’antichità pagana ebbe più lucida e orgogliosa coscienza di una missione provvidenziale e quasi divina nel governo universale del mondo dei romani. Ma ad un certo momento di lunga mano preparato nei disegni della Provvidenza uno sgomento occupa le menti e i cuori; ed è quello di una irreparabile ruina, che letterati, filosofi, uomini d\’arme e di toga, imperatori e popolo, sentono, confessano, subiscono fremebondi, come un decreto inesorabile del fato; ed è anzi questa tetra, terribile ed universale convinzione di un definitivo dissolvimento, che rende solenne e quasi direi sublime l\’agonia di Roma!
E l\’età moderna, la quale spezzando colla propria mano, demolendo ad uno ad uno e disperdendo tutti i prodotti di quella civiltà, che dai tempi apostolici al culmine del medioevo, era stata un\’ammiranda costruzione ex novo del sovrannaturale cristiano, l\’età moderna, ripeto, che si affrettò a proclamare in nome della natura e della ragione umana emancipata il progresso sociale indefinito, essa che fino a ieri si vantò di questa febbre di avanzamenti che perseguita le nazioni del secolo nostro, oggi per terribile e giusto giudizio di Dio respinge con isdegno quell\’ottimismo superbo che non ponea limiti alla elevazione della civiltà, in nome di un pessimismo che informa lettere, arti, scienze, governi, politica e costumanze, e con rabbia distruggitrice inneggia satanicamente al nichilismo ed alla pandistruzione! Oh veramente il dì che l\’uomo presunse di pareggiarsi a Dio e affermò di essere tutto, si accorse di essere niente, e tutta intera la civiltà, questo preteso prodotto delle sue mani, egli stesso sente precipitare inesorabilmente al nulla!
Oh! No, o signori, l\’idea dei perenni destini della umanità e del successivo rinnovamento di civiltà non è che cristiana! Ed è precisamente in virtù di questa cristiana idea, trapassata già nella coscienza popolare (in cui essa poté offuscarsi, ma non spegnersi mai) che allorquando contempliamo oggi dì le generazioni ritemprate alla fede del Cristo, confessare il bisogno del sovrannaturale ed invocare che esso le salvi dall\’abisso di novella barbarie, noi possiamo coll\’entusiasmo d\’antica fede che non fallisce, ripetere dal fondo del cuore: questa è aurora di resurrezione!
Ma il grido fati dico non va ormai più scompagnato da un\’altra verità; e noi siam tosto tratti a soggiungere: se questa è resurrezione, il culto dell\’Eucaristia ne è il lievito divino ed il germe immortale.
Non vi ha infatti possibilità di alcun profondo e duraturo risorgimento di civiltà, senza tre indispensabili presidi: senza grandi idee, senza vigorosi affetti, senza eroici sacrifici. Questa triplice condizione rimase assegnata ed imposta alla cristianità per ogni nuovo grado di ascensione nell\’incivilimento da quel dì che il primo e decisivo trapasso dalle tenebre del paganesimo alla luce rinnovatrice del vangelo, aveva richiesto la sapienza, la carità e la immolazione di un Dio!
Or bene: questa sublime verità dimostrano di aver compreso le generazioni del sec. XIX quando le vediamo desolate per le ruine che le accerchiano prostrarsi ai piedi di quegli altari, ove risiede Gesù che ha detto agli individui ed ai popoli: «Io sono la resurrezione e la vita, e chi crede in me, anco se fosse morto vivrà»; ben la compresero, dacché le scorgiamo accalcarsi in tutta Europa in questi insoliti congressi eucaristici, ove si inneggia al re perpetuamente presente alle nazioni e con esse peregrinante nel secolare cammino della civiltà.
Qui veramente il segreto del risorgimento per la insidiata e pericolante società dei giorni nostri.
L\’età moderna geme schiacciata sotto il pondo della materia; né solo per triste influsso di dottrine materialiste, ma per il parossismo di materiali cupidigie, che comprime e soffoca ogni slancio dell\’idea. E qui ai piedi di Gesù, dell\’eterna idea, del logos, della sapienza incarnata, noi accendiamo nuovi e sublimi ideali, discopriamo vastissimi orizzonti, ci inebriamo di luce purissima, e popoliamo il deserto di questa terra con immagini di perfezioni elette, che addita il nuovo ed eccelso fastigio della ventura civile civiltà cristiana!
La società moderna agonizza nell’egoismo che assidera e nell’odio che annienta. E qui sul petto di Gesù attingiamo l\’amore puro, l\’amore operoso, l\’amore forte, che riscalda, rifeconda ricostruisce la novella società fondata sulla giustizia e carità. La civiltà moderna travolta dallo spirito di distruzione si apparecchia a tutto sacrificare, libertà, proprietà, ricchezza, classi, Stato, perché con esse muoia e scompaia questa odiata civiltà umana! E noi da questo benedetto Gesù, che ogni giorno su mille altari si immola per i suoi figli, noi impareremo a sacrificarci fino alla morte perché la società risorga e viva di vita divina.
L\’ora presente è gravida di tenebre e di paurosi scoraggiamenti all\’aspetto dell\’ignoto e cupo baratro che attende la civiltà. E noi fissando lo sguardo a quest\’ostia immacolata simbolo di vittoria eterna nei cieli, ma ancor pegno di progressive conquiste sulla terra, riaccendiamo la fede fulgida e inconcussa nei sublimi destini della civiltà e nella infallibile resurrezione di cui oggi salutiamo fidenti e lieti gli albori!
A voi pertanto disgraziati fratelli l\’inno tenebroso di Satana, che è annuncio funereo di morte agli individui ed alle società; a noi il peana del trionfo di Cristo che è preludio di rigenerazione alla grazia ed alla civiltà. A voi infelici la desolazione di un mondo ridiventato pagano che sotto i vostri occhi alla luce di corrusco tramonto irreparabilmente si dissolve, a noi la letizia di un mondo cristiano, che ai raggi di questa aurora del secolo del sacramento si rinnovella e risplende.
Esso ormai si disegna nelle armoniche sue linee in sull\’orizzonte mattutino ma la nostra immortale speranza ancor ne anticipa la grandiosa visione nei fulgori di un prossimo maggio.
Già noi contempliamo oggidì risorta in tutta la sua maestà la divina gerarchia della Chiesa che in ogni parte del mondo diffusa, vieppiù s\’incentra nel magistero infallibile del papato, novellamente eretto sul monte, luce e guida ai principi ed alle nazioni.
Ma risorgerà colla Chiesa l\’ordine sociale cristiano, che ne è legittima ed ammiranda filiazione, guarentigia saldissima di civile conservazione e progresso; e risorgerà ancora la repubblica dei popoli cristiani che intorno al centro della Chiesa si coordina e si libra; e risorgeranno le genti latine ministre di cultura cristiana nell\’universo; e in mezzo ad esse finalmente risorgerà il primato d\’Italia nostra, custode e vindice di quella perenne missione di religione e di civiltà, che Dio volle perennemente. commessa al pontefice e re visibile in Roma, rappresentante del pontefice e re invisibile di tutte le nazioni, Cristo Gesù!
Ave rex, resurrecturi te salutant!