S. VULSTANO DI WORCESTER (1012-1095)

Un giorno, dopo un successo riportato in un torneo, una giovane donna gli si avvicinò e danzò con grazia alla sua presenza per celebrarne il trionfo. A quello spettacolo Vulstano sentì per un istante la fiamma della passione impura sconvolgergli l’animo. Per non restarne vittima prese l’eroica decisione di andarsi ad avvoltolare in uno spinoso cespuglio. Mentre senza pietà martoriava il suo corpo, versava abbondanti lacrime per il timore di aver acconsentito alla tentazione. In premio di tanta virtù Dio gli concesse di allontanarsi di là con l’anima tranquilla, e di non essere tormentato mai più da stimoli sensuali.

19 gennaio
Vulstano nacque nel 1012 a Long Itchington, nella contea di Warwich (Inghilterra) da piissimi genitori. Dopo la prima educazione, fu mandato a perfezionarsi nello studio, nella preghiera e nel lavoro presso le abbazie di Evesham e di Peterborouch. Fu là che egli concepì il desiderio di santificarsi. Quando ritornò in famiglia comprese subito con quanta facilità un giovane poteva perdere l’innocenza battesimale a causa delle continue seduzioni del mondo. Un giorno, dopo un successo riportato in un torneo, una giovane donna gli si avvicinò e danzò con grazia alla sua presenza per celebrarne il trionfo. A quello spettacolo Vulstano sentì per un istante la fiamma della passione impura sconvolgergli l’animo. Per non restarne vittima prese l’eroica decisione di andarsi ad avvoltolare in uno spinoso cespuglio. Mentre senza pietà martoriava il suo corpo, versava abbondanti lacrime per il timore di aver acconsentito alla tentazione. In premio di tanta virtù Dio gli concesse di allontanarsi di là con l’anima tranquilla, e di non essere tormentato mai più da stimoli sensuali.
Dopo qualche anno i genitori del santo, di comune accordo, decisero di abbracciare a Worcester la vita religiosa. Il loro figlio si mise allora sotto la direzione del vescovo del luogo, che lo consacrò sacerdote, per l’alta stima che ne aveva concepito. Vulstano, al quale la madre aveva ispirato un grande amore per la vita monastica, non acconsenti ad applicarsi al ministero pastorale. Entrò quindi nel monastero che sorgeva accanto alla cattedrale, e per oltre venticinque anni vi esercitò le funzioni di professore, di cantore, di sacrestano, e, infine, di priore. Notte e giorno il santo serviva Dio nel tempio, predicava al popolo, consigliava i sacerdoti, praticava austere penitenze e una continua sottomissione. La sua vita era così oscura e ritirata che pochi lo conoscevano fuori città. Si racconta tuttavia che l’orgoglioso Aroldo II, conte di Wessex, abbia fatto un viaggio di trenta miglia per andarsi a confessare da lui e raccomandarsi alle sue preghiere.
Verso il 1062 due cardinali giunsero a Worcester con Aldredo, arcivescovo di York. Essi trascorsero la quaresima nell’abbazia di cui Vulstano era priore, e ne rimasero talmente edificati che, appena rientrarono alla corte del re S. Edoardo III si accordarono nel dire che il pio monaco era il migliore candidato che si potesse proporre per la sede vacante di Worcester. Vulstano cedette all’imposizione del suo re, e Aldredo l’8-9-1062 lo consacrò vescovo di quella sede di cui egli era l’amministratore. Il neo eletto adempì fino allo scrupolo i doveri del buon vescovo, e benché non godesse riputazione di sapiente, seppe tuttavia esporre la parola di Dio con un’unzione che inteneriva gli uditori fino alle lacrime. Sono rimasti memorabili i successi da lui ottenuti tra gli abitanti di Bristol col suo talento oratorio. Né i re, né i Papi avevano potuto distoglierli dall’abominevole traffico di schiavi indigeni. Vulstano tanto disse e tanto fece che riuscì a convincerli.
Lo zelante vescovo si sforzò soprattutto di santificare i suoi diocesani con frequenti visite pastorali. Durante le sue apostoliche peregrinazioni recitava salmi, litanie, ufficiature dei morti. Al suo maggiordomo aveva dato ordine di tenere sempre la borsa ben provvista di denaro, e sempre pronta ad aprirsi per tutti i bisognosi. Lungo il percorso faceva delle stazioni nelle chiese che incontrava, ora per riprendere i peccatori, ora per ordinare sacerdoti, ora per consacrare altari, ora per confessare e amministrare la cresima. Più di una volta gli capitò di dover trascorrere tutta la giornata, a digiuno, per cresimare fino a due o tremila fanciulli che gli venivano condotti dalle città vicine. Il popolo aveva grande fiducia in lui perché paterno e giusto nello stesso tempo. Molti approfittavano del suo passaggio per ricevere da lui l’assoluzione dei propri peccati. La sera, prima di andare a riposare, il santo pastore faceva immancabilmente una visita alla chiesa. Egli fece ricostruire l’antica sua cattedrale che era stata edificata da S. Osvaldo, re di Northumbria (+642), e dotò di chiese i luoghi della sua diocesi che ne erano sprovvisti.
Vulstano represse con grande libertà di modi quanto di effeminato trovava nello persone di corte. Malgrado i suoi rimproveri e la sua severità, tutti lo ammiravano e l’amavano. Egli fu l’ultimo vescovo a ricevere il bastone pastorale dalle mani di un re sassone. Alla morte di S. Edoardo III ( + 1066), Guglielmo I il Conquistatore, figlio di Roberto I di Normandia, pretese di succedergli sul trono. Passò difatti la Manica con l’aiuto di papa Alessandro II e di Baldovino V di Fiandra, sconfisse ad Hastings il conte Aroldo (1066) succeduto a Edoardo, distribuì le terre conquistate ai suoi fidi luogotenenti, e i vescovadi ai prelati normanni. All’arcivescovo di Canterbury, Stigand, deposto per simonia, Guglielmo sostituì il canonista Lanfranco di Pavia (1070), benedettino, che collaborò con lui seguendo le direttive di S. Gregorio VII, attenuandone però l’intransigenza circa il celibato del clero e l’investitura laica.
Vulstano fu uno dei rari vescovi che non rinunziarono alla loro sede. In un sinodo tenuto a Westminster sotto la presidenza di Lanfranco, egli fu invitato a consegnare l’anello e il pastorale perché a. motivo della sua semplicità e scarsa dottrina non era ritenuto adatto al governo della diocesi. Il santo si alzò, ammise di essere indegno dell’ufficio che Edoardo III e la santa Sede lo avevano costretto ad accettare “ma – soggiunse – soltanto al re io restituirò il bastone pastorale” – Si recò quindi alla tomba del santo monarca colà sepolto e, con l’estremità del pastorale, ne percosse il coperchio che cedette all’urto come terra molle. Subito dopo andò a prendere posto tra i monaci. Nessuno riuscì a togliere il pastorale dalla pietra tombale in cui era stato infisso. Lanfranco ricusò allora di accettare una dimissione contro la quale il cielo si era manifestamente dichiarato con un prodigio. Invitò Vulstano ad andare a riprendere il suo pastorale, e il santo non tardò ad estrarlo, con estrema facilità, dal luogo in cui lo aveva lasciato.
Finché visse, il Santo pastore fu onorato dai conquistatori, ascoltato alla corte di Guglielmo I (+1087) e apprezzato da Lanfranco (+1089), il quale gli affidò la visita canonica della diocesi di Chester. Agli inglesi che si lamentavano dell’oppressione dei normanni, egli rispondeva: “È un castigo che Dio ha permesso per i nostri peccati; dobbiamo sopportarlo con pazienza senza preoccuparci del bastone con cui ci percuote”. Egli sopravvisse al re e al primate, e assistette alla consacrazione di S. Anselmo di Aosta eletto nel 1093 arcivescovo di Canterbury.
La cura che Vulstano si prendeva per la salute delle anime a lui affidate non gli faceva dimenticare la propria. Egli serviva Dio con la frequente celebrazione della Messa, contrariamente all’uso del tempo, con l’assidua preghiera, le abbondanti elargizioni ai poveri e i frequenti digiuni. Si racconta che un giorno, mentre celebrava il divino Sacrificio, sentì l’odore di un’oca che le persone di servizio facevano cuocere secondo il suo desiderio. Il profumo dell’arrosto gli fece venire per un istante l’acquolina in bocca, ma egli ricacciò prontamente quella tentazione di gola promettendo al Signore, presente sull’altare, di non mangiare più per tutta la vita carne di oca. Quando gliela presentavano nei pranzi ai quali interveniva per convenienze sociali, per non mangiarla faceva finta che non fosse di suo gradimento.
Nella festa di Pentecoste Vulstano fu assalito da una febbre continua che l’indebolì progressivamente. Capì che la morte si avvicinava, quindi vi si preparò moltiplicando le preghiere e le austerità. Il 1-1-1095 si mise definitivamente a letto. Con gli occhi piamente rivolti all’altare che si trovava nella camera, egli seguiva mentalmente la recita dei salmi e univa qualche volta la sua voce a quella dei salmodianti. Morì il 19 gennaio dello stesso anno dopo trentatré anni di episcopato. Fu sepolto nella cattedrale senza che nessuno, come aveva predetto, riuscisse a sfilargli l’anello episcopale dal dito. Il suo sepolcro diventò ben presto glorioso per i miracoli che su di esso si verificarono. A cent’anni dalla morte, il corpo del santo fu esumato e trovato incorrotto. Innocenzo III lo canonizzò nel 1203.
S. Vulstano viene raffigurato nell’atto di rendere la vista, con un segno di croce, a una religiosa cieca, e di conficcare il suo bastone pastorale nella tomba del santo re Edoardo III, detto il confessore.
 
 Sac. Guido Pettinati SSP,
I Santi canonizzati del giorno, vol. 1, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 220-223.
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