S. GERARDO di TOUL (935-994)

Gerardo nacque nel 935 a Colonia, al tempo di Ottone I, della casa di Sassonia, imperatore romano e re di Germania, famoso per aver sottratto i dignitari ecclesiastici dalla dipendenza dei signori laici, attribuendo loro la signoria su parecchie città ed elevandone molti a conti palatini. I suoi genitori l’affidarono, per la formazione, ad una comunità di canonici viventi a Colonia presso la chiesa dì S. Pietro. Rimasto molto presto orfano, alla loro scuola Gerardo imparò a vincere le seduzioni del mondo. Sua madre Emma era stata colpita da un fulmine. Il fanciullo nella sua semplicità credette che quella disgrazia fosse accaduta in punizione delle sue colpe, motivo per cui si sottopose a una rigorosa penitenza che gli permise di perseverare nella pratica della castità e di abbracciare la regola che seguivano i chierici di San Pietro.

S. Gerardo fu allora nominato economo del capitolo, ed elevato alla dignità del sacerdozio malgrado le opposizioni suggeritegli dalla sua umiltà. Fino a ventotto anni condusse una vita nascosta, piena di austerità, di veglie e salmodie. Alla morte di S. Gauzelino (+962), vescovo di Toul, nella Lorena, annessa alla Germania nel 925, una deputazione di canonici della città si presentò a Brunone, arcivescovo di Colonia, fratello di Ottone I in quel tempo trattenuto in Italia, per chiedergli come successore di lui S. Gerardo. Malgrado tutti gli sforzi per sottrarsi a quella pesante responsabilità, egli fu consacrato vescovo a Treviri il 29-3-963.


Gli abitanti di Toul lo ricevettero come un angelo tutelare. Nell’esercizio delle sue funzioni episcopali mostrò uno zelo misto di dolcezza e severità, continuò a praticare le medesime austerità e penitenze di un tempo, consacrò ogni giorno molte ore alla preghiera e alla lettura della Bibbia o di libri di devozione persino durante i pasti frugali o le ore d’insonnia. Egli aveva pure la buona abitudine, dopo le preghiere della sera, di dare l’assoluzione a tutti coloro che aveva scomunicato nell’intento di ottenergliene da Dio il desiderio. Gerardo esercitò personalmente e con successo il ministero della predicazione, e si adoperò perché il suo gregge fosse convenientemente istruito. Tutte le sue cure furono sempre rivolte agli interessi spirituali dei suoi diocesani. A Toul egli fece costruire una nuova cattedrale dedicata, nel 981, a S. Stefano, che dotò di reliquie dei SS. Apro e Apronia, e una chiesa a S. Gengolfo con annessa un’abbazia di religiose, sostituite in seguito con dei chierici. Si occupò delle necessità materiali o spirituali dei monasteri, specialmente di quelli di San Apro e di San Mansueto, due antichi vescovi della città.


Oltre che curare il bene spirituale del suo popolo, S. Gerardo consolò gli afflitti e nutrì i poveri con i proventi della mensa vescovile. Egli stesso ne andò in cerca per condurii nel suo palazzo, lavare loro i piedi e servirli a tavola. Si adoperò pure per la fondazione di un ospedale e si sovraspese nell’assistenza ai pellegrini e ai contagiati. Testimone impotente delle stragi che la peste causava nella diocesi, una volta egli ordinò un digiuno di tre giorni per placare la collera di Dio, e fece portare solennemente in processione i corpi dei Santi Mansueto e Apro. Tuttavia, invece di cessare, la peste aumentò ancora di più. Gerardo raddoppiò allora le sue suppliche, eccitò il suo gregge a una preghiera continua e a una penitenza sincera. In tal modo il cielo fu piegato a misericordia e la peste cessò tutto ad una tratto.


Desideroso di recarsi in pellegrinaggio a Roma per visitare le tombe dei Principi degli Apostoli, S. Gerardo fece riempire i suoi granai affinché i poveri non soffrissero la fame durante la sua assenza. Nel viaggio volle essere accompagnato da dodici chierici e monaci, i quali lo precedettero a due a due recitando alternativamente i salmi. A Pavia incontrò S. Maiolo (+994), abate di Cluny, frequentemente in viaggi per diffondere la riforma della sua Congregazione in Italia e S. Adalberto, vescovo di Praga (1997), costretto a fuggire a Roma per le difficoltà incontrate nell’introdurre il cristianesimo tra i pagani della sua diocesi. In una refezione che prese con loro il suo primo biografo asserisce che Gerardo cambiò l’acqua in vino, A Roma andò a pregare sulla tomba di Ottone II (+983), che era stato gravemente sconfitto a Stilo in Calabria dai Saraceni l’anno precedente la sua morte, ma non poté celebrare la Messa sulla tomba dei santi Apostoli come avrebbe desiderato.


Ritornato in sede. il santo compose un saggio regolamento per l’amministrazione della giustizia e del commercio. Difensore della Chiesa contro le ingerenze laicali, e dei poveri contro la rapacità dei signori, poco mancò che cadesse vittima di due di loro. Non avendo potuto ridurli a migliori sentimenti con la dolcezza e la moderazione, credette suo dovere scomunicarli. Risoluti di ucciderlo, i due ribaldi lo seguirono un giorno fino a Manoncourt-en-Vermois. Appena Gerardo andò in chiesa a pregare, uno di loro, Olderico, gli si avvicinò con un pugnale in mano e lo minacciò di morte se non revocava la sentenza. Il santo vi acconsentì a condizione che i due principi facessero una sincera penitenza dei loro delitti, e riparassero tutti i danni causati alla Chiesa con la loro ribellione. Olderico, sensibilmente commosso, promise di adempiere a quelle condizioni, ma essendo ricaduto negli stessi disordini di prima, incorse questa volta nella scomunica di tutti i vescovi della Francia.


In vita, S. Gerardo ebbe il dono dei miracoli e della profezia. Quando seppe che alcuni mettevano in dubbio la santità del suo predecessore, S. Gauzelino, ottenne da Dio la rivelazione che egli godeva in cielo della stessa beatitudine di S, Apollinare, vescovo di Ravenna e martire. Una notte in cui il sacrestano aveva lasciato acceso un cero davanti alle reliquie di S. Mansueto, S. Gerardo ebbe conoscenza, per superna illuminazione, dell’incendio che minacciava l’edificio e mandò uno dei suoi chierici a scongiurare il disastro.


Mentre recitava, come al solito, dopo il mattutino detto con i suoi canonici, alcuni salmi davanti all’altare di S. Biagio, fu colpito da un violento mal di testa. Ne morì il 23-4-994 dopo aver esortato il clero e il popolo all’amor di Dio e alla pratica dei comandamenti. Fu sepolto nella cattedrale. Le sue virtù, i miracoli operatisi sul suo sepolcro, indussero S. Leone IX, un tempo suo successore nell’episcopato di Toul, a canonizzarlo nel 1050.




Sac. Guido Pettinati SSP,


I Santi canonizzati del giorno, vol. 4, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 281-284.


http://www.edizionisegno.it/