Libro III – Cap. 10 La rivoluzione francese (II)

Prof. A. Torresani. 10. 4  L’Assemblea Legislativa (1791-1792) – 10. 5  La Convenzione Nazionale (1792-1795) – 10. 6  Il Direttorio (1795-1799) – 10. 7  Cronologia essenziale – 10. 8  Il documento storico – 10. 9  In biblioteca.
 

10. 4 L’Assemblea Legislativa (1791-1792)
     Dopo aver celebrato le prime elezioni a suffragio ristretto, il 1° ottobre 1791 iniziò i lavori l’Assemblea Legislativa per applicare la nuova costituzione che prevedeva una monarchia moderata, una Camera unica e un governo responsabile verso il Parlamento.
Configurazione politica dell’Assemblea Legislativa L’ala sini­stra della Legislativa era formata dai Giacobini e dai Cordiglie­ri ai quali si erano uniti altri 136 deputati. Molto più numerosi erano coloro che si riconoscevano sotto la guida politica del partito dei Fo­glianti, formato per secessione dal Club dei Giacobini, su posizioni più moderate.
I Girondini Poiché Robespierre e gli altri capi più influenti non erano deputati, la guida politica dei radicali fu assunta da Jacques Pierre Brissot, un personaggio che si era messo in luce fondando una società antischiavista e un giornale, il Patriote français divenuto un importante organo di stampa della sinistra. Sembra accertato che il Brissot facesse parte del gruppo di rivoluzionari che accettavano finanziamenti e ispi­razione dal duca di Orléans. Il Brissot ebbe una parte di rilievo nell’organizzazione della giornata del Campo di Marte nel luglio 1791 che gli fruttò l’elezione in rappresentanza di Parigi all’Assemblea Legislativa. A lui si unirono alcuni deputati provenienti dal distretto della Gironda, soprattutto il Vergniaud.
Caratteristiche dei Girondini I Girondini, come poi furono chiamati, non formarono un partito, ma solo un raggruppamento che per alcuni mesi ebbe di fatto la guida dell’Assemblea Legislativa. Erano idealisti, vagamente repubblicani: per prima cosa fecero votare un decreto contro gli emigrati e contro il clero refrattario. Questi decreti li misero in conflitto col re che era sin­ceramente religioso e aveva molti parenti tra gli emigrati.
I Girondini si orientano alla guerra Non è possibile trova­re nell’opera dei Girondini un preciso piano d’azione, ma è certo che giocarono la carta della guerra europea, ritenendo che la diffusione delle idee rivoluzionarie negli Stati confinanti con la Francia li avrebbe paralizzati per qualche tempo. Pensavano inoltre che il patriotti­smo francese avrebbe superato i dissensi inter­ni. Queste previsioni risultaro­no errate, conducendo alla rovina i Girondini, alla guerra europea e al terrore.
Condanna internazionale della rivoluzione La guerra non era l’e­sito scontato della rivoluzione. Il pacifismo era caratteri­stica della letteratura illuminista e della maggioranza dei deputati della Legislativa. All’estero, tut­tavia, cresceva la resistenza alle idee rivo­luzionarie, espressa nelle Reflections on the Revolution in France di Edmund Burke.
Gli emigrati Sulla frontiera del Reno piccoli gruppi di emigrati diretti dal fratello di Luigi XVI, il conte di Artois, brigavano perché le potenze straniere intervenissero in Francia per restaurare l’antico regime. Austria e Prussia temevano la politica della Russia, tro­vando pericoloso il vuoto politico prodotto dalle vicende france­si nel sistema internazionale. La Gran Bretagna si trovava sotto la guida di William Pitt il Giovane, contento che la Francia si trovasse in una situazione di paralisi internazionale.
La dichiarazione di Pillnitz Maria Antonietta guidava il movimento antirivoluzionario, sperando nel fra­tello Leopoldo, divenuto imperatore nel 1790. Leopoldo II si in­contrò a Pillnitz nell’agosto 1791 col re di Prussia Federico Guglielmo II e l’elettore di Sassonia nella residenza estiva di quest’ultimo. Al termine dell’incontro fu emesso un comuni­cato affermante che i sovrani d’Europa erano preoccupati per la sorte del re di Francia, dichiarandosi disposti, se necessario, a intervenire per ripristinare i diritti di Luigi XVI. Se il re di Francia avesse avuto una mente politica, doveva rispondere che la sua sicurezza non era minacciata e che l’intervento straniero lo avrebbe posto alla testa del suo popolo. I rivoluzionari, di fronte al silenzio del re, ritennero vero il contrario.
I Girondini verso la guerra L’agitazione a favore della guerra invase i Girondini. Solo il Robespierre si oppose al ricorso alle armi, ritenendo possibile la sconfitta che avrebbe fatto il gioco del re e della de­stra.
Conflitto tra Robespierre e Brissot Il duello tra Robespierre e Brissot, all’interno del club dei Giacobini, fu epico: prevalse l’opinione del Brissot anche perché il Robespierre non era depu­tato alla Legislativa. Nel marzo 1792 il Brissot costrinse il go­verno alle dimissioni, formandone uno di soli Giron­dini: al ministero della guerra andò il generale Charles François Dumouriez. Il suo piano era di isolare l’Austria dalle al­tre potenze: Custine fu inviato a Berlino e Talleyrand a Londra per indurre quei governi a non intervenire in guerra; infine fu intimato all’Austria di ridurre gli armamenti. Il 20 aprile il governo presentò all’Assemblea Legislativa la di­chiarazione di guerra all’Austria.
Impreparazione militare Il dramma era che  non si era fatto nulla perché la guerra potesse essere vinta. Su 9000 uffi­ciali, circa 6000 erano emigrati all’estero, inoltre mancavano armi ed equipaggiamenti. L’arruolamento di volontari aveva dato scarsi risultati e le truppe erano poco affidabili. Infatti, al primo scontro, dopo aver varcato la frontiera l’esercito francese fu respinto e i soldati fuggirono a Lille dove massacrarono il loro generale e alcuni prigio­nieri austriaci. Così avvenne su tutti i fronti e perciò la Fran­cia rimase aperta all’invasione. Solo la tattica antiquata del duca di Brunswick, comandante dell’esercito austro-prussiano, salvò la Francia dal crollo completo.
I Girondini in difficoltà A Parigi i Girondini si trovarono sot­to il peso della catastrofe militare e delle difficoltà finanzia­rie che la sconfitta esasperava. L’assegnato era accettato a metà del valore nominale e i mercati non erano riforniti perché i contadini pretendevano il pagamento in moneta metallica. Ci furo­no i consueti tumulti per il pane; per di più scoppiò la rivolta dei negri di Santo Domingo, facendo scarseggiare lo zucche­ro.
Il dilemma dei Girondini I Girondini avevano due possibilità: o allearsi con i moderati per reprimere i disordini; o spo­starsi a sinistra alleandosi con i Giacobini per promuovere una politica più radicale. I Girondini non operarono alcuna scelta, limitandosi al radicalismo verbale di denuncia dei complotti, reali o presunti, da parte della corte e dei nobili.
Una nuova giornata rivoluzionaria Il 10 giugno 1792 il ministro degli interni Roland inviò una lettera violentissima al re, re­datta dalla moglie che fungeva da mente politica del movimento dei Girondini: il re fu accusato di ricorrere al veto per im­pedire la condanna dei preti refrattari e la creazione di un cam­po trincerato intorno a Parigi per i contingenti della Guardia Nazionale a difesa della capitale. Il re licenziò il mi­nistro Roland e altri due tra i più accesi sostenitori. Subito si scatenarono gli agitatori di piazza,  guidando una manifestazione che il 20 giugno entrò nell’appartamento del re alle Tuileries, obbligandolo a bere al successo della rivoluzione. Il 3 luglio Vergniaud accusò il re di guidare gli eserciti stranieri nell’invasione della Francia. L’8 luglio cominciarono ad arrivare a Parigi i contingenti pro­vinciali della Guardia Nazionale. Costoro, circa 4500, fu­rono indottrinati dai Giacobini e in luogo di essere i preto­riani dei Girondini, ne furono i controllori.
Distribuzione di armi La situazione di Parigi si aggravò. Il sindaco Pétion distribuì armi alla folla senza rendersi conto del pericolo che creava. Intanto si mise in luce un personaggio ancora più temibile, Georges-Jacques Danton, insuperabile nel guidare la folla in decisi colpi di ma­no. I Girondini non controllavano la capitale che avevano contribuito a sollevare. Il capo più prestigioso rimaneva il Robespierre che poteva vantare d’aver previsto il crollo mili­tare e l’esplosione della violenza popolare: il 29 luglio egli chiese l’elezione di una nuova Camera, la Convenzione Nazionale, eletta a suffragio universale.
La Comune rivoluzionaria Il 9 agosto 1792, la sezione del Fau­burg Saint-Antoine proclamò la creazione di una Comune rivoluzio­naria in sessione permanente. Il giorno dopo i federati bretoni e marsigliesi assalirono le Tuileries: la famiglia del re si pose sotto la protezione dell’Assemblea Legislativa, mentre infuriava la battaglia tra i dimostranti e le guardie nobili e svizzere di presidio alle Tuileries. L’attacco del 10 agosto fu una replica più sanguinosa della Basti­glia, una rivoluzione che fece cadere Gi­rondini e monarchia.
L’avanzata del duca di Brunswick L’autorità dell’Assemblea Legi­slativa risultò distrutta, mentre la situazione militare sul fronte belga andava male per i Francesi. Tuttavia, Austria e Prussia non colsero una clamorosa vittoria sulla rivoluzione perché nel 1792 erano impegnate con la Russia a realizzare la se­conda spartizione della Polonia. Il duca di Brunswick proseguiva la sua prudente avanzata in luogo di dare una spallata in direzione di Parigi: passando tra Metz e Sédan puntò su Longwy che capitolò nell’agosto 1792. La tappa successiva fu Verdun che cadde il 2 settembre.
Un clima politico arroventato A Parigi avvennero massacri e uc­cisioni in un clima che ricordava la grande paura dell’89. Nel pomeriggio del 2 settembre 1792 fu assalita la prigione dei Carmelitani dove c’e­rano circa 200 preti che dopo un processo di burla furono uccisi e gettati in un pozzo. Alla Salpetrière furono uccise 35 donne. Le stragi durarono fino al giorno 7 e i morti furono almeno 1400: molti erano nobili o pre­ti refrattari, ma c’erano anche criminali comuni. Il 6 settembre la Comune di Parigi emanò un decreto per far cessare le stragi.
La Convenzione Nazionale In questa atmosfera avvennero le ele­zioni per la Convenzione Nazionale da parte di votanti condizionati dai Giacobini. Tra gli eletti c’era anche il Marat, il maggiore responsabile delle stragi di settembre. I Girondini furono eletti soprattutto nelle province ed era pos­sibile la loro riscossa politica perché sul piano militare ci fu una schiarita.
La battaglia di Valmy Il 7 settembre 1792 il Brunswick raggiunse le colline delle Argonne e cominciò una serie di marce intorno al Dumouriez per costringerlo a ritirarsi. Il Dumouriez, invece, si trincerò intorno al paese di Valmy con l’artiglieria, at­tendendo l’attacco del Brunswick. Il tempo era pessimo, pioveva e le strade erano trasformate in pantano che rendeva dif­ficile le manovre d’attacco. Il giorno 20 settembre, dopo un tentativo di avanzata bloccata da un intenso cannoneggiamen­to francese, il Brunswick decise di rimandare all’anno successivo la prosecuzione della campagna militare. Goethe, presente al seguito del Brunswick, sembra abbia detto: “Da questo luogo e da quest’ora comincia una nuova epoca dell’umanità”. Infatti, la mancata sconfitta della rivoluzione si tramutò nella sua vittoria.

10. 5 La Convenzione Nazionale (1792-1795)
     Il Dumouriez, l’eroe del giorno, ebbe l’aiuto dell’infaticabile Danton che gli procurò uomini e mezzi per pro­seguire la guerra con uno slancio offensivo reso vittorioso dall’entusiasmo patriottico.
Successi militari francesi Nell’autunno 1792 gli eserciti fran­cesi dilagarono oltre le frontiere: furono occupate Nizza e la Savoia a sud. Custine prese le città renane di Magonza, Worms e Francoforte. Dumouriez sconfisse gli Austria­ci a Jemappes e occupò Bruxelles.
Occupazione del Belgio La Convenzione Nazionale si affrettò a offrire protezione ai popoli oppressi e decretò in Belgio l’abolizione dei tributi feudali, delle decime e delle corporazioni. Poi decretò la confisca delle pro­prietà dell’imperatore e dei nobili, degli ordini religio­se e delle opere pie, istituendo un’amministrazione provvisoria francese per provvedere alle spese dell’esercito.
La prima Repubblica in Francia Il primo provvedimento della Con­venzione fu l’abolizione della monarchia e la numerazione degli anni a partire dal 21 settembre anno I della repubblica. In seno alla Convenzione permaneva la presenza dei Girondini ormai su po­sizioni di destra, mentre i Giacobini tenevano la sinistra o mon­tagna. La maggioranza dei deputati fu chiamata pianura o palu­de e, almeno all’inizio, sembrava incline a seguire le posizioni dei Girondini i cui capi erano noti in Francia, mentre i Giacobini erano conosciuti soprattutto a Parigi. Brissot, Roland e altri tentarono di mettere in stato di accusa Danton e Marat, ma fallirono e furono travolti dalla richiesta di mettere in stato di accusa il re.
Processo al re Luigi XVI In un armadio di ferro delle Tuileries era stata scoperta la corrispondenza segreta di Luigi XVI con l’Austria. I Girondini furono messi alle strette: se votavano a favore del re potevano essere denunciati come monarchi­ci e traditori; se votavano per la morte del re perdevano l’ap­poggio dei moderati che non volevano il processo. Vergniaud e Brissot tentarono di evitare il dilemma proponendo un referendum popolare, ma Robespierre fece respingere la proposta.
Morte del re Luigi XVI Luigi XVI fu condannato a morte e l’ese­cuzione avvenne il 21 gennaio 1793: il significato politico dell’esecuzione era che la rivoluzione intendeva proseguire il suo corso fino a coinvolgere l’Europa.
La guerra si estende Alcuni provvedimenti come l’apertura della Schelda alla navigazione internazionale, colpirono interessi britannici e olandesi, e così l’invio di provocatori in Gran Bretagna per estendere la rivoluzione. La risposta britannica fu la rottura delle relazioni diplomatiche con la Francia, il primo passo verso la guerra, dichiarata il 1° febbraio 1793.
Sconfitte francesi La Convenzione decretò il reclutamento di 300.000 uomini ma prima che essi fossero giunti al fronte iniziò la serie di sconfitte francesi: Dumouriez fu ricacciato da Maastricht, e il 18 marzo fu sconfitto a Neerwinden costringendo i Francesi a lasciare Bruxelles.
Dumouriez tenta il colpo di Stato Il Dumouriez cercò di realizzare il suo piano segreto: marciare su Parigi e mettere sul trono il giovanissimo Luigi XVII, facendo ripristina­re la Costituzione del 1791. Il tentativo di convincere i soldati a marciare su Parigi fallì, e il generale Dumouriez il 5 aprile disertò, passando nelle file degli Austriaci come già aveva fatto La Fayette. Custine era stato respinto dalla riva sinistra del Reno e in Vandea scoppiò la prima insurrezione guidata dai reali­sti. Nel frattempo le spese di guerra aggravarono l’inflazione, seguita da tumulti per il pane.
Inizio del terrore La Convenzione rispose con l’inasprimento delle leggi contro i preti refrattari e gli emigrati; fu isti­tuito il tribunale rivoluzionario che con procedura sommaria giudicava i traditori; nelle province furono inviati in missione alcuni membri della Convenzione con poteri eccezionali.
Il Comitato di salute pubblica Il 6 aprile 1793 fu istituito il Comitato di salute pubblica, che controllava il Consiglio ese­cutivo del governo, avendo a disposizione cospicui fondi. Nel primo Comitato di salute pubblica furono eletti Danton e Barère che non appartenevano alle fazioni opposte dei Girondini e dei Giacobini: tentarono una mediazione delle due fazioni divenute irriducibili, ma senza successo.
Caduta dei Girondini Il 29 maggio fu formato un comitato in­surrezionale ricavato dalle sezioni della Comune e il 2 giugno un’immensa folla con molte guardie nazionali circondò le Tuile­ries chiedendo la consegna dei Girondini. Couthon, fedele seguace del Robespierre, si fece trasportare alla tribuna – era paralizza­to – facendo decretare l’arresto dei convenzionali richiesti dalla folla. Da quel momento i Giacobini ebbero il controllo completo della Convenzione. Nei mesi successivi il Danton perdette il suo potere e crebbe quello del Robespierre.
Robespierre La figura di Maximilien de Robespierre è fondamenta­le per valutare la rivoluzione francese, ma rimane anche la più enigmatica. Si mise in luce fin dal tempo dell’Assemblea Costi­tuente con discorsi lucidi e spietati, pur senza essere un dema­gogo. Nel 1792 fu tra i pochi a schierarsi contro la guerra; più tardi sconfisse gli indulgenti e gli hébertisti, le frange cor­rotte o sanguinarie della rivoluzione. Credeva in ciò che diceva, non era un opportunista, non blandiva nessuno: era convinto che l’idea doveva trionfare e chi si opponeva all’i­dea doveva esser spazzato via. Per indole non era un sanguinario: eppure pochi rivoluzionari fecero lavorare il boia quanto lui. Il Robespierre era un seguace di Rousseau: convinto che gli uomini fossero buoni, ma fossero corrotti dalla società, intraprese la riforma della società per sradicare il vizio. Le condanne a mor­te, perciò, non erano espressione di crudeltà, bensì necessarie amputazioni di membra fradice per non infettare il resto dell’organismo. Il Robe­spierre non si rese conto che la terapia rischiava o di fare il deserto o di diffondere un terrore permanente per tenere a bada gli uomini. Quando cessò il pericolo esterno (le invasioni stra­niere) e quello interno (le rivolte delle province monarchiche), i Francesi che volevano godere i frutti dei mutamenti avvenuti, trovarono inaccettabile la dittatura della virtù del Robespierre e si accordarono per eliminarlo.
I culti rivoluzionari Dopo il 2 giugno 1793, ghigliottinati o dispersi i Girondini, i problemi della Francia si aggravarono. La politica religiosa della Convenzione si radicaliz­zò: senza fare alcuna distinzione tra preti refrattari e giurati, furono chiuse le chiese di Parigi per instaurare il culto della Ragione, cadendo in grottesche mascherate come la ballerina abbigliata da dea ragione, condotta in Notre-Dame per ricevere un culto civico.
Insurrezione della Vandea e di Lione La Bretagna insorse; in Vandea la coscrizione obbligatoria provocò la guerra civile. A Marsiglia e a Bordeaux i rappresentanti in missione furono cac­ciati con la violenza; a Lione i lavoratori della seta disoccupa­ti misero in prigione il sindaco e massacrarono 200 giacobini.
Uccisione di Marat Sul fronte delle Fiandre si profilava la pos­sibilità di un’invasione: Valenciennes cadde in mano al nemico. Tolone, la base navale più importante del Mediterraneo, fu consegnata dai realisti agli inglesi. Il 13 luglio Charlotte Cor­day, per vendicare i Girondini, pugnalò il Marat che si trovava in una specie di bagno-scrittoio (in quel tempo erano in voga te­rapie con lunghe immersioni in acqua). Quell’assassinio scatenò una reazione implacabile contro i moderati.
La legge dei sospetti Bastava un semplice sospetto per far im­prigionare e ghigliottinare i presunti nemici del popolo. A otto­bre fu ghigliottinata anche Maria Antonietta dopo un processo che rimise in piazza i trascorsi della regina. Fu ghigliottinato Filippo d’Orléans che aveva cercato di otte­nere il trono del cugino, e Lavoisier, fondatore della chimica scientifica.
I Giacobini al potere I Giacobini lasciarono ca­dere la difesa dell’economia di mercato: mobilitarono l’economia instaurando requisizioni e calmiere sui generi di prima necessità per placare la folla di Parigi. Tuttavia, a sini­stra dei Giacobini si stava facendo luce un gruppo sociale estra­neo alla borghesia, il proletariato urbano, i Sanculotti. Costoro, a parte il violento anticlericalismo, non avevano un chiaro programma politico: i loro capi cercavano il potere mandando alla ghigliottina i nemici. Oscuramente, tutti capivano che la rivoluzione passava il segno, dando la stura a forze devastanti che la ragione non controllava più.
Nuovi successi militari francesi La leva di massa e la repres­sione dei disordini interni, verso la fine del 1793, trionfarono sui nemici della rivoluzione. In ottobre Lione fu presa d’assalto; Tolone fu bombardata dal giovane Bonaparte e a dicembre si arre­se. I vandeani non riuscirono a stabilire un contatto con gli Inglesi e furono sconfitti, anche se la guerri­glia durò a lungo. L’esercito rivoluzionario nel lu­glio 1793 arrivò a circa 650.000 uomini: a ottobre gli Austriaci furono sconfitti a Wattignies. In Alsazia il generale Hoche passò i Vosgi e ricacciò il nemico; Kellermann liberò la Savoia; anche gli Spagnoli furono ricacciati oltre i Pirenei.
Caduta di Hébert e degli arrabbiati Il Comitato di salute pub­blica nei primi mesi del 1794 decise di normalizzare la situazio­ne economica. A Parigi era convenuta da tutta l’Europa una folla di finanzieri d’assalto, di speculatori che traevano profitti dalle difficoltà finanziarie della Fran­cia. Danton era il portavoce politico di quei gruppi di speculatori e, quando essi si trovarono presi di mira dagli ar­rabbiati guidati da Hébert, Danton e Camille Desmoulins lanciaro­no un violento attacco contro i metodi di delazione e di giusti­zia sommaria. La campagna di stampa ebbe successo, indizio del diffuso desiderio di normalità: il 24 marzo 1794 Hébert e i suoi luogotenenti furono ghigliottinati.
Caduta di Danton Il Robespierre tuttavia non permise che la sterzata a destra affievolisse la carica rivoluzionaria: il 5 aprile anche il Danton e i suoi uomini salirono il patibolo, sot­to accusa di “complotto straniero” della finanza internazionale contro la Francia. In quel momento il Comitato di salute pubblica cominciò a governare in una specie di vuoto politico perché erano morti i protagonisti della rivoluzione e cresce­vano coloro che erano disposti a compromessi purché cessasse il regime del terrore.
La rivoluzione continua Robespierre intuiva il perico­lo che l’antico regime, ingiusto e corrotto, fosse sostituito da un nuovo regime, altrettanto ingiusto e corrotto. Lanciò una specie di programma di educazione nazionale, per te­nere sotto controllo gli opportunisti mediante una notevole dose di terrore.
Nuovi successi militari francesi C’era ancora la guerra per impedire di abbassare la guardia, ma anche in questo settore la fortuna cominciò a favorire le armate francesi: il generale Jourdan riuscì a sconfiggere a Fleu­rus (26 giugno 1794) le armate alleate e i soldati francesi dila­garono fino a Liegi e Anversa. Perfino sul mare i Francesi conseguirono qualche successo: il 1° giugno 1794 un convoglio di navi forzò il blocco navale britannico.
Crescono le vittime del terrore Robespierre, nel tentativo di tenere alta la tensione nazionale, accrebbe il ricorso alla ghigliottina. In seno al Comitato di salute pubblica cominciarono a insorgere contrasti tra il Carnot, indicato come l’organizzare della vittoria militare, e Saint-Just, giudicato il più spietato ideologo del terrore.
Il culto dell’Ente supremo Grave il fatto che Ro­bespierre si sia attirato il ridicolo instaurando il culto uffi­ciale e obbligatorio all’Ente Supremo, una larvata forma di dei­smo che ripugnava a molti rivoluzionari, ormai approdati all’ateismo. Nel mese di luglio Robespierre si appartò dalla Convenzione e dal Comitato di salute pubblica, perdendo il controllo della situazione.
La reazione di termidoro Il 9 termidoro (27 lu­glio), egli tenne un discorso duro con larvate minacce contro gli avversari che non furono nominati. Il giorno dopo, gli oppositori passarono al contrattacco accusando Robespierre di mire dittatoriali. Quando Robespierre e Saint-Just accennarono a replicare, furono tacitati da grida di “Abbas­so il tiranno”. In mezzo a un tumulto estremo, la Convenzione de­cretò l’arresto del Robespierre e del gruppo dei fedelissimi. Il tentativo della Comune rivoluzionaria di sollevare le sezioni parigine non ebbe successo. A sua volta il Barras, un moderato, radunò i fautori del suo par­tito in grado di pareggiare i sosteni­tori del Robespierre: quest’ultimo capì di esser stato abbandona­to e tentò il suicidio.
Morte del Robespierre Il 10 termidoro (28 luglio 1794) Robe­spierre, il fratello Augustin, Saint-Just, Couthon, Henriot, già a capo delle forze della Comune, e altri 17 rivoluzionari giacobini, furono ghigliottinati: con quelle esecuzioni i termidoriani posero fine al terrore.

10. 6 Il Direttorio (1795-1799)
     Il regime che resse la Francia dopo la fine del terrore fu tra i più ingloriosi: nacque da un colpo di Stato, visse me­diante colpi di Stato e perì per un colpo di Stato, quello di Napoleone Bonaparte.
I termidoriani non hanno programma politico I termidoriani ave­vano in comune il desiderio di salvare la vita e di impedire il ritorno della monarchia: per il resto differivano tra loro in tutto perché non avevano un programma politico, tranne permettere alla borghesia di godere ciò che aveva acquisito.
Trionfa la reazione La turbolenta popolazione di Parigi aveva perduto i suoi capi; la ghigliottina cominciava a fare ribrezzo. Fu data la caccia ai giacobini presenti a Parigi e nelle pro­vince, con numerose esecuzioni sommarie. Molti deputati della Convenzione uscirono dai loro nascondigli e tornarono in assemblea, dove formarono una destra consistente. Il Comitato di salute pubblica e la Comune continua­rono a funzionare, dopo esser stati epurati. Il tribunale rivolu­zionario ora si occupava di cause promosse dalle vittime dei Gia­cobini.
Tumulti a Parigi Il 1° aprile 1795 a Parigi esplose un tumulto: i dimostranti chiedevano pane e la Costituzione del 1793. Appare come segno dei tempi il fatto che il tumulto sia stato disperso dalla Guardia Nazionale. Il fallimento del tumulto causò la caduta degli ultimi uomini legati al regime del terrore. Poi si procedette all’epurazione dell’esercito per allonta­nare gli ufficiali troppo compromessi col terrore: la vittima più illustre fu il Bonaparte, amico di Augustin Robespierre. La Guar­dia Nazionale fu riorganizzata, allontanando i nullatenenti. Il 20 maggio 1795 avvenne un altro tentativo popolare di forzare la Convenzione a scegliere una politica meno orientata a destra: la Guardia Nazionale intervenne e per tre giorni il Fauburg Saint-Antoine fu circondato dall’esercito che disarmò le sezioni della Comune.
Fine della Comune di Parigi Il Comitato di salute pubblica fu ridimensionato: doveva occuparsi solo di affari esteri. Le sezioni rivoluzionarie potevano riunirsi solo tre vol­te al mese: fu abolito il gettone di presenza che permetteva a molti rivoluzionari di non lavorare. La Co­mune fu sciolta: Parigi non dominava il resto della Francia.
Fallisce la restaurazione monarchica La restaurazione monarchica sembrava la logica conclusione del corso di questi eventi, perché a quella condizione si poteva conclude­re la pace, ma le speranze monarchiche furono deluse dalla morte di Luigi XVII ancora bambino (8 giugno 1795). Eredi erano i fratelli di Luigi XVI il conte di Artois, il futuro Luigi XVIII, e il conte di Provenza, il futuro Carlo X: costoro si trovavano all’estero e sbagliarono tattica con intempestivi proclami.
La Costituzione dell’anno III Non rimase che cercare di rafforzare la repubblica, facendo redigere al Sieyès una nuova Costituzione: fu abolito il suffragio universale, le elezioni dovevano essere indirette. Il potere esecutivo fu affi­dato a un Direttorio di cinque membri per impedire la dittatura. Furono esclusi dal voto i preti, gli ex emigrati, i Giacobini no­tori e per due terzi i deputati dovevano esser scelti tra i mem­bri della disciolta Convenzione.
Insurrezione del 13 vendemmiaio Parigi rispose a questa sterzata a destra con un’insurrezione cominciata il 5 ottobre 1795 (13 vendemmiaio). Barras, uno dei Direttori, fu incaricato di reprimere il movimento: ricorse al Bonaparte, ancora fuori gioco. Napoleone ricevette 6000 soldati e alcuni cannoni, facendo 300 morti. L’esercito divenne arbitro della situazione.
Inflazione e nuovi ricchi Come è noto, l’inflazione premia i possessori di beni reali, rovinando i più poveri. Il contrasto tra ricchi e poveri diviene più acuto. Questa circostanza riportò a galla gli arrabbiati guidati da Gracco Babeuf che tentarono un colpo di mano, fallito (congiura degli eguali).
Nuovo tentativo monarchico A seguito delle elezioni parziali del 1797, la maggioranza relativa fu conquistata dai monarchici e se costoro non si fossero divisi, era possibile la restaurazione. Nel Direttorio, due Direttori erano monarchici e due repubblica­ni. Il Barras decise di passare dalla parte dei repubblicani e di schiacciare la maggioranza monarchica dell’assemblea. Chiese aiuto al Bonaparte, in quel momento impegnato nella campa­gna d’Italia che gli inviò il generale Augerau. Il 4 settembre 1797 i principali esponenti monarchici furono arrestati e le ele­zioni annullate: molti preti furono inviati nella Guiana e altri oppositori furono fucilati.
L’esercito arbitro della politica Con l’aiuto dell’esercito il Direttorio si era mantenuto al potere, ma nell’esercito Napoleone aveva ora un peso dominante. La guerra proseguiva perché Napoleone, nell’Italia settentrionale, mieteva successi e inviava a Parigi oro e opere d’arte per dare respiro alla crisi finanziaria.

10. 7 Cronologia essenziale
1781 Il direttore generale delle finanze Necker pubblica il Ren­diconto, il bilancio dello Stato francese.
1788 Il Necker riassume la carica di direttore generale delle fi­nanze.
1789 Il 4 maggio si riuniscono gli Stati Generali.
1789 Il 20 giugno i deputati del Terzo Stato si costituiscono in Assemblea Nazionale Costituente.
1789 Il 14 luglio la folla di Parigi assale e distrugge la Basti­glia, simbolo dell’antico regime.
1789 Il 4 agosto l’Assemblea Nazionale decreta l’abolizione dei privilegi feudali della nobiltà.
1789 Il 26 agosto è votata la Dichiarazione dei diritti del­l’uomo e del cittadino.
1789 Il 5 ottobre un corteo di donne di Parigi giunge a Versail­les per protestare contro il rincaro del pane. Il giorno dopo la famiglia reale è costretta a tornare a Parigi.
1789 Il 2 novembre è decisa la nazionalizzazione dei beni del clero francese.
1790 Il 12 luglio è votata la costituzione civile del clero. Il re ne subordina l’applicazione all’approvazione del papa.
1791 Il 10 marzo il papa Pio VI condanna il nuovo assetto della Chiesa di Francia.
1791 Il 20 giugno il re Luigi XVI tenta la fuga all’estero, ma è fermato a Varennes.
1791 Il 1° ottobre iniziano i lavori all’Assemblea Legislativa.
1792 Il 10 agosto bretoni e marsigliesi entrano nelle Tuileries. Il re è sospeso dall’incarico.
1792 Il 20 settembre a seguito del cannoneggiamento di Valmy, le truppe del duca di Brunswick sono costrette a ritirarsi.
1793 Il 1° febbraio la Francia dichiara guerra alla Gran Breta­gna. Il 5 aprile il generale Dumouriez diserta dopo aver tentato di portare al trono Luigi XVII ancora bambino.
1793 Il 6 aprile è nominato il Comitato di salute pubblica.
1793 A ottobre le armate francesi sconfiggono gli austriaci a Wattignies.
1794 Il 24 marzo è ghigliottinato Hébert e i suoi sostenito­ri, gli arrabbiati, sono eliminati.
1794 Il 5 aprile Danton e i suoi sostenitori, gli indulgenti, so­no eliminati.
1794 Il 27 luglio Robespierre pronuncia un discorso con larvate minacce. Gli avversari replicano e lo arrestano. Il giorno dopo Robespierre e i suoi sostenitori sono ghigliottinati.
1795 Il 5 ottobre un’insurrezione di Parigi è repressa da Napoleone Bonaparte.
1796 A marzo fallisce la rivolta degli arrabbiati guidata da Gracco Babeuf.
1797 Il 4 settembre il Direttore Barras fa arrestare i monarchici presenti nell’Assemblea.
1797 A ottobre Napoleone conclude la sua vittoriosa campagna in Italia divenendo punto di riferimento politico dei francesi.

10. 8 Il documento storico
     Fino a luglio 1794 il regime del terrore imperversò in Fran­cia accentuando la repressione e le condanne a morte anche sulla semplice scorta di sospetti: era la dittatura della virtù del Ro­bespierre che risultò impossibile ricondurre all’alveo costitu­zionale. Il documento riporta due leggi del marzo e del giugno 1794, aberranti sul piano del diritto perché non fanno distinzio­ne tra fatti e intenzioni: basta non essere d’accordo con i Gia­cobini per esser condannati a morte.

     “Sono dichiarati traditori della patria e saranno puniti co­me tali tutti coloro che saranno riconosciuti colpevoli d’aver favorito, in qualunque modo, la corruzione dei cittadini della repubblica, il sovvertimento dei poteri e dello spirito pubblico, di aver creato disordini per impedire l’arrivo di viveri a Pari­gi, di aver protetto gli emigrati, di aver introdotto armi a Pa­rigi per massacrare il popolo e la libertà, di aver tentato di indebolire o mutare la forma di governo repubblicana.
     La Convenzione Nazionale è stata investita dal popolo fran­cese di ogni autorità, e perciò chiunque usurpi il suo potere o attenti alla sua sicurezza o alla sua dignità, direttamente o in­direttamente, è nemico del popolo e perciò reo di morte.
     Ogni resistenza al governo repubblicano e rivoluzionario, che ha il suo centro nella Convenzione Nazionale, è un reato con­tro la libertà pubblica: i colpevoli, coloro che tenteranno con qualsiasi atto di distruggerla o di incepparla, saranno condanna­ti a morte”.  Data il 23 ventoso dell’anno II.

     “Sono nemici del popolo coloro che attentano la libertà pub­blica, con la forza o con l’astuzia.
     Sono nemici del popolo coloro che cercano di ripristinare la monarchia, o che avviliscono e dissolvono la Convenzione Naziona­le, il governo rivoluzionario e repubblicano che in essa ha il suo centro, coloro che tradiscono la repubblica trovandosi a capo delle piazzeforti, degli eserciti o che, esercitando funzioni mi­litari prendono contatti coi nemici della repubblica, boicottano i rifornimenti di viveri o il servizio nelle armate; coloro che ostacolano il rifornimento di Parigi facendo incetta di viveri ai danni della repubblica; coloro che favoriscono i piani dei nemici della Francia, proteggendo la fuga e l’impunità dei traditori, calunniando il patriottismo, corrompendo i rappresentanti del popolo, abusando dei principi della rivoluzione, delle leggi, degli ordini del governo mediante applicazioni false e odiose; coloro che ingannano il popolo o i suoi rappresentanti inducendoli a compiere passi falsi contrari alla libertà; coloro che diffondono il disfattismo per favorire i nemici della repubblica; coloro che propalano notizie false per dividere o sconcertare il popolo; co­loro che disinformano l’opinione pubblica, depravano i costumi, cor­rompono la coscienza, alterano la forza e l’integrità dei princi­pi rivoluzionari e repubblicani o ne arrestano il progresso per mezzo di scritti controrivoluzionari e altre macchinazioni; colo­ro che adulterano il cibo compromettendo la salute pubblica o che sperperano il denaro pubblico, oltre coloro già compresi nella legge del 7 frimaio; coloro che, investiti di cariche pubbliche, ne approfittano per favorire i nemici della repubblica, vessando i patrioti, opprimendo il popolo; infine tutti coloro che, indi­cati nelle leggi precedenti rei di cospirazioni controrivoluzio­narie, con qualunque mezzo e qualunque sembianza, attentino alla libertà, all’unità, alla sicurezza della repubblica o operino per impedire il suo rafforzamento”. Data il 22 pratile anno II.

Fonte: A. AULARD, Histoire politique de la Révolution française, Paris 1905, pp. 365-366.

10. 9 In biblioteca
     Tra le opere generali sulla rivoluzione francese si raccomanda di F. FURET-D. RICHET, La rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari 1986.

Importante la relazione stabilita tra la rivoluzione francese e quella americana da J. GODECHOT, Le rivoluzioni (1770-1799), Mursia, Milano 1975.

Sempre valido il classico di A. DE TOCQUEVILLE, L’antico regime e la rivoluzione francese, Rizzoli, Milano 1981.

Ottimo strumento di lavoro di F. FURET-M. OZOUF, Dizionario critico della rivoluzione francese, Bompiani, Milano 1989.

Per il problema della Vandea si legga di R. SECHER, Il genocidio vandeano, Effedieffe, Milano 1989.

Per l’imperialismo rivoluzionario si legga di J. GODECHOT, La Grande Nazione, Laterza, Bari 1962.

Notevole rimane il libro di F. FURET, Critica della rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari 1980.