L’evoluzione dei regni romano-barbarici

     Mentre in Oriente la società evolveva nella direzione esaminata nel capitolo precedente, in Occidente la vita politica e sociale divenne una confusa lotta per l’esistenza, con obiettivi limitati. Il grande sviluppo del monachesimo occidentale, al quale la cultura classica deve gran parte di ciò che è sopravvissuto, si trovava ancora a uno stadio incipiente. Le formazioni politiche recenti, compresa quella dei Franchi, non erano in grado di assicurare ai sudditi adeguata protezione. Anche la Chiesa si trovava in balia di una società rozza e violenta, e aveva appreso dalla vicenda del papa Vigilio a diffidare della protezione dell’imperatore. Nel VI e VII secolo la Chiesa assunse molti compiti di supplenza nei confronti dello Stato. Iniziò così una paziente opera che un poco alla volta mise capo alla prima sintesi originale del Medioevo, la rinascita dell’impero romano d’Occidente avvenuta con Carlo Magno.

  In Italia il regime bizantino fu spazzato via da gran parte della penisola perché risultato inefficiente, riducendosi al controllo di alcune regioni facilmente raggiungibili per mare (esarcato di Ravenna, Pentapoli, ducato romano, Puglia, Calabria, Sicilia), mentre nell’Italia settentrionale irrompevano i Longobardi ancora ariani. La conquista longobarda cominciò dal Friuli e procedette in direzione di Verona, Brescia, Milano, Torino. Poi le tribù longobarde, passarono l’Appennino dilagando in Toscana e Umbria, fino a raggiungere Spoleto e Benevento, lasciando da parte le coste.

     In Gallia i discendenti di Clodoveo furono un poco alla volta estromessi dal potere, lasciando i compiti politici ai maestri di palazzo dai quali uscì la dinastia carolingia.

     In Spagna il regno visigoto, divenuto cattolico intorno al 590, ebbe qualche momento di splendore, ma rimase sempre in balia di conflitti interni finché fu abbattuto dall’invasione musulmana.

     In Britannia era iniziata l’evangelizzazione degli Anglosassoni ancora pagani lungo due direttrici: dal nord giunsero i missionari itineranti irlandesi; dal sud vennero i missionari inviati dal papa Gregorio Magno. Il successo conseguito dalle missioni in Britannia indusse i re dell’isola a inviare sul continente, nell’antica patria sassone, altri missionari che iniziarono l’opera di evangelizzazione della Germania.

 

5. 1 Le caratteristiche del monachesimo occidentale


     L’Irlanda, chiamata Hibernia dai Romani, non attirò mai la loro attenzione. Priva di città, priva di metalli preziosi, con un clima ritenuto inospitale, fu lasciata da parte, e così l’isola verde conservò le sue tradizioni celtiche, la sua struttura agricola e pastorale.

Evangelizzazione dell’Irlanda Intorno al 430 arrivò san Patrizio. Nato in Britannia verso il 389, ancor giovanissimo fu rapito da pirati irlandesi. Dopo qualche anno riuscì a fuggire, rifugiandosi in Gallia, a Lérins, fiorente centro del monachesimo gallico. Qualche tempo dopo Patrizio ritornò in patria, ma ben presto fu conquistato dal progetto di convertire i pagani irlandesi. Tornò sul continente a Auxerre per ricevere la formazione missionaria, e infine sbarcò nell’Irlanda settentrionale. Si fermò ad Armagh, dividendo l’isola in diocesi, ma questo ordinamento fallì perché in Irlanda mancava la suddivisione amministrativa del territorio, scelta dalla Chiesa per organizzare le proprie diocesi. In Irlanda, invece, il monachesimo fu così forte da imporsi come base per la struttura ecclesiastica, e perciò i monasteri divennero il centro della vita cristiana.

Caratteristiche peculiari del monachesimo celtico La diocesi monastica corrispondeva al distretto di un clan, il cui capo era il fondatore, il patrono e il proprietario del monastero, tanto che l’abate era scelto dal capo del clan. Il monastero, a sua volta, fungeva da chiesa e da scuola. Spesso gli abati non erano sacerdoti: le funzioni sacerdotali erano svolte da alcuni monaci consacrati vescovi e inviati in missioni itineranti per convertire altri clan e, in seguito, altri popoli, spingendosi in Gallia e in Italia. Poiché in Irlanda non arrivarono invasori fino al IX secolo, la cultura classica non subì interruzioni e l’isolamento causato dai vicini Anglosassoni favorì l’insorgere di alcune particolarità ecclesiastiche, come il diverso computo della Pasqua. Per un fatto singolare in Irlanda proseguì lo studio del greco e della filosofia neoplatonica.

Missionari itineranti I numerosi monaci dell’isola davano vita a vere e proprie migrazioni. Esempio famoso è quello di Colombano il Vecchio, evangelizzatore dei Pitti di Scozia e degli Anglosassoni posti a nord del Tamigi. Colombano il Giovane fu il rinnovatore della Chiesa franca tra il 590 e il 612, al tempo di Gregorio Magno. Tra i più noti monasteri da lui fondati si possono ricordare Luxeuil in Borgogna e Bobbio in Italia. Gallo, discepolo di Colombano il Giovane, costituì il primo nucleo dell’omonimo monastero svizzero. Tuttavia le missioni irlandesi, a causa della loro peculiare struttura, misero in luce alcuni inconvenienti. In primo luogo gli irlandesi poco si curavano delle strutture diocesane esistenti sul continente, provocando conflitti di giurisdizione con i vescovi locali. In secondo luogo essi non riuscivano a dare continuità alle loro fondazioni, ossia erano carenti di capacità organizzative.

San Benedetto  Un fatto di estrema importanza avvenuto nel VI secolo è lo sviluppo del monachesimo benedettino a partire dalla fondazione dell’abbazia di Montecassino, avvenuta nel 529, da parte di san Benedetto. Il padre del monachesimo occidentale nacque a Norcia nel 480 in una famiglia ricca. A Roma ricevette un’istruzione accurata, ma rimase  colpito dalla depravazione dei costumi, dalla violenza, dall’avarizia che quella società in declino manifestava negli aspetti più crudi. Da più di un secolo era diffusa anche in Occidente la notizia di anacoreti che si ritiravano nella solitudine per vivere solo di preghiera. Con estrema serietà Benedetto decise di imitarli. Per tre anni visse in una grotta del monte Subiaco nella valle dell’Aniene. Ben presto fu raggiunto da altri discepoli distribuiti in alcuni piccoli monasteri della zona, con successo molto dubbio. Inoltre suscitò gelosie che lo indussero ad andarsene più a sud, a Montecassino. Qui, forte dell’esperienza acquisita, Benedetto fondò il nuovo monastero e dettò la Regola, rimasta per un millennio il modello delle regole monastiche occidentali per il buon senso che la sostiene. Il monaco si impegna al celibato, alla povertà, all’obbedienza e alla stabilità nel monastero in cui ha fatto la professione religiosa.

Il lavoro nella regola benedettina Il lavoro non consisteva solo nel ricopiare e miniare i codici: esisteva almeno una cinquantina di mansioni diverse da espletare per far sopravvivere la comunità. Data la decadenza delle città, spesso i monasteri erano situati in zone di mezza montagna per evitare le pianure, divenute paludose e malariche. I monasteri avevano sempre una foresteria per offrire alloggio ai viaggiatori. Spesso intorno al monastero si formava un villaggio di coloni che ricevevano istruzione e protezione dal monastero.

Le scuole monastiche Era normale la presenza di una scuola monastica. Vi si imparava quel tanto di latino necessario per leggere la Bibbia, i padri della Chiesa, il Messale. In un’epoca in cui neppure i re sapevano leggere e scrivere, un semplice monaco alfabetizzato appariva un grande maestro.

La liturgia Il lavoro del monaco benedettino era richiesto dalle esigenze materiali, ma il suo ufficio più importante era il servizio divino, ossia la liturgia, il canto sacro, la recita dei salmi: in questo campo i benedettini raggiunsero una somma semplicità che esprime bene il genio essenzialmente pratico delle manifestazioni religiose dell’Occidente.

La regola benedettina è un codice pratico Benedetto morì nel 547, mentre infuriava in Italia la guerra gotica: lasciò un piccolo numero di monaci e la Regola. Costoro non dovevano eccedere in pratiche ascetiche, bensì sforzarsi ogni giorno per fare con maggiore perfezione i propri compiti, ciascuno offrendo il proprio contributo perché il monastero, concepito come una grande famiglia, potesse espandersi, divenendo per tutti rifugio, scuola di vita, casa di preghiera.

Il monastero oasi di pace  Il fatto di aver accettato a Montecassino sia Romani sia Goti significava per Benedetto dare un esempio alla società del VI secolo che da parte romana manifestava corruzione, codardia, avidità, e da parte gota rivelava violenza, crudeltà, sopraffazione: era concreto il pericolo che sorgesse una società in cui prevalessero i difetti degli uni e degli altri, rendendola invivibile. Il monastero benedettino doveva essere perciò una casa di pace, di laboriosità, in cui ciascuno metteva a disposizione degli altri i propri talenti. La Regola di san Benedetto è contemporanea al Codice Civile di Giustiniano, ossia è espressione dello stesso bisogno: superare l’anarchia e lo spirito di sopraffazione ribadendo la necessità della legge e la certezza del diritto.

 

5. 2 Il papa Gregorio Magno e la riforma del papato


     Tra i personaggi più significativi del VI secolo troviamo il papa Gregorio Magno. Egli nacque verso il 540, quando Giustiniano appariva all’apice della sua potenza ed era papa Vigilio che, al contrario, appariva incerto e irresoluto.

Vita di Gregorio Magno  Gregorio ricevette una buona educazione in grammatica, retorica e dialettica. Non apprese il greco nonostante il soggiorno di sei anni a Costantinopoli in qualità di apocrisario (nunzio papale). Nel 573 fu nominato prefetto di Roma, una carica ancora importante. Dopo la morte del padre, Gregorio abbandonò la brillante carriera, destinando parte dei beni paterni alla costruzione di sei monasteri in Sicilia e a opere di beneficenza in Roma: il suo palazzo del Celio fu trasformato in monastero nel quale entrò anch’egli come semplice monaco. Il tempo dello studio finì presto perché Gregorio fu nominato diacono di uno dei sette quartieri della città.

Gregorio Magno a Costantinopoli Come accennato, il nuovo papa Pelagio II inviò Gregorio a Costantinopoli in una difficile missione presso l’imperatore Tiberio II (578-582). Durante il soggiorno in Oriente Gregorio scrisse i Moralia in Job (un commento al libro di Giobbe), ma studiò anche il sistema amministrativo orientale che appariva efficiente. In Oriente Gregorio conobbe Leandro di Siviglia, il futuro evangelizzatore dei Visigoti, ma fallì nel compito di ottenere aiuti per difendere Roma dai Longobardi: il futuro imperatore Maurizio comprendeva che era follia riprendere la politica di intervento in Occidente nel momento in cui i confini orientali erano quanto mai precari. Nel 585 Gregorio tornò a Roma arricchito dall’esperienza dell’Oriente. Per altri cinque anni poté vivere, insegnare e scrivere nel suo monastero, riuscendo a concludere lo scisma dei Tre capitoli ancora aperto tra i vescovi dell’Istria. Morto Pelagio II, tutti vollero come papa Gregorio.

Gregorio papa  A Roma infuriava ancora la peste e Gregorio dovette occuparsi anche delle misure sanitarie. Per comprendere il modo d’agire di Gregorio Magno è opportuno esaminare la sua opera Regulae pastoralis liber, ricca di esperienza pratica, di conoscenza degli uomini di ogni condizione.

Riordino delle proprietà ecclesiastiche In primo luogo Gregorio riordinò il cosiddetto Patrimonio di San Pietro, un insieme di proprietà fondiarie disseminate in tutta la penisola, ma soprattutto in Sicilia e intorno a Roma. Dalle Lettere veniamo a sapere che Gregorio nominò Rectores e Defensores in tutte le proprietà: costoro fungevano da ispettori nei confronti delle altre proprietà, dovevano amministrare la giustizia, sopprimere le esazioni arbitrarie, riparare i torti ma anche difendere il diritto di proprietà, perché i proventi di quelle terre dovevano rifornire Roma.

I rapporti con i Longobardi Il problema rappresentato dai Longobardi rimaneva il maggiore. Il vicino più pericoloso era il duca di Spoleto, praticamente alle porte di Roma. Il magister militum bizantino occupava Perugia e fu invitato ad attaccare il duca Ariulfo di Spoleto. Nel 592 Arichis duca di Benevento minacciava Napoli, e  perciò   i bizantini non poterono fornire aiuto. Gregorio perciò affrontò da solo Ariulfo, riuscendo a stringere un accordo separato che salvò Roma dal saccheggio. L’esarca bizantino, incoraggiato dal successo di Gregorio, volle assicurare ai bizantini un corridoio che permettesse le comunicazioni per via di terra tra Ravenna e Roma, ma tale mossa esasperò Agilulfo re dei Longobardi che riprese la marcia verso Roma. L’incontro tra il papa Gregorio e re Agilulfo avvenne sui gradini di San Pietro: ancora una volta i Longobardi furono fermati dal misterioso potere del papa.

I rapporti con la Chiesa d’Oriente  Nel frattempo Giovanni il Digiunatore, Patriarca di Costantinopoli, si era proclamato “Patriarca ecumenico” un titolo altisonante che nelle intenzioni degli orientali doveva equiparare quel patriarcato alla sede romana. In risposta, Gregorio assunse il titolo di Servus servorum Dei che ristabilisce la gerarchia, ma secondo un primato di umiltà che non mancò di conseguire l’effetto desiderato. Come si vede, Gregorio faceva valere senza esitazione l’autorità della Chiesa di Roma, ma si preoccupava anche di ricordare ai vescovi di rispettare i tribunali secolari e di non intromettersi nelle faccende politiche se non per difendere i diritti dei poveri.

Mediazione politica di Gregorio Magno  Nel 598 fu stipulata una tregua generale tra l’esarca bizantino da una parte, Agilulfo e i duchi di Spoleto e Benevento dall’altra, un fatto da ascrivere all’iniziativa di Teodolinda, mentre Roma, secondo le parole di Gregorio, “si era ridotta a causa delle malattie a non aver più uomini per far la guardia alle mura”. Alcuni storici calcolano che in Roma non ci fossero più di 40.000 abitanti e per poterli nutrire Gregorio dovette organizzare trasporti di grano dalla Sicilia.

Battesimo cattolico di Adaloaldo  Il primogenito di Agilulfo e di Teodolinda, chiamato Adaloaldo, fu battezzato secondo il rito cattolico nel 603 facendo ritenere al papa che l’arianesino longobardo avesse i giorni contati, ma così non avvenne.

L’imperatore Foca  Nel 602 a Costantinopoli l’imperatore Maurizio era stato rovesciato da una rivoluzione e ucciso dal centurione Foca, esponente di un gruppo di soldati esasperati. Foca si affrettò a scrivere al pontefice per confermargli la sua piena ortodossia: il papa gli rispose con l’invito a occuparsi dell’Italia perché Roma aveva una missione universale.

Inizio del papato medievale  Gregorio Magno riteneva di essere detentore di un potere divenuto parte integrante dell’ordine dell’universo, un potere non esercitato direttamente, bensì tramite il controllo di coloro che avevano il potere esecutivo: troviamo qui in nuce la dottrina della separazione dei poteri spirituale e temporale, e del reciproco controllo, all’interno di una visione organica che fa posto anche ai diritti di Dio nella società.

 

5. 3 La Gallia diviene Francia


     Dopo la morte di Brunilde, Clotario II rimase unico padrone della Gallia, ma dovendo il trono al tradimento dei nobili di Austrasia e Burgundia, fu costretto a far loro ampie concessioni (614). Clotario II dovette concedere libertà di elezione dei vescovi e il rispetto delle donazioni testamentarie a favore della Chiesa. Austrasia e Burgundia ricevettero una certa autonomia sotto i maestri di palazzo. Dagoberto, figlio di Clotario II, divenne re di Austrasia nel 623, ma il potere effettivo era tenuto dal vescovo Arnolfo di Metz e da Pipino I di Landen, maestro di palazzo. La Gallia, perciò, risultava ancora una volta divisa in Neustria, Austrasia e Burgundia.

Dagoberto  Dal 629 Dagoberto rimase unico re dei tre regni di Francia, avendo un unico maggiordomo di nome Ega. In Aquitania il fratello Cariberto ebbe in amministrazione le marche di frontiera per far fronte ai Baschi. Nel 639 Dagoberto morì e fu molto rimpianto perché fino al 751 si susseguirono in Francia re tanto insignificanti da passare alla storia col soprannome di “re fannulloni”. I maggiordomi li custodivano come garanzia di legittimità della loro carica, ma li tenevano all’oscuro delle decisioni politiche che prendevano, riuscendo a rendere ereditaria la loro carica. Il figlio di Arnolfo, Angiso, sposò la figlia di Pipino di Landen e da questo matrimonio nacque Pipino II di Héristal.

Un colpo di Stato fallito  Grimoaldo figlio maggiore di Pipino di Landen tentò un prematuro colpo di Stato in Austrasia, mandando in convento Sigeberto, figlio di Dagoberto, ancora molto giovane, ma i nobili si rifiutarono di obbedire a un re che non appartenesse alla famiglia di Clodoveo: Grimoaldo fu consegnato al re Clodoveo II che lo fece condannare a morte. In seguito la scena politica francese fu dominata dal confronto tra due nuovi maestri di palazzo, Ebroino di Neustria e Leodegario di Burgundia. Ebroino fu sconfitto e rinchiuso nel monastero di Luxeuil (670), dopo aver fatto valere il principio che ognuno dei tre regni maggiori doveva mantenere  leggi e costumi propri e che nessuno doveva prevalere sugli altri. Ma Ebroino riuscì a fuggire e ad assediare, a sua volta, Leodegario in Autun, che infine fu catturato e ucciso. Nel 681 anche Ebroino fu assassinato.

Pipino di Héristal  Negli ultimi quattro anni di Ebroino in Austrasia si era fatto luce Pipino II di Héristal che nel 687 riuscì a sconfiggere a Tertry nelle Fiandre, il maggiordomo di Neustria. La vittoria di Pipino II appariva come una vittoria dell’aristocrazia dell’est sulla famiglia dei re Merovingi: dall’anno di Tertry si può far iniziare la storia dei Carolingi.

Missione di Willibrordo  Il governo di Pipino di Héristal fu glorioso: sconfisse i Frisoni e fece predicare il cristianesimo sul loro territorio per mezzo di san Willibrordo proveniente dalla Britannia. Willibrordo, dopo essersi recato a Roma per ricevere ufficialmente dal papa Sergio I l’investitura della sua missione, raggiunse Utrecht dove fondò la sede episcopale. Fino alla morte, avvenuta nel 714, Pipino di Héristal fu il padrone incontrastato della Francia. Prima di morire aveva nominato i nipoti maggiordomi sotto la reggenza della loro madre Plectrude. Ma il figlio illegittimo Carlo, soprannominato più tardi Martello, riuscì vincitore nella lotta per il potere.

Carlo Martello arresta gli Arabi  Carlo Martello si assunse il compito di difendere i regni franchi dall’attacco dei Saraceni che fin dal 711 erano sbarcati in Spagna, arrivando nel 720 in Settimania, rivendicata come antica pertinenza dei re visigoti. Per qualche anno il duca Eudo era riuscito a tenerli a freno, ma nel 732 avevano ripreso le loro micidiali scorrerie in Aquitania. Bordeaux cadde e le sue chiese furono bruciate. La tappa successiva fu Poitiers. Poi fu la volta di Tours, centro ecclesiastico della Francia. Carlo Martello accorse alle richieste di aiuto di Eudo e nell’ottobre 732 i due eserciti franco e musulmano si scontrarono. Il comandante arabo Abd ar-Rahman rimase ucciso e il suo esercito fu battuto dalla cavalleria pesante dei Franchi. La battaglia di Poitiers fu determinante: Eudo ricacciò dalla Francia l’esercito musulmano.

Nuove spedizioni arabe Nel 739 i musulmani guidarono una nuova spedizione in Provenza, ma la coalizione di Carlo Martello e Liutprando re dei Longobardi riuscì a respingerli. Carlo Martello guerreggiò anche in Germania. Prese sotto la sua protezione il missionario britannico Wienfried (o Bonifacio) che proseguiva l’evangelizzazione dei Sassoni in Turingia. Anche Bonifacio si recò a Roma per ricevere dal papa l’investitura della sua missione. Forse fu proprio Bonifacio a far intravedere al papa Gregorio III la possibilità di ricostituire l’impero romano d’Occidente. Infatti Liutprando re dei Longobardi stava conducendo una guerra per far scomparire ogni traccia di dominio bizantino in Italia.

Pipino il Breve  Giunto ormai alla fine della sua vita, nel 741, Carlo Martello divise il suo regno tra i figli Carlomanno cui assegnò l’Austrasia, la Turingia e la Baviera, e Pipino il Breve che ebbe Neustria, Burgundia, Provenza e Aquitania.

Carlomanno diviene monaco  Per qualche anno i due fratelli condussero spedizioni congiunte, finché nel 747 Carlomanno lasciò il potere e si fece monaco. A Roma egli ricevette dal papa Zaccaria l’abito religioso. Pipino il Breve, pur procedendo con estrema cautela, ritenne giunto il momento di soppiantare la dinastia dei re fannulloni. Inviò al pontefice Zaccaria una delegazione con la famosa domanda se dovesse essere re di Francia uno che non ne faceva le funzioni, oppure se fosse più giusto chiamare re chi lo era di fatto. Ricevette una risposta conforme ai suoi desideri. Pipino il Breve convocò a Soissons un’assemblea dei Franchi e all’unanimità fu eletto re. Poi volle ricevere la consacrazione da parte dei vescovi. L’ex re Childerico III fu esiliato in un monastero.

 

5. 4 Il tramonto dei Visigoti di Spagna


     Dopo la conversione di Recaredo re dei Visigoti di Spagna, avvenuta al tempo di Gregorio Magno, il regno conobbe notevoli difficoltà.

Gundemaro e Sisebuto Nel 610 salì al trono Gundemaro che combatté contro Baschi e Bizantini, ma nel 612 Gundemaro morì e la sua azione fu proseguita da Sisebuto il quale riuscì finalmente a domare la ribellione basca e a sconfiggere i bizantini.

Persecuzione degli ebrei  Sisebuto iniziò una dura persecuzione degli Ebrei, assai numerosi in Spagna e fino a quel momento liberi di praticare il loro culto e di sottostare all’autorità dei loro giudici. Gli Ebrei di Spagna spesso arrivavano a occupare anche importanti uffici pubblici: non si conosce il motivo del mutamento dell’opinione pubblica nei loro confronti, a meno di ammettere che fosse un espediente per  far denaro con la confisca dei patrimoni. Alcune migliaia di Ebrei si rifugiarono in Francia, molti si fecero battezzare anche se in segreto continuavano a praticare il loro culto. Sisebuto morì nel 621; il figlio tenne il potere solo per pochi mesi. Poi fu la volta del duca Swinthila che nel 629 conquistò l’Algarve, l’ultima regione ancora tenuta dai Bizantini. Tranne che per la regione basca e qualche zona montuosa del nord, tutta le penisola iberica passò così sotto il dominio visigoto. Swinthila perse il potere nel 631 combattendo contro il ribelle Sisenando giunto con un esercito di Franchi fino a Saragozza. Sisenando tenne la corona fino al 636, poi si tornò alla prassi dell’elezione del re da parte di un’assemblea di nobili e di vescovi che nominò Chintila del cui regno non si hanno notizie di rilievo.

Chindasvindo  Nel 640 a Chintila successe il figlio Tulga, rimasto sul trono solo un paio di anni tormentati da rivolte di nobili. Nel 642 il trono fu occupato da Chindasvindo in grado di imporre le maniere forti: fece trucidare almeno 700 nobili implicati nei torbidi degli anni precedenti. Chindasvindo fece decretare da un concilio tenuto a Toledo la scomunica a vita e altre pene gravi a carico dei nobili che, recatisi all’estero, cercassero di prendere il potere in patria mediante un esercito straniero.

Recesvindo Gli successe il figlio Recesvindo nel 653, senza elezione da parte dei nobili, ma le insurrezioni dei Baschi e dei nobili ripresero vigore, soprattutto a causa della gravosa tassazione. Contro gli Ebrei furono rinnovate le pene, mentre i rapporti con gli ispano-romani miglioravano giungendo un poco alla volta alla parificazione giuridica, perché il diritto visigoto aveva accettato molte norme del diritto romano e i concili di Toledo producevano un’abbondante legislazione che valeva per tutti i sudditi cattolici. Recesvindo morì nel 672 dopo un regno assai lungo.

Vamba Il suo successore fu Vamba a capo di un regno caratterizzato da continue guerre contro i Baschi, contro alcuni nobili e contro i musulmani i quali avevano conquistato l’Africa settentrionale. Vamba comprese la necessità di rafforzare l’esercito rendendo obbligatorio il servizio militare (673): chi si rifiutava perdeva i diritti civili. Nel 680, nonostante le vittorie, anche Vamba fu detronizzato a conferma della grave crisi politica presente nel regno visigoto.

Ervige Il successore Ervige fu costretto a revocare la legge sul servizio militare obbligatorio. Furono confermate pene severe a carico degli Ebrei, segno del fallimento di provvedimenti anteriori. Per tutelarsi Ervige fece proclamare sacro e inviolabile il re. Nel 687 Ervige nominò come successore Egica: costui presentò nel 694 al concilio di Toledo la grave accusa a carico degli Ebrei di congiurare ai danni del trono visigoto in collusione con Ebrei africani. Non si sa molto di tale cospirazione, ma serpeggiava il timore di una invasione musulmana. Ancora una volta gli Ebrei furono costretti a convertirsi o andarsene. Egica si associò al trono il figlio Vitiza, successo senza contrasti al padre nel 701.

Vitiza Del regno di Vitiza e degli ultimi due re visigoti non si sa molto di preciso. Vitiza morì nel 708 quando i musulmani erano nuovamente sbarcati nella Spagna meridionale. A  Vitiza successe Achila non riconosciuto dai nobili. Nel 710 i rivoltosi tennero un’assemblea nel corso della quale elessero re Rodrigo. Costui riuscì a sconfiggere l’esercito di Achila che riparò in Africa.

Invasione degli Arabi La vita e la morte dell’ultimo re dei Visigoti è avvolta nella leggenda. Di certo si sa solo che nel 711 un esercito musulmano agli ordini di Tariq, luogotenente di Musa governatore di Mauritania, occupò la rocca di Gibilterra. Tariq sconfisse l’esercito di Rodrigo sulle rive del lago Janda: una parte dell’esercito visigoto formata dai partigiani di Achila passò al nemico. Musa si rese conto della ricchezza del paese e perciò decise di cambiare politica: i suoi soldati non sarebbero più stati al servizio di Achila come mercenari, bensì soldati che combattevano in proprio al servizio dell’Islam. Quando i Visigoti si resero conto di questo cambiamento iniziarono a frapporre una crescente resistenza, culminata nella ribellione di Siviglia. A sedarla fu inviato il figlio di Musa, Abd el-Aziz, e Tariq che si trovava a Toledo. Nella città di Segoyguela, a ovest di Salamanca, dove si era insediato Rodrigo, avvenne l’ultima battaglia nel 713: Rodrigo fu sconfitto e ucciso, mentre il regno visigoto scompariva per sempre.

 

5. 5 I Longobardi in Italia


     Le prime notizie sui longobardi rintracciabili nelle fonti risalgono al tempo di Augusto e di Tiberio: in quel tempo essi occupavano la riva sinistra del fiume Elba fino alla foce.

Migrazioni dei Longobardi Cominciarono a emigrare quando la terra non bastò più a mantenere l’accresciuta popolazione. Verso il 165, al tempo di Marco Aurelio, i Longobardi con i Marcomanni invasero la Pannonia, ma furono ributtati indietro e per tre secoli non si mossero più. Quando il dominio ostrogoto entrò in crisi in seguito alle guerre gotiche, i Longobardi guidati dal re Audoino occuparono il Norico, ossia la parte dell’Austria che apparteneva all’impero d’Oriente. Il figlio di Auduino, il noto Alboino, si alleò con gli Avari per distruggere i Gepidi. In seguito a un attacco congiunto il re dei Gepidi Cunimondo fu ucciso e il vincitore, secondo il racconto di Paolo Diacono, dalla calotta cranica debitamente dorata ricavò una coppa. Dopo la distruzione dei Gepidi, i Longobardi si trovarono a confinare con i pericolosi Avari: anche per questo motivo decisero di occupare l’Italia.

Alboino guida la conquista d’Italia  Nel 568 i Longobardi organizzati in clan (farae) con numerosi alleati sassoni passarono le Alpi orientali entrando nel Friuli. La prima città occupata fu Cividale; poi fu attaccata Aquileia. Nel 569 fu occupata Milano il cui arcivescovo fuggì a Genova. Pavia fu conquistata dopo un lungo assedio. Probabilmente i Bizantini giudicarono quell’invasione una semplice scorreria, mentre i Longobardi erano venuti per restare.

Uccisione di Alboino  Nel 572 Rosmunda a seguito del noto oltraggio di dover bere nella coppa fatta col cranio del padre, organizzò una congiura col fratellastro di Alboino Elmichi. I Longobardi non accettarono come re Elmichi e perciò, con Rosmunda e col tesoro reale, Elmichi fuggì a Ravenna. Qui giunti, sembra che Rosmunda abbia avvelenato Elmichi con l’idea di sposare l’esarca bizantino, ma Elmichi ormai prossimo a morte obbligò Rosmunda a bere anch’essa il veleno.

Clefi A  Pavia i Longobardi elessero re Clefi, ma nel 574 anch’egli fu ucciso. Le bande longobarde proseguirono la conquista dell’Italia centrale  senza eleggere per dieci anni alcun re. I Romani furono trattati da preda di guerra, ricevendo lo status di semiliberi sottoposti a tributo. Anche le terre della Chiesa furono occupate: i nobili si tennero le terre del demanio. Fu conservata la struttura amministrativa romana perché i Longobardi non ne avevano una propria.

I ducati di Spoleto e Benevento I ducati di Spoleto e Benevento differivano dagli altri perché i duchi godevano di notevole autonomia: tra il 574 e il 584, al tempo dell’interregno, i due ducati si resero indipendenti. Bande di Longobardi erano entrate anche in Provenza, ma furono respinte. L’imperatore Maurizio inviò sussidi ai Franchi che, guidati da Childeberto, scesero in Italia nel 584: i Longobardi non osarono attaccare i Franchi accettando di pagare un tributo. L’oro bizantino cominciò ben presto a mettere i duchi longobardi gli uni contro gli altri. Questi rovesci convinsero i Longobardi dell’opportunità di avere un re che li guidasse in guerra. Nel 584 fu eletto il figlio di Clefi, Autari il quale pretese come appannaggio della corona metà delle terre di ogni duca, amministrandole per mezzo di gastaldi. Autari intendeva formare uno Stato territoriale e ambiva il riconoscimento formale bizantino: perciò assunse il cognome di Flavio, adottato dai successori. Autari sposò Teodolinda, figlia di Garibaldo re dei Bavari. I Franchi tentarono una nuova invasione d’Italia, ma furono sconfitti (589). Mentre tornavano in Gallia i Franchi subirono grandi perdite a causa di epidemie. Da allora, per un secolo e mezzo, i Franchi non fecero più scorrerie in Italia, accontentandosi di un tributo annuo. Nel 590 Autari morì poco dopo aver salvato il regno.

Agilulfo  Gli successe Agilulfo che sposò la vedova Teodolinda: dovette riconquistare il potere guerreggiando contro molti duchi ribelli. In seguito Agilulfo organizzò quello che doveva essere l’attacco finale contro i Bizantini, in accordo con i duchi di Spoleto e di Benevento che avanzavano su Roma e Napoli. L’assedio di Roma si concluse con un trattato col papa Gregorio Magno, perfezionato nel 598. Ma la pace risultò precaria perché subito seguì un’altra guerra contro i Bizantini, terminata nel 605 con un armistizio prorogato fino al 613 anno della morte di Agilulfo.

Adaloaldo Gli successe il figlio minorenne Adaloaldo, sotto la reggenza della madre Teodolinda. Essa era cattolica e aveva ottenuto da Agilulfo, rimasto ariano, di aprire una cappella cattolica a Monza dove il figlio fu battezzato col rito cattolico. Sembra che Agilulfo abbia perseguito una politica di avvicinamento ai cattolici. Adaloaldo si accostò all’elemento romano del suo regno, provocando una reazione nazionalista, resa manifesta dall’elezione di Arioaldo, duca di Torino. Adaloaldo fu battuto in ripetuti scontri e poi ucciso (626).

Arioaldo Arioaldo regnò per dieci anni nel corso dei quali di notevole ci fu solo il conflitto con la moglie cattolica, dapprima imprigionata  e poi liberata per intervento dei Franchi. Gli Avari invasero il Friuli e incendiarono Cividale.

Rotari  Dopo la morte di Arioaldo i nobili elessero nel 636 il duca di Brescia Rotari, che sposò la vedova del predecessore Gundeberga. Rotari era un ariano convinto e fece di tutto per rovesciare la politica di tolleranza nei confronti dei cattolici, seguita negli ultimi anni. Appare abbastanza chiara la linea politica seguita da Rotari: mantenere vitale l’arianesimo per opporsi al papato e conquistare Roma, ma evitando un conflitto coi Franchi. Rotari volle rafforzare il potere della corona: riprese perciò la guerra contro i Bizantini conquistando la Liguria. Rotari è noto soprattutto per il suo Editto, la redazione scritta del diritto consuetudinario longobardo (643). Nel 652 Rotari morì.

Ariperto  I duchi elessero Ariperto, figlio di Gundoaldo duca di Asti venuto in Italia dalla Baviera insieme con la sorella Teodolinda. Costui era cattolico e per prima cosa rovesciò la politica religiosa di Rotari; anche il vescovo ariano di Pavia si convertì al cattolicesimo. Solamente dopo la morte di Ariperto, avvenuta nel 661, il cattolicesimo si affermò in misura decisiva.

Grimoaldo I due figli di Ariperto, Godeperto a Pavia e Pertarito a Milano,  entrarono in conflitto tra loro: Godeperto chiese aiuto a Grimoaldo duca di Benevento. Grimoaldo risalì la penisola con un esercito giungendo fino a Piacenza: Godeperto fu ucciso e Pertarito fuggì tra gli Avari. Grimoaldo sposò la sorella di Ariperto e in seguito fece legittimare da un’assemblea di guerrieri celebrata a Pavia la sua usurpazione del regno. Il fatto nuovo era la stretta unione, realizzata per la prima volta, tra il regno longobardo e il ducato di Benevento. Grimoaldo morì nel 671 lasciando il ducato di Benevento al figlio Romualdo mentre il regno longobardo fu affidato a Garibaldo.

Pertarito  Pertarito tornò ancora una volta dall’esilio riuscendo a rovesciare il nipote Garibaldo.     

Affermazione del cattolicesimo  Sia nel ducato di Benevento sia al nord il cattolicesimo fece importanti progressi soprattutto per merito delle principesse che fondarono numerosi monasteri. La guerra tra Longobardi e Bizantini fu conclusa intorno al 681.

Migliora la condizione dei Romani Le conseguenze della pace furono una progressiva elevazione della componente italica, con la possibilità di esser giudicati secondo la legge romana. I matrimoni misti divennero numerosi e poiché la consistenza numerica dei Longobardi era piccola, essi finirono per romanizzarsi. L’architettura, l’artigianato e il commercio erano praticati in prevalenza dai Romani, e perciò i Longobardi abbandonarono la loro cultura prettamente germanica. Anche la struttura politica che finì per imporsi era quella romana, ossia un potere centralizzato con strutture burocratiche ormai in contrasto con l’originario stile germanico.

Trasformazione degli istituti germanici L’antica assemblea degli arimanni, i guerrieri liberi, perdette importanza. Era conservata la tradizionale elezione col sollevamento sugli scudi e l’omaggio dei sudditi, ma si stava affermando anche il principio dinastico. Il re, supremo comandante militare, era giudice di ultima istanza e aveva il diritto esclusivo di coniare moneta. I duchi ambivano a esercitare un potere simile a quello del re sul loro territorio, tuttavia il re conservava il diritto di nominarli o di riconoscerli quando succedevano al padre. Il re fondava la sua potenza sul possesso di un vasto demanio regio amministrato da gastaldi, veri e propri funzionari del re con un potere delegato.

Ariperto II Nel 700, dopo la morte di Cuniperto figlio di Pertarito, associato al trono fin dal 680, divenne re il giovane Liutperto sotto la tutela di Ansprando: ben presto sorse la ribellione di Reginperto duca di Torino che si fece proclamare re associandosi al trono il figlio Ariperto II. Liutperto fu ucciso e così pure i famigliari di Ansprando a eccezione del figlio minore Liutprando. Il regno di Ariperto II fu pacifico tanto che al papato fu restituito l’antico patrimonium Cottianum, un possesso ecclesiastico posto sulle Alpi Cozie. Ansprando tornò dalla Baviera dopo nove anni d’esilio e sconfisse Ariperto II che morì annegato nel Ticino mentre tentava la fuga (712). Tre mesi dopo morì anche Ansprando dopo aver saputo che il figlio Liutprando era stato sollevato sugli scudi e quindi nominato re.

Liutprando Liutprando ebbe un lungo regno caratterizzato da estrema attenzione nei confronti dei sudditi romani e del papato, pur non cessando mai dal tentare la riunificazione politica d’Italia. Per questo motivo si rinnovarono gli attriti tra Longobardi e Bizantini. Liutprando aiutò Carlo Martello nella guerra contro i musulmani in Provenza (737-739) e certamente la monarchia longobarda, se fosse durata più a lungo, si sarebbe orientata verso un più forte potere centrale.

Politica di Liutprando  L’impero bizantino, nel secolo VIII, si trovava in crisi in seguito alla decisione di Leone III l’Isaurico di far distruggere le immagini sacre. Per un po’ di tempo sembrò possibile un accordo tra i Longobardi e il papa Gregorio III, ma in seguito Liutprando riprese la politica espansionistica che lo condusse fino alle soglie di Roma. Nel 728 occupò il castello di Sutri, ma solo per pochi mesi perché le pressioni del papa convinsero Liutprando a restituire Sutri donato agli apostoli Pietro e Paolo. Liutprando rese effettiva la dipendenza del ducato di Benevento al regno longobardo, insediandovi come duca un nipote. Il papa Zaccaria, successo a Gregorio III nel 741, rovesciò la politica papale favorevole al ducato di Spoleto e unì le sue forze a quelle di Liutprando. Il nipote Agiprando fu nominato duca di Spoleto e subito dopo tutte le forze longobarde furono inviate contro Ravenna, il cui eserca supplicò il papa Zaccaria di ottenere una tregua. Il papa Zaccaria si recò a Pavia e Liutprando accettò di rinunciare alla conquista di Ravenna.

Rachis Nel 744 il più grande re dei longobardi morì. Rachis duca del Friuli fu nominato nuovo re dei Longobardi. Rachis stipulò una pace di vent’anni col papa. La sua politica filoromana esacerbò i duchi che sollevarono sugli scudi Astolfo, fratello di Rachis.

Astolfo  Astolfo riprese la politica antiromana, conquistò Comacchio e Ferrara, assunse il potere in Spoleto: ormai nulla poteva impedire la conquista di Roma. Astolfo chiese un tributo e il riconoscimento della sua autorità. Ci furono drammatiche trattative che condussero il papa Stefano a prendere la decisione di recarsi alla corte dei Franchi per mettersi sotto la loro protezione. Astolfo si decise per la guerra, ma fu sconfitto a Susa e costretto a ritirarsi in Pavia. Si impegnò a restituire al ducato romano i territori contesi (754), ma in seguito si guardò bene dal mantenere la promessa. Nel gennaio 756, facendo venire altre truppe da Spoleto e da Benevento, iniziò l’assedio di Roma, ma le mura della città eterna resistettero, e dopo circa sei mesi Astolfo fu costretto a levare l’assedio e a tornare a Pavia per parare il ritorno dei Franchi.

Politica di Astolfo  Ancora una volta i Longobardi furono sconfitti alle chiuse di Susa e costretti a ritirarsi in Pavia. Le condizioni di pace furono più dure: Pipino il Breve chiese un terzo del tesoro regio e un tributo annuo di 12.000 solidi. Nel 756 Astolfo morì in seguito a un incidente di caccia. Rachis lasciò Montecassino cercando di riprendere il potere, mentre in Toscana fu sollevato sugli scudi Desiderio che si impegnò a restituire le città contese del ducato romano.

Desiderio ultimo re dei Longobardi Desiderio si diresse a Roma simulando intenzioni amichevoli per riavere gli ostaggi ceduti ai Franchi: stipulò col papa una convenzione sulla base dello statu quo, impegnandosi a venire in aiuto del papa in caso di attacco da parte dell’imperatore bizantino. Dopo la morte del papa Paolo (767) a Roma furono riprese le ostilità perché era stato nominato papa Costantino, ostile alla politica filolongobarda del predecessore, superando Cristoforo, candidato di Desiderio. Cristoforo chiese l’aiuto dei Longobardi che tentarono l’elezione di un antipapa, ma senza successo. Desiderio, infine tentò di stringere alleanza con Tassilone duca di Baviera, dandogli in moglie la figlia Liutperga.

Politica matrimoniale di Berta La vedova di Pipino il Breve, Berta, ritenne di poter assicurare la pace con un doppio matrimonio dei suoi figli Carlomanno e Carlo con le figlie di Desiderio, Gerberga e Desiderata (l’Ermengarda del Manzoni). Berta cercò poi di rassicurare il papa circa il significato di quei matrimoni. Desiderio si recò a Roma col pretesto di pregare sulla tomba di san Pietro, ma mentre il papa si incontrava con Desiderio, scoppiarono tumulti provocati da Paolo Afiarta che in Roma guidava il partito filolongobardo.

Conflitto tra Longobardi e Franchi  Carlomanno morì nel 771 e la vedova Gerberga con due figli piccoli si rifugiò a Pavia. Carlo pretese tutto il regno dei Franchi e ripudiò Desiderata, pur sapendo che tale decisione significava la guerra.

Conflitto tra Longobardi e papato Il nuovo papa Adriano I favoriva la politica di Carlo e perciò si affrettò a destituire Paolo Afiarta per eliminare ogni pressione longobarda in città. Desiderio passò allora all’offensiva occupando alcune città; minacciò Ravenna e infine si diresse alla volta di Roma. Adriano I inviò una delegazione minacciando la scomunica se Desiderio metteva piede nel ducato romano. Desiderio dovette ritirarsi perché i messaggeri franchi gli avevano portato la dichiarazione di guerra di Carlo. Il re longobardo si era preparato a questo evento, ma il suo regno non fu compatto: molti dei suoi uomini passarono al nemico. Carlo incontrò resistenza solo davanti alle città fortificate. L’esercito di Desiderio fu sconfitto alle chiuse di Susa, mentre un altro esercito franco discendeva dal Gran San Bernardo. Desiderio si chiuse in Pavia nel 773, mentre il figlio Adelchi si trincerava in Verona, da dove fuggì a Costantinopoli con i figli di Gerberga, quando la città si arrese. L’assedio di Pavia durò fino al giugno del 774. Dopo la capitolazione della città Desiderio fu deportato in Francia. Così finì il regno longobardo in Italia.

 

5. 6 L’evangelizzazione degli Anglosassoni


     Sembra che il cristianesimo si sia diffuso in Britannia fin dal III secolo, anche se le notizie sono incerte.

Paganesimo degli invasori  Quando in Britannia arrivarono le tribù germaniche degli Angli, dei Sassoni e degli Iuti trovarono una popolazione in parte cristiana e in parte pagana. Dopo le devastazioni dei primi tempi, la forza delle cose costrinse gli invasori ad avere rapporti pacifici con una parte della popolazione rimasta sul posto. Al papa Gregorio Magno dovettero giungere notizie circa il desiderio di convertirsi espresso da alcuni grandi personaggi anglosassoni.

L’evangelizzazione della Britannia  Gregorio Magno fece acquistare sul mercato di Roma schiavi angli, per farli educare e rinviarli in Britannia come sacerdoti. Il momento favorevole sembrò giunto quando Etelberto del Kent sposò Berta, figlia del re di Parigi: la regina aveva condotto al suo seguito un vescovo franco.

Agostino di Canterbury  La missione preparata con tanta cura da Gregorio Magno partì da Roma nel 596 guidata dal monaco Agostino che sbarcò in Britannia all’inizio del 597. Etelberto accolse con simpatia Agostino e i suoi quaranta compagni: offrì loro una sede a Canterbury. Poi dette loro il permesso di predicare il cristianesimo tra i sudditi. Il re Etelberto si convertì e ricevette il battesimo nel giugno 597, ma non forzò la conversione dei sudditi.

Organizzazione ecclesiastica della Britannia Agostino di Canterbury si tenne in corrispondenza con Gregorio Magno sottoponendogli numerosi quesiti riguardanti l’organizzazione della Chiesa anglosassone. In seguito fu possibile consacrare dodici vescovi alle dipendenze di Agostino come metropolita e altri dodici alle dipendenze dell’arcivescovo di York per il nord del paese. Verso il 607 Agostino morì.

Sinodo di Whitby  Con il sinodo di Whitby (664) e con l’arrivo dell’arcivescovo Teodoro (669-690) ha termine la fase fondazionale della Chiesa anglosassone. Fu unificato il tempo della celebrazione della Pasqua e i vescovi divennero stabili ossia abbandonarono la pratica celtica di passare da un posto all’altro.

 

5. 7 Cronologia essenziale


529 San Benedetto da Norcia fonda l’abbazia di Montecassino, il più noto dei monasteri medievali.

568 I Longobardi iniziano la conquista d’Italia guidati da Alboino.

572 Morte di Alboino. Gli succede Clefi, ucciso due anni dopo.

574-584 Per dieci anni i duchi longobardi non nominano un re.

584 Autari è nominato re dei Longobardi.

590-604 Papato di Gregorio Magno.

590-613 Regno di Agilulfo sui Longobardi.

597 Agostino inizia da Canterbury l’evangelizzazione della Britannia.

643 È pubblicato l’editto di Rotari.

687 Pipino di Héristal, in seguito alla battaglia di Tertry, è unico maggiordomo del regno dei Franchi.

711 Sbarco degli Arabi in Spagna guidati da Tariq.

714 Alla morte di Pipino di Héristal gli succede nella carica il figlio Carlo Martello.

732 Carlo Martello nella battaglia di Poitiers sconfigge i musulmani di Spagna.

741 Muore Carlo Martello e gli succede il figlio Pipino il Breve.

756 Il re longobardo Astolfo tenta di prendere Roma, ma è costretto a togliere l’assedio.

774 I Franchi guidati da Carlo Magno conquistano Pavia e distruggono il regno longobardo in Italia.       

 

5. 8 Il documento storico


    Beda il Venerabile, autore della Historia ecclesiastica gentis Anglorum, è un mirabile scrittore come si può desumere dalla vivace descrizione del witenagemot (assemblea nazionale del popolo anglo) che prese la decisione, al tempo del re Edwin (627), di convertirsi al cristianesimo.

     “Appena Edwin ebbe udito queste parole, rispose di essere disposto ed impegnato insieme ad accogliere la fede insegnata da Paolino. Aggiunse che tuttavia avrebbe discusso la cosa con i suoi fedeli capi e consiglieri: se anch’essi fossero stati d’accordo con lui, avrebbero potuto essere battezzati tutti insieme in Cristo, fonte di vita. Col consenso di Paolino, fece come aveva detto. Convocato il consiglio dei suoi saggi, chiese a ciascuno di essi a turno cosa pensasse di questa dottrina, sino a quel momento a loro ignota, e di questa nuova fede in Dio ch’era loro predicata. Coifi, il capo dei suoi sacerdoti, subito gli rispose: “Presta, o re, attenta considerazione a questa nuova dottrina, perché debbo francamente ammettere che, con ogni evidenza, la religione che abbiamo osservato sino ad ora non ha alcun valore né alcuna utilità. Nessuno dei tuoi sudditi si è dedicato alla venerazione dei nostri dèi con maggiore zelo di me, eppure molti sono coloro che ricevono da te doni più cospicui ed onori più grandi di quelli concessi a me, ed hanno maggior successo qualsiasi cosa facciano o chiedano. Ma se gli dèi valessero qualcosa, essi aiuterebbero piuttosto me, che con maggior devozione ho avuto cura di servirli. È chiaro perciò che, se dopo attento esame troverai questa nuova predicazione migliore e più efficace, dobbiamo affrettarci ad accoglierla senza alcun indugio”.

     All’intervento in senso favorevole ed alle parole piene di saggezza di Coifi un altro degli ottimati del re diede il suo assenso e tosto soggiunse: “Così, o re, mi pare che possa essere pensata la vita presente degli uomini sulla terra, in confronto con quel tempo che per noi resta inesplorato. Immagina dunque di sedere a banchetto con i tuoi duci e i tuoi ministri: è il tempo in cui l’oscurità la vince, il fuoco è acceso nel mezzo, mentre fuori imperversano dappertutto i turbini delle piogge e delle nevi invernali. Ecco, un passero velocissimamente passa a volo la stanza: entra da una porta, in un battibaleno esce dall’altra. Nel preciso istante in cui si trova dentro, il passero non è toccato dall’infuriar della stagione; ma, trascorso in un lampo il brevissimo spazio di serenità, tosto da inverno in inverno rientrando, svanisce ai tuoi occhi.

     Allo stesso modo questa vita degli uomini balena un istante. E che cosa sia dopo, che cosa sia stato prima, siamo del tutto all’oscuro. Sembra dunque giusto seguire questa nuova dottrina, se essa reca qualche maggiore certezza”.

     Argomentazioni analoghe anche tutti i rimanenti anziani e consiglieri del re andavano sviluppando, per interiore ispirazione divina.

     Coifi insistette per avere ulteriori spiegazioni da Paolino su quel Dio che predicava. Il re assentì e Paolino lo fece. Dopo averlo ascoltato, Coifi proruppe in questa esclamazione: “Già da tempo avevo capito che era un bel nulla, ciò che noi adoravamo: quanto più appassionatamente in tale religione andavo cercando la verità, tanto meno la scoprivo. Ora apertamente e solennemente dichiaro, che in questa predicazione risplende quella verità, che è in grado di offrirci i doni della vita, della salvezza e della beatitudine eterna. Pertanto propongo, o re, che i templi e gli altari che senza alcun frutto o utilità abbiamo consacrato, li diamo al più presto alla maledizione e al fuoco”. Che più? Il re diede ufficialmente il suo assenso all’evangelizzatore beato Paolino, e, ripudiata l’idolatria, professò di voler accogliere la fede di Cristo”.

 

Fonte: P. CONTE, Anglia 590-735, I.S.U. Università Cattolica, Milano 1988, pp. 121-123.

 

5. 9 In biblioteca


     Per le vicende del monachesimo in Italia è importante il libro di G. PENCO, Storia del monachesimo in Italia, Jaca Book, Milano 1985.

Per approfondire l’ideale di vita benedettino, si può leggere di L. MOULIN, La vita quotidiana secondo san Benedetto, Jaca Book, Milano 1980.

Per la storia della cultura nell’età medievale si legga l’agile libro di R. OURSEL- L. MOULIN- R. GREGOIRE, La civiltà dei monasteri, Jaca Book, Milano 1985.

Fondamentale per la storia della conversione dei barbari  di AA. VV., Il monachesimo nell’Alto Medioevo e la formazione della civiltà occidentale, Centro Italiano di Studi sull’Alto medioevo, Spoleto 1957.

Sempre a cura dello stesso centro, di AA. VV., San Benedetto nel suo tempo, 2 voll., Spoleto 1982.

Per la figura di Gregorio Magno si consulti di V. PARONETTO, Gregorio Magno, un maestro alle origini cristiane d’Europa, Studium, Roma 1985.

Molte notizie sulle isole britanniche si possono trovare nel libro di G. MUSCA, Il venerabile Beda storico dell’Alto medioevo, Dedalo Libri, Bari 1973.

Per lo studio dell’età longobarda notevolissima l’opera di G.P. BOGNETTI, L’età longobarda, 4 voll., Giuffrè, Milano 1968.

La fonte più importante rimane di PAULI DIACONI, Historia Langobardorum, Electa, Milano 1983.

Più vasta l’opera di G. BERNI- G. FASOLI, L’Italia nell’Alto medioevo, UTET, Torino 1971.