I TESORI DI CORNELIO A LAPIDE: La vigilanza

 «Vegliate e pregate – diceva Gesù agli Apostoli nel giardino degli ulivi -, se non volete cadere nella tentazione; perché lo spirito è pronto, ma la carne è debole».  Necessità e vantaggi della vigilanza.

NECESSITÀ E VANTAGGI DELLA VIGILANZA. – «Vegliate e pregate, diceva Gesù agli Apostoli nel giardino degli ulivi, se non volete cadere nella tentazione; perché lo spirito è pronto, ma la carne è debole» (MATTH. XXVI, 41). «Vegliate, perché non sapete in che ora il Signore verrà» (Id. XXIV, 42). «Vegliate, perché vi stanno nascosti il giorno e l\’ora» (Id. XXV, 13). «State guardinghi, vegliate e pregate. E quello che dico a voi, lo dico a tutti» (MARC. XIII, 33, 37). «Vegliate e pregate sempre» (Luc. XXI, 36). Poteva Gesù Cristo parlare più chiaro e più perentorio per mostrarci la necessità della vigilanza?
A lui fanno eco gli Apostoli: «Siate sobri e vigilanti, dice S. Pietro, Perché il demonio vostro nemico vi gira attorno come leone che rug­ge, cercando preda» (I PETR. V, 8). S. Paolo dice ai Romani: «Noi sappiamo che il tempo incalza e che è ora ornai di scuoterci dal sonno» (Rom. XIII, 11); esorta i Corinzi a vigilare, a stare saldi nella fede, ad operare con energia e farsi animo (I Cor. XVI, 13); agli Efesini raccomanda di vigilare nelle preghiere e nelle suppli­che (Eph. VI, 18), affinché il demonio non trovi tempo da potersi insinuare loro nell\’anima (Ib. IV, 27); ai Tessalonicesi raccomanda che non dormano, come tutti gli altri, ma veglino e si mantengano sobri, perché il giorno del Signore giunge come ladro di notte (I Thess. V, 6, 2); a Timoteo raccomanda di sobbarcarsi ad ogni fatica, di adempire il suo ministero, di essere sobrio, ma anzi tutto di stare vigilante (II, IV, 5).
Noi dobbiamo vegliare e stare attenti come chi cammina per un sentiero stretto, ripido e dirupato, fiancheggiato da precipizi: costui veglia attentissimo su gli occhi, sui piedi, su le mani per non sdrucciolare; così dobbiamo fare noi, se vogliamo evitare mille rischi, gli agguati dei nemici, le cadute nel peccato, i precipizi dell\’inferno… Noi dobbiamo vegliare, come vegliano due nemici che si stanno di fronte… L\’uomo spirituale deve vegliare ancor più attento, dice Origene, per timore che il bene immenso che possiede non gli sia invo­lato (In Evang.). Al caso suo fa quel detto di S. Paolo: «Chi si crede di stare saldo, badi a non cadere» (I Cor. X, 12). S. Giovanni Crisostomo ci assicura che Dio non concede la sua grazia se non a chi sta vigilante (Homil. ad pop.); e ci avvisa che l\’anima si spe­gne come lampada, se non è fornita di olio e se non si tengono chiuse le finestre e le porte. Le finestre sono gli occhi e gli orecchi, la porta è la bocca (In Ep. ad Thess.).
Dice ancora il medesimo Dottore: Ci vuole vigilanza, perché il sol­dato sonnecchia non su un letto, ma su la terra; non dormendo, ma vegliando il pescatore prende i pesci. Il vignaiolo sta su le vedette perché la vigna del suo padrone non sia danneggiata; il pastore
veglia la notte a guardia della sua greggia, come di sé attestava Giacobbe: Io ero arso dal calore, intirizzito dal freddo, e il sonno fuggiva dalle mie palpebre. E perché vegliava con tanto studio? Per­ché nessuna delle sue pecore cadesse preda delle bestie feroci. Se con tanta vigilanza Giacobbe custodiva un gregge, con che attenzione non si dovrà vegliare per custodire l\’anima propria? Dio esige da noi che siamo sempre su l\’attenti; e per ciò appunto vuole tenerci nascosta l\’ultima nostra ora, affinché stiamo sempre vigilanti… Grande è la profondità della malizia, molti e rischiosissimi i precipizi, folte le tenebre; non ci sfuggano mai di vista gli agguati, cammi­niamo con timore, avvedutezza e tremore. Chi cammina per un sen­tiero stretto e pericoloso, non ride, non si diverte, non si ubriaca, ma va lento, guardingo, sobrio e vigilante. Chi si mette per tale sentiero, non porta con sé bagaglio superfluo, ma preferisce essere libero da ogni impaccio, per fare meglio il suo viaggio con minor pericolo e minor pena, più facilmente e più presto: non soffre che altri gli metta impacci ai piedi ma vuole averli affatto liberi. E noi, poveretti; noi carichi e inceppati da cure e da ostacoli innumerevoli, noi accasciati sotto il peso di mille bisogni temporali, noi ridenti e distratti come insensati, come possiamo sperare di muoverci senza cadere per questa via così stretta e pericolosa? (Homil. XXII).
«State vigilanti, dice il Signore nell\’Apocalisse; ricordatevi di quello che avete ricevuto e inteso, praticatelo e fate penitenza. Perché se non vegliate, io verrò a voi, come ladro, non saprete l\’ora in cui verrò. Ecco che vengo presto: custodite bene quello che avete, affinché altri non v\’involi la vostra corona» (Apoc. III, 2-3, 11). «Dio ha voluto, dice S. Gre­gorio, tenerci nascosta l\’ultima nostra ora; affinché sempre ne stes­simo in apprensione; affinché non potendo prevederla,sempre vi ci teniamo preparati (Moral.)». Così faceva il Profeta il quale dice: «Io veglierò su le mie vie, per non peccare» (Psalm. XXXVIII, 2). «Io ho vigilato e mi tenni come passero solitario sul comignolo del tetto» (Psalm. CI, 8). Così faceva la Sposa dei Cantici, la quale assicurava lo sposo suo, che anche nel sonno il suo cuore stava desto e non perdeva mai di vista la sua vigna (Cant. V, 2; VIII, 12). Sia per noi notte e giorno, la vigilanza come un bastione, una porta di sicurezza. «Custodisci il tuo cuore, dice il Savio, per ogni via, perché da lui viene la vita o la morte» (Prov. IV, 23). «Bada a te, perché cammini su l\’orlo di un precipizio. Veglia su quello che ti circonda e guàrdati dagli stessi tuoi familiari» (Eccli. XIII, 16; XXXII, 26).
Credete a me, diceva S. Bernardo, quello che è reciso ripullula, i nemici sbaragliati ritornano, ciò che pare spento si riaccende, ciò che era assopito si risveglia. E poca cosa aver resistito una volta; bi­sogna tagliare, recidere sovente, anzi del continuo, per quanto è pos­sibile: se voi state in guardia, troverete sempre di che tagliare e pur­gare. Fino a che siete in questo miserabile corpo, voi v\’ingannate se credete di essere una volta giunti a recidere dalla radice i vizi. Volere o no, il Gebuseo abita nei vostri confini, sta in mezzo a voi; può essere soggiogato, ma non sterminato. Perciò è necessario vigi­lare con attenzione, tagliare e ritagliare con prontezza e severità le teste dei nemici e delle passioni non appena esse ricompaiono. La virtù non può crescere insieme con i vizi; dunque perché la virtù vigoreggi e cresca, bisogna impedire che i vizi pullulino. Togliete quello che è superfluo, e i buoni frutti cresceranno e matureranno. Tutto ciò che negate alla cupidigia ridonda a vostra utilità. Togliamo, recidiamo, sradichiamo la cupidigia, affinché la virtù si rinforzi. È sempre tempo di tagliare e di sterpare, perché ne abbiamo sempre bisogno (Serm. LVIII, in Cant.).
Non stanchiamoci di vigilare su noi e su quello che ci circonda, di vigilare sul nostro cuore, affinché si tenga lontano dai vizi, e si applichi alla virtù, e badiamo che nulla vi entri di cattivo e se ne impadronisca… Siamo i portinai del nostro cuore, non diamo accesso e abitazione ad altri che a Gesù Cristo, tenendone lontano ogni ne­mico, ogni straniero, ogni ladro, ogni assassino. O cristiano, poiché la tua condizione ti fa soldato, marinaio, scolta, viaggiatore incam­minato alla volta del cielo, sta in continua vigilanza… S. Giovanni vide dinanzi al trono di Dio uno spazio simile ad un mare di cri­stallo; e in mezzo al trono, e attorno al medesimo scorse quattro ani­mali pieni di occhi dinanzi e di dietro (Apoc. XV, 6). Siamo tutt\’occhi anche noi; guardiamo il passato, il presente, l\’avvenire; guardiamo i nostri doveri, quello che dobbiamo fare e quello che dobbiamo schivare; guardiamo i nostri nemici, i pericoli, per scamparne; guardiamo la legge di Dio, la sua religione, il suo culto per adempirli; la sua grazia per ottenerla, guardiamo la bellezza della virtù per amarla e praticarla, guardiamo la luridezza del vizio per disprezzarlo e schivarlo. Guardiamo il tempo per farne buon uso, la morte per prepararvici, l\’inferno per non cadervi, il giudizio per rendercelo favore­vole e misericordioso, il cielo con la sua bellezza, con le sue ricchezze, con la sua felicità suprema, per desiderarlo, cercarlo e giungervi; guardiamo l\’eternità per esserne salutarmente intimoriti. Guardiamo Dio, per non cercare, amare, servire altri che lui solo… Ma tutte queste grandi cose che ci appartengono così da vicino, né vediamo, né possiamo vedere altrimenti che per mezzo di una costante e coraggiosa vigilanza…
La morte colpì Isboseth mentre dormiva (II Reg. IV). Giuditta tronca il capo di Oloferne, mentre giaceva immerso nel sonno (IUDITH. XIII). Sisara, generale di esercito, si addormenta, ed è ucciso da Giaele (Iudic. IV). Sansone perde la sua forza, è catturato dai nemici che lo accecano e ne fanno il loro trastullo; perché mentre dorme, Dalila gli rade i capelli (Iudic. XVI). Mentre Saulle dorme, Davide gli sottrae la lancia e la cappa (I Reg. XXVI). «Mentre gli uomini stavano sepolti nel sonno, venne il nemico, dice il Vangelo, e seminò la zizzania in mezzo al buon grano» (MATTH. XIII, 25). Il tempo propizio a Satana è il tempo del sonno, dell\’intorpidimento dell\’anima; è la mancanza della vigilanza… Impariamo dunque la necessità di vigilare e il pericolo che corre chi non sta continuamente in guardia.
«La morte è ascesa per le nostre finestre», dice Geremia (IX, 21). La morte del peccato entra nell\’anima per gli occhi e per tutti i sensi del corpo. Come non giova nulla a una fortezza l\’essere cinta di buone e salde muraglie, se le porte ne sono aperte, così riescono inutili per la difesa di un\’anima i ripari della grazia, se essa non veglia sui propri sensi; e severissima ed esattissima si deve esercitare questa vigilanza se si vuole essere sicuri da ogni colpo di morte contro l\’anima. Eva cadde e trascinò nella sua caduta Adamo e tutta la progenie umana, perché non stette in guardia contro il solletico dei suoi occhi. Lo attesta il Genesi con quelle parole: «Vide la donna che il frutto era buono a mangiare, bello a vedere, e di piacevole aspetto, quindi ne prese e mangiò» (Gen. III, 6). Narra ancora il Genesi che i figli di Dio avendo guardato le figlie degli uomini, se le tolsero in mogli, e di loro nacquero i giganti che per le loro dissolutezze furono poi la causa del diluvio (Gen. VI).
Anche Oloferne fu preso per gli occhi; infatti ci dice la Scrittura, che l\’avvenenza di Giuditta lo affascinò, così che Giuditta poté reci­dergli il capo con la sua medesima spada (IUDITH. XVI, 11). Davide, benché santo, è trascinato da uno sguardo a commettere un adulterio e un omicidio. Perciò il buon Giobbe diceva: «Ho fatto patto coi miei occhi, che non si volgano mai a mettermi pensiero di donna» (IOB. XXX, 1); e assennatissima sentenza è questa di Seneca: «La cecità conserva l\’innocenza; gli occhi provocano i vizi e guidano al malfare (In Prov.)».
«Beato chi vigila, dice l\’Apocalisse; egli custodisce immacolata l\’anima sua» (Apoc. XVI, 15). «Chi veglia su la propria condotta, dice il Savio, conserva l\’anima sua» (Prov. XVI, 17). L\’uomo vigilante è, come lo dipinge S. Gregorio, studioso di difendere con le parole il suo modo di vivere e di rendere eloquenti le sue parole col tenore della vita (Pastor.). Non vi è chi non sappia, dice S. Pier Crisologo, che la vigilanza è salutare a tutte le cose. Un re vigilante si premunisce contro le insidie del nemico e le scansa. Un soldato, facendo la scolta, salva il campo e l\’esercito; il pilota vigilante imbocca felicemente il porto (Serm. XXIII). La vigilanza sconcerta tutti i sinistri disegni dei nemici dell\’anima… Per mezzo di lei si trionfa di ogni cosa…; per mezzo di lei si vive di virtù, si vive di Dio, in Dio, per Iddio…; si assicura la vita eterna.